Il Rapporto di Lavoro subordinato

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Il Rapporto di Lavoro subordinato
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto del lavoro
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%


Cosa si intende per lavoro subordinato?[modifica]

Dal punto di vista normativo, l'articolo 2094 del codice civile fornisce la seguente definizione del "prestatore di lavoro subordinato": "È prestatore di lavoro subordinato chi, in cambio di una retribuzione, si impegna a collaborare nell'impresa, mettendo a disposizione il proprio lavoro intellettuale o manuale, sottoponendosi alle istruzioni e alla supervisione del datore di lavoro."

Quindi, il lavoro subordinato implica innanzitutto una volontà contrattuale (il prestatore "si impegna") come punto di partenza per la formazione del rapporto di lavoro subordinato. Inoltre, prevede una controprestazione economica (la "retribuzione") da parte del datore di lavoro al lavoratore, rendendo il contratto intrinsecamente oneroso.

Il lavoratore mette a disposizione il suo lavoro intellettuale o manuale all'interno dell'impresa del datore di lavoro, indicando che il lavoro è svolto al di fuori della sfera di controllo del lavoratore. Questo implica che il lavoratore lavorerà sotto la supervisione e le direttive del datore di lavoro, obbligandosi quindi ad eseguire gli ordini forniti dallo stesso.

Come viene qualificato il rapporto di lavoro?[modifica]

È una questione di non poca importanza, dato che dalla qualificazione dipende la normativa da applicare. Il problema si pone soprattutto per quelle figure di rapporto di lavoro di non facile qualificazione e su esse anche la giurisprudenza ha riscontrato difficoltà. La Cassazione è intervenuta prevedendo che i giudici debbano utilizzare un metodo tipologico o per approssimazione. Non è necessario che ricorrano tutti gli elementi, l'importante è che ci siano gli elementi fondamentali o meglio il nucleo essenziale che è la sottoposizione del lavoratore agli ordini e alle sanzioni disciplinari del datore di lavoro. Altri elementi non essenziali sono la continuità della prestazione lavorativa, il vincolo d'orario, la non assunzione del rischio, tutti elementi che possono anche non ricorrere sempre nel rapporto di lavoro. L'elemento essenziale è quindi l'eterodirezione o eterodeterminazione cioè, come detto, la direzione richiesta da parte del datore di lavoro all'opera che il prestatore di lavoro dovrà compiere, eventualmente con sanzioni nel caso in cui non lo svolga secondo direttive.

Quale rilievo ha la qualificazione che danno le parti (cioè il nomen iuris dato al contratto)?[modifica]

Secondo la giurisprudenza tale qualificazione può reggere finché non viene smentita dalla realtà sostanziale. In tal caso la realtà prevarrà sulla qualifica data dalle parti. Ad esempio, in giudizio viene accertato che un lavoro autonomo è in realtà un lavoro subordinato: prevarrà la disciplina del lavoro subordinato nonostante il nomen iuris del contratto lavoro autonomo.

Negli anni settanta si iniziò a creare una categoria intermedia tra il lavoro autonomo e il lavoro subordinato, la parasubordinazione. Ad essa si è dato un qualche riconoscimento legislativo: viene considerata sempre lavoro autonomo ma è sulla linea di confine verso il lavoro subordinato. Un primo segnale è dato dalla legge 533/1973 che, modificando l'articolo 409 del codice di procedura civile, parla per la prima volta in un dato normativo di collaborazione continuativa coordinata (CO.CO.CO.) Sarà però la Riforma Biagi del 2003 (legge 30/2003) a riconoscerla e a tipizzarla con il contratto a progetto (CO.CO.PRO.) cioè un lavoratore autonomo che si impegna a realizzare un progetto a favore di un committente estendendo allo stesso alcune tutela riconosciuta al lavoratore subordinato.

Il rapporto di lavoro subordinato è regolato in maniera penetrante dalla legge. Il legislatore interviene anche nella fase precontrattuale regolando i meccanismi del mercato del lavoro (cioè l'incontro tra domanda e offerta di lavoro). La prima legge è la legge Fanfani del 1949 (legge 43/1949) che sottopone il collocamento alle regole e al controllo pubblico. C'è un monopolio pubblico del collocamento ed è necessario per forza passare da esso per poter intraprendere il rapporto di lavoro. Il datore deve compiere una richiesta numerica e non nominativa permettendo così a tutti di avere una occasione di collocamento. Il datore di lavoro quindi non era libero di assumere chi voleva. Nel 1991 si compie un primo passo verso una prima libertà. Con la legge 223/1991 si permette al datore di lavoro di compiere non più la chiamata numerica ma nominativa. Nel 1996, poi, sotto la pressione comunitaria viene abolita l'assunzione tramite collocamento. Viene introdotta così l'assunzione diretta con poi una comunicazione all'ufficio pubblico: nasce così il Mercato del Lavoro Libero. Nel 1997 il collocamento viene trasformato nel Servizio Pubblico per l'Impiego regolato non più dallo Stato ma dalle Regioni e viene concesso anche ai privati di svolgere questa attività meditativa, nascono le Agenzie per l'Impiego, ma non possono chiedere proventi dai lavoratori per questa loro attività ma solo dai datori di lavoro. Al Mercato del Lavoro Libero si oppongono due eccezioni:

  1. Una legge del 60' regola le cosiddette assunzioni obbligatorie: vi è un obbligo ad assumere un certo numero di lavoratori appartenenti a categorie di lavoratori protette (figli di grandi invalidi di guerra, invalidi di guerra, persone con handicap, ecc....) nella propria impresa. Nel 1999, dato che queste categorie erano state allargate in maniera sconsiderata, si cerca di razionalizzare il tutto con la legge 68/1999 riformando la quota obbligatori per i datori di lavoro e circoscrivendo le categorie protette alla sola disabilità e altre categorie tipizzate. Le aziende con più di 15 dipendenti devono assumere lavoratori disabili. Le aziende che occupano da 16 a 35 dipendenti ne devono assumere 1. Quelle che impiegano fino a 50 dipendenti 2. Le aziende con oltre 50 dipendenti devono assumere un numero di disabili pari al 7% dei lavoratori occupati; inoltre, in via transitoria ed in attesa della riforma in materia, devono inoltre assumere orfani, coniugi, superstiti e categorie equiparate, nonché profughi nella misura dell'1% dei lavoratori occupati.
  2. La legge Turco-Napolitano (legge 6 marzo 1998, n. 40) regolava i lavoratori extracomunitari (cioè non cittadini di Stati membri dell'Unione Europea). Ad affiancarla è intervenuta la legge Bossi-Fini (legge 30 luglio 2002, n. 189) che per ragioni di ordine pubblico cerca di limitare l'afflusso o meglio contingentare l'afflusso di tali lavoratori.

Essi devono avere un contratto di lavoro regolare e i datori di lavoro devono assicurare loro le spese per il mantenimento, l'alloggio e i costi di viaggio sia per l'arrivo che per la partenza. A queste condizioni i lavoratori avranno un permesso di soggiorno modulato in varia durata asseconda del rapporto di lavoro (2 anni se il contratto di lavoro è a tempo indeterminato e 1 anno se il contratto di lavoro è a tempo determinato). Ma come si potrà vedere guardando la realtà dei fatti la legge non regge e c'è oggi un afflusso di lavoratori extracomunitari illegali che incrementano le fila del lavoro nero causando anche problemi sociali, poiché un lavoratore non dichiarato non ha neppure diritti.

Da ricordare sono le norme di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese introdotte dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 attuativo dello Jobs Act, riguardo alle norme per l'inserimento nel mondo del lavoro dei disabili:

  • Previsione della possibilità, per i datori di lavoro privati, di assumere tali lavoratori mediante richiesta nominativa ma sempre solo se questi disabili sono inseriti nelle apposite liste.
  • Possibilità di computare, nella quota di riserva, i lavoratori, già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, che patiscano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60% o minorazioni ascritte dalla prima alla sesta categoria di cui alle tabelle annesse al d.p.r. 915/78 (Testo Unico sulle pensioni di guerra), o con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% anche se non assunti tramite le procedure del collocamento mirato.
  • Revisione dell'iter di concessione dell'incentivo per le assunzioni dei disabili, prevedendone la corresponsione diretta e immediata al datore di lavoro da parte dell'INPS, con successivo conguaglio nelle denunce contributive mensili. Sono inoltre incrementati gli incentivi per l'assunzione dei disabili, prevedendo anche l'incremento della loro durata nel caso di assunzione di persone con disabilità intellettiva e psichica.


Da ricordare, in ultimo, sono le norme di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese introdotte dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 attuativo dello Jobs Act, riguardo alle procedure in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro. In particolare:

  • Introduzione, dal 1° gennaio 2017, della tenuta del libro unico del lavoro in modalità telematica presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  • Introduzione dell'obbligo a che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, politiche attive e formazione professionale, compreso il nulla osta al lavoro subordinato per cittadini extracomunitari nel settore dello spettacolo, siano effettuate esclusivamente in via telematica mediante modelli semplificati.
  • Potenziamento della Banca dati politiche attive e passive.
  • Abolizione dell'autorizzazione al lavoro all'estero e la semplificazione del collocamento della gente di mare.

Inoltre anche in materia di lavoro e legislazione sociale:

  • Modifica alla sanzione per il lavoro “nero” mediante l'introduzione di scaglioni sanzionatori articolati “per fasce”, in luogo del previgente sistema correlato alla singola giornata di lavoro irregolare e, in particolare:
    • Da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro.
    • Da euro 3.000 a euro 18.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da trentuno e sino a sessanta giorni di effettivo lavoro.
    • Da euro 6.000 a euro 36.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre sessanta giorni di effettivo lavoro.
  • Reintroduzione della procedura di diffida, che consente la regolarizzazione delle violazioni accertate, espressamente condizionata al mantenimento al lavoro del personale “in nero” per un periodo di tempo e con modalità minime predeterminate, ossia: la stipula di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche part time, con riduzione dell'orario di lavoro non superiore al cinquanta per cento dell'orario a tempo pieno, ovvero con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi, nonché il mantenimento in servizio degli stessi per almeno tre mesi.
  • Modifica al c.d. provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale, favorendo una “immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, valorizzando gli istituti di tipo premiale”.
  • Precisazione delle nozioni di omessa registrazione e infedele registrazione sul libro unico del lavoro, modificando l'articolazione dell'impianto sanzionatorio.
  • Modifica delle sanzioni in materia di consegna del prospetto paga.

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