Versioni di Cesare (superiori)

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Versioni di Cesare (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: quiz
Materia di appartenenza Materia: Grammatica latina per le superiori 1
Avanzamento Avanzamento: quiz completo al 100%

Gaio Giulio Cesare (I secolo a.C.)[modifica]

Busto di Gaio Giulio Cesare.

Gaio Giulio Cesare fu un personaggio di primissimo piano nella storia romana del I secolo a.C. e le vicende della sua vita si legano e si intrecciano a doppio nodo con quelle della Storia romana. Fu un abile stratega militare e politico e grazie alla sua capacità di comprendere le mutamenti sociali ed economici in atto nello Stato avvio una serie di riforme istituzionali che trasformeranno Roma in una potenza imperiale. Il suo progetto rinnovatore sarà fermato dalla sua uccisione ma a prendere le redini della sua eredità politica sarà il figlio adottivo Ottaviano Augusto. La sua abilità e grande personalità, tramandata anche in suoi scritti, lo ha reso uno degli esempi più grandi di leader politico di tutti i tempi. Importante fu anche il suo ruolo di intellettuale con il purus sermo che si trova nei Commentarii e teorizzato nel De analogia e con il progetto politico e culturale di "nazionalismo" linguistico. Il tutto era segnato dall'ideologia della superiorità linguistica (sulle lingue italiche e dell'area mediterrnea e continentale) del latino e nell'individuazione nella lingua, unitamente alle istituzioni politiche e alle leggi, gli elementi di identificazione di un popolo.

Cronologia della vita[modifica]

  • 100 a.C. (o 102 a.C.): 13 luglio: nasce a Roma dalla gēns Iūlia, per parte di padre, e dalla gēns Aurēlia, per parte di madre.
  • 83 a.C.: sposa Cornelia, figlia di Cinna.
  • 78 a.C.: torna, dopo la morte di Silla, a Roma da cui si era allontanato per ragioni politiche e pronuncia la prima orazione politica.
  • 73 a.C.: è in Asia durante la guerra mitridatica e in Grecia nella campagna contro i pirati.
  • 72 a.C. o 71 a.C.: è tribuno militare.
  • 69 a.C.: pronunica gli elogi funebri per la zia Giulia e per la moglie Cornelia.
  • 68 a.C.: inizia il cursus honōrum con l'appoggio dei populārēs. È questore in Spagna.
  • 65 a.C.: è edile.
  • 63 a.C.: è pontefice massimo. Pronunica in Senato un'orazione contro la condanna a morte dei catilinari senza regolare processo.
  • 62 a.C.: è pretore.
  • 61 a.C.: ripudia la seconda moglie Pompea. È propretore in Spagna.
  • 60 a.C.: stipula un accordo extraistituzionale con Pompeo e Crasso (primo triumvirato).
  • 59 a.C.: è console per la prima volta. Sposa Calpurnia.
  • 58 a.C.: è proconsole in Gallia.
  • 58-52 a.C.: campagne di Gallia.
  • 56 a.C.: convegno di Lucca in cui è rinnovato l'accordo del triumvirato.
  • 51 a.C.: pubblica i Commentariī dē bellō Gallicō.
  • 50 a.C.: chiede di potersi ricandidare senza rientrare a Roma; rifiuto del Senato.
  • 49 a.C.: 7 gennaio. È dichiarato nemico pubblico. Il 10 gennaio varca il Rubicone: inizia la guerra civile.
  • 48 a.C.: sconfigge Pompeo a Farsàlo. Si reca in Egitto alleandosi con Cleopatra.
  • 46 a.C.: sconfigge i pompeiani d'Africa a Tapso. È pontefice massimo e dittatore.
  • 45 a.C.: sconfigge i pompeiani di Spagna a Munda. Torna a Roma e avvia importanti riforme politiche, amministrative, sociali. Adotta Gaio Ottaviano.
  • 44 a.C.: è dittatore a vita. Il 15 marzo è ucciso da congiurati repubblicani.

Le opere[modifica]

Delle moltissime opere di Cesare come le orazioni, le epistole, le opere in versi, il libello polemico Anticatō, il trattato grammaticale Dē analogiā ecc. ci sono pervenuti solo scarsissimi frammenti. Ci sono pervenuti integralmente invece i Commentariī cui Cesare ha attribuito dignità di vero e proprio genere letterario dell'originaria funzione di relazione militari e amministrative dei magistrati in carica.

Commentāriī dē bellō Gallicō: costituiscono il resoconto in sette libri degli avvenimenti della campagna di Gallia dal 58 al 52 a.C., scritto anno per anno per alcuni, periodicamente per altri, oppure alla fine della guerra per altri ancora. Un ottavo libro, relativo agli avvenimenti successivi, fu composto probabilmente dal luogotenente di Cesare, Aulo Irzio. In esso domina la descrizione delle imprese militari. Sono presenti interessanti exucursus etno-geografici.

Commentāriī dē bellō cīvīlī: in tre libri, costituiscono il resoconto della guerra civile tra Cesare e Pompeo svoltasi tra il 49 e il 48 a.C., fino alla morte di Pompeo. Anche qui non si è certi della data di composizione. Prevalgono gli elementi di valutazione politica su quelli di carattere militare.

Versioni[modifica]

Versioni dai Commentāriī dē bellō Gallicō[modifica]

Versione 1: (Ooo) La Gallia[modifica]

Mappa della Gallia nel I secolo a.C.

Genere: storiografia / Tema: luoghi e ambienti / Varietà linguistica: latino classico - linguaggio speciale geografico / Argomenti di grammatica latina: verba dīcendī, verbi di eccellenza; ad + gerundivo * prop. relative, causa, temporali.

Il celebre incipit del Dē bellō Gallicō presenta ai lettori il teatro delle vicende che saranno oggetto della narrazione, cioè il territorio e le popolazioni della Gallia. Tra le scarne ed essenziali informazioni, Cesare introduce alcune notazioni sulla bellicosità e arretratezza culturale dei Galli che anticipano la giustificazione della guerra "civilizzatrice" che sta per iniziare.

Gallia1 est omnis dīvīsa in partēs trēs, quārum ūnam incolunt Belgae, aliam Aquītānī, tertiam quī ipsōrum linguā Celtae, nostrā Gallī appellantur2. Hī omnēs linguā, īnstitūtīs, legibus inter sē differunt. Gallōs ab Aquītānīs Garumna flumen, ā Belgīs Matrona et Sequana dīvidit3. Hōrum omnium fortissimī sunt Belgae, proptereā quod ā cultū atque hūmānitāte prōvinciae longissimē absunt minimēque ad eōs mercātōrēs saepe commeant atque ea, quae ad effēminandōs animōs pertinent, important, proximīque sunt Germānīs, quī trāns Rhēnum incolunt, quibuscum continenter bellum gerunt. Quā dē causā Helvetiī4 quoque reliquōs Gallōs virtūte praecēdunt, quod ferē cōtīdiānīs proeliīs cum Germānīs contendunt, cum aut suīs fīnibus eōs prōhibent aut ipsī in eōrum fīnibus bellum gerunt.

  • 1. Per Gallia Cesare intende la Gallia Transalpina non ancora romanizzata, esclusa la Gallia Narbōnensis, soggetta al dominio romano già dal 121 a.C. e definita prōvincia per antonomasia (da cui l'odierna denominazione Provenza). La triplice divisione di cui parla l'autore rimase anche nella ripartizione augustea in tre province (l'Aquītānia, la Lugdūnensis, e la Belgica).
  • 2. Cesare fa coincidere il significato di Gallī e Celtae, mentre, secondo l'indoeuropeistica, Celti sono da considerare tutti i popoli stanziatisi in Gallia, Britannia, Italia settentrionale, Spagna, Asia Minore, parlanti lingue definite per l'appunto "celtiche", mentre i Galli sono soltanto un sottogruppo di popoli celtici stanziati nella parte centrale di questa vasta regione.
  • 3. I confini fra le tre popolazioni sono segnati dai fiumi Garumna (Garonna, che nasce dai Pirenei e sfocia nell'oceano Atlantico), Matrŏna (Marna, affluente della Senna) e Sequăna (Senna).
  • 4. Si tratta di un'altra popolazione celtica, insediata dal II secolo a.C. nell'attuale Svizzera, la cui migrazione verso ovest offrirà a Cesare il pretesto per dare inizio alla guerra.
Traduzione Versione 1: La Gallia
La Gallia complessiva è divisa in tre parti, di cui una l'abitano i Belgi, l'altra gli Aquitani, la terza quelli che nella loro lingua si chiamano Celti, nella nostra Galli. Tutti questi differiscono tra loro per lingua, istituzioni, leggi. Il fiume Garonna divide i Galli dagli Aquitani, la Marna e la Senna dai Belgi. Di tutti questi i più forti sono i Belgi, per il fatto che distano moltissimo dalla cultura e dalla civiltà della provincia; quasi mai (lett. per nulla spesso) i commercianti vanno da loro e importano quelle cose che servono per rammollire gli animi, e sono vicini ai Germani, che abitano oltre il Reno, coi quali continuamente fanno guerra. Per tale motivo pure gli Elvezi superano in valore gli altri Galli, perché con battaglie quasi quotidiane si scontrano coi Germani, quando o li respingono dai loro territori o loro stessi fanno guerra nei loro territori.

Versione 2: (OOo) Costruzione di un ponte di barche[modifica]

Genere: storiografia / Tema: guerra - architettura-ingegneria / Varietà linguistica: latino classico - linguaggio speciale architettonico-ingegneristico / Argomenti di grammatica latina: ablativo assoluto * prop. relative, finali, consecutive.

In un lungo capitolo del Dē bellō Gallicō, Cesare descrive con competenza tecnica le operazioni compiute per la costruzione di un ponte sul Reno. Se ne riporta qui la parte iniziale.

Caesar hīs dē causīs, quās commemorāvī, Rhēnum trānsīre dēcrēverat. Sed nāvibus trānsīre neque satis tūtum esse arbitrābātur neque suae neque populī Rōmānī dignitātis esse statuēbat. Itaque etsī summa difficultās faciundī pontis prōpōnēbātur propter latitūdinem, rapiditātem altitūdinemque flūminis, tamen id sibi contendendum aut aliter nōn trādūcendum exercitum exīstimābat. Ratiōnem pontis hanc īnstituit: tigna bīna sesquipedālia1 paulum ab īmō praeacūta dīmensa ad altitūdinem flūminis intervallō pedum duōrum inter sē iungēbat. Haec cum māchinatiōnibus immissa in flūmen dēfīxerat festūculīsque adēgerat, nōn sublicae modo dērectē ad perpendiculum, sed prōnē ac fāstīgātē, ut secundum natūram flūminis prōcumberent, hīs item contrāria duō ad eundem modum dīiuncta intervallō pedum quadrāgēnum ab infēriōre parte contrā vim atque impetum flūminis conversa statuēbat. Haec utraque insuper bipedālibus trabibus immissīs, quantum eōrum tignōrum iunctūra distābat, bīnīs utrimque fībulīs ab extrēmā parte distinēbantur. Quibus disclūsīs atque in contrāriam partem revīnctīs tanta erat operis firmitūdō atque ea rērum natūra, ut, quō māior vīs aquae sē incitāvisset, hoc artius inligāta tenērentur.

  • 1. Sesquipedālis e il successivo bipedālis sono, rispettivamente, la misura di un piede e mezzo e di due piedi (il pēs corrisponde a circa 29 cm.
Traduzione Versione 2: Costruzione di un ponte di barche
Cesare per quei motivi, che ricordai, aveva deciso di passare il Reno. Ma passare con navi non lo considerava abbastanza sicuro ne decideva non essere di prestigio né suo né del popolo romano. Così anche se si proponeva una grandissima difficoltà di fare il ponte per la larghezza la rapidità e la profondità del fiume, tuttavia riteneva che egli lo doveva tentare e non trasportare l'esercito diversamente. Organizzo questo progetto di ponte: due travi per volta di un piede e mezzo appuntite un poco in basso, misurate secondo la profondità del fiume le univa tra loro ad intervallo di due piedi. Queste le aveva piantate nel fiume con congegni e assicurate con battipali, ma non direttamente in perpendicolare (come) palafitte, ma obliquamente e con pendenza, perché si piegassero secondo la natura del fiume, ne disponeva ugualmente opposte a queste due divise allo stesso modo con intervallo di quaranta piedi dalla parte inferiore rivolte contro la forza e l'impeto del fiume. Queste coppie, messe sopra travi di due piedi, per quanto distava la congiunzione delle due travi, erano tenute dalla parte estrema da ambo le parti da due chiavi (di legno). Essendo fermate e legate in pare contraria, la saldezza dell'opera era così grande e tale la natura delle cose, che , quanto maggiore si fosse alzata al forza dell'acqua, tanto più saldamente erano tenute legate.

Versione 3: (Ooo) Costumi dei Germani[modifica]

Genere: storiografia / Tema: usi e costumi / Varietà linguistica: latino classico / Argomenti di grammatica latina: verbi + dativo, verbi + ablativo; infinito sostantivato * prop. relative, causali.

In questo brano Cesare descrive alcune delle consuetudini dei Germani, che li differenziano dai Galli.

Germānī multum ab hāc cōnsuētūdine1 differunt. Nam neque druidēs habent, quī rēbus dīvīnīs praesint, neque sacrificiīs student. Deōrum numerō eōs solōs dūcunt, quōs cernunt et quōrum apertē opibus iuvantur, Sōlem et Vulcānum et Lūnam, reliquōs nē fāmā quidem accēpērunt. Vīta omnis in vēnātiōnibus atque in studiīs reī mīlitāris cōnsistit; ā parvulīs lābōrī ac dūritiae student. Quī diūtissimē impūberēs permānsērunt, maximam inter suōs ferunt laudem; hoc alī statūram, alī vīrēs nervōsque confirmārī putant. Intra annum vērō vīcēsimum fēminae nōtitiam habuisse2 in turpissimīs habent3 rēbus. Cuius reī4 nūlla est occultātiō, quod et prōmiscuē in flūminibus perluuntur et pellibus aut parvīs rēnōnum5 tegimentīs ūtuntur, magnā corporis parte nūdā.

  • 1. ab hāc cōnsuētūdine: "rispetto agli usi dei Galli".
  • 2. habuisse: "aver avuto".
  • 3. habent: "considerano".
  • 4. Cioè del sesso.
  • 5. I rēnōnēs erano mantellette di pelliccia che coprivano dalle spalle al ventre.
Traduzione Versione 3: Costumi dei Germani
I Germani si differenziano molto da questa consuetudine. Non hanno infatti druidi, che presenzino ai riti religiosi, né si curano dei sacrifici. Considerano nel novero degli dèi i soli che vedono e dalle cui potenze sono aiutati, (cioè) Sole, Vulcano, Luna, gli altri non li hanno accolti neppure per fama. Tutta la vita consiste in cacce ed impegni di attività militare; da piccoli si applicano alla fatica ed alla asprezza. Quelli che sono rimasti per molto tempo casti, ottengono molto onore tra loro; con questo credono che si aumenti la statura, si rafforzino forze e nervi. Ma l'aver avuto conoscenza di una femmina entro il ventesimo anno lo considerano tra le cose più brutte. Di questa cosa non c'è alcun mistero, perché promiscuamente si lavano nei fiumi o usano piccoli rivestimenti, con gran parte del corpo nuda.

Versione 4: (OOo) Vercingetorige, il grande nemico di Cesare[modifica]

Vercingetorige getta le sue armi ai piedi di Cesare, dipinto di Lionel Royer, 1899, Musée Crozatier, Le Puy

Genere: storiografia - Tema: guerra, figure e vicende - Varietà linguistica: latino classico - Argomenti di grammatica latina: verba dīcendī, verbi di comando; ablativo assoluto, perifrastica passiva * prop. oggettive, relative, causali, finali.

L'autore presenta il protagonista della grande rivolta della Gallia, Vercigetorige, che nel 52 a.C. impegnerà Cesare in una difficile guerra. Sconfitto, sarà condotto a Roma come trofeo del vincitore.

Similī ratiōne ibī Vercingetorīx Celtillī fīlius, Arvernus summae potentiae adulescēns, cuius pater prīncipātum totīus Galliae obtinuerat et ob eam causam, quod rēgnum adpetēbat, a cīvitāte erat interfectus, cōnvocātīs suīs clientibus facile incendit. Cognitō eius cōnsiliō ad arma concurritur. Prohibētur1 ā Gobannitiōne patruō suō reliquīsque prīncipibus, quī hanc temptandam2 fortūnam nōn exīstimābant, expellitur ex oppidō Gergoviā. Nōn dēsistit tamen atque in agrīs habet dīlēctum egentium ac perditōrum. Hāc coactā manū, quōscumque adit ex cīvitāte, ad suam sententiam perdūcit; hortātur ut commūnīs lībertātīs causā arma capiant, magnīsque coactīs copiīs adversāriōs suōs, ā quibus paulō ante erat ēiectus, expellit ex cīvitāte. Rēx ab suīs appellātur. Dīmittit quoque versus lēgātiōnēs; obtestātur ut in fidē maneant. Celeriter sibi Senonēs, Parīsiōs, Pictonēs, Cadurcōs, Turonōs, Aulercōs, Lemovīcēs, Andēs reliquōsque omnēs, quī Ōceanum attingunt, adiungit; omnium consensū ad eum dēfertur imperium. Quā oblātā potestāte omnibus hīs cīvitātibus obsidēs imperat, certum numerum mīlitum ad sē celeriter addūcī iubet, armōrum quantum quaeque cīvitās domī quodque ante tempus efficiat cōnstituit; in prīmīs equitātuī studet.

  • 1. Prohibētur: "(a lui) si oppongono".
  • 2. Sottinteso esse.
Traduzione Versione 4: Vercingetorige, il grande nemico di Cesare
Con simile metodo qui Vercingetorige, figlio di Celtillo, giovane arverno di grandissima potenza, il cui padre aveva tenuto il primato di tutta la Gallia e per tale motivo, perché aspirava al potere, era stato ucciso dalla nazione, convocati i clienti facilmente li incendia. Saputo il suo piano si corre alle armi. Viene bloccato da Gobannizione, suo zio e dagli altri capi, che non ritenevano si dovesse tentare questa sorte, viene cacciato dalla città di Gergovia. Non desiste tuttavia e nelle campagne tiene una leva di indigenti e banditi. Raccolto questo manipolo, chiunque incontra della nazione, lo induce alla sua idea; esorta a prendere le armi per la comune libertà, e raccolte grandi truppe, caccia dalla nazione i suoi avversari, dai quali poco prima era stato cacciato. È acclamato re dai suoi. Manda ovunque ambascerie; scongiura che rimangano nella lealtà. Velocemente si unisce Sènoni, Parìsi, Pìttoni, Caderci, Tùroni, Aulirci, Lemovìci, Andi e tutti gli altri, che toccano l'Oceano; con consenso di tutti il comando viene conferito a lui. Offertogli questo potere, ordina ostaggi a tutte queste nazioni, comanda che velocemente gli sia portato un preciso numero di soldati, stabilisce quanto di armi ogni nazione ed in quale tempo debba fare; anzitutto si occupa della cavalleria.

Versione 5: (OOo) Battaglia campale[modifica]

Genere: storiografia / Tema: guerra / Varietà linguistica: latino classico / Argomenti di grammatica latina: verbi di comando, ablativo assoluto; presente storico * prop. infinitive, relative, finali.

Con la consueta concisione, Cesare descrive il tentativo di assalto, davanti alla città di Alesia, dei cavalieri galli, messi in fuga dai legionari romani con l'aiuto degli alleati.

Opere īnstitūtō1 fit equestre proelium in eā plānitiē, quam intermissam collibus tria mīlia passuum in longitūdinem patēre suprā dēmōnstrāvimus. Summā vī ab utrīsque contenditur. Lābōrantibus nostrīs Caesar Germānōs2 submittit legiōnēsque prō castrīs cōnstituit, nē quā subitō inruptiō ab hostium peditātū fiat. Praesidiō legiōnum additō nostrīs animus augētur; hostēs in fugam coniectī sē ipsī multitūdine impediunt atque angustiōribus portīs relictīs coartantur. Germānī acrius usque ad mūnītiōnēs sequuntur. Fit magna caedēs. Nōnnullī relictīs equīs fossam trānsīre et māceriam3 trānscendere cōnantur. Paulum legiōnēs Caesar quās prō vallō cōnstituerat prōmovērī iubet. Nōn minus quī intrā mūnītiōnēs erant perturbantur. Gallī venīrī ad sē confestim exīstimantēs ad arma conclāmant; nōnnullī perterritī in oppidum inrumpunt. Vercingetorīx iubet portās claudī, nē castra nūdentur. Multīs interfectīs, complūribus equīs captīs Germānī sēsē recipiunt.

  • 1. Nei capitoli precedenti Cesare ha descritto le opere di fortificazione erette dai Romani per difendersi dai Galli di Vercingetorige.
  • 2. Germānōs submittit: "manda in soccorso i Germani" (si tratta di alcune tribù transrenane, alleate di Cesare contro i Galli).
  • 3. māceriam: "muro a secco" (la cui costruzione è stata descritta nei capitoli precedenti).
Traduzione Versione 5: Battaglia campale
Costruita la guarnigione avviene uno scontro di cavalleria in quella pianura, che prima dicemmo estendersi in lunghezza tre mila passi, posta in mezzo alle colline. Con estrema violenza ci si scontra da entrambe le parti. Ai nostri in difficoltà Cesare manda (in aiuto) i Germani e pose davanti agli accampamenti le legioni, perché improvvisamente non venga fatta una sortita dalla fanteria dei nemici. Aggiunto l'aiuto delle legioni ai nostri si accresce il coraggio; i nemici messi in fuga per la ressa si ostacolano si accalcano sulle porte rimaste troppo strette. I Germani inseguono fino alle fortificazioni. Avviene una grande strage. Alcuni, abbandonati i cavalli, tentano di attraversare il fossato e scalare il muro. Cesare ordina che si avanzino un poco le legioni che aveva messo davanti alla trincea. Quelli che erano dentro le fortificazioni sono non meno turbati. I Gallia pensando che si venga subito contro di loro gridano all'armi; alcuni atterriti si lanciano in città. Vercingetorige ordina che si chiudano le porte, perché gli accampamenti non si vuotino. Uccisi molti, catturati parecchi cavalli, i Germani si ritirano.

Versioni dai Commentāriī dē bellō cīvīlī[modifica]

Versione 6: (OOO) Una decisione drammatica[modifica]

Genere: storiografia / Tema: guerra - istituzioni politiche / Varietà linguistica: latino classico - linguaggio speciale politico / Argomenti di grammatica latina: ablativo assoluto * prop. infinitive, completive, modali, comparative, periodo ipotetico, discorso indiretto.

Il 1° gennaio del 49 a.C., in una drammatica seduta del Senato, viene respinta una proposta di mediazione di Cesare nei confronti di Pompeo, per la decisa opposizione dei pompeiani e la debolezza dei senatori. È il capitolo iniziale del De bello civili con esso Cesare entra direttamente nel racconto.

Litterīs [ā Fabiō] C. Caesaris cōnsulibus redditīs1 aegrē ab hīs impetrātum est summā tribūnōrum plēbis cōntentiōne, ut in senātū recitārentur; ut vērō ex litterīs ad senātum referrētur2, impetrārī nōn potuit. Referunt cōnsulēs dē rē pūblicā [in cīvitāte]. [Incitat] L. Lentulus cōnsul senātū reī pūblicae sē nōn dēfutūrum3 pollicētur, sī audacter ac fortiter sententiās dīcere velint4; sīn Caesarem respiciant atque eius gratiam sequantur, ut superiōribus fecerint temporibus, sē sibi consilium captūrum5 neque senātūs auctōritātī obtemperātūrum; habēre sē quoque ad Caesaris gratiam atque amīcitiam receptum. In eandem sententiam loquitur Scīpiō: Pompēiō esse in animō reī pūblicae nōn dēesse, sī senātus sequātur; sī cunctētur atque agat lēnius, nēquīquam eius auxilium, sī posteā velit, senātum implōrātūrum6.

  • 1. Si tratta della lettera con cui Cesare si dichiara disposto a venire a Roma senza armi, da privato cittadino, purché Pompeo faccia altrettanto. I consoli cui si fa riferimento sono quelli dell'anno 49 a.C., entrambi pompeiani.
  • 2. ad senātum referrētur: referre ad senātum significa "mettere in discussione, all'ordine del giorno". È un'espressione del linguaggio tecnico-politico, come anche recitare, "dare pubblica lettura" (di documenti ufficiali).
  • 3. Sottinteso esse.
  • 4. Il soggetto sottinteso di velint e dei successivi verbi alla 3° persona plurale è senātōrēs.
  • 5. Sottinteso esse, come per il successivo obtemperātūrum.
  • 6. Sottinteso esse.
Traduzione Versione 6: Una decisione drammatica
Consegnata ai consoli la lettera di Caio Cesare, si ottenne con difficoltà da questi, dopo la viva insistenza dei tribuni della plebe, che fosse letta in senato; ma non poté ottenere che si aprisse una discussione in senato per la lettera. I consoli riferirono riguardo alla situazione politica in città. Il console Lucio Lentulo promette che non mancherà (sott. Il suo aiuto) al senato e al governo, se vogliano dire le opinioni con audacia e con forza; se invece abbiano riguardo per Cesare e vogliano ottenere il suo favore, come hanno fatto nei tempi precedenti, egli avrebbe preso una decisione per se stesso e non avrebbe ubbidito all'autorità del senato; anche lui ha modo di otteneree il favore e l'amicizia di Cesare. Scipione parla nel medesimo senso: Pompeo aveva in animo di non venire meno al governo, se il senato lo asseconda; se il senato temporeggia e agisce troppo lentamente, inutilmante avrebbe implorato il suo aiuto, se in futuro lo volesse.

Versione 7: (OOO) Dopo il Rubicone[modifica]

Genere: storiografia / Tema: guerra / Varietà linguistica: latino classico / Argomenti di grammatica latina: verbi di comando; ablativo assoluto * prop. oggettive, relative, completive, consecutive; discorso indiretto; attrazione modale.

Dopo aver varcato il Rubicone, atto di inizio della guerra civile, Cesare si direge verso Rimini dove incontra un parente, latore di un messaggio di Pompeo.

Cognitā mīlitum voluntāte Arīminum cum eā legiōne prōficiscitur ibīque tribūnōs plēbis, quī ad eum prōfugerant, convēnit; reliquās legiōnēs ex hībernīs ēvocat et subsequī iubet. Eō L. Caesar1 adulescēns vēnit, cuius pater Caesaris erat legātus. Is reliquō sermōne cōnfectō, cuius reī causā vēnerat, habēre sē ā Pompēiō ad eum prīvātī officiī mandāta dēmōnstrat:2 velle Pompēium sē Caesarī purgātum3, nē eā, quae reī pūblicae causā ēgerit, in suam contumēliam vertat. Semper sē reī pūblicae commoda prīvātīs necessitūdinibus habuisse potiōra. Caesarem quoque prō suā dignitāte debēre et studium et īrācundiam suam reī pūblicae dīmittere neque adeō graviter īrāscī inimīcīs, ut, cum illīs nocēre sē spēret, reī pūblicae noceat. Pauca eiusdem generis addit cum excūsātiōne Pompēī coniuncta. Eadem ferē atque eīsdem verbīs praetor Roscius agit cum Caesare sibique Pompēium commemorāsse dēmōnstrat.

  • 1. Si tratta del giovane cugino di Cesare, Lucio Cesare, pompeiano.
  • 2. Dopo i due punti inizia un discorso indiretto piuttosto lungo (fino a noceat).
  • 3. sē Caesarī purgātum: sottinteso esse, "essere giustificato da Cesare".
Traduzione Versione 7: Dopo il Rubicone
Cesare, conosciuta la disposizione d'animo dei soldati, si dirige con quella legione a Rimini e qui incontra i tribuni della plebe che presso di lui erano venuti a trovare rifugio; richiama dagli accampamenti invernali le rimanenti legioni con l'ordine di seguirlo. Lì giunge il giovane L. Cesare, il cui padre era luogotenente di Cesare. Costui, terminato il discorso su altri argomenti, per i quali era venuto, dichiara di avere per lui da parte di Pompeo messaggi di carattere privato: dice che Pompeo vuole scusarsi dinanzi a Cesare, che non prenda per offesa personale le azioni che egli ha compiuto per il bene dello stato; dice che alle amicizie personali egli ha sempre anteposto l'interesse pubblico. Anche Cesare, in considerazione della sua posizione, deve per il bene dello stato sacrificare il proprio interesse e il proprio risentimento e non adirarsi con gli avversari così violentemente da risultare, sperando di danneggiarli, di danno allo stato. Aggiunge poche considerazioni del medesimo tono che unisce alle scuse di Pompeo. Il pretore Roscio presenta a Cesare quasi i medesimi argomenti e con le medesime parole, dimostrando di essere stato ben istruito da Pompeo.

Versione 8: (OOo) Verso l'epilogo della guerra civile[modifica]

Genere: storiografia / Tema: guerra / Varietà linguistica: latino classico / Argomenti di grammatica latina: verbi di comando, verbi transitivi o intransitivi; gerundivo * prop. oggettive, relative, finali, completive, temporali, modali, periodo ipotetico, cum + congiuntivo, quin + congiuntivo; discorso diretto; attrazione modale.

Pompeo, sconfitto nella battaglia di Farsàlo, si prepara alla fuga.

Eōdem tempore tertiam aciem Caesar, quae quiēta fuerat et sē ad id tempus locō tenuerat, prōcurrere iussit. Ita cum recentēs atque integrī dēfessīs1 successissent, aliī autem ā tergō adorirentur, sustinēre Pompēiānī nōn potuērunt, atque ūniversī terga vertērunt. Neque vērō Caesarem fefellit, quīn ab eīs cohortibus, quae contrā equitātum in quartā aciē collocātae essent, initium victōriae orirētur, ut ipse in cohortandīs mīlitibus prōnuntiāverat. Ab hīs2 enim prīmum equitātus est pulsus, ab īsdem factae caedēs sagittāriōrum ac funditōrum, ab īsdem aciēs Pompēiāna ā sinistrā parte circumita atque initium fugae factum. Sed Pompēius, ut equitātum suum pulsum vīdit atque eam partem, cui maximē confidēbat, perterritam animadvertit, aliīs quoque diffīsus aciē excessit prōtinusque sē in castra equō cōntulit et eīs centuriōnibus, quōs in statiōne ad praetōriam portam posuerat, clārē, ut mīlitēs exaudīrent, "tuēminī," inquit, "castra et dēfendite dīligenter, sī quid dūrius acciderit. Ego reliquās portās circumeō et castrōrum praesidia cōnfirmō." Haec cum dīxisset, sē in praetōrium cōntulit summae reī diffīdēns et tamen ēventum exspectāns.

  • 1. Sottinteso mīlitibus.
  • 2. Sottinteso cohortibus, come per i due successivi ab īsdem.
Traduzione Versione 8: Verso l'epilogo della guerra civile
Allo stesso tempo Cesare comandò di attaccare la terza schiera , che era stata inattiva e che si era mantenuta fino a quel momento nel proprio luogo (assegnato).Così sostituiti uomini nuovi e riposati a quelli stanchi, mentre altri li assalivano alle spalle, i pompeiani non poterono resistere e volsero tutti (le spalle) in fuga. Né in verità Cesare si ingannò che l'origine della vittoria sarebbe nata da quelle corti che erano state collocate nella quarta schiera contro la cavalleria come egli stesso aveva pronunciato nell'esortare i soldati. Da queste infatti per prima cosa fu espulsa la cavalleria, dalle stesse fu fatta strage di arcieri e frombolieri, sempre da queste stesse era stato circondato lo schieramento pompeiano e aveva avuto inizio la fuga. Ma Pompeo, appena vide che la sua cavalleria era stata respinta e si rese conto che era stata atterita quella parte in cui aveva molta fiducia, diffidando anche degli altri, uscì dalla schiera e subito si recò a cavallo nell'accampamento e a questi centurioni, che erano stati posti a difesa della porta pretoria, ad alta voce, affinché i soldati udissero, disse:"Custodite l'accampamento e difendetelo con molta cura, se accadrà qualcosa di più sfavorevole. Io faccio un giro alle porte rimanenti e rinforzo le difese dei presidi". Dopo aver detto questo si recò nel pretorio, diffidando in un momento culminante e aspettando tuttavia gli avvenimenti.

Versione 9: (OOo) Moderazione di Cesare dopo la vittoria[modifica]

Genere: storiografia / Tema: guerra / Varietà linguistica: latino classico / Argomenti di grammatica latina: verba rogandi, verbi di comando, ablativo assoluto, participio congiunto * prop. infinitve, relative, completive.

La battaglia di Farsàlo si è svolta e ha segnato la piena vittoria di Cesare, ma egli non infierisce sugli sconfitti, anzi mostra spirito di moderazione.

Caesar prīmā lūce omnēs eōs, quī in monte1 cōnsēderant, ex superiōribus locīs in plānitiem dēscendere atque arma prōicere2 iussit. Quod ubī sine recūsātiōne fecērunt passīsque palmīs prōiectī ad terram flentēs ab eō salūtem petīvērunt, cōnsōlātus3 cōnsurgere iussit et pauca apud eōs dē lēnitāte suā locūtus, quō minōre essent timōre, omnēs cōnservāvit mīlitibusque suīs commendāvit, nē quī eōrum violārētur, neu quid suī dēsīderārent4. Hāc adhibitā dīligentiā ex castrīs sibi legiōnēs aliās occurrere et eās, quās sēcum dūxerat, in vicem requiescere atque in castra revertī iussit eōdemque diē Lārīsam pervēnit.

  • 1. I pompeiani, dopo la sconfitta, si erano rifugiati su una montagna vicina a Farsàlo.
  • 2. arma proicere: è il segno della resa.
  • 3. cōnsōlātus: si tratta di un participio.
  • 4. neuquid suī dēsīderārent: "che non lamentassero la mancanza di cose proprie".
Traduzione Versione 9: Moderazione di Cesare dopo la vittoria
Cesare all'alba ordinò a tutti coloro che si erano fermati sul monte di scendere in pianura dalle alture e consegnare le armi. Eseguirono l'ordine senza fare opposizione e gettatisi a terra con le mani tese, in lacrime, chiesero a Cesare salva la vita. Cesare, dopo averli consolati, ordinò loro di alzarsi e rivolte loro poche parole in merito alla sua clemenza, perché avessero meno timore, fece a tutti grazia della vita e diede ordine ai suoi soldati di non fare violenza a nessuno di essi e di non portare via nulla di loro appartenenza. Date scrupolosamente queste disposizioni, ordinò alle altre legioni di raggiungerlo dall'accampamento e a quelle che aveva condotto con sé di fare ritorno nel campo per riposarsi a loro volta; il medesimo giorno giunse a Larissa.

Versione 10: (OOo) La morte di Pompeo[modifica]

Anonimo, La morte di Pompeo, XVIII sec., Digione, Museo nazionale Magnin

Genere: storiografia / Tema: guerra - figura e vicende / Varietà linguistica: latino classico / Argomenti di grammatica latina: verbi di comando; ablativo assoluto, participio congiunto, ad + gerundivo. * prop. infinitive, relative, causali, completive, modali.

Dopo la sconfitta di Farsàlo, Pompeo, visti vani i tentativi di rifugiarsi in altre località dell'Oriente, sbarca in Egitto, dove chiede protezione al giovane re Tolomeo XIII, ma i reggenti e i consiglieri di quest'ultimo fingono di accoglierlo e lo assassinano.

Hīs tum cognitīs rēbus, amīcī rēgis1, quī propter aetātem eius in prōcūrātiōne erant rēgnī, sīve timōre adductī, ut posteā praedicābant, sollicitātō exercitū rēgiō, nē Pompēius Alexandrīam Aegyptumque occupāret2; sīve dēspectā eius fortūnā, ut plērumque in calamitāte ex amīcīs inimīcī exsistunt3, iīs quī erant ab eō missī palam līberaliter respondērunt eumque ad rēgem venīre iussērunt; ipsī clam cōnsiliō initō4, Achillam5, praefectum rēgium, singulārī hominem audāciā, et L. Septimium tribūnum mīlitum ad interficiendum Pompēium mīsērunt. Ab hīs līberāliter ipse appellātus et quādam nōtitiā Septimī perductus, quod bellō praedōnum apud eum ōrdinem dūxerat, nāviculam parvulam cōnscendit cum paucīs suīs. Ibī ab Achillā et Septimiō interficitur.

  • 1. Il re d'Egitto era Tolomeo XIII.
  • 2. La completiva nē... occupāret è retta da timōre.
  • 3. ut plērumque... exsistunt: incidentale con valore di sentenza, "giacché nella sventura per lo più gli amici diventano nemici".
  • 4. clam cōnsiliō initō: "dopo un consiglio segreto".
  • 5. Achilla, comandante alessandrino, uno dei personaggi più influenti del consiglio di reggenza, contro cui Cesare combatterà in seguito, ci è noto solo attraverso il Dē bellō cīvīlī.
Traduzione Versione 10: La morte di Pompeo
Saputi allora questi avvenimenti, gli amici del re, che esercitavano la reggenza a causa della sua tenera età, o per timore, come andarono dicendo più tardi, che Pompeo sobillasse l'esercito regio e occupasse Alessandria e l'Egitto, o per dispregio della sua sciagura (nella sventura spesso gli amici diventano nemici), risposero simulando cordialità ai messi e lo invitarono a recarsi dal re: ma in segreto decisero di mandare Achilla, prefetto del re, uomo di rara audacia, e il tribuno Lucio Settimio ad uccidere Pompeo. Salutato cordialmente da costoro, spinto da una certa conoscenza che aveva di Settimio, il quale nella guerra contro i pirati aveva comandato nel suo esercito una centuria, Pompeo salì su una piccola imbarcazione con pochi dei suoi: qui viene ucciso da Achilla e da Settimio.

Versioni dalle orazioni[modifica]

Versione 11: (Ooo) L'orazione funebre della zia Giulia[modifica]

Genere: oratoria / Tema: famiglia / Varietà linguistica: latino classico / Argomenti di grammatica latina: prop. relative.

Questo è uno dei rari frammenti pervenutici dell'attività oratoria di Cesare: proviene dalla laudatio funebris pronunciata nel 69 a.C. per la zia paterna Giulia, moglie di Mario.

Amitae meae Iūliae māternum genus ab rēgibus ortum, paternum cum diīs inmortālibus coniunctum est. Nam ab Ancō Marciō1 sunt Marciī rēgēs, quō nōmine fuit māter; ā Venere2 Iūliī cuius gentis familia est nostra. Est ergō in genere et sanctitās rēgum qui plūrimum inter hominēs pollent et caerimōnia deōrum quōrum ipsī in potestāte sunt rēgēs.

  • 1. Si tratta di Anco Marzio, quarto re di Roma.
  • 2. Cesare vanta la discendenza della gens Iūlia da Iūlus - figlio di Enea, a sua volta figlio di Venere - capostipite dei re di Alba Longa, la cui ultima discendente Rea Silvia sarà la madre di Romolo e Remo.
Traduzione Versione 11: L'orazione funebre della zia Giulia
La stirpe materna di mia zia Giulia ha origine dai re, quella paterna si congiunge con gli dèi immortali. Infatti da Anco Marzio discendono i re Marzii, dal (ablativo di origine) cui nome discendeva [sua] madre. Da Venere hanno origine i Giulii, alla cui progenie appartiene la nostra famiglia. Vi è dunque nella stirpe il carattere sacro dei re, che si innalzano sugli uomini, e la solennità degli dei, sotto il cui potere si trovano gli stessi re.

Versioni dalle epistole[modifica]

Versione La clemenza di Cesare


In questa lettera (pervenutaci tramite Cicerone) Cesare spiega a due suoi collaboratori le ragioni del perdono concesso ai pompeiani sconfitti, nel quadro di una strategia di conciliazioni tra cittadini romani divisi dalla guerra civile.

Caesar Oppiō Corneliō Sal.
Gaudeō mehercule vōs significāre litterīs, quam valdē probētis ea, quae apud Corfinium' sunt gesta. Cōnsiliō vestrō ūtar lubenter, et hoc lubentius', quod meā sponte facere cōnstitueram, ut quam lēnissimum mē praebērem et Pompēium darem operam ut reconciliārem. Temptēmus, hōc modō sī possimus omnium voluntātēs recuperāre et diurnā victōriā ūtī, quoniam reliquī crūdēlitāte ōdium effugere nōn potuērunt neque victōriam diūtius tenēre praeter ūnum L. Sullam, quem imitātūrus nōn sum. Haec nova sit ratiō vincendī, ut misericordiā et līberālitāte nōs muniāmus. Id quem ad modum fierī possit, nōnnūlla mī in mentem veniunt, et multa reperīrī possunt. Dē hīs rēbus rogō vōs ut cōgitātiōnem suscipiātis. N. Magium, Pompēī praefectum, dēprehendī. Scīlicet meō īnstitūtō ūsus sum et eum statim missum fēcī. Iam duō praefectī fabrum'4 Pompēī in meam potestātem venērunt et ā mē missī sunt. Sī volent grātī esse, debēbunt Pompēium hortārī ut mālit mihi esse amīcus quam iīs quī et illī eī mihi semper fuērunt inimīcissimī, quōrum artificiīs effectum est ut rēs pūblica in hunc statum pervenīret.

  • 1. sal: abbreviazione per salūtem dīcit, "saluta". Gaio Oppio e Lucio Cornelio Balbo erano stretti collaboratio di Cesare.
  • 2. Corfinio, in territorio sannita, a nord di Sulmona, era un municipio di importanza strategica. L'episodio a cui Cesare fa riferimento è la sua conquista, nel febbraio del 49 a.C..
  • 3. lubenter... lubentius: = libenter... libentius.
  • 4. I praefectī fabrum sono gli ufficiali del Genio, preposti al personale tecnico degli architetti e tecnici delle costruzioni.
Traduzione Versione 12: La clemenza di Cesare

Cesare Oppio Cornelio Sal.

Per Ercole, mi rallegro del fatto che voi facciate sapere con lettere quanto approviate le imprese che furono compiute presso Corfinio. Mi avvarrò volentieri del vostro consiglio, e [anche] più volentieri perché avevo deciso di mia spontaea volontà di fare in modo di mostrarmi il più soportabile possibile e di preoccuparmi di riappacificarmi con Pompeo. Facciamo un tentativo, se in questo modo possiamo recuperare l'affetto di tutti e sfruttare la vittoria di lunga durata, poiché gli altri non poterono evitare l'odio a causa della crudeltà né conservare la custodia troppo a lungo eccetto il solo Lucio Silla, che non ho intenzione di imitare. Questo sia un nuovo mezzo di vittoria, costruire sulla misericordia e la liberalità. A proposito del modo di cui ciò possa accadere, non poche cose mi vengono in mente, e se ne possono trovare molte. Vi chiedo di rifletterci su. Io catturai Magio, prefetto di Pompeo. Naturalmente mi avvalsi del mio proposito e subito lo lasciai libero. Anche due prefetti dei fabbri di Pompeo caddero sotto il mio potere e da me furono rimessi in libertà. Se vorranno esser grati, dovranno esortare Pompeo affinché preferisca essere amico verso di me piuttosto che verso coloro che furono sempre molto ostili sia a lui sia a me; con le loro astuzie si fece sì che lo Stato fosse condotto in questa situazione.