Appendice sul tema dei trasporti (urbanistica)
La tutela dell'ambiente si lega al tema della creazione delle infrastrutture attraverso i libri bianchi. I tali libri è sottolineato il fatto che una corretta fase di sviluppo prevede l'eliminazione di tutte le vie di collegamento obsolete, realizzando una razionalizzazione dell'esistente in modo da valorizzare le nuove infrastrutture e allo stesso tempo garantire livelli accettabili di sostenibilità.
Oltre ai trasporti via terra plurimodali (stradali e su ferrovia) la rete infrastrutturale è completata da una serie di trasporti marittimi, realizzando una visione più estesa che non si limita allo sviluppo dei così detti "corridoi" ma che si occupa anche all'implementazione di diversi nodi logistici che garantissero l'interscambio via mare, svolgendo una funzione sovranazionale a livello europeo
La caratteristica principale del libro bianco del 2001 è il concetto di intermodalità, non si parla più infatti di sviluppare in modo singolo le diverse tipologie di vie di comunicazione, ma piuttosto di creare un'interconnessione tra le diverse infrastrutture riorganizzando il trasporto per migliorare l'efficienza dei sistemi di rifornimento ed esportazione dei diversi paesi. Anche a livello nazionale la pianificazione urbanistica non è più mirata allo sviluppo delle singole infrastrutture ma al contrario ad uno sviluppo integrato di queste. A livello nazionale si individuano in un elenco infrastrutture che giocano un ruolo di maggiore importanza, anche a livello europeo, venendo gestite in modo diretto dal ministero dei trasporti ed essendo soggette ad una maggiore attenzione anche nelle tempistiche di interventi.
Scendendo a scala locale si nota la carenza di piani provinciali, denotando il fatto che le provincie svolgono unicamente un ruolo di manutenzione delle infrastrutture.
La legge obiettivo del 2001 che consegue ad una legge a livello europea, da attuazione pratica e immediata allo sviluppo dei corridoi pianificati a livello comunitario. Il motivo di interesse del tema dei corridoi europei è il suo collegamento con il tema dello land use/spatial e del transport planning. In particolare il primo tema si appoggia e necessita del secondo tipo di pianificazione, in particolare questo rapporto è evidente a livello locale dove il piano regolatore si occupa unicamente dei suoli senza dare largo spazio alla progettazione delle vie di comunicazioni tra questi. Questa carenza è colmata proprio dalla pianificazione dei trasporti (una branca della pianificazione che si è sviluppata recentemente).
In particolare si hanno il piano urbano della mobilità e il piano urbano del traffico (che è una sorta di piano attuativo del precedente ma che storicamente ha avuto sviluppo precedente). Le leggi si sono sviluppate attorno agli anni '60 per rispondere a due necessita fondamentali, la tempestività degli interventi (approccio tattico) e l'ampiezza di vedute (approccio strategico) che hanno portato alla nascita rispettivamente del PUT e PUM. Tali piani hanno come obiettivi essenziali quelli di:
- Riduzione dell'uso dei mezzi privati;
- Potenziamento e valorizzazione dell'offerta di trasporto pubblico esistente e contemporanea promozione di mezzi e tecnologia innovativa a basso o nullo impatto ambientale;
- Miglioramento della qualità urbana e ambientale con ampliamento dell'area pedonale e nuovo arredo urbano.
Il PUT è uno strumento di pianificazione e programmazione degli interventi di organizzazione e gestione delle risorse stradali che è obbligatorio redigere nelle realtà locali dei 30.000 abitanti. È un piano di settore di carattere attuativo (come i piani di recupero e i piani particolareggiati) di breve- medio termine e deve essere elaborato nell'ambito delle previsioni o delle varianti o revisioni. Il PUT è un piano sottordinato in quanto deve sottostare ai piani di base gerarchicamente più importanti e a carattere più generale (fatta eccezione per la realizzazione di infrastrutture di interesse pubblico da realizzarsi in tempi molto ridotti, ad esempio la ricostruzione di un ponte a seguito di un allagamento).
Il PUT ha però affrontato inizialmente il problema in modo troppo riduttivo favorendo solo la mobilità (decongestionando) portando però alla costruzione di infrastrutture molto invasive senza curare il tema della sostenibilità. In tale piano sono contenute tutte le prescrizioni per la riorganizzazione dei tracciati stradali urbani, limitandosi alla gestione dell'esistente, senza prevedere però la realizzazione di nuove opere infrastrutturali.
Il PUT studiando i flussi di utilizzo dei mezzi pubblici e privati si occupa dell'individuazione dei poli di interscambio modale. Lo stesso piano definisce inoltre le modalità di gestione delle diverse reti viarie (suddivise in base ad una classificazione funzionale).
Affiancato al PUT si ha il piano esecutivo del traffico che scende ad un livello di dettaglio maggiore entrando in un'operatività stretta. Il PUT si occupa anche di verificare le corrette condizioni ambientale collegate al tema dei trasporti, eseguendo ad esempio analisi dell'aria e dell'inquinamento (come la domenica senz'auto per ridurre il problema dell'inquinamento).
Il PUM propone, diversamente dal precedente nuove infrastrutture e deve essere obbligatoriamente redatto per bacini con utenza superiore ai 100.000 abitanti. Il PUM nasce dalla concezione che porta anche alla realizzazione dei "programmi complessi" e dei PRUST che sono stati pensati per creare una definizione di confini e di una perimetrazione di aree dove si svolge un determinato piano. Seguendo proprio quest'ottica il PUM si proponeva di individuare le aree di gravitazione della mobilità in modo da realizzare delle infrastrutture consone. Proprio su tale tema il piano ha disatteso le aspettative iniziali realizzando unicamente confini amministrativi e non confini che tengano conto della reale gravitazione del traffico.
Gli obiettivi dei due piani come detto sono analoghi ma danno risposte diverse per il raggiungimento dei suddetti obiettivi. Il piano urbano della mobilità pur facendo riferimento ad un livello locale è gestito in modo diretto dal ministero dei trasporti, che eroga in modo diretto i fondi, seguendo sempre la logica alla base dei piani di settore.
Il PUM valuta attraverso degli indicatori eventuali problemi che una serie di opere proposte a livello locale si prefiggono di risolvere. Proprio in base alle risposte delle opere realizzate il ministero dei trasporti elargisce in modo diretto i finanziamenti per la realizzazione dei diversi interventi, introducendo il tema di grande rilevanza della valutazione.
Il 28 marzo è stato pubblicato il nuovo libro bianco (che ha uscita decennale) della mobilità e dei trasporti in ambito europeo. L'ultimo libro bianco dopo aver lanciato la sfida di una politica comune dei trasporti, e aver fissato il momento delle decisioni incisive, pone come obiettivo quello di ridurre del 60% delle emissioni prodotte dal traffico insistendo sui sistemi di autofinanziamento del traffico, con tassazioni delle infrastrutture da cui derivi un fondo comune per l'ampliamento e la buona manutenzione delle stesse.
A causa delle peculiarità storiche caratterizzano i cari porti è risultato molto complesso riuscire a realizzare una gestione condivisa degli stessi. È stato, in tale ottica, introdotto un libro verde che stabilisse a chi appartenessero le diverse competenze sull'area portuale. Quest'analisi iniziale è risultata fondamentale per poter ridistribuire le competenze e i controlli sulle diverse aree.
Nell'ordinamenti italiano si individuano:
- nel 1986 un primo piano generale dei trasporti;
nel 1990 sono stati definiti gli interporti, ovvero quelle zone logistiche in cui vengono a scambiarsi i trasporti su gomma con quelli su ferro e viceversa;
- nel 1994 è stata promulgata la legge 84 di riordino in materia portuale che incamera alcuni contenuti del codice delle navigazione. Tale legge ha introdotto un elemento di ordine all'interno de un'eterogeneità legislativa che aveva un'origine regionale;
- nel 1997 segue la legge Bassanini che per la prima volta prevede il potenziamento dei poteri regionali alle quali viene affidato un importante ruolo legislativo; nel 2001 vengono riconosciuti alcuni corridoi intermodali prioritari e le infrastrutture necessarie;
- nel 2003 interviene la revisione del titolo V della costituzione andando a ridistribuire i poteri tra stato e regione.
L'articolo 117 della costituzione afferma infatti che la competenze dei porti è concorrente tra stato e regioni, mentre con la revisione del titolo V vengono riconosciute allo stato alcune competenze esclusive, come quelle sull'ambiente, ed altre funzioni legislative concorrenti, definendo che tutto ciò che non è di competenza esclusiva dello stato viene affidato alle regioni.
Di fatto analizzando i passi legislativi i materia di competenza portuale risulta che la competenza dei porti passa alle regioni, ma lo stato può far valere la sua competenza concorrente nel caso in cui le infrastrutture sia riconosciute di importanza nazionale. La regione avendo tali competenze dirette viene messa in grado di svolgere il ruolo legislativo attraverso leggi di principi che non si danno però per il momento ancora indicazioni in materia di gestione portuale, viene infatti ancora applicata la legge statale (e non regionale) del '94.
Questo discorso risulta fondamentale del punto di vista degli strumenti urbanistici che regolano proprio i porti. In particolare si riconosce il piano regolatore portuale e un piano attuativo triennale (nel quale sono previste le spese ed i bilanci), stabiliti proprio nella legge 84 del 1994.
Questa legge tiene conto di una serie di cambiamenti che sono avvenuti nel settore dei trasporti marittimi, come l'introduzione del container. Viene istituita dalla stessa legge l'autorità portale e quella marittima, le quali hanno competenze ben definite. Per ogni città portuale a cui viene riconosciuto un ruolo di rilevanza nazionale si costituisce un'autorità portuale, mentre per tutti gli altri porti minori è presente unicamente l'autorità marittima che si occupa solo della gestione della parte di mare e non della porzione di terraferma relativa all'area portuale.
La definizione del ruolo ricoperto dai singoli porti è funzione del traffico che interessa il porto stesso, riferendosi appunto ad una serie di standard minimi, che non facevano riferimento al numero di passeggeri fino all'introduzione della legge di riordino, che ha riconosciuto quindi una maggiore importanza anche ai porti turistici.
La legge del '94 propone una macroclassificazione dei porti in categorie (civili e militari) e in classi (livello internazionale, nazionale o regionale). L'autorità portale si occupa in particolare degli spazi a terra ed è definita come organo periferico dello stato, emanazione diretta del ministero dei trasporti, quindi dal punto di vista amministrativo l'autorità portuale ha un ruolo sovralocale, ricoprendo un ruolo sovraordinato a quello della regione. Questo perché il territorio definito di giurisdizione dell'autorità portuale fa parte del demanio portuale, ed è quindi sottoposto a regole diverse da quelle del demanio civile. Il piano regolatore portuale è quindi molto simile al PRG. L'autorità portuale ha un presidente, un consiglio e ha competenze esclusive di coordinamento e governo, ma non ha nessuna competenza economica, affidata invece ai concessionari portuali che hanno in gestione i diversi spazi e le diverse banchine del porto.
La legge ha proprio deciso di differenziare in modo netto l'attività gestionale da quella lucrativa in modo da evitare possibili conflitti di interessi. In piano regolatore portuale è passibile di valutazione ambientale strategica come tutte le opere costruite in porto. Si ha quindi una doppia valutazione, una generale sul piano e una per le singole opere.
Il piano regolatore portuale è redatto dalla stessa autorità portale differendo da quello comunale in quanto la redazione compete all'autorità, ma l'adozione spetta al comitato portuale del quale fanno parte tutti i soggetti interessati dallo stesso piano e in generale dall'attività svolta nel porto. Il primo elemento del piano regionale portuale è un'analisi economica in quanto la prima necessità è quella di individuare i settori sui quali fare gli investimenti e quindi sui quali puntare.
La principale caratteristica del piano regionale portuale è come per il PRG identificare le zonizzazioni, ovvero definire le funzioni svolte nelle diverse aree del demanio portuale.