Breve Storia delle Leggi Elettorali prima della Legge Calderoli

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Breve Storia delle Leggi Elettorali prima della Legge Calderoli
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto pubblico
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

All'atto dell'unificazione dell'Italia fu mutuata la normativa del Regno di Sardegna, che per l'elezione dei deputati prevedeva un sistema maggioritario uninominale a doppio turno: in ogni collegio elettorale accedevano al ballottaggio i due candidati che al primo turno avevano ottenuto più voti. Il Senato era invece a totale nomina regia e rimase tale fino all'istituzione della Repubblica Italiana.

Nel 1882 fu introdotto un meccanismo plurinominale di lista: in ogni circoscrizione si eleggeva un numero di deputati compreso fra due e cinque, in ragione dei voti attribuiti ai diversi partiti politici concorrenti. Tale sistema, tuttavia, contribuì notevolmente ad accrescere l'instabilità politica, cosicché nel 1891 la legge venne emendata ripristinando i collegi uninominali. Con tali modifiche, essa restò sostanzialmente in vigore sino al 1919, allorché fu sostituita da un nuovo provvedimento che introduceva un sistema proporzionale puro basato su 54 circoscrizioni; ciascun collegio eleggeva da 5 a 20 deputati con il metodo D'Hondt. Le liste potevano essere complete o incomplete: nel secondo caso l'elettore aveva possibilità di completarla inserendovi in fondo i nomi di candidati di altre liste secondo il meccanismo del voto disgiunto; qualora l'elettore avesse scelto una lista completa o avesse rinunciato al diritto di aggiunta di una lista incompleta, aveva la possibilità di esercitare il voto di preferenza per un numero di candidati compreso fra uno e quattro a seconda delle dimensioni della circoscrizione. All'interno di ciascuna lista i candidati venivano eletti sulla base della somma dei voti di preferenza e dei voti aggiuntivi ottenuti.

Nel 1923 entrò in vigore la legge Acerbo, voluta da Benito Mussolini per garantire al Partito Nazionale Fascista una solida maggioranza parlamentare. Il provvedimento prevedeva l'adozione di un sistema proporzionale con premio di maggioranza, all'interno di un collegio unico nazionale suddiviso in 16 circoscrizioni. Il risultato nel collegio unico era decisivo per determinare la ripartizione dei seggi: nel caso in cui la lista più votata a livello nazionale avesse superato il 25% dei voti validi, avrebbe automaticamente ottenuto i due terzi dei seggi della Camera, promuovendo in blocco tutti i propri candidati; in questo caso tutte le altre liste si sarebbero divise il restante terzo dei seggi. Qualora invece nessuna delle liste concorrenti avesse conseguito più del 25% dei voti, non sarebbe stato attribuito alcun premio di maggioranza.

A seguito della caduta del regime fascista e della nascita della Repubblica Italiana, nel 1946 fu approvata la cosiddetta legge proporzionale classica che, con modifiche minime apportate nel corso del tempo, ha regolato lo svolgimento delle elezioni politiche italiane fino al 1993, ovvero per quasi cinquant'anni. Per quanto riguarda l'elezione della Camera dei deputati, il territorio nazionale era suddiviso in 32 circoscrizioni plurinominali assegnatarie di un numero di seggi variabile a seconda della popolazione; ogni elettore aveva inoltre a disposizione un massimo di quattro voti di preferenza. Il sistema elettorale per il Senato della Repubblica conteneva alcuni piccoli correttivi in senso maggioritario, pur mantenendosi anch'esso in un contesto largamente proporzionale.

La legge Mattarella, in vigore fra il 1993 e il 2005, introdusse un sistema elettorale ibrido, definito come segue:

  • maggioritario uninominale a turno unico per i tre quarti dei seggi del Senato e i tre quarti dei seggi della Camera;
  • ripescaggio proporzionale dei più votati fra i candidati non eletti per l'assegnazione del rimanente 25% dei seggi del Senato;
  • proporzionale con liste bloccate e soglia di sbarramento al 4% per il rimanente 25% dei seggi della Camera.