Licenziamento Collettivo
Nel 1966 e negli anni successivi si riteneva che, di fatto, i licenziamenti collettivi fossero impossibili se si voleva evitare la creazione di un impatto sociale. Si attivava il meccanismo della Cassa Integrazione e Guadagni Straordinaria (come riformata negli anni 70') che tamponava i licenziamenti di massa. Quando la Corte di Giustizia Europea ammonì l'Italia per il non recepimento della direttiva sui licenziamenti collettivi, l'Italia decise di adottare una norma in materia. Con la legge 223/91, che rimodella anche il sistema della Cassa Integrazione e Guadagni Straordinaria per portarla a una normalità d'uso, viene disciplinata anche la materia dei licenziamenti collettivi che possono avvenire, in base ad essa, per due motivi:
- per messa in mobilità, disciplinato dall'articolo 4;
- per riduzione personale, disciplinato dall'articolo 24.
La procedura di entrambi i motivi è però unica e ha come fine il licenziamento.
L'articolo 4 (Procedura per la dichiarazione di mobilità) è legato alla Cassa Integrazione e Guadagni Straordinaria. Se nell'attuazione del programma ci sono dei lavoratori (anche uno) sospesi che non servono più all'azienda (in esubero) possono essere licenziati seguendo la procedura di cui al comma 2 e seguenti.
L'articolo 24 (Norma in materia di riduzione del personale) è dedicata alle aziende con più di 15 dipendenti (anche questa si collega alla Cassa Integrazione) che in conseguenza di una riduzione o trasformazione intendono licenziare almeno 5 dipendenti nell'arco di 120 giorni (il motivo è irrilevante essendo parte della libertà di iniziativa economica di cui all'articolo 41 della Costituzione). C'è bisogno quindi di un elemento casuale che è la riduzione o trasformazione dell'attività o del lavoro (una scelta organizzativa) e di un elemento quantitativo, cioè che effettui almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni. Anche in questo caso si segue la procedura all'articolo 4.
La procedura è volta ad attivare un confronto con le parti sindacali sia di informazione che di consultazione. Bisogna informare infatti dell'intenzione di attivare la procedura di licenziamento collettivo le RSA o l'RSU. In seguito si procede ad un confronto tra le parti. È questa la fase sindacale in cui il datore di lavoro e i sindacati possono raggiungere un compromesso: in caso contrario si apre un ulteriore fase amministrativa in cui le parti discutono davanti alla Direzione Territoriale del Lavoro. L'obiettivo è sempre quello di favorire un accordo, ma non c'è un obbligo affinché questo avvenga e il datore non è comunque obbligato a seguire quanto proposto dai sindacati. Finita la procedura si può:
- non aver raggiunto un accordo: il datore eserciterà il suo potere di recesso attraverso la comunicazione scritta di licenziamento con il relativo preavviso. Il datore però non è libero di licenziare a sua scelta ma dovrà seguire dei criteri stabiliti dall'articolo 5: esso prevede innanzitutto i criteri da seguire obbligatoriamente possano essere previsti dagli stessi contratti collettivi. In caso di mancanza si dovrà procedere guardando ai seguenti criteri legali:
- a) i carichi di famiglia;
- b) l'anzianità;
- c) l'esigenza tecnica, produttiva ed organizzativa.
- aver raggiunto un accordo: si può avere o il salvataggio parziale dei lavoratori (e per coloro che vanno licenziati si applicano comunque i criteri dell'articolo 5 anche se sono meno di cinque) oppure il salvataggio totale.
L'articolo 4 comma 11 prevede la possibilità, in questi casi di accordi, di poter derogare anche all'articolo 2103 del Codice Civile che generalmente è inderogabile per via della nullità degli atti o patti contrari. È possibile pertanto un demansionamento e quindi il lavoratore, pur di conservare il posto di lavoro, può essere collocato a diversa mansione rispetto alla precedente.
Va tenuto presente che il Jobs Act sta operando modifiche su questo articolo, pertanto si rinvia alla relativa lezione di approfondimento per maggiori dettagli.
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