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Le Forme di Governo

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Le Forme di Governo
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto pubblico
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

Il termine governo (dal verbo latino: gubernare, "reggere il timone", a sua volta derivato dal greco antico: κυβερνάω) è utilizzato nel linguaggio giuridico e politologico con vari significati. In un senso molto ampio il governo è l'insieme dei soggetti che in uno stato, a livello centrale o a livello locale, detengono il potere politico.

Le forme di governo

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Nello Stato

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Nella monarchia assoluta, come si è già accennato, il governo s'identifica con il monarca e i suoi diretti collaboratori. Questi dapprincipio, nello Stato patrimoniale, sono essenzialmente amministratori della casa del sovrano e dei suoi beni (ciambellano, cancelliere, siniscalco ecc.). Con la formazione di apparati amministrativi statali, i dicasteri, i funzionari ad essi preposti, ministri o segretari di Stato, divengono diretti collaboratori del sovrano, con il compito di consigliarlo e attuare le sue scelte politiche nei settori amministrativi loro affidati. I ministri devono godere della fiducia del sovrano che li può nominare e revocare a suo piacimento. Sebbene possano esservi delle riunioni collegiali di ministri sotto la presidenza del monarca, non esiste alcuna direzione collegiale del governo, né questo è considerato un corpo unitario giacché i singoli ministri sono nominati e revocati singolarmente.

Nelle democrazie contemporanee

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Nella monarchia costituzionale la struttura del governo non è diversa da quella della monarchia assoluta, ma il sovrano e il suo governo non sono più i detentori di tutti i poteri dello Stato: al loro fianco, ed in posizione d'indipendenza, esistono un parlamento, al quale è attribuita la funzione legislativa, e un potere giudiziario, al quale è attribuita la funzione giurisdizionale. Il governo, quindi, non è più il vertice dello Stato ma di uno solo dei poteri dello Stato, il potere esecutivo, dal quale dipende la pubblica amministrazione.

Nella monarchia parlamentare il governo si emancipa dal sovrano, non dovendo più godere della sua fiducia: il rapporto fiduciario con il sovrano viene sostituito da quello con il parlamento, la cui fiducia è quindi necessaria affinché il governo possa rimanere in carica. D'altro canto, i ministri non sono più nominati e revocati singolarmente: al contrario essi costituiscono un corpo unitario, la cui direzione è affidata ai suoi stessi componenti riuniti in collegio, il gabinetto o consiglio dei ministri, e ad uno di essi, il capo del governo, con una ripartizione del potere tra i due organi variabile da ordinamento ad ordinamento. Il monarca resta capo dello Stato con una funzione di garanzia e di rappresentanza, non più di direzione del governo, tanto che, secondo parte della dottrina, non può più nemmeno essere considerato componente dello stesso. Dato il ruolo qui assunto dal capo dello Stato, la struttura del governo e la forma di governo non cambiano allorché al monarca si sostituisca un capo di Stato repubblicano, dando luogo alla repubblica parlamentare.

Nella repubblica presidenziale la struttura del governo è, invece, sostanzialmente la medesima della monarchia costituzionale, con la differenza che qui il capo dello Stato è repubblicano anziché monarchico ed è eletto, direttamente o indirettamente, dal corpo elettorale.

Uno sviluppo della repubblica parlamentare, che in tal modo acquisisce alcuni caratteri della repubblica presidenziale, è rappresentato dalla repubblica semipresidenziale, nella quale il capo dello Stato riacquista un ruolo di governo: infatti il capo del governo e i ministri per rimanere in carica devono godere della sua fiducia oltre a quella del parlamento; inoltre, nel modello rappresentato dalla Quinta Repubblica francese, il capo dello Stato ha anche funzioni dirette di governo in alcune materie, soprattutto riguardo alla politica estera e alla difesa, e può presiedere il consiglio dei ministri.

La repubblica direttoriale, oggigiorno rappresentata dalla sola Svizzera, si differenzia da quella presidenziale perché le funzioni di capo dello Stato sono svolte da un organo collegiale, il direttorio, che in alcuni ordinamenti è eletto dal parlamento, al quale non è comunque legato da rapporto fiduciario,[5] ed in altri direttamente dal popolo; il direttorio svolge le funzioni del governo, se i suoi membri sono direttamente preposti ai dicasteri (come in Svizzera), o di un capo del governo collegiale, se ai dicasteri sono preposti ministri non suoi membri ma sottoposti alla sua direzione (come il Direttorio che ha governato la Francia dal 1795 al 1799).

Negli altri regimi contemporanei

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Nello stato socialista gli organi costituzionali sono simili a quelli degli stati liberaldemocratici (un'assemblea di tipo parlamentare, un governo, un capo dello Stato quasi sempre collegiale), ma il principio di separazione dei poteri è sostituito dal principio di unità del potere statale. In base a questo principio tutto il potere è concentrato nelle assemblee elettive, ai vari livelli territoriali di governo (fino a quello centrale, statale o federale) le quali, in quanto organi del potere statale, non solo esercitano la funzione legislativa ma eleggono, controllano e, se del caso, possono revocare gli organi amministrativi (a livello statale il governo), giurisdizionali e di sorveglianza (procuratura) del proprio livello. D'altra parte, in virtù del principio del centralismo democratico, tutti questi organi rispondono ai loro elettori (quindi le assemblee al corpo elettorale, gli organi amministrativi, giurisdizionali e di sorveglianza alla rispettiva assemblea) ma dipendono anche dal corrispondente organo del livello superiore. Va aggiunto che le assemblee sono a loro volta condizionate dalla funzione di guida esercitata dal partito comunista (anch'esso strutturato secondo il principio del centralismo democratico).

Anche negli stati autoritari, di tipo nazifascista, si possono trovare organi costituzionali simili a quelli delle forme di governo democratiche, retaggio dei regimi ai quali si sono sostituiti (si pensi alla monarchia o, nella fase iniziale, alle camere dell'Italia fascista). Anche questa forma di stato, però, rifiuta la separazione dei poteri, contrapponendovi la concentrazione degli stessi nella persona del "capo" (duce, führer, caudillo ecc.), il quale tende ad unire i ruoli di capo di Stato, capo del governo e leader del partito unico e ad esercitare direttamente la funzione legislativa (con il parlamento che, laddove sopravvive, si riduce ad organo consultivo o di ratifica), mentre anche i giudici perdono la loro indipendenza.

Al di fuori dei casi ora ricordati, vi sono regimi che, pur non rifiutando ideologicamente il principio di separazione dei poteri, lo accantonano, concentrando i poteri in capo al governo (soprattutto monocratico, come quello presidenziale) o ad un organo ad hoc (ad esempio, una giunta militare). In questi casi l'accantonamento della separazione dei poteri viene giustificato, spesso pretestuosamente, con la necessità di affrontare situazioni di pericolo per la sicurezza dello Stato e viene quindi presentato come temporaneo (anche se, non di rado, finisce per protrarsi nel tempo).

In generale sono oggi denominati dittature i regimi che, in contrasto con il principio di separazione dei poteri, concentrano gli stessi in un solo organo, monocratico o collegiale (anche se il termine non viene abitualmente impiegato con riferimento alle residue monarchie assolute).