La Riforma Costituzionale del Governo Renzi

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La Riforma Costituzionale del Governo Renzi
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto costituzionale
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%
Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, promotori del ddl costituzionale in Parlamento

La Riforma Costituzionale del Governo Renzi (anche detta Riforma Boschi) è la proposta di riforma della Costituzione della Repubblica Italiana contenuta nel testo di legge costituzionale approvato dal Parlamento italiano il 12 aprile 2016 e bocciata dal referendum popolare confermativo il 4 dicembre 2016.

La riforma, nata con un disegno di legge presentato dal Governo Renzi l'8 aprile 2014, si prefiggeva «il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione».

Il provvedimento prevedeva in particolare una radicale riforma del Senato della Repubblica, la cui principale funzione sarebbe divenuta quella di rappresentanza delle istituzioni territoriali, concorrendo con l'altra camera all'attività legislativa solo in determinate materie (tra cui quella elettorale e l'attuazione di normative e politiche dell'Unione europea). Il numero dei senatori sarebbe stato ridotto a 100 membri, i quali – eccetto quelli nominati dal Presidente della Repubblica – sarebbero stati designati dai Consigli regionali fra i loro stessi componenti e fra i sindaci dei propri territori. La Camera dei deputati sarebbe rimasta quindi l'unico organo ad esercitare la funzione di indirizzo politico e di controllo sull'operato del Governo, verso il quale sarebbe restata titolare del rapporto di fiducia. La riforma contemplava anche l'abolizione delle province e del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), oltre a sopprimere l'elenco delle materie di legislazione concorrente fra Stato e Regioni; erano previste inoltre modifiche in tema di referendum popolari, procedimento legislativo, uso della decretazione d'urgenza, elezione del Presidente della Repubblica e nomina dei giudici della Corte costituzionale.

Come previsto dall'articolo 138 della Costituzione, la riforma – aspramente avversata dalle opposizioni parlamentari e da alcuni giuristi – non essendo stata approvata da almeno i due terzi dei membri di ciascuna camera, non è stata direttamente promulgata, essendo prevista la facoltà, già sfruttata, di richiedere un referendum per sottoporla al giudizio popolare. A differenza di quelli abrogativi, i referendum costituzionali per esseri validi non necessitano il raggiungimento di un quorum di votanti; la riforma costituzionale sarebbe quindi stata promulgata dal Presidente della Repubblica ed sarebbe entrata in vigore solo se, i voti a favore sarebbero stati maggiori di quelli contrari.

In questa Lezione analizzeremo il Testo articolo per articolo ma preliminarmente daremo brevemente visione dell'Iter Legis che essa ha subito e esporremo in Pillole le Novità più Importanti.

Breve Storia dell'Iter Legis[modifica]

Il sistema bicamerale paritario e più in generale il procedimento legislativo della Repubblica Italiana è stato oggetto di critiche e proposte di modifica, in particolare per la sua lungaggine, sin dai primi anni dalla sua introduzione: già nel 1948 si continuava a discutere della struttura del Senato con l'istituzione di un apposito "comitato di studio" parlamentare, mentre risale al 1951 uno dei primi autorevoli appelli a superare l'eccessivo garantismo di un «bicameralismo integrale» a firma di Giuseppe Dossetti. Nel 1982 le commissioni affari costituzionali delle due camere del Parlamento italiano costituirono primi "comitati ristretti" per esaminare proposte di modifiche istituzionali, che portarono alla nascita, nell'aprile dell'anno seguente, della prima commissione bicamerale per le riforme costituzionali, la cui prima seduta fu presieduta da Aldo Bozzi il 30 novembre 1983. Tuttavia nessuna delle numerose proposte formulate nel corso del tempo per apportare modifiche sostanziali al bicameralismo perfetto si concretizzò in una legge costituzionale fino agli anni 2000. Il progetto di revisione costituzionale del 2005-2006, approvato dal Parlamento ma poi bocciato dal referendum del giugno 2006, oltre a rafforzare i poteri del Presidente del Consiglio con l'introduzione del premierato, prevedeva tra i principali punti il passaggio a un monocameralismo, mantenendo due camere (con trasformazione del Senato in Senato federale, composto da rappresentanti già eletti in altri enti territoriali locali su base regionale) che potevano approvare leggi, nelle materie di propria competenza, autonomamente, senza un passaggio all'altra camera; la Camera dei deputati era inoltre l'unica a cui spettava di esprimere la fiducia al Governo.

Il Parlamento tornò poi ad occuparsi di riforme istituzionali dal 2010, con la discussione di un disegno di legge mirato alla formazione di un'assemblea costituente, ma le varie proposte che ne conseguirono si arenarono nelle discussioni in aula. Nel 2013, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano decise di ravvivare il processo di riforma nominando una commissione di "saggi" per avanzare proposte in materia istituzionale e economico-sociale, lavorando in due gruppi distinti; il gruppo che formulò proposte per migliorare l'assetto istituzionale era composto da Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante, i quali suggerirono di superare il bicameralismo perfetto passando a una sola camera "politica", riducendo il Senato a un "Senato delle regioni" in rappresentanza delle autonomie regionali. A partire dal luglio 2013 iniziò quindi l'iter di un disegno di legge promosso dal Governo Letta che prevedeva la nascita di un comitato parlamentare per le riforme costituzionali e una deroga all'articolo 138 della Costituzione che regola il procedimento di revisione costituzionale per fare in modo che la riforma potesse avvenire in tempi più rapidi. Il provvedimento tuttavia non arrivò all'approvazione definitiva a causa delle vivaci proteste delle opposizioni e dell'uscita dalla maggioranza di Forza Italia, che ritirò il sostegno al provvedimento facendo venire meno la maggioranza dei due terzi del Parlamento.

L'iter delle riforme costituzionali vide una nuova svolta con la vittoria di Matteo Renzi nelle primarie del Partito Democratico l'8 dicembre 2013. Il 18 gennaio 2014 Renzi stipulò infatti il cosiddetto Patto del Nazareno con Silvio Berlusconi in cui i due leader trovarono un accordo sui contenuti della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale da proporre al Parlamento. Dopo poco più di un mese, il 22 febbraio 2014 Renzi divenne Presidente del Consiglio dei Ministri. Il nuovo Governo Renzi presentò quindi l'8 aprile 2014 un disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa. Il testo fu approvato con modifiche dal Senato l'8 agosto dello stesso anno, mentre il 10 marzo 2015, con modifiche, arrivò l'approvazione della Camera, ma nel frattempo venne meno il sostegno del partito guidato da Silvio Berlusconi dopo gli attriti con il PD nati in occasione dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dal mese di luglio fu quindi ridiscusso al Senato, che l'approvò con nuove modifiche il 13 ottobre 2015. La Camera approvò il nuovo testo trasmesso dal Senato l'11 gennaio 2016; il 20 gennaio il Senato l'approvò in seconda deliberazione con 180 favorevoli, 112 contrari e 1 astenuto (293 votanti). Il 12 aprile 2016 la Camera diede il via libera definitivo, ri-approvandolo con 361 voti favorevoli, 7 contrari e 2 astenuti per un totale di 368 votanti; le opposizioni preferirono infatti abbandonare l'aula al momento del voto in segno di dissenso. La riforma è anche chiamata Renzi-Boschi in quanto formalmente presentata dal Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi e dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il parlamento Maria Elena Boschi.

Come previsto dall'articolo 138 della Costituzione, non essendo stata approvata in seconda deliberazione dai due terzi dei membri di ogni camera, la legge costituzionale non è stata subito sottoposta a promulgazione, ma pubblicata (a mero scopo notiziale) sulla Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2016 (Serie Generale n° 88) per dare la facoltà, da esercitare entro i successivi tre mesi, di richiedere un referendum confermativo; possono presentare tale richiesta un quinto dei componenti di una camera, cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali.

Il 20 aprile 2016 sia i parlamentari dell'opposizione (Movimento 5 Stelle, Lega Nord, Forza Italia e Sinistra Italiana) che quelli di maggioranza (Partito Democratico, Alleanza popolare (NCD-UDC), Democrazia Solidale - Centro Democratico) hanno depositato le firme necessarie presso la Corte suprema di cassazione.

Il percorso della riforma è stato a lungo legato a quello della nuova legge elettorale, l'Italicum, approvata in via definitiva il 4 maggio 2015, ma la cui applicabilità è stata differita al 1º luglio 2016.

Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo di legge costituzionale, avvenuta il 15 aprile 2016, alcuni parlamentari – appartenenti sia alla maggioranza sia all'opposizione – si sono avvalsi della facoltà di richiedere un referendum confermativo, prevista dall'articolo 138 della Costituzione; le prime istanze formali sono state depositate presso la cancelleria della Corte suprema di cassazione il 20 aprile 2016. Tale tipo di referendum può essere richiesto qualora una legge di revisione costituzionale sia stata approvata in seconda delibera con una maggioranza inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna delle due Camere; in questo caso, l'istanza può essere presentata da un quinto dei componenti di una Camera, da cinque consigli regionali oppure da 500 000 elettori entro tre mesi dalla pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale. La legge costituzionale sottoposta a referendum viene promulgata se i voti favorevoli sono la maggioranza dei voti validi; non è necessario il raggiungimento di alcun quorum sul numero dei votanti.

L'Ufficio centrale per il referendum ha confermato la regolarità delle richieste il 10 maggio 2016, ma, come da prassi inaugurata in occasione dei precedenti referendum costituzionali, prima della formulazione del decreto di indizione, emesso dal Presidente della Repubblica su deliberazione del Consiglio dei ministri, viene lasciato comunque passare tutto il tempo utile per formulare richieste di referendum, in modo da concedere l'esercizio di tale possibilità a tutti i soggetti che ne hanno diritto, in particolare ai cittadini. Il referendum si svolge tra il 50º e il 70º giorno successivo all'emanazione del decreto di indizione. Nel frattempo, raccolte di firme popolari per il referendum sono state promosse da entrambi gli schieramenti favorevoli e contrari alla riforma; l'8 agosto 2016 l'Ufficio centrale si è espresso sull'unica sottoscrizione a superare le 500 000 firme, quella promossa dal comitato per il "sì".

Il 26 settembre 2016 il Consiglio dei ministri ha quindi stabilito per domenica 4 dicembre la data della consultazione referendaria.

La consultazione referendaria ha visto un'alta affluenza alle urne, pari al 65,47% degli elettori, ed una netta affermazione dei voti contrari, pari al 59,12% dei voti validi. La riforma non è stata quindi promulgata.

Le novità in pillole[modifica]

Il disegno di legge presentato dal Governo Renzi avrebbe apportato diverse modifiche, tutte circoscritte ai titoli I, II e III della seconda parte della Costituzione, riguardo al funzionamento delle Camere e all'iter legislativo, alle funzioni e alla composizione del Senato, all'elezione del Presidente della Repubblica e alle modalità di attribuzione della fiducia al Governo. Ulteriori modifiche al titolo I sarebbero state relative all'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza, alle leggi di iniziativa popolari e ai referendum; mentre altre modifiche al titolo III avrebbero riguardato l'abolizione del CNEL e l'introduzione del principio di trasparenza per la pubblica amministrazione. Vi sarebbero state inoltre numerose modifiche al titolo V, relative in particolare al rapporto tra Stato ed enti locali minori. Alcune modifiche al titolo VI avrebbero riguardavano infine l'elezione dei giudici della Corte costituzionale.

Modifica del bicameralismo e nuovo iter legislativo[modifica]

Il Procedimento Legislativo Prima (in Rosso) e Dopo la Riforma Renzi

Il nuovo sistema bicamerale sanciva la fine del cosiddetto bicameralismo perfetto: la Camera dei deputati diventava l'unica ad esercitare pienamente la funzione legislativa, di indirizzo politico e di controllo sul Governo, diventando quindi l'unica titolare del rapporto di fiducia con il Governo. I deputati rimanevano anche i soli "rappresentanti della Nazione". Il Senato, invece, diventava rappresentante delle istituzioni territoriali, concorrendo alla funzione legislativa sui rapporti tra Stato e gli altri enti territoriali, oltre che sull'attuazione delle politiche dell'Unione europea, sulla tutela delle minoranze linguistiche, sulle leggi costituzionali ed elettorali.

Per quanto riguarda i disegni di legge approvati dalla Camera, il nuovo iter legislativo prevedeva che, prima della promulgazione, venissero trasmessi al Senato, che aveva la facoltà di discuterli se ne faceva richiesta almeno un terzo dei suoi componenti entro dieci giorni. Se sceglieva di esaminarlo, ha trenta giorni di tempo per deliberare proposte di modifica, sulle quali spetta poi alla Camera la pronuncia in via definitiva. Sulle materie ricadenti nella potestà legislativa delle Regioni e di bilancio il limite di trenta giorni era ridotto rispettivamente a dieci e quindici giorni dalla trasmissione del testo in aula; per le prime la Camera poteva respingere le eventuali proposte di modifica solo con il voto della maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il Senato poteva proporre, con deliberazioni a maggioranza assoluta dei suoi componenti, disegni di leggi alla Camera, che aveva sei mesi di tempo per pronunciarsi (Bicameralismo Imperfetto).

Spettava alla sola Camera anche la deliberazione dello stato di guerra, l'emanazione di provvedimenti di indulto e amnistia e la ratifica di trattati internazionali (Monocameralismo Perfetto).

I seguenti disegni di legge erano invece approvati da entrambe le Camere (Bicameralismo Perfetto):

  1. Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali;
  2. Le leggi relative alla tutela delle minoranze linguistiche;
  3. Le leggi relative ai referendum popolari;
  4. Le leggi relative ad ordinamento ed elezioni dei Comuni e delle Città metropolitane;
  5. La legge che stabilisce le norme generali della partecipazione dell’Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea;
  6. La legge relativa ai casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei senatori;
  7. La legge elettorale del Senato (art. 57, sesto comma);
  8. Le leggi di ratifica dei trattati dell'unione europea (art. 80, secondo periodo);
  9. La legge su Roma Capitale (art. 114, terzo comma);
  10. Le leggi di attribuzione di ulteriori deleghe alle regioni (art. 116, terzo comma);
  11. La legge che disciplina il potere sostitutivo dello Stato sulle regioni relativamente all'attuazione degli accordi internazionali (art. 117 quinto comma);
  12. La legge che disciplina le possibilità di accordi tra regioni e altri Stati (art. 117 nono comma);
  13. La legge che regola il patrimonio di Comuni, Città metropolitane e Regioni (art. 119, sesto comma);
  14. La legge che stabilisce i casi di esclusione degli amministratori regionali e locali dalle loro funzioni in caso di grave dissesto finanziario dell’ente (art. 120, secondo comma);
  15. La legge relativa ai principi generali di elezione dei consigli regionali (art. 122, primo comma);
  16. Le leggi per staccare i comuni da una regione ed annetterli ad un'altra (art. 132, secondo comma).

Nelle disposizioni sulle riunioni delle camere, era inoltre introdotto un principio di garanzia dei diritti delle minoranze parlamentari nell'adozione dei rispettivi regolamenti ed era sancito il dovere dei membri del Parlamento «di partecipare alle sedute dell'Assemblea e ai lavori delle Commissioni».

Decreti-legge e disegni di legge del Governo[modifica]

L'esecutivo avrebbe avuto la facoltà di chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge «indicato come essenziale per l'attuazione del programma di governo» fosse inserito in via prioritaria all'ordine del giorno e arrivi ad un voto definitivo entro i successivi 70 giorni, prorogabili al massimo di 15 giorni in relazione alla complessità del ddl e dei tempi di esame da parte della Commissione. I tempi per l'eventuale esame del Senato rispetto all'iter ordinario sono inoltri ridotti della metà. Erano escluse da tale procedimento definito «a data certa» le materie di competenza di entrambe le camere e i testi di legge su bilancio, ratifica dei trattati internazionali, amnistia e indulto.

Per quanto riguarda la decretazione d'urgenza, erano inseriti alcuni limiti sul suo utilizzo, in parte derivanti da precedenti sentenze della Corte costituzionale. In particolare era specificato che sia i decreti che le leggi di conversione devessero avere contenuti specifici, omogenei e coerenti al titolo, senza contenere «disposizioni estranee all'oggetto o alle finalità del decreto». Era inoltre inserito un differimento di 30 giorni per la conversione in legge nel caso il Presidente della Repubblica avesse richiesto una nuova deliberazione prima della promulgazione.

Nuova composizione del Senato[modifica]

Il Senato Prima (in Rosso) e Dopo (in Verde) la Riforma

La composizione del Senato, le cui nuove funzioni e composizione ricordavano quelle del Bundesrat austriaco, si sarebbe ridotta a 95 senatori (più 5 di nomina presidenziale), diminuendo di circa due terzi rispetto ai 315 (più senatori a vita di nomina presidenziale) previsti dal testo originale.

74 senatori sarebbero stati eletti in seno ai consigli regionali Consigli regionali ed alle province autonome di Trento e Bolzano" in conformità alle scelte espresse dagli elettori" . 21 senatori sarebbero stati scelti tra i sindaci, nella misura di 1 per ogni regione e provincia autonoma.

In merito all'elezione dei senatori, il nuovo testo costituzionale prevedeva che essa avvenissero in occasione del rinnovo dei consigli regionali, con modalità rinviate ad una successiva legge elettorale ordinaria, in cui gli elettori eavrebbero espresso preferenze vincolanti per i consiglieri destinati a diventare senatori.

La distribuzione a livello nazionale continuava a essere fatta proporzionalmente alla popolazione risultante dall'ultimo censimento generale, mentre la durata del loro mandato coincideva con quella dei rispettivi organi istituzioni territoriali di provenienza. Ogni regione eleggeva minimo 2 senatori.

Nuova distribuzione dei seggi per regione
Regione Seggi Regione Seggi Regione Seggi
Abruzzo 2 Lazio 8 Sardegna 3
Basilicata 2 Liguria 2 Sicilia 7
Bolzano (prov.) 2 Lombardia 14 Toscana 5
Calabria 3 Marche 2 Trento (prov.) 2
Campania 9 Molise 2 Umbria 2
Emilia Romagna 6 Piemonte 7 Valle d'Aosta 2
Friuli Venezia Giulia 2 Puglia 6 Veneto 7
Complessivamente 74 consiglieri regionali e 21 sindaci, più quelli di nomina presidenziale (~5)

Fino a cinque senatori erano invece nominati «per altissimi meriti» dal Presidente della Repubblica. Tali senatori (che sostituivano i senatori a vita) duravani in carica sette anni e non potevano essere nuovamente nominati. Rimanevano invece senatori di diritto e a vita i Presidenti emeriti della Repubblica. Mantenevano il loro ruolo anche i quattro senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della riforma (Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia).

Ai senatori, per i quali non ci sarebbero stati più presenti vincoli d'età, non spettava più alcuna indennità né stipendio per il ruolo, tuttavia il regolamento interno avrebbe potuto prevedere eventuali rimborsi-spese o misure simili.

Leggi elettorali, d'iniziativa popolare e referendum[modifica]

Per le leggi elettorali era introdotto il principio dell'«equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza»

Le leggi elettorali, comprese quelle regionali, avrebbero dovuto promuovere l'uguaglianza di genere nella rappresentanza. Almeno un quarto dei componenti della Camera o un terzo dei componenti del Senato avrebbero avuto la facoltà di chiedere alla Corte costituzionale un giudizio preventivo di legittimità prima della promulgazione di nuove leggi sull'elezione dei membri della Camera o del Senato.

Per quanto riguarda le leggi di iniziativa popolare, il numero di firme necessario per la presentazione di un disegno di legge era aumentato da 50 mila a 150 mila, con una discussione e deliberazione che avrebbe dovuto essere garantita secondo tempi e modi da stabilire nei regolamenti parlamentari (introducendo quindi l'obbligo di discussione dei disegni di legge di iniziativa popolare).

Gli Strumenti di Democrazia Diretta Prima (in Rosso) e Dopo (in Verde) della Riforma Renzi

Erano inoltre introdotti referendum popolari propositivi e d'indirizzo, la cui disciplina era rinviata a una successiva legge d'attuazione. Per quanto riguarda i referendum popolari abrogativi, se fossero stati richiesti da almeno 800 mila elettori invece che 500 mila, sarebbero stati validi anche nel caso voti la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni politiche; se richiesti da almeno 500 mila elettori ma meno di 800 mila, o da cinque consigli regionali, rimaneva invariato il quorum della maggioranza degli aventi diritto.

Elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della Corte costituzionale[modifica]

L'Elezione del Presidente della Repubblica Prima (in Rosso) e Dopo (in Verde) la Riforma Renzi

Il Presidente della Repubblica sarebbe stato eletto dal Parlamento riunito in seduta comune e non più anche dai delegati regionali. Cambiava anche la maggioranza necessaria per l'elezione: mentre nel sistema vigente, dopo i due terzi richiesti per le prime tre votazioni, dal quarto scrutinio è prevista la maggioranza assoluta, il nuovo testo dal quarto scrutinio richiedeva la maggioranza dei tre quinti dell'assemblea e dal settimo dei tre quinti dei votanti.

Il Presidente della Camera dei deputati sarebbe diventata seconda carica dello Stato, esercitando le sue funzioni in caso di impedimento. Per l'elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, il Parlamento era convocato in seduta comune dal Presidente della Camera o, nel caso stia sostituendo il Presidente nelle sue funzioni, dal Presidente del Senato.

Sull'elezione dei giudici della Corte costituzionale, i cinque di nomina parlamentare erano eletti separatamente dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, che ne eleggevano rispettivamente tre e due, e non più dal Parlamento in seduta comune.

Modifiche relative al Titolo III della Costituzione[modifica]

Relativamente al Titolo III, oltre alle già citate modifiche riguardanti la modalità di concessione e revoca di fiducia al governo e di autorizzazione alla persecuzione dei reati commessi durante la carica ministeriale, attività ora relative alla sola Camera dei Deputati, erano inserite alcune ulteriori modifiche:

  • All'articolo 97, ai principi di buon andamento e imparzialità nell'organizzazione dei pubblici uffici era aggiunto il principio di trasparenza.
  • Veniva soppresso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, con l'abrogazione integrale dell'articolo 99.

Ulteriori modifiche relative al Titolo V della Costituzione[modifica]

Modifiche molto importanti erano quelle relative al Titolo V della Costituzione in relazione al rapporto tra Stato ed enti locali.

  • Sarebbe stato rimosso dalla Carta costituzionale ogni riferimento alle province, eccetto quelle autonome di Trento e di Bolzano.
  • All'articolo 116, sulle concessioni di condizioni particolari di autonomia alle regioni, era richiesto che le stesse siano in una «condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio».
  • Dall'articolo 117 scomparivano le materie a legislazione concorrente tra Stato e regioni. Venivano quindi aggiunte alla lista delle materie la cui legislazione esclusiva spettava allo Stato varie materie, tra cui l'ordinamento delle professioni e della comunicazione; protezione civile; produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia; infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale; mercati assicurativi; disposizioni generali e comuni su attività culturali e turismo; previdenza sociale; tutela, sicurezza e politiche attive del lavoro.
  • All'articolo 118, ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza delle funzioni amministrative erano aggiunti principi di «semplificazione e trasparenza dell'azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori».
  • All'articolo 120, sul potere sostitutivo del Governo nei confronti degli enti locali, era introdotta la formulazione di un parere da parte del Senato e affidava alla legge di stabilire «i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall'esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell'ente».
  • All'articolo 122, per gli emolumenti per i componenti degli organi di governo regionali, era introdotto un limite pari a quello dei sindaci dei comuni capoluogo di regione.
  • All'articolo 126, per il decreto di scioglimento dei consigli regionali, era adottato il parere del Senato e non più di una commissione di deputati e senatori.

Entrata in vigore della legge costituzionale[modifica]

La potenziale entrata in vigore era prevista per il giorno successivo alla ri-pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale successiva all'eventuale promulgazione.

Le varie disposizioni contenute nella legge costituzionale sarebbero state applicate a partire dalla legislatura successiva allo scioglimento delle camere, eccetto alcune di immediata applicazione, tra cui l'abolizione del CNEL e delle province, e l'introduzione del principio sulla parità di genere.

Esame del Testo[modifica]

Emblema della Repubblica Italiana

Passiamo quindi ad Analizzare il Testo di Legge Articolo per Articolo.

Capo I - MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE[modifica]

Art. 1. (Funzioni delle Camere)[modifica]

1. L'articolo 55 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 55. -- Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza. Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione. La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo. Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione».

L'ampio ampliamento dell'articolo 55 sancisce il primo pilastro della Riforma nell'ottica del superamento del bicameralismo perfetto e non solo. Prima di tutto è introdotto, per la prima volta, costituzionalmente l'obbligo da parte delle leggi elettorali di prevedere un sistema di promozione verso la parità di rappresentanza nelle istituzioni tra uomo e donna. Si pone la netta differenza tra deputati che saranno rappresentanti della nazione e esclusivi titolari del rapporto fiduciario con il governo e titolari effettivi del potere legislativo e senatori che saranno rappresentanti delle istituzioni territoriali e che avranno un potere legislativo limitato alle materie stabilite dalla costituzione, ai rapporti con gli enti territoriali, alle politiche europee, oltre a vagliare le nomine del governo. In ultimo si prevede ancora la forma di Parlamento in Seduta comune per i casi previsti dalla Costituzione.

Art. 2. (Composizione ed elezione del Senato della Repubblica)[modifica]

1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 57. --– Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due. La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma. Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio».

La prima novità è l'eliminazione della nozione "eletto a base regionale". Il Senato non sarà più direttamente elettivo, bensì legato alle preferenze indicate dagli elettori per i candidati consiglieri all'atto delle elezioni regionali. Gli elettori sceglieranno quindi i senatori tra i vari candidati alla carica di consigliere regionale (le modalità di elezione verranno stabilite con una apposita legge elettorale regionale). I novantacinque senatori (sarà infatti ridotto anche il numero dei senatori, da 315 a 95, più 5 nominati dal Presidente della Repubblica) saranno eletti con metodo proporzionale dai consigli regionali e delle province autonome tra i propri membri, sulla base delle indicazioni degli elettori, e uno tra i sindaci dei comuni del proprio territorio. Nessuna regione potrà avere meno di due senatori e le province autonome, equiparate alle regioni, ne avranno due a testa. La ripartizione dei seggi sarà fatta in base alla popolazione risultante dall'ultimo censimento e sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (permane quindi la regola già prevista attualmente). La durata dei senatori non sarà più di cinque anni, come oggi, ma sarà collegata alla durata dell'organo territoriale che ha provveduto all'elezione del senatore secondo le indicazioni espresse dagli elettori per i candidati consiglieri. Alla legge ordinaria è poi delegata tutta la normativa di attuazione del sistema dell'elezione come ad esempio la normativa in materia di sostituzione dei senatori in caso di cessazione della carica elettiva regionale o locale o il numero tra senatori consiglieri e sindaci. I seggi devono essere assegnati in base ai voti espressi e alla composizione di ciascun Consiglio.

Art. 3. (Modifica all'articolo 59 della Costituzione)[modifica]

1. All'articolo 59 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente: «Il Presidente della Repubblica può nominare senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati».

Con la modifica al secondo comma dell'articolo 59 scompariranno i senatori a vita non ex Presidenti. Il Presidente della Repubblica potrà, infatti, continuare a nominare cinque senatori per meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario ma la loro carica sarà vincolata da una durata non superiore ai sette anni e non rinnovabile. Resta invece immutata la carica a senatore a vita (cioè senza una durata prestabilita) per gli ex Presidenti della Repubblica.

Art. 4. (Durata della Camera dei deputati)[modifica]

1. L'articolo 60 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 60. -- La Camera dei deputati è eletta per cinque anni. La durata della Camera dei deputati non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra».

La modifica dell'articolo 60 riconferma la non elettività del Senato della Repubblica e inoltre elimina la durata cinquennale della sua composizione. Come detto infatti la durata in carica dei singoli senatori è collegata alla durata degli enti territoriali in cui sono stati eletti.

Art. 5. (Modifica all'articolo 63 della Costituzione)[modifica]

1. All'articolo 63 della Costituzione, dopo il primo comma è inserito il seguente: «Il regolamento stabilisce in quali casi l'elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono essere limitate in ragione dell'esercizio di funzioni di governo regionali o locali».

L'integrazione all'articolo 63 è stata prevista per poter adattare i regolamenti, o meglio le cariche che il futuro Senato avrà, alle esigenze delle funzioni che il senatore dovrà svolgere anche nel governo regionale e locale dove è stato eletto. Permane comunque la previsione dell'elezione dei componenti della Presidenza e dell'Ufficio di presidenza delle due camere e la previsione che in caso di Seduta Comune del Parlamento saranno gli Uffici di Presidenza della Camera a presiederla.

Art. 6. (Modifiche all'articolo 64 della Costituzione)[modifica]

1. All'articolo 64 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il primo comma è inserito il seguente: «I regolamenti delle Camere garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari. Il regolamento della Camera dei deputati disciplina lo statuto delle opposizioni»; b) il quarto comma è sostituito dal seguente: «I membri del Governo hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute delle Camere. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono»; c) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell'Assemblea e ai lavori delle Commissioni».

Con l'integrazioni all'articolo 64 sono introdotte alcune novità. Prima di tutto è introdotto l'obbligo da parte dei regolamenti (che vanno sempre approvati a maggioranza assoluta dei componenti la Camera) la previsione di norme in garanzia delle minoranze parlamentari. Non solo, il Regolamento della Camera dovrà prevedere un opportuno statuto delle opposizioni. Scompare poi la discussa nozione sul fatto che i membri del Governo possano assistere alle sedute parlamentari anche se non fanno parte delle Camere, diventa così un vero e proprio diritto/obbligo soggettivo dei ministri. Permangono poi la possibilità delle camere di prevedere sedute segrete e le norme sui requisiti numerici per le delibere (quindi maggioranza dei componenti per il quorum strutturale, maggioranza dei votanti per il quorum funzionale). Viene introdotto però, e questo è una novità assoluta, l'obbligo da parte dei parlamentari al partecipare alle sedute dell'Assemblea e ai lavori delle Commissioni. È pensabile che una eventuale non partecipazione, non motivata, potrebbe essere suffragata da norme punitive di legge in attuazione proprio di questo futuro comma.

Art. 7. (Titoli di ammissione dei componenti del Senato della Repubblica)[modifica]

1. All'articolo 66 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore».

Con l'integrazione si adegua il nuovo sistema di nomina al fenomeno delle cessazione della carica elettiva regionale o locale che è quindi causa di decadenza dalla carica di senatore. Permangono in capo poi al Senato (e alla Camera) la possibilità di vagliare i titoli di ammissione dei propri componenti e le cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità.

Art. 8. (Vincolo di mandato)[modifica]

1. L'articolo 67 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 67. -- I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato».

Con la modifica scomparirà la nozione di Rappresentanza della Nazione che come visto dalla modifica dell'articolo 55 non sarà più in capo ai senatori (che rappresentano gli enti territoriali dove sono eletti) ma permane in capo ai deputati. Rimane la formula dell'esercizio delle funzioni parlamentari senza vincolo di mandato.

Art. 9. (Indennità parlamentare)[modifica]

1. All'articolo 69 della Costituzione, le parole: «del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Con la modifica all'articolo 69, i senatori non percepiranno più le indennità parlamentari che resteranno in capo ai soli deputati.

Art. 10. (Procedimento legislativo)[modifica]

1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati».

E veniamo ora al punto più importante dell'intera riforma, cioè la soppressione del bicameralismo paritario. Con la modifica all'articolo 70, ampiamente amplificato, si pone fine alla parità legislativa che l'ex articolo 70 sanciva. Solo la Camera dei deputati mantiene la funzione legislativa piena. Il Senato potrà deliberare, in modo congiunto con la Camera, solo sulle leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore e altre tipologie di leggi previste sempre dalla Costituzione. Una legge per essere abrogata o modificata dovrà seguire il medesimo meccanismo che si segue per realizzarla. Il disegno di legge approvato dalla Camera passa al Senato che in dieci giorni, su richiesta di un/terzo dei componenti può decidere di esaminarlo. Entro trenta giorni il Senato potrà deliberare modifiche al testo e la Camera avrà l'onere di vagliare il testo di nuovo in maniera definitiva. Se decorre il termine di dieci giorni si ritiene che il Senato non voglia esaminare il testo e pertanto esso è approvato in maniera definitiva dalla sola Camera è può essere promulgato. Nei casi di legislazione prevista dall'articolo 117 le modifiche proposte dal Senato approvate a maggioranza assoluta possono essere non approvate dalla Camera solo se vi è una maggioranza assoluta al voto finale di approvazione definitiva. I Presidenti delle Camere d'intesa dirimeranno le eventuali questioni di competenza. Il Senato della Repubblica potrà anche eseguire azioni di attività conoscitiva e formulare osservazione sugli atti e i documenti in esame alla Camera dei Deputati.

Art. 11. (Iniziativa legislativa)[modifica]

1. All'articolo 71 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il primo comma è inserito il seguente: «Il Senato della Repubblica può, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all'esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera dei deputati procede all'esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato della Repubblica»; b) al secondo comma, la parola: «cinquantamila» è sostituita dalla seguente: «centocinquantamila» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d'iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari»; c) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione».

Con le modifiche all'articolo 71 si cambiano le disposizioni in merito all'iniziativa legislativa. Permane che l'iniziativa legislativa è in mano al Governo, ai parlamentari e agli altri enti abilitati da legge costituzionale ma a queste iniziative legislative è aggiunta, per la prima volta, la possibilità che sia il Senato a proporre una legge alla Camera dei deputati. Il Senato infatti a maggioranza assoluta dei componenti può deliberare che un disegno di legge sia preso in esame dalla Camera dei deputati. La Camera dei deputati dovrà esprimersi entro sei mesi dalla deliberazione del Senato. Verrà poi cambiato anche il quorum per le leggi di iniziativa popolare che non sarà più di cinquantamila cittadini ma di centocinquantamila e inoltre si prevede un obbligo costituzionale affinché i regolamenti parlamentari prevedano un procedimento certo nei tempi per il vaglio nella Camera. In ultimo è aggiunta la possibilità di indire referendum popolari propositivi e d'indirizzo e altre forme di consultazione popolari oggi impossibili non essendo previsti costituzionalmente. La legge ne indicherà poi i metodi concreti di attuazione.

Art. 12. (Modifica dell'articolo 72 della Costituzione)[modifica]

1. L'articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 72. -- Ogni disegno di legge di cui all'articolo 70, primo comma, presentato ad una Camera, è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. Ogni altro disegno di legge è presentato alla Camera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. I regolamenti stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza. Possono altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, che, alla Camera dei deputati, sono composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, per quelli di delegazione legislativa, per quelli di conversione in legge di decreti, per quelli di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per quelli di approvazione di bilanci e consuntivi. Il regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 70. Esclusi i casi di cui all'articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 e 81, sesto comma, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l'attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione. In tali casi, i termini di cui all'articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà. Il termine può essere differito di non oltre quindici giorni, in relazione ai tempi di esame da parte della Commissione nonché alla complessità del disegno di legge. Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce le modalità e i limiti del procedimento, anche con riferimento all'omogeneità del disegno di legge».

Con la modifica si procede a differenziare la procedura di esame e approvazione delle leggi del Senato da quella della Camera dei deputati. Restano infatti ferme le disposizioni precedenti per la sola Camera dei deputati. Il Senato ha facoltà tramite il suo regolamento di disciplinare le modalità di esame dei disegni di legge. È data inoltre la facoltà, per la prima volta, al Governo di chiedere una deliberazione di urgenza (entro cinque giorni) alla Camera affinché deliberi che venga posto con priorità all'ordine del giorno un testo ritenuto essenziale per il programma di governo e lo stesso sia esaminato in via definitiva dalla Camera entro settanta giorni dalla deliberazione. Questa procedura non è attivabile nel caso si tratti di legge elettorale, riforme costituzionali, leggi di ratifica e così via. Anche i tempi per l'eventuale vaglio del Senato sono dimezzati e prorogabili i tempi della Commissione di solo quindici giorni se il testo è di particolare complessità. Il regolamento della Camera dei deputati ha la facoltà di stabilire le modalità e i limiti del ricorso a questo procedimento in riferimento anche all'omogeneità del disegno di legge.

Art. 13. (Modifiche agli articoli 73 e 134 della Costituzione)[modifica]

1. All'articolo 73 della Costituzione, il primo comma è sostituito dai seguenti: «Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione. Le leggi che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni dall'approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata».

Con la modifica all'articolo 73 e si attribuisce una nuova competenza alla Corte Costituzionale. Nel tentativo di evitare l'emanazione di una legge elettorale incostituzionale, come è capitato con il Porcellum (Legge Calderoli n. 270 del 21 dicembre 2005) le due Camere possono sottoporre al vaglio preventivo di legittimità costituzionale della legge da parte della Corte costituzionale attraverso un ricorso motivato e promosso da almeno un quarto dei deputati o almeno un terzo dei senatori entro dieci giorni dall'approvazione della legge entro i quali la legge non può essere promulgata. La Corte Costituzionale si pronunzia entro trenta giorni entro i quali la legge non può essere promulgata. Se dichiarata la illegittimità costituzionale la legge non può essere promulgata.

2. All'articolo 134 della Costituzione, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: «La Corte costituzionale giudica altresì della legittimità costituzionale delle leggi che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell'articolo 73, secondo comma».

Con la modifica all'articolo 134 si adegua l'articolo alla nuova funzione della Corte Costituzionale.

Art. 14. (Modifica dell'articolo 74 della Costituzione)[modifica]

1. L'articolo 74 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 74. -- Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Qualora la richiesta riguardi la legge di conversione di un decreto adottato a norma dell'articolo 77, il termine per la conversione in legge è differito di trenta giorni. Se la legge è nuovamente approvata, questa deve essere promulgata».

Si introdurrà per la prima volta una previsione particolare al veto presidenziale alla promulga. Fermo restando la facoltà per ogni tipologia di fonte il rinvio alle camere e l'obbligo alla seconda deliberazione di promulgare per forza, si prevede che se il testo posto in rinvio è una legge di conversione del decreto, per evitare che ci sia la decadenza dopo i sessanta giorni, si prolunga di ulteriori trenta giorni il termine e si sventa così l'inevitabile decadenza che crea oggi molti problemi di responsabilità per i decreti decaduti senza conversione.

Art. 15. (Modifica dell'articolo 75 della Costituzione)[modifica]

1. L'articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 75. -- È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti gli elettori. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum».

Cambia un po' il sistema dei referendum. Rimangono gli stessi i soggetti abilitati al proporlo. Ugualmente restano le stesse le leggi non sottoponibili a referendum. Viene cambiata la nozione di coloro che sono chiamati alle urne che diventa da "tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati" a "tutti gli elettori". In sostanza la platea resta la stessa ma si evita una specificazione inutile. Viene introdotta la possibilità che il referendum venga approvato con la semplice maggioranza dei votanti all'ultima elezione della Camera dei deputati se coloro che avanzano la proposta referendaria sono più di ottocentomila. Si riduce così di molto il quasi irraggiungibile quorum della maggioranza degli aventi diritto e si dà la possibilità di una più facile approvazione del referendum. Rimane, logicamente, la necessità che ci sia la maggioranza dei voti validamente espressi favorevoli e la delega alla legge per le modalità di attuazione in concreto del referendum.

Art. 16. (Disposizioni in materia di decretazione d'urgenza)[modifica]

1. All'articolo 77 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «disposta con legge»; b) al secondo comma, le parole: «alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata e si riunisce»; c) al terzo comma: 1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « o, nei casi in cui il Presidente della Repubblica abbia chiesto, a norma dell'articolo 74, una nuova deliberazione, entro novanta giorni dalla loro pubblicazione»; 2) al secondo periodo, le parole: «Le Camere possono» sono sostituite dalle seguenti: «La legge può» e le parole: «con la legge» sono soppresse; d) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Il Governo non può, mediante provvedimenti provvisori con forza di legge: disciplinare le materie indicate nell'articolo 72, quinto comma, con esclusione, per la materia elettorale, della disciplina dell'organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni; reiterare disposizioni adottate con decreti non convertiti in legge e regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; ripristinare l'efficacia di norme di legge o di atti aventi forza di legge che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi per vizi non attinenti al procedimento. I decreti recano misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. L'esame, a norma dell'articolo 70, terzo e quarto comma, dei disegni di legge di conversione dei decreti è disposto dal Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla loro presentazione alla Camera dei deputati. Le proposte di modificazione possono essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione. Nel corso dell'esame dei disegni di legge di conversione dei decreti non possono essere approvate disposizioni estranee all'oggetto o alle finalità del decreto».

Oltre ad adeguare l'articolo alle novità della riforma, quindi Senato non avente più la parità legislativa e non più scioglibile, viene introdotta anche una novità sui decreti legge. Viene proibito al Governo di emanare decreti che disciplinano le materie indicate nell'articolo 72, quinto comma (materia costituzionale ed elettorale, delegazione legislativa, conversione in legge di decreti, autorizzazione a ratificare trattati internazionali e approvazione di bilanci e consuntivi), con esclusione, per la materia elettorale, della disciplina dell'organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni; reiterare disposizioni adottate con decreti non convertiti in legge e regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; ripristinare l'efficacia di norme di legge o di atti aventi forza di legge che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi per vizi non attinenti al procedimento. I decreti dovranno recare misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, viene tra l'altro proibito l'inserimento di norme estranee all'oggetto o alla finalità del decreto, cosa molto comune negli ultimi anni. Il Senato potrà vagliare il decreto entro trenta giorni dalla presentazione alla Camera dei deputati. Le proposte di modifica devono pervenire entro dieci giorni dalla trasmissione al Senato che non deve avvenire oltre i quaranta giorni dalla presentazione del testo alla Camera dei deputati.

Art. 17. (Deliberazione dello stato di guerra)[modifica]

1. L'articolo 78 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 78. – La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari».

La deliberazione dello stato di guerra dovrà essere deliberata dalla sola Camera dei deputati e non più da entrambe le Camere come avviene oggi.

Art. 18. (Leggi di amnistia e indulto)[modifica]

1. All'articolo 79, primo comma, della Costituzione, le parole: «di ciascuna Camera,» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati,».

Le leggi di amnistia e indulto potranno essere emanate dalla sola Camera dei deputati (sempre a maggioranza dei due terzi dei componenti) e non più da entrambe le Camere come avviene oggi.

Art. 19. (Autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali)[modifica]

1. All'articolo 80 della Costituzione, le parole: «Le Camere autorizzano» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati autorizza» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione europea sono approvate da entrambe le Camere».

L'autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, fatta eccezione per quelle relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, dovranno essere concessa dalla sola Camera dei deputati e non più da entrambe le Camere come oggi.

Art. 20. (Inchieste parlamentari)[modifica]

1. L'articolo 82 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 82. -- La Camera dei deputati può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. Il Senato della Repubblica può disporre inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali. A tale scopo ciascuna Camera nomina fra i propri componenti una Commissione. Alla Camera dei deputati la Commissione è formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria».

Con la modifica si prevede una differenza di campo per le Inchieste parlamentari. In capo alla Camera rimane la facoltà di inchiesta su ogni pubblico interesse. Al Senato solo per quelli concernenti le autonomie territoriali. Viene inoltre previsto per la sola Camera dei deputati l'obbligo della costituzione della Commissione in proporzione alla composizione in assemblea dei vari gruppi mentre non è previsto alcuna disposizione per la Commissione del Senato che sarà, evidentemente, regolata dal regolamento del Senato della Repubblica.

Capo II - MODIFICHE AL TITOLO II DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE[modifica]

Art. 21. (Modifiche all'articolo 83 della Costituzione in materia di delegati regionali e di quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica)[modifica]

1. All'articolo 83 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) il secondo comma è abrogato; b) al terzo comma, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell'assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti».

Cambierà anche il sistema di elezione del Presidente della Repubblica. In primo luogo scompaiono i delegati regionali previsti oggi nel numero di tre per ogni Regione (fatta eccezione la Valle d'Aosta che ne ha uno solo) questo perché si ritiene assunto il compito di rappresentanza delle regioni da parte del nuovo Senato. Viene, inoltre, cambiato anche il quorum. I primi tre scrutini restano a maggioranza dei due terzi dell'assemblea. Dal quarto scrutinio non basterà più la maggioranza assoluta, come previsto oggi, ma serviranno i tre quinti dell'assemblea. Inoltre è previsto che dal settimo scrutinio i tre quinti siano in riferimento non più a tutta l'assemblea degli aventi diritto al voto ma ai soli votanti.

Art. 22. (Disposizioni in tema di elezione del Presidente della Repubblica)[modifica]

1. All'articolo 85 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) al secondo comma, le parole: «e i delegati regionali,» sono soppresse e dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Quando il Presidente della Camera esercita le funzioni del Presidente della Repubblica nel caso in cui questi non possa adempierle, il Presidente del Senato convoca e presiede il Parlamento in seduta comune»; b) al terzo comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della Camera nuova».

Con la modifica all'articolo 85 si adegua prima di tutto la scomparsa dei delegati regionali. Si prevede che nel caso in cui il Presidente della Camera eserciti le funzioni di Presidente pro tempore per sostituire il Presidente della Repubblica dimissionario sia il Presidente del Senato a presiedere la Seduta comune e non il Presidente della Camera. Si corregge in ultimo il terzo comma adeguandolo alla novità che solo la Camera dei deputati può essere sciolta.

Art. 23. (Esercizio delle funzioni del Presidente della Repubblica)[modifica]

1. All'articolo 86 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «del Senato» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»; b) al secondo comma, le parole: «il Presidente della Camera dei deputati indice» sono sostituite dalle seguenti: «il Presidente del Senato indice», le parole: «le Camere sono sciolte» sono sostituite dalle seguenti: «la Camera dei deputati è sciolta» e la parola: «loro» è sostituita dalla seguente: «sua».

Con la modifica all'articolo 86 si adegua lo stesso alle novità introdotte dalla Riforma (Presidenza della Seduta Comune da parte del Presidente del Senato se il Presidente della Camera dei deputati svolge la funzione di Presidente della Repubblica pro tempore e Camera dei deputati unica camera scioglibile).

Art. 24. (Scioglimento della Camera dei deputati)[modifica]

1. All'articolo 88 della Costituzione, il primo comma è sostituito dal seguente: «Il Presidente della Repubblica può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati».

Con la modifica all'articolo 88 sarà sancita la scioglibilità da parte del Presidente della Repubblica della sola Camera dei deputati sentito il parere del suo Presidente. Il Senato della Repubblica non sarà più scioglibile. Permane la disposizione della impossibilità da parte del Presidente di sciogliere la Camera dei deputati negli ultimi sei mesi del suo mandato salvo non coincidano con gli ultimi sei mesi di legislatura.

Capo III - MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE[modifica]

Art. 25. (Fiducia al Governo)[modifica]

1. All'articolo 94 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»; b) al secondo comma, le parole: «Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia» sono sostituite dalle seguenti: «La fiducia è accordata o revocata»; c) al terzo comma, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «innanzi alla Camera dei deputati»; d) al quarto comma, le parole: «di una o d'entrambe le Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati»; e) al quinto comma, dopo la parola: «Camera» sono inserite le seguenti: «dei deputati».

Con la modifica all'articolo 94 si sancisce che solo la Camera dei deputati concederà e revocherà la fiducia al Governo. Il rapporto fiduciario pertanto non correrà più tra Governo e le due Camere distintamente come avviene oggi ma solo tra Governo e Camera dei deputati.

Art. 26. (Modifica all'articolo 96 della Costituzione)[modifica]

1. All'articolo 96 della Costituzione, le parole: «del Senato della Repubblica o» sono soppresse.

Con la modifica all'articolo 96 la sola Camera dei deputati avrà la facoltà di autorizzare la persecuzione da parte dell'autorità giurisdizionale ordinaria dei reati ministeriali (commessi cioè durante la carica ministeriale) da parte del Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri e non più entrambe le Camere come avviene oggi.

Art. 27. (Modifica all'articolo 97 della Costituzione)[modifica]

1. Il secondo comma dell'articolo 97 della Costituzione è sostituito dal seguente: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento, l'imparzialità e la trasparenza dell'amministrazione».

Con la modifica al comma secondo dell'articolo 97 viene introdotto costituzionalmente l'obbligo di trasparenza dell'amministrazione da parte dei pubblici uffici oltre che il già previsto buon andamento e imparzialità. Permane anche l'organizzazione decisa da legge, l'equilibrio di bilancio e sostenibilità del debito, l'autodeterminazione delle competenze, attribuzioni e responsabilità da parte degli uffici stessi e l'accesso agli impieghi pubblici tramite concorso salvo i casi previsti da legge.

Art. 28. (Soppressione del CNEL)[modifica]

1. L'articolo 99 della Costituzione è abrogato.

Con l'abrogazione dell'articolo 99 scompare costituzionalmente il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).

Capo IV - MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE[modifica]

Art. 29. (Abolizione delle Province)[modifica]

1. All'articolo 114 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «dalle Province,» sono soppresse; b) al secondo comma, le parole: «le Province,» sono soppresse.

Con la modifica all'articolo 114 scompaiono costituzionalmente le province. Restano i soli Comuni, le comunità montane, Città metropolitane e Regioni, oltre che lo Stato.

Art. 30. (Modifica all'articolo 116 della Costituzione)[modifica]

1. All'articolo 116 della Costituzione, il terzo comma è sostituito dal seguente: «Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, m), limitatamente alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, n), o), limitatamente alle politiche attive del lavoro e all'istruzione e formazione professionale, q), limitatamente al commercio con l'estero, s) e u), limitatamente al governo del territorio, possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119, purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. La legge è approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata».

Con la modifica al comma tre dell'articolo 116 sarà possibile concedere maggiore autonomia alle regioni (cosa già possibile oggi) ma solo se esse avranno un equilibrio di bilancio tra entrate e spese. Si vuole così premiare le sole regioni virtuose. Inoltre viene eliminato il quorum della maggioranza assoluta dei componenti per l'approvazione delle leggi che concedono tali autonomie ma permane il vaglio di entrambe le Camere. Rimangono le cinque regioni con particolare autonomia e statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige/Südtirol e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste). Rimangono anche le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 31. (Modifica dell'articolo 117 della Costituzione)[modifica]

1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 117. -- La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e assicurativi; tutela e promozione della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l'uniformità sul territorio nazionale; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare; n) disposizioni generali e comuni sull'istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; o) previdenza sociale, ivi compresa la previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni generali e comuni sull'istruzione e formazione professionale; p) ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; commercio con l'estero; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo; t) ordinamento delle professioni e della comunicazione; u) disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile; v) produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia; z) infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato. Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell'Unione europea e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato e alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative. È fatta salva la facoltà dello Stato di delegare alle Regioni l'esercizio di tale potestà nelle materie di competenza legislativa esclusiva. I Comuni e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, nel rispetto della legge statale o regionale. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato».

Una vera e propria rivoluzione copernicana sulla potestà legislativa avverrà con la modifica all'articolo 117. Oltre all'ampliamento notevole delle potestà legislativa esclusiva dello Stato (alle già ampie competenze esclusive si aggiungono anche quelle sulle norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l'uniformità sul territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare; disposizioni generali e comuni sull'istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; previdenza sociale, ivi compresa la previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni generali e comuni sull'istruzione e formazione professionale; ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni; commercio con l'estero; s) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo; ordinamento delle professioni e della comunicazione; disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile; produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia; infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale) ma anche la scomparsa delle materie in cui la potestà legislativa era concorrente tra Stato e Regioni. Non sono previste più infatti tali materie anzi. Alle Regioni è affidato l'incarico esclusivo in alcune materie (in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica) nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato. Non solo lo Stato si riserva anche la potestà legislativa sulle materie non di sua esclusiva competenza quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale. Permangono tutte le altre previsioni già previste oggi (la potestà regolamentare spettante allo Stato e alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative. È fatta salva la facoltà dello Stato di delegare alle Regioni l'esercizio di tale potestà nelle materie di competenza legislativa esclusiva. I Comuni e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, nel rispetto della legge statale o regionale; le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive; la legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni, nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato).

Art. 32. (Modifiche all'articolo 118 della Costituzione)[modifica]

1. All'articolo 118 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, la parola: «Province,» è soppressa; b) dopo il primo comma è inserito il seguente: «Le funzioni amministrative sono esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori»; c) al secondo comma, le parole: «, le Province» sono soppresse; d) al terzo comma, le parole: «nella materia della tutela dei beni culturali» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici»; e) al quarto comma, la parola: «, Province» è soppressa.

Con la presente modifica oltre ad adeguare l'articolo 118 alla novità della soppressione delle provincie si prevede per la prima volta l'onere costituzionale da parte degli enti locali di assicurare la semplificazione e la trasparenza dell'azione amministrativa secondo criteri di efficienza e di responsabilità. Tutto questo sempre nell'ottica di migliorare l'apparato della pubblica amministrazione. Viene introdotta poi l'intesa e la coordinazione tra Stato e Regioni non solo più sui beni culturali ma anche paesaggistici nell'ottica di una maggiore tutela anche dell'ambiente.

Art. 33. (Modifica dell'articolo 119 della Costituzione)[modifica]

1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 119. -- I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, in armonia con la Costituzione e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti assicurano il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni, sulla base di indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Città metropolitane e Regioni. I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti».

Oltre all'adeguamento sulla scomparsa delle province saranno introdotte anche piccole novità. Le risorse derivanti dagli enti locali vengono usate per le funzioni pubbliche degli stessi sulla base di indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovo condizioni di efficienza. Permane l'obbligo di equilibrio di bilancio a carico degli enti locali, la possibilità di tributi locali e compartecipazione su quelli erariali, la previsione di un fondo perequativo, senza vincolo di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante, la possibilità di risorse aggiuntive statali per lo sviluppo, la coesione e solidarietà tra i vari territori e la possibilità dell'indebitamento solo per opere di investimento con esclusione della garanzia statale.

Art. 34. (Modifica all'articolo 120 della Costituzione)[modifica]

1. All'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Il Governo» sono inserite le seguenti: «, acquisito, salvi i casi di motivata urgenza, il parere del Senato della Repubblica, che deve essere reso entro quindici giorni dalla richiesta,» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall'esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell'ente».

Viene introdotto l'obbligo, da parte del Governo, di sentire il parere del Senato della Repubblica che si deve esprimere entro quindici giorni dalla richiesta, quando si vuole sostituire nelle funzioni ad un ente locale che abbia violato una norma o un tratto internazionale o lo richieda l'incolumità e la sicurezza pubblica o la tutela dell'unità giuridica e economica. Viene introdotta inoltre la possibilità da parte sempre del governo di stabilire i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall'esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell'ente. Rimangono ferme le altre disposizioni (regioni non possono imporre dazi, nè limitare circolazione dei cittadini, nè limitare diritto al lavoro e la previsione che sia la legge a definire le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione).

Art. 35. (Limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali ed equilibrio tra i sessi nella rappresentanza)[modifica]

1. All'articolo 122, primo comma, della Costituzione, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e i relativi emolumenti nel limite dell'importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. La legge della Repubblica stabilisce altresì i princìpi fondamentali per promuovere l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza».

Con l'aggiunta all'ultimo comma dell'articolo 122 di questa disposizione sarà fissato un limite massimo agli stipendi dei componenti la giunta regionale che non potranno essere superiori a quelli previsti per un sindaco di un comune capoluogo di Regione. Viene inoltre introdotta la possibilità che una legge statale regoli i principi fondamentali per promuovere l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza regionale. Restano ferme le altre disposizioni (ineleggibilità e incompatibilità, divieto di cumulo di carica per i consiglieri e i membri della giunta con altre cariche, immunità dei consiglieri per le opinioni espresse durante la loro funzione pubblica ed elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Giunta regionale salvo lo statuto non preveda diversamente).

Art. 36. (Soppressione della Commissione parlamentare per le questioni regionali)[modifica]

1. All'articolo 126, primo comma, della Costituzione, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Il decreto è adottato previo parere del Senato della Repubblica».

Con la modifica all'articolo 126 scompare la Commissione parlamentare (composta da deputati e senatori) per le questioni regionali. Il parera sul decreto, che il Presidente della Repubblica emana per sciogliere i Consigli regionali o rimuovere i Presidenti delle Giunte che compiono atti contro la Costituzione o gravi violazioni di legge, dovrà essere dato dal Senato della Repubblica. Restano ferme le altre disposizioni per quanto riguarda la mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta da parte del Consiglio regionale.

Capo V - MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE[modifica]

Art. 37. (Giudici aggregati della Corte costituzionale)[modifica]

1. All'articolo 135 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) il primo comma è sostituito dal seguente:' «La Corte costituzionale è composta da quindici giudici, dei quali un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica»; b) al settimo comma, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato»..

Modificando l'articolo 135 per far fede al nuovo senato non più elettivo, si abbassa come effetto anche l'età per diventare giudice aggregato alla Corte costituzionale nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica. Basterà infatti avere i requisiti per l'eleggibilità a deputato (quindi 25 anni a differenza di ora che sono richiesti i requisiti per l'eleggibilità a senatore che sono i 40 anni). Viene eliminata la Convocazione della Seduta Comune per la Nomina dei Cinque Giudici a Nomina Parlamentare (infatti saranno le Singole Camere a Nominarli rispettivamente tre dalla Camera dei Deputati e due dal Senato della Repubblica). Restano ferme le altre disposizioni quindi modalità di composizione della Corte costituzionale e modalità di formazione delle liste per i sedici giudici aggregati per i giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica.

Capo VI - DISPOSIZIONI FINALI[modifica]

Art. 38. (Disposizioni consequenziali e di coordinamento)[modifica]

1. All'articolo 48, terzo comma, della Costituzione, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

Adatta il voto estero alla riforma quindi all'assenza del Senato elettivo.

2. L'articolo 58 della Costituzione è abrogato.

Elimina l'articolo che prevede l'elezione dei senatori.

3. L'articolo 61 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 61. -- L'elezione della nuova Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dall'elezione. Finché non sia riunita la nuova Camera dei deputati sono prorogati i poteri della precedente».

Adatta l'articolo alla riforma quindi all'assenza del Senato elettivo.

4. All'articolo 62 della Costituzione, il terzo comma è abrogato.

Adatta l'articolo alla riforma quindi all'assenza del Senato elettivo.

5. All'articolo 73, secondo comma, della Costituzione, le parole: «Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano» sono sostituite dalle seguenti: «Se la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ne dichiara».

Adatta la promulga d'urgenza alla riforma quindi all'assenza del Senato con parità legislativa.

6. All'articolo 81 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) al secondo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati» e la parola: «rispettivi» è sostituita dalla seguente: «suoi»; b) al quarto comma, le parole: «Le Camere ogni anno approvano» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati ogni anno approva»; c) al sesto comma, le parole: «di ciascuna Camera,» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati,».

Adatta l'approvazione del bilancio alla riforma quindi alla perdita da parte del Senato dei poteri legislativi sul bilancio.

7. All'articolo 87 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni: a) al terzo comma, le parole: «delle nuove Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati»; b) all'ottavo comma, le parole: «delle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati. Ratifica i trattati relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, previa l'autorizzazione di entrambe le Camere»; c) al nono comma, le parole: «dalle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «dalla Camera dei deputati».

Adatta le funzioni del Presidente della Repubblica alle varie novità della Riforma.

8. La rubrica del titolo V della parte II della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni».

Adatta la rubrica del titolo V della parte II della Costituzione all'abolizione delle province.

9. All'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «, delle Province» sono inserite le seguenti: «autonome di Trento e di Bolzano».

Adatta l'articolo 120, sui limiti all'autonomia delle Regioni, all'abolizione delle province.

10. All'articolo 121, secondo comma, della Costituzione, le parole: «alle Camere» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».

Adatta la facoltà concessa dall'articolo 121 ai Consigli regionali di proporre leggi al Parlamento all'assenza del Senato con parità legislativa. Potranno quindi presentare legge alla sola Camera dei deputati.

11. All'articolo 122, secondo comma, della Costituzione, le parole: «ad una delle Camere del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».

Adatta l'articolo 122 alla non elettività del Senato pertanto l'incompatibilità di un consigliere o membro della giunta regionale sarà solo con la carica di deputato.

12. All'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, le parole: «della Provincia o delle Province interessate e» sono soppresse e le parole: «Province e Comuni,» sono sostituite dalle seguenti: «i Comuni,».

Si adegua l'articolo 132 sulla modificazione dei confini degli enti locali alla riforma e quindi all'abolizione delle province.

13. All'articolo 133 della Costituzione, il primo comma è abrogato.

Si abroga l'articolo che prevedeva il mutamento di circoscrizioni provinciali non esistendo più le province.

14. Il comma 2 dell'articolo 12 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «2. Il Comitato di cui al comma 1 è presieduto dal Presidente della Giunta della Camera dei deputati».

Si adegua la norma sul comitato che esamina la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica alla non presenza di un Presidente della Giunta per l'autorizzazione a procedere al Senato.

15. Alla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l'articolo 5 è sostituito dal seguente: «Art. 5. – 1. L'autorizzazione prevista dall'articolo 96 della Costituzione spetta alla Camera dei deputati, anche se il procedimento riguardi altresì soggetti che non sono membri della medesima Camera dei deputati»; b) le parole: «Camera competente ai sensi dell'articolo 5» e «Camera competente», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «Camera dei deputati».

16. All'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, al primo periodo, le parole: «da questo in seduta comune delle due Camere» sono sostituite dalle seguenti: «da ciascuna Camera» e le parole: «componenti l'Assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «propri componenti»; al secondo periodo, le parole: «l'Assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «di ciascuna Camera».

Si adegua la legge alla riforma e quindi al nuovo Senato non elettivo e non con parità legislativa.

Art. 39. (Disposizioni transitorie)[modifica]

1. In sede di prima applicazione e sino alla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, per l'elezione del Senato della Repubblica, nei Consigli regionali e della Provincia autonoma di Trento, ogni consigliere può votare per una sola lista di candidati, formata da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori. Al fine dell'assegnazione dei seggi a ciascuna lista di candidati si divide il numero dei voti espressi per il numero dei seggi attribuiti e si ottiene il quoziente elettorale. Si divide poi per tale quoziente il numero dei voti espressi in favore di ciascuna lista di candidati. I seggi sono assegnati a ciascuna lista di candidati in numero pari ai quozienti interi ottenuti, secondo l'ordine di presentazione nella lista dei candidati medesimi, e i seggi residui sono assegnati alle liste che hanno conseguito i maggiori resti; a parità di resti, il seggio è assegnato alla lista che non ha ottenuto seggi o, in mancanza, a quella che ha ottenuto il numero minore di seggi. Per la lista che ha ottenuto il maggior numero di voti, può essere esercitata l'opzione per l'elezione del sindaco o, in alternativa, di un consigliere, nell'ambito dei seggi spettanti. In caso di cessazione di un senatore dalla carica di consigliere o di sindaco, è proclamato eletto rispettivamente il consigliere o sindaco primo tra i non eletti della stessa lista.

Regola le modalità di elezioni dei futuri senatori nei consigli regionali e nella provincia autonoma di Trento.

2. Quando, in base all'ultimo censimento generale della popolazione, il numero di senatori spettanti a una Regione, ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, è diverso da quello risultante in base al censimento precedente, il Consiglio regionale elegge i senatori nel numero corrispondente all'ultimo censimento, anche in deroga al primo comma del medesimo articolo 57 della Costituzione. Si applicano in ogni caso le disposizioni di cui al comma 1.

Regola le situazioni di diversità dei numeri di senatori da eleggere in base alle mutate situazioni del nuovo censimento.

3. Nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, sciolte entrambe le Camere, non si procede alla convocazione dei comizi elettorali per il rinnovo del Senato della Repubblica.

Dispone chiaramente la non convocazione dei comizi elettorali.

4. Fino alla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, la prima costituzione del Senato della Repubblica ha luogo, in base alle disposizioni del presente articolo, entro dieci giorni dalla data della prima riunione della Camera dei deputati successiva alle elezioni svolte dopo la data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Qualora alla data di svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati di cui al periodo precedente si svolgano anche elezioni di Consigli regionali o dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano, i medesimi Consigli sono convocati in collegio elettorale entro tre giorni dal loro insediamento.

Regola la prima seduta del Senato a seguito della entrata in vigore della riforma.

5. I senatori eletti sono proclamati dal Presidente della Giunta regionale o provinciale.

Dispone che sia il Presidente della giunta regionale o provinciale a disporre la proclamazione dei senatori eletti.

6. La legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale, è approvata entro sei mesi dalla data di svolgimento delle elezioni della Camera dei deputati di cui al comma 4.

Dispone le modalità di emanazione della legge che regola le future elezioni.

7. I senatori a vita in carica alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale permangono nella stessa carica, ad ogni effetto, quali membri del Senato della Repubblica.

Perpetua la carica dei senatori a vita in carica al momento dell'entrata in vigore della legge nonostante la modifica alla norma sugli stessi.

8. Le disposizioni dei regolamenti parlamentari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, fino alla data di entrata in vigore delle loro modificazioni, adottate secondo i rispettivi ordinamenti dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, conseguenti alla medesima legge costituzionale.

Dispone la continuità di valenza dei regolamenti parlamentari, dove compatibili, fino all'emanazione dei nuovi regolamenti.

9. Fino all'adeguamento del regolamento della Camera dei deputati a quanto previsto dall'articolo 72, settimo comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 12 della presente legge costituzionale, in ogni caso il differimento del termine previsto dal medesimo articolo non può essere inferiore a dieci giorni.

Stabilisce che il differimento del termine previsto per il procedimento legislativo previsto per i disegni di legge ritenuti urgenti non può essere inferiore a dieci giorni.

10. In sede di prima applicazione dell'articolo 135 della Costituzione, come modificato dall'articolo 37 della presente legge costituzionale, alla cessazione dalla carica dei giudici della Corte costituzionale nominati dal Parlamento in seduta comune, le nuove nomine sono attribuite alternativamente, nell'ordine, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

Stabilisce che in prima applicazione del nuovo articolo 135 della Costituzione sulla nomina dei Giudici Costituzionali alla cessazione di quelli eletti a seduta comune saranno in alternanza eletti nell'ordine uno dalla Camera dei deputati l'altro dal Senato della Repubblica e così via.

11. In sede di prima applicazione, nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, su ricorso motivato presentato entro dieci giorni da tale data, o entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica, le leggi promulgate nella medesima legislatura che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte al giudizio di legittimità della Corte costituzionale. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni. Anche ai fini di cui al presente comma, il termine di cui al comma 6 decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano conformano le rispettive disposizioni legislative e regolamentari a quanto ivi stabilito.

Se almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica possono entro dieci giorni dall'entrata in vigore della legge costituzionale o della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale chiederne il vaglio alla Corte Costituzionale. Anche ai fini di cui al presente comma, il termine di cui al comma 6 decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano conformano le rispettive disposizioni legislative e regolamentari a quanto ivi stabilito.

12. Le leggi delle regioni adottate ai sensi dell'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle leggi adottate ai sensi dell'articolo 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, come modificato dall'articolo 31 della presente legge costituzionale.

Si prevede l'ultrattività delle leggi emanate con il vecchio articolo 117 fino all'emanazione delle nuove seguendo l'articolo 117.

13. Le disposizioni di cui al capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, e sino alla revisione dei predetti statuti speciali, alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome si applicano le disposizioni di cui all'articolo 116, terzo comma, ad esclusione di quelle che si riferiscono alle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e resta ferma la disciplina vigente prevista dai medesimi statuti e dalle relative norme di attuazione ai fini di quanto previsto dall'articolo 120 della Costituzione; a seguito della suddetta revisione, alle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome si applicano le disposizioni di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale.

Tutte le novità introdotte dalle modifiche presenti nel capo IV della riforma (abolizione delle province e varie norme in materia di potestà legislativa regionale) non si applicano nei confronti delle regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano fino alla concordanza di intese per la modifica dei loro statuti con le stesse regioni e province autonome. Due norme fanno però eccezione: l'articolo 116, terzo comma, ad esclusione di quelle che si riferiscono alle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e a seguito della suddetta revisione, alle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome si applicano le disposizioni di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale.

14. La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste esercita le funzioni provinciali già attribuite alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

La Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste esercita già dal momento dell'entrata in vigore della Riforma le funzioni che prima erano della provincia.

Art. 40. (Disposizioni finali)[modifica]

1. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) è soppresso. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, nomina, con proprio decreto, un commissario straordinario cui è affidata la gestione provvisoria del CNEL, per le attività relative al patrimonio, compreso quello immobiliare, nonché per la riallocazione delle risorse umane e strumentali presso la Corte dei conti e per gli altri adempimenti conseguenti alla soppressione. All'atto dell'insediamento del commissario straordinario decadono dall'incarico gli organi del CNEL e i suoi componenti per ogni funzione di istituto, compresa quella di rappresentanza.

Regola le operazioni di soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).

2. Non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali.

Vieta la possibilità di trasferimenti monetari dalle finanze pubbliche ai gruppi politici presenti nei Consigli regionali.

3. Tenuto conto di quanto disposto dalla presente legge costituzionale, entro la legislatura in corso alla data della sua entrata in vigore, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica provvedono, secondo criteri di efficienza e razionalizzazione, all'integrazione funzionale delle amministrazioni parlamentari, mediante servizi comuni, impiego coordinato di risorse umane e strumentali e ogni altra forma di collaborazione. A tal fine è istituito il ruolo unico dei dipendenti del Parlamento, formato dal personale di ruolo delle due Camere, che adottano uno statuto unico del personale dipendente, nel quale sono raccolte e coordinate le disposizioni già vigenti nei rispettivi ordinamenti e stabilite le procedure per le modificazioni successive da approvare in conformità ai princìpi di autonomia, imparzialità e accesso esclusivo e diretto con apposito concorso. Le Camere definiscono altresì di comune accordo le norme che regolano i contratti di lavoro alle dipendenze delle formazioni organizzate dei membri del Parlamento, previste dai regolamenti. Restano validi a ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi.

Regola le disposizioni sui dipendenti delle due Camere nonché la validità dei rapporti giuridici esistenti con le due Camere[1].

4. Per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale. Il mutamento delle circoscrizioni delle Città metropolitane è stabilito con legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione.

Regola le questioni relative agli enti di area vasta e il mutamento delle circoscrizioni delle Città metropolitane.

5. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 59, primo comma, della Costituzione, i senatori di cui al medesimo articolo 59, secondo comma, come sostituito dall'articolo 3 della presente legge costituzionale, non possono eccedere, in ogni caso, il numero complessivo di cinque, tenuto conto della permanenza in carica dei senatori a vita già nominati alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Lo stato e le prerogative dei senatori di diritto e a vita restano regolati secondo le disposizioni già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

Riafferma il numero massimo di senatori nominabili dal Presidente della Repubblica presenti nel Senato che devono essere massimo cinque. La previsione del numero massimo di cinque si basa anche sui senatori a vita in carica al momento dell'attuazione della riforma.

6. I senatori della Provincia autonoma di Bolzano/Autonome Provinz Bozen sono eletti tenendo conto della consistenza dei gruppi linguistici in base all'ultimo censimento. In sede di prima applicazione ogni consigliere può votare per due liste di candidati, formate ciascuna da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori.

Si prevede che i senatori della Provincia autonoma di Bolzano/Autonome Provinz Bozen sono eletti tenendo conto della consistenza dei gruppi linguistici in base all'ultimo censimento. In sede di prima applicazione ogni consigliere può votare per due liste di candidati, formate ciascuna da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori.

Art. 41. (Entrata in vigore)[modifica]

1. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale successiva alla promulgazione. Le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano a decorrere dalla legislatura successiva allo scioglimento di entrambe le Camere, salvo quelle previste dagli articoli 28, 35, 39, commi 3, 7 e 11, e 40, commi 1, 2, 3 e 4, che sono di immediata applicazione.

La riforma entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Le disposizioni si applicano dopo lo scioglimento di entrambe le camere eccetto quelle sulla soppressione del CNEL (articolo 28) e sui limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali e l'equilibrio tra i sessi nella rappresentanza (articolo 35) oltre che le attinenti disposizioni finali (articolo 39, commi 3 "Dispone chiaramente la non convocazione dei comizi elettorali", 7 "Perpetua la carica dei senatori a vita in carica al momento dell'entrata in vigore della legge nonostante la modifica alla norma sugli stessi" e 11 "Se almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica possono entro dieci giorni dall'entrata in vigore della legge costituzionale o della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale chiederne il vaglio alla Corte Costituzionale. Anche ai fini di cui al presente comma, il termine di cui al comma 6 decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano conformano le rispettive disposizioni legislative e regolamentari a quanto ivi stabilito", e articolo 40, commi 1 "Regola le operazioni di soppressione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL)", 2 "Vieta la possibilità di trasferimenti monetari dalle finanze pubbliche ai gruppi politici presenti nei Consigli regionali", 3 "Regola le disposizioni sui dipendenti delle due Camere" e 4 "Regola le questioni relative agli enti di area vasta e il mutamento delle circoscrizioni delle Città metropolitane").

Note[modifica]

  1. Costituzione, le riforme e lo stile Tempa Rossa. I dubbi su una comma del ddl Boschi. Besostri: “Spiegateci a cosa serve” e NOAutodichia. Questionario rivolto ai Costituzionalisti

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