La Discriminazione sul Lavoro
ILa discriminazione si manifesta quando viene applicato un trattamento diverso in maniera ingiusta. Questo concetto è strettamente legato all'articolo 3 della Costituzione, il quale, nel suo primo comma, enuncia il principio di uguaglianza formale e, nel secondo comma, sottolinea l'impegno dello Stato a rimuovere gli ostacoli che generano disparità, considerando le situazioni diverse.
Un esempio significativo di discriminazione è quello che colpisce le donne. La Costituzione affronta questa questione all'articolo 37, primo comma, che promuove l'uguaglianza retributiva tra uomini e donne. Inoltre, riconoscendo il ruolo fondamentale delle donne nella sfera familiare, la legge deve garantire adeguata assistenza alle madri e ai bambini.
Le forme di discriminazione non si limitano, ovviamente, alla discriminazione di genere. In altri casi, lo Statuto dei Lavoratori interviene per prevenire atteggiamenti discriminatori. Inizialmente, l'articolo 15 di questo Statuto era focalizzato solo sulle discriminazioni nei confronti dei sindacati. Questo articolo stabilisce la nullità di qualsiasi atto discriminatorio. Successivamente, la sua portata è stata estesa a questioni politiche e religiose, e poi, grazie alle modifiche apportate dalla legge 903/77 e dalla legge comunitaria 216/03, è stata ampliata ulteriormente per includere la protezione contro discriminazioni razziali, linguistiche, di genere, relative a disabilità, età, orientamento sessuale e convinzioni personali.
La legge 903/77 segna l'inizio di una serie di misure per promuovere l'uguaglianza di genere. In pratica, entrambi i sessi sono regolati dalle stesse leggi, ad eccezione delle questioni legate alla maternità. Un importante strumento utilizzato per promuovere l'uguaglianza di genere è rappresentato dalle "Quote Rosa", che riservano una quota predeterminata di posti di lavoro alle donne. Queste quote fanno parte delle azioni positive finalizzate a favorire le pari opportunità. Tuttavia, la legittimità di queste quote è stata discussa e si ritiene legittima solo se basata su una valutazione equa, oltre che sulla semplice riserva di posti.
È possibile distinguere tra due tipi di discriminazione:
1. Discriminazione Diretta: Si riferisce direttamente a un motivo illecito che porta a trattamenti discriminatori. Ad esempio, se un requisito è essenziale per una determinata posizione di lavoro (ad esempio, "Cercasi Uomo o Donna Cattolica" in una scuola cattolica), il trattamento differenziato può essere giustificato dal requisito stesso.
2. Discriminazione Indiretta: In questo caso, la discriminazione non è diretta a un individuo, ma si verifica attraverso l'applicazione di criteri di selezione che sembrano neutrali, ma che in realtà discriminano un gruppo di persone (ad esempio, "Cercasi Personale di Altezza Minima 1,80 Metri", che potrebbe discriminare indirettamente le donne).
Il Codice delle Pari Opportunità, emanato con il Decreto Legislativo 198/06, ha rappresentato un importante passo avanti nella lotta contro la discriminazione, semplificando la prova di discriminazione. L'articolo 40 di questo Codice ha introdotto l'inversione dell'onere della prova, consentendo alla parte danneggiata di presentare dati statistici precisi e coerenti come prova di discriminazione. In questo caso, spetta al datore di lavoro dimostrare che non vi è stata discriminazione.
Ulteriori modifiche in materia di pari opportunità sono state apportate dal Decreto Legislativo 151/2015, attuativo dello "Jobs Act", che ha riguardato l'ambito territoriale delle consigliere di parità e la composizione del Comitato nazionale di parità, tra altre questioni.
Inoltre, il Codice delle Pari Opportunità prevede un procedimento d'urgenza per affrontare casi di discriminazione, specificamente nell'articolo 38. Questo meccanismo è stato introdotto per affrontare situazioni di discriminazione nei confronti di attività sindacali. La sua attivazione può essere richiesta da un lavoratore e rappresenta un importante strumento per contrastare la discriminazione sul posto di lavoro.
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