La città (urbanistica)
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Nella penisola italiana lo sviluppo urbanistico ha sempre ricevuto grande attenzione a partire nell'Italia comunale del medioevo e soprattutto nel rinascimento; l'impronta dell'urbanistica rinascimentale plasmò molte città italiane, come le opere dell'urbanistica a Roma prima del 1870. Dopo la realizzazione dell'unità d'Italia una delle prime fonti in tema fu la legge 25 giugno 1865, n. 2359, ma diviene una disciplina riconosciuta ufficialmente negli anni 1930 con il razionalismo italiano e le nuove città di fondazione ad opera del regime fascista, alcune anche di alto livello urbanistico ed architettonico, come Portolago e Sabaudia.
Durante la seconda guerra mondiale viene emanata la legge 17 agosto 1942, n. 1150 che dettò disposizioni di coordinamento urbanistico territoriale. A partire dal secondo dopoguerra in Italia si verificò una espansione vertiginosa del boom edilizio, che generò un'incontrollata speculazione edilizia, inoltre tra gli anni '60 e '90 vennero emanate una serie di norme: tra le più importanti vi furono la legge legge 18 aprile 1962, n. 167 che introdusse i piani di edilizia economia popolare e la legge 28 gennaio 1977, n. 10, ma complessivamente i governi succedutisi non riuscirono a portare avanti una riforma urbanistica organica e complessiva; venne tuttavia rivista la disciplina di alcuni vincoli e l'introduzione di altri come nel caso della legge Galasso nel 1985; infine la normativa venne unificata nel testo unico dell'edilizia del 2001.
Risulta importante in urbanistica riconoscere le abitudini dei vita e quelle sociali legate al carattere culturale delle comunità che abitano il territorio. La comunità infatti trasformano il territorio in cui vivono, sfruttandone le varie risorse. Per lo studio di un territorio non si può quindi prescindere dallo studiare la popolazione che abita quel luogo.
L'oggetto dello studio risulta quindi essere il territorio e l'ambiente. Di grande interesse sono anche gli attori istituzionali delle trasformazioni del territorio, ovvero le figure che hanno maggiori responsabilità sulle scelte. Grande rilevanza è ricoperta anche dagli strumenti impiegati per pianificare (prospettare un'attività diversa rispetto allo stato di fatto delle cose), programmare (studiare del punto di vista economico l'attuazione di un piano) e progettare (porre nel dettaglio ciò che è stato previsto dal piano e poi certificato dal programma).
Il territorio e le sue componenti - La Città
[modifica]La città va vista come la casa di una comunità organizzata, ovvero la casa di una società. Cosi come in una casa la famiglia cambia, si evolve, e quindi adatta la casa alla proprie esigenze, trasformando vani e modificando l'arredamento, così la città muta a seconda delle esigenze ella comunità che la abita. La città è il luogo che gli uomini hanno creato quando hanno dovuto vivere insieme, per svolgere una serie di funzioni che non potevano svolgere da soli.
La prima forma di possesso del territorio da parte dell'uomo è stato lo spostamento, mentre la prima forma di architettura è il così detto menir, ovvero l'aver posto verticalmente un oggetto lapideo che in natura è solitamente posto in modo orizzontale, probabilmente allo scopo di creare un segnale per l'orientamento (nell'architettura moderna i menir prendono il nome di landmark, ovvero elementi identificativi di un luogo). La fondazione delle città oltre a tutte le esigenze pratiche ha avuto storicamente anche una grande valenza sacra (colonie della magna grecia). Ciò si denota ad esempio con l'azzeramento della cronometria. Le prime funzioni urbane assolte dalla città erano quelle di protezione che avveniva grazie all'impiego di mura, e quella di garantire gli scambi, ottenuta con l'inserimento del mercato. L'evoluzione della società e la nascita di bisogni pratici sempre più complessi come:
- celebrazione dei valori e delle speranze comuni (religione);
- necessità di convivere in rispetto reciproco (la giustizia);
- scambio di conoscenze e apprendimento (scuole);
- rappresentanza e azione nell'interesse della comunità (governo).
Hanno portato la città stessa a modificarsi, in quanto è proprio la città il luogo nel quale è più rilevante la presenza di uomini e dove queste esigenze sono più sentite. Sono stati quindi individuati specifici siti nei quali sono sorte le strutture e le infrastrutture che hanno permesso di soddisfare queste esigenze e necessità. Alcuni dei luoghi più significativi della città sono:
- la rocca, il castello e le mura (luogo della difesa);
- il mercato (luogo dell'incontro e dello scambio di prodotti);
- la piazza e il foro;
- il tribunale e il palazzo di giustizia;
- la chiesa e il tempio.
Tutti questi luoghi prendono il nome di luoghi della comunità in quanto finalizzati ad esprimere, rappresentare e servire, non gli interessi del singolo individuo, ma dell'intera comunità. Si può perciò affermare e ribadire ancora una volta che la città non è un semplice ammasso di case, ma la casa della società, ed ha nel suo insieme un'armonia che la rende un organismo unitario, riconoscibile, dotato di una sua identità e di una sua bellezza. La visione della città si mantiene costante per secoli fino a che non si verifica un cambiamento dirompente nella società al quale, come visto prima, segue quasi sempre un cambiamento altrettanto rapido della città, che si adatta alle esigenze dei propri cittadini. La storia è ricchissima di tali cambiamenti che hanno mutato in parte le città permettendo però a queste di mantenere talvolta alcuni aspetti passati e di creare quindi una sorta di stratigrafia storiografica del luogo.
In sostanza una lunga, plurisecolare accumulazione storica genera la città, geniale costruzione della civiltà. Ne parleremo sempre ricordando l'intreccio tra polis e urbs, ovvero tra politica (organizzazione della comunità) e urbanistica (risposta di forma e di rappresentazione, concretizzazione delle decisioni politiche). Le caratteristiche principali della città sono:
- concentrazione di centri urbani, a tal proposito sono dette conurbazioni aree con centri
ravvicinati, mentre si dicono conurbazioni a raggiera quelle che si sviluppano radialmente attorno ad un centro (solitamente ciò accade quando non vi sono ostacoli naturali che inibiscono tale sviluppo);
- densità territoriale, misurata in abitanti su ettaro (10.000 m2). La densità va via via riducendosi nei centri urbani nonostante la popolazione delle città sia storicamente in aumento, in quanto lo sviluppo delle periferie e di zone circostanti al centro ha ridotto tale indice. La densità territoriale risulta importante in quanto per le zone residenziali è direttamente proporzionale alla quantità di fabbricati e di costruito.
L'esplosione della città avvenuto negli ultimi 100 anni è dovuto all'evoluzione del modo di utilizzare il territorio, portando la società a mutare le condizioni di vita, e conseguentemente una modifica della città stessa. Tale trasformazione è stata però così rapida da causare grandi problemi, come la concentrazione ella popolazione nei grandi centri urbani e la riduzione dei centri rurali.
Tra il 1956 e il 1976 circa 3/5 degli italiani hanno cambiato residenza andando ad arricchire dinamiche di spostamenti all'interno dei comuni, delle regioni o addirittura tra regioni diverse. Il 54% dei movimenti regionali interessò il settentrione, il 28% il meridione mentre il 65% furono i movimenti interregionali dal centro-meridione al centro-settentrione. I risultati che tali spostamenti ebbero sulle città sono sicuramente stati in primo luogo le espansioni forzate di queste ultime al fine di poter accogliere i flussi migratori in entrata. Tali necessità vennero attuate non in modo “illegale” ma con pianificazioni che non prevedevano però la realizzazione di zone socialmente utili o funzionali, in quanto le esigenze pratiche e sentite, ma anche a causa della mancanza di lungimiranza da parte del governo del territorio, furono unicamente quelle di creare alloggi-dormitorio e zone produttive. Vennero inoltre commessi errori di previsione, infatti venne spesso sovrastimato il flusso migratorio in entrata e quindi vennero previsti e realizzati moltissimi alloggi inutili che portarono ad una cementificazione indiscriminata e selvaggia del territorio (basti pensare che nel 1959 il piano regolatore di Genova prevedeva 6-7 milioni di abitanti e quindi la realizzazione di circa 70 milioni di metri cubi di spazi residenziali, circa 100 m3 ad abitante).
Il processo di urbanizzazione ha portato alla progressiva riduzione del territorio agricolo in favore di quello legato alla città densamente abitata. Sono stati i terreni più fertili dal punto di vista agricolo ad essere particolarmente interessati dall'espansione delle città soprattutto grazie alle loro condizioni orografiche favorevoli. Sono state così immediatamente occupate le parti piane del territorio riducendo in modo considerevole il serbatoio produttivo agricolo, spingendosi fino ai piedi delle colline e in alcuni casi occupando parzialmente anche queste ultime (Genova).
Altra caratteristica della nostra nazione è la così detta dispersione territoriale causata dal gran numero di comuni con dimensioni molto contenute (<2000 ettari) ma anche dal fatto che circa il 35% dei comuni hanno dimensioni estese ma una popolazione residente assai esigua (I piccoli comuni sono collocati in gran misura nella pianura padana e in qualche zona meridionale pianeggiante).
Si possono quindi individuare due particolari fenomeni:
- dispersione della dimensione comunale;
- polverizzazione dell'entità demografica legata alla struttura comunale.
Tali caratteristiche pongono problemi nella pianificazione per la complessità dei rapporti che si vengono a creare fra le varie amministrazioni ma anche problemi di gestione del territorio e dell'organizzazione dei servizi. Analizzando ora i fenomeni che hanno portato all'inurbamento delle città, possiamo individuare in un particolare evento tutti quei processi che abbiamo fin qui elencato. Tale evento è sicuramente riconducibile alla rivoluzione industriale (dal 1951 al '71 gli addetti nel settore agricolo primario sono diminuiti di 5 milioni di unità). Gli squilibri indotti da tale fenomeno storico/economico sono stati:
- abbandono delle terre;
- incremento delle incolte;
- induzione di degradazione e dissesto;
- squilibri di produzione;
- esodo dai centri minori;
- degradazione del patrimonio edilizio dei nuclei e delle unità famigliari (cascine, casali, masi, masserie). Tutti queste concause hanno portato a uno sviluppo insediativo scriteriato; basti pensare che al 1971, 53 milioni di italiani occupano 56 milioni di stanze, lasciandone libere 7,5 milioni (stanze = camere abitabili; condizione di vita accettabile: numero stanze = numero abitanti), mentre nel 1981 la disponibilità nazionale supera i 100 milioni di stanze a causa del fenomeno di costruzione delle seconde case (grado medio di affollamento = 0,75 abitanti/stanza; Liguria: 0,65).