Cenni storici della pianificazione (urbanistica)
La pianificazione nasce come risposta a situazioni e condizioni di vita insostenibili. Dalla seconda metà dell'Ottocento iniziano a nascere teorie riguardanti idee globali ed universali che potrebbero risolvere i problemi della città.
Storia
[modifica]La pianificazione territoriale vede la sua prima applicazione nel XIX secolo in concomitanza con l'esplosione della rivoluzione industriale. Quello che si riscontra in questo periodo è l'inizio della disciplina moderna dato che già in passato esistevano forme di pianificazione che venivano adottate per la risoluzione di problemi irrisori, di rilevanza minore. Ci sono aree, come quella Romana, della Magna Grecia, che sono ampiamente pianificate. I Romani costruirono tutte città pianificate (tranne Roma…) con due linee guida (cardo e decumano).
All'inizio della sua vicenda la società ha chiesto ai suoi tecnici oltre che di rendere più efficiente il funzionamento cinematico della macchina urbana, di risolvere due problemi essenziali: migliorare le condizioni igieniche e regolare i valori immobiliari in modo da dare certezza di lucro agli investimenti patrimoniali. Questi obiettivi erano perseguiti e raggiunti in modi differenziati nelle diverse parti della città, con una vera zonizzazione sociale: qui ricchi e potenti, là i benestanti, altrove gli operai. I risultati delle lotte sociali e i margini di ricchezza consentiti dallo sfruttamento (in patria e nelle colonie) condussero al manifestarsi di altri obiettivi.
A partire dalle proposte degli utopisti sul finire del XIX secolo fino alle realizzazioni dei governi e dei municipi della socialdemocrazia, diventarono obiettivi della pianificazione territoriale i diversi elementi del welfare state: l'edilizia civile a basso costo, le attrezzature sociali, sportive, assistenziali e scolastiche, i collegamenti efficienti casa lavoro. In questo quadro in Italia, riprendendo nel secondo dopoguerra alcuni dei germi gettati nei primi decenni del secolo XX e sviluppandone altri, si giunse a porre al centro della pianificazione territoriale le grandi questioni del diritto alla casa come servizio sociale e delle adeguate dotazioni di aree da destinare a spazi pubblici. Negli anni a noi più vicini si è manifestato, come nuovo obiettivo sociale quello della tutela del territorio nelle sue caratteristiche fisiche e culturali e nei suoi equilibri ecologici. Ciò ha dato luogo ad un accurato interesse sia al funzionamento della città, sia e soprattutto, alle condizioni dei territori extraurbani.
Dal 1865 al 1942, la pianificazione urbanistica e ancor più la pianificazione territoriale non ha assunto la forma di apposite normative. Infatti, le opere pubbliche venivano realizzate utilizzando lo strumento dell'esproprio così come disciplinato dalla Legge n. 2359 del 1865. Il procedimento generale previsto in origine da tale legge concerneva le sole opere pubbliche di competenza statale, ad esclusione di altre forme di espropriazione (quelle riguardanti ad es. l'imposizione di servitù militari, miniera, edilizia privata, ecc.
Anche successivamente, tuttavia, la pianificazione del territorio è rimasta un'attività principalmente svolta (controllo) dal settore della pubblica amministrazione (Consigli Regionali - Consigli Comunali). Tali settori tipicamente si muovono ottemperando al dettato legislativo. La legge che in Italia, ancor oggi (2021), sovraintende la pianificazione del territorio e/o urbanistica è la legge 17 agosto 1942, n. 1150. È entrata quindi in vigore prima della nascita della Repubblica italiana, e ha rappresentato un'evoluzione rispetto allo strumento del mero esproprio, esistente in precedenza. Dal 1942 essa ha subìto molteplici aggiornamenti, che non ne hanno modificato tuttavia gli assunti di base.
Nel frattempo, con l'attuazione delle Regioni nei primi anni Settanta, la pianificazione del territorio è divenuta competenza delle singole Regioni. Ognuna di esse si è dotata di una propria legge urbanistica-territoriale. Inoltre, a cavallo del 1995 e 2005 molte Regioni hanno assunto procedure di pianificazione del territorio, varando nuove leggi per governare la trasformazione territoriale, assai diverse dall'impianto della Legge Nazionale 1150/1942. In altri termini si sono uniformate da una lato alla cosiddetta pianificazione strategica, e dall'altro alle indicazioni della Unione europea (UE) onde poter accedere ai finanziamenti stanziati ed alle direttive emesse dalla Commissione UE (v. Fondi strutturali).
Ma mentre nei paesi anglosassoni esisteva una tradizione verso il land use planning, in Italia lo studio della città e del territorio è sempre stato collegato prioritariamente all'urbanistica. Solo dagli anni settanta, con la messa in atto del decentramento regionale, in Italia si inizia a porre la necessaria attenzione alle dinamiche della trasformazione territoriale extra-urbana, specificando un autonomo approccio disciplinare verso la pianificazione del territorio.
La conoscenza delle caratteristiche dei sistemi territoriali è il punto di partenza per un corretto uso delle sue componenti, che hanno trovato una sintesi secondo i principi dello sviluppo sostenibile, proposto dal Rapporto della Brundtland finanziato e pubblicato dall'ONU nel 1987 e sostenuto da oltre centocinquanta paesi aderenti. Nel nuovo approccio cosiddetto strategico le nuove normative devono contemplare e organicamente programmare tutti i nuovi settori che negli anni 2000 sono divenuti centrali anche nella pianificazione del territorio. Da un lato il nuovo ruolo delle questioni ambientali, soprattutto in ottemperanza alle direttive UE sulla Valutazione di Impatto ambientale (VIA) del 1985 e quelle della Valutazione ambientale strategica (VAS) divenuta operativa nei paesi UE nel 2004 che dovrebbero integrare approcci verso una pianificazione del territorio sempre più sostenibile, soprattutto con l'introduzione nella pianificazione territoriale della cartografia digitalizzata e le banche dati, tramite i Geographic Information System, (GIS o SIT).
Il dibattito è in continua evoluzione, anche a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione Italiana (2001) che ha attribuito competenze esclusive allo Stato per la tutela dell'ambiente e alle regioni per la materia Urbanistica. La Pianificazione del territorio dipende sia dallo Stato che dalla Regione. In particolare le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, a cavallo del 2000 si sono già uniformate alle nuove esigenze, ora richiamate (contengono esplicite sezioni che si riferiscono alla VIA, alla VAS e ai GIS), approvando proprie e specifiche normative per la pianificazione del territorio.
Modelli di riorganizzazione urbana
[modifica]Si possono individuare diversi modelli di riorganizzazione delle città che si differenziano per le modalità di approccio e per la tipologia di interventi previsti. Il primo filone che nasce sviluppa proposte con le quali non ci si preoccupa del recupero di città già in crisi, ma si concentra l'attenzione sulla proposizione di un nuovo modello teorico di città. Si può delineare così una fase in cui la progettazione è connotata da interventi fuori dalla città già urbanizzata e costruita.
Questo tipo di filone rimane essenzialmente in fase teorica, senza mai concretizzarsi realmente su larga scala. Figura principale e di spicco di tale movimento è sicuramente quella di Robert Owen che inaugura il socialismo utopico, una modalità progettuale che prevede lo sviluppo della città sulla base delle esigenze dei lavoratori. Esempio concreto di tale approccio è sicuramente la città di Lanark in Scozia, una città nella quale l'organizzazione sociale della fabbrica era affiancata dallo studio delle abitazioni degli operai.
Altra peculiarità del movimento è la progettazione delle città per un numero ben definito di abitanti, che nel caso di Lanark dovevano essere compresi tra 800 e 1200, e in un terreno con un'ampiezza ben determinata, per Lanark circa 600-800 acri. Tale dimensionamento garantisce il funzionamento della fabbrica e della città stessa, che risulta essere circondata da spazi verdi e campi coltivati che permettono alla città di ottenere le risorse primarie. Le industrie si trovano invece nella parte più periferica della città, in modo da dividere nettamente la zona residenziale, al centro del costruito, dalla zona industriale.
Owen prevede, oltre al modello teorico della città, anche il piano economico e finanziario per la realizzazione della sua città utopica. Le difficoltà incontrate per tradurre in pratica i suoi progetti sono moltissime, ma nonostante questo nel 1825 riuscirà a costruire in America la città utopica di New Harmony.
Altro personaggio che idealizza soluzioni utopiche è Sir Buckingam. La prima città teorizzata dallo studioso è quella di Victoria, città impostata su schema quadrato molto regolare e rigido, che si contrappone al caos della città industriale, destinata ad ospitare 10.000 persone divisi sul territorio in base alla classe sociale. Le abitazioni sono infatti disposte in modo concentrico e sono via via, partendo dal centro, destinate a classi meno abbienti, partendo infatti da case signorili si arriva fino a quelle per i ceti più bassi della popolazione, poste in periferia e subito a ridosso della zona industriale e delle fabbriche. Il modello mostra la propensione della città di chiudersi su se stesse grazie alla fascia destinata alla zona industriale, assolvendo il principale bisogno degli abitanti, ovvero quello di potersi recare al lavoro in un tempo ridotto, cercando però allo stesso tempo di mantenere divise le diverse zone della città.
Sociologo francese che si adopera nell'urbanistica è Charles Fourier che teorizza diversi concetti, tra i quali uno con il quale afferma che è assurdo e dannoso per l'uomo un sistema sociale basato sulla competizione tra gli individui (società liberista). Fourier propone in contrapposizione a tale principio un società armonica, nella quale non si scontrino gli interessi individuali. Per poter attuare tale pensiero è necessario, sempre secondo Fourier, che si faccia una propaganda non armata, riformando la società per garantire gli interessi individuali, nel rispetto del diritto degli altri. Il sociologo afferma ancora che tale processo potrà avvenire solo gradualmente, attraverso diversi stadi, che nella fattispecie risultano essere: barbarie ; civiltà ; garantismo ; armonia.
Fourier ascrive il periodo nel quale vive come periodo del garantismo, adattandone alle caratteristiche la sua pianificazione urbana. Teorizza così una città concentrica, organizzata su tre cerchi concentrici che mostrano un'edilizia via via più rada, prevedendo inoltre un vero e proprio regolamento edilizio. Una volta raggiunta l'armonia Fourier prevede che gli uomini si aggregheranno in edifici comuni detti falansterio, nei quali potranno vivere 1620 individui. L'edificio ricorda molto dal punto di vista formale il quadrilatero abitativo già proposto da Owen, ma è molto differente da questo, dal punto di vista concettuale, in quanto non sono previsti nel falansterio degli alloggi privati, ma solo spazi pubblici.</ref> Altro socialista utopico è Godin, un industriale allievo di Fourier, che realizzò il modello concreto del falansterio, il familisterio. Tale edificio è più piccolo del falansterio ed è realizzato con tre blocchi che delimitano una piazza/corte centrale, si differenzia dal familisterio inoltre in quanto non è più rivolto ad ospitare una società che vede con principale fonte di sostentamento l'agricoltura, ma che ha al centro del ciclo produttivo l'industria, e ancora perché le famiglie presentano alloggi privati non previsti invece da Fourier.
Cabet è un rivoluzionario del 1830 costretto all'esilio in Inghilterra, dove entra in contatto con Owen. Le sue proposte sono di stampo socialista e comunista, contrapposte al sistema capitalistico. Ebeneze Howard è uno dei principali esponenti del movimento delle città giardino in quanto affronta in maniera teorica gli studi elaborando però anche molte soluzioni pratiche. Lo studioso si pone infatti l'obiettivo di salvare la città dal congestionamento e la campagna dall'abbandono. Il ruolo preminente ricoperto da Howard è sottolineato anche dal fatto che è stato egli stesso a coniare il termine città giardino che ha poi identificato l'intero movimento.
Lo studioso immagina che l'uomo sia essenzialmente attratto da tre magneti quali la città, la campagna e la città giardino che nella sua teorizzazione avrebbe unito i vantaggi della vita urbana e il comfort della vita di campagna. Howard teorizza un modello di città di 30.000 abitanti che si sviluppi su 400 ettari circondati da una fascia di 2000 ettari destinati invece ad usi agricoli. Con quest'impianto basato su un modello radiale si riesce a mantenere una distanza tra centro e periferia costante e contenuta (circo 500m) in modo da ridurre il più possibile la distanza e quindi gli spostamenti tra città e campagna.
Intorno alla città si ha poi un anello ferroviario che consente di bloccare l'eventuale espansione della città, garantendo in tal modo la possibilità di avere un numero controllato di abitanti. Il modello della garden city è un modello teorico, come affermato dallo stesso Howard, che specifica infatti che una città varia in base al sito nella quale sorge. Questo però non preclude la possibilità alla garden city divenire un modello ispiratore per diverse opere che saranno poi realizzate.
Nell'organizzazione della città il verde della periferia viene ripreso anche nel centro della città grazie alla presenza di un giardino circondato da una grande galleria di vetro e da una serie di palazzi pubblici che creano il vero e proprio cuore pulsante della città. Si hanno poi una serie di cornici concentriche di residenze intervallate a zone verdi e per ultimo la zona industriale servita direttamente dalla ferrovia. Infine il centro urbano è concluso dalle fasce di terreno coltivabili già citate prima.
Il piano teorico prevede che la città possa ospitare unicamente 30.000 abitanti e che superato tale numero si costruiscano nuove città giardino replicando il modello e collegando tra loro i vari centri urbani tramite delle infrastrutture che permettano rapide comunicazioni. Esempio realizzato di città giardino è quella di Letchworth del 1902 inserita in una trama di villaggi preesistenti. Nella città sono vietati i cambi di destinazione d'uso per non alterare gli equilibri della città, mantenendo perciò distinta la zona residenziale da quella produttiva. La città si popola lentamente tanto che nel 1936 presenta solo 16.000 abitanti, non venendo però per questa considerata un fallimento, tanto da essere addirittura riconosciuta città già nel 1917. Guardando le planimetrie si nota il concetto della strada residenziale che deve essere e fondo cieco e con un andamento non rettilineo in modo che la strada sia percorsa solo dai residenti della zona (concetto ripreso poi nelle pianificazioni americane) e in modo da creare un percorso meno monotono e più piacevole.
La gradualità degli spazi non costruiti (verdi) è proporzionale alla gradualità degli insediamenti. Le zone verdi sono poste sul fronte principale degli edifici, raggiungibili dal retro in modo da lasciare più respiro alla facciata. Le strade non danno inoltre una comunicazione diretta alle abitazioni ma mantengono da queste una certa distanza di rispetto.
Altro architetto contemporaneo a Howard è Tony Garnier (1869-1948) che studia all'ecole de beaux arts a Lione e Parigi e nel 1899 vince il Prix de Rome. L'architetto svilupperà una visione socialista della società non considerando inoltre gli edifici singolarmente, ma correla la sua architettura con l'urbanistica, prestando molta attenzione per il contesto.
Opera più famosa dell'architetto, che porterà avanti per tutta la vita è quello della città industriale, pensata sulla falsariga della città di Lione e con una capacita` abitativa di 35.000 abitati. Per la progettazione impiegherà tutti i nuovi materiali come il cemento armato e redigerà inoltre l'intero piano urbanistico. Oltre a corredare i suoi progetti da moltissimi disegni d'insieme, l'architetto realizza anche minuziosissimi disegni per i singoli edifici, come l'ospedale, la biblioteca e la stazione, arrivando addirittura ad indicare il numero di posti letto della struttura sanitaria. Ingegnere vero e proprio è invece Soria y Mata che si applica per identificare una città che essenzialmente fosse in grado di risolvere il problema di congestionamento della città. L'ingegnere (dei trasporti) immagina una città incentrata su un asse infrastrutturale che non deve allargarsi con la crescita della città, ma piuttosto allungarsi.
Nasce in tal modo il concetto di Ciudad Lineal (città lineare) costituita da un nastro dalla lunghezza indefinita, ma con uno spessore molto contenuto, all'interno del quale viene eseguito un frazionamento dei diversi percorsi (veicolare, pedonale, ferroviario). La città prevede una meccanizzazione dei trasporti e la costruzione di edifici residenziali che occupino solo 1/5 del territorio, lasciando perciò liberi i 4/5 destinati a verde. Gli edifici di carattere collettivo sono posti negli spazi centrali dei lotti edificati. Parte del progetto venne realizzato nei pressi di Madrid ma non del tutto in quanto l'idea iniziale era quella di circondare la città con un ferro di cavallo che venne però realizzato solo per circa 1⁄4. Tale porzione di città lineare venne inoltre, a seguito dell'espansione di Madrid, inglobata nella città stessa.
Quest'idea venne comunque ripresa in URSS intorno agli anni '30. Grande esponente italiano di questo movimento utopico è sicuramente Antonio Sant'Elia (1888- 1916), esponente del futurismo. Secondo la sua concezione la città storica è completamente da distruggere in favore di una città dinamica e meccanizzata rappresentata dall'architetto attraverso alcuni schizzi mai però realizzati. Camillo Sitte in opposizione alla forma della città industriale propone invece un modello medioevale di città che si concretizza nel piano regolatore di Vienna, in particolare con la costruzione del Ring, un anello attorno alla città costituito da una zona di espansione di verde che ricorda l'andamento delle mura proprie della città medioevale. Sitte cerca quindi utilizzare il modello medioevale studiando il rapporto tra gli edifici e gli spazi sui quali questi si affacciano (piazze). Modalità radicalmente diversa di vedere la pianificazione urbana, basata su concetti illuministi, è quella che vede come punto basilare il risanamento della città preesistente. Tali risanamenti sono spesso dettati da necessità di tipo igienico-sanitarie, che nella pratica si concretizzano con veri e propri sventramenti del costruito per aprire spazi alla luce e all'aria.
Ci si preoccupa in tale fase, non tanto per la città, quanto per i suoi individui e quindi per i cittadini. (in tal senso in Italia a partire dal 1865 vengono promulgate le prime leggi urbanistiche, tra le quali spicca la legge urbanistica nazionale proprio del 1865 e poi quella di espropriazione per pubblica utilità, promulgata per favorire il risanamento della città di Napoli. Con il principio espropriativo si definisce la possibilità di sottrarre al privato cittadino parte della proprietà in favore di un vantaggio collettivo).