Campi magnetici (superiori)

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Campi magnetici (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Fisica per le superiori 2
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

Cenni storici[modifica]

Fenomeni magnetici sono ben noti fin dall'antichità. Al nome magnetismo si attribuisce un significato misterioso, anche se le sue leggi non offrono nessun problema concettuale nelle conoscenze scientifiche attuali. L'osservazione di alcuni fenomeni naturali dovuti a delle rocce ad alto contenuto di ferro, è all'origine di tale nome. Infatti dal punto di vista etimologico il nome magnetismo deriva dalla magnetite, un ossido di Ferro (), che prende nome da una città greca dell'Asia Minore: Magnesia. Gli antichi greci nell'800 a.C. già parlavano di tali materiali.

L'uso della bussola, un ago magnetico sospeso per il suo centro di massa e libero di ruotare, comincia ad essere noto nel mediterraneo intorno al 1000 d.C., ma sembra che il suo uso fosse già noto ai cinesi e agli arabi. Le bussole risentono della azione del campo magnetico terrestre che esercita una coppia che allinea gli oggetti magnetizzati approssimativamente secondo il meridiano terrestre.

Gilbert nel 1600, scrisse un ponderoso trattato, De magnete, che rappresenta una fedele descrizione dei fenomeni dei magneti naturali e del magnetismo terrestre. Egli si rese conto pure che il ferromagnetismo sparisse al di sopra di una certa temperatura.

Successivamente Coulomb, nel 1785, usando una bilancia di torsione, stabilì la legge della forza che viene esercitata tra cariche elettriche e poli magnetici; tale forza va con il quadrato della distanza ed inoltre poli eguali si respingono e poli opposti si attraggono. È ovvia la grande analogia tra le forze con cui si attraggono o respingono i poli, nord sud, dei magneti e le forze tra cariche elettriche, positive e negative. Notare come da un punto di vista sperimentale sia molto più semplice studiare le forze tra poli magnetici che rimangono tali nel tempo, e quelle tra cariche elettriche che tendono a scaricarsi a causa della conducibilità dell'aria e delle cariche libere in essa presente. Fino all'inizio del 1800 vi era una netta distinzione tra fenomeni elettrici e magnetici, che pur presentavano analogie.

Il 1820 è un anno particolarmente felice per le scoperte sul magnetismo. H. C. Ørsted nel luglio di quell'anno scoprì che si esercitavano forze tra magneti permanenti e fili percorsi da corrente. In realtà la stessa scoperta era stata fatta nel 1802 da Gian Domenico Romagnosi, ma fu ignorata. Poche settimane dopo A. M. Ampère scopre che una spira percorsa da corrente si comporta in maniera analoga ad un magnete permanente. Infine nell'ottobre J. B. Biot e F. Savart comunicano all'Accademia delle Scienze Francese le misure sulla dipendenza dalla distanza della forza magnetica prodotta da un filo percorso da corrente. Pierre de Laplace, un grande scienziato dell'epoca, basandosi su quest'insieme di fatti sperimentali formulò le leggi generali che permettono di calcolare sia il campo magnetico prodotto da un elemento di circuito percorso da corrente, che la forza che si esercita sullo stesso immerso in un campo magnetico.

Il quadro di insieme dei fenomeni elettrici e magnetici viene fatto nelle equazioni di Maxwell che furono presentate alla Royal Society nel 1864.

Solo la teoria della relatività ristretta sviluppata nel 1905 da A. Einstein, permise di mettere insieme in un quadro logico più ampio tutti i fenomeni. Tale teoria mostrava, che, essendo la velocità della luce la massima possibile in natura, anche l'azione elettrica a distanza tra oggetti carichi elettricamente non si propaga a velocità infinita, come invece abbiamo implicitamente supposto finora. Quindi, finché i fenomeni sono puramente statici la velocità di propagazione delle forze elettriche non è importante, ma, ogni qual volta si ha a che fare con cariche in moto, in particolare quando si hanno correnti elettriche, bisogna tenere conto della velocità di propagazione delle forze elettriche. Il magnetismo è causato dalla azione a distanza tra cariche in moto, se la velocità con cui si propagano le forze elettriche fosse infinita non si avrebbe il magnetismo. Ma siccome la velocità di propagazione delle azioni elettriche è quella della luce, per la descrizione della cinematica e dinamica delle forze elettriche in presenza di cariche in moto, non è possibile utilizzare le equazioni della meccanica classica, ma siamo costretti a utilizzare la teoria della relatività ristretta. Questo approccio per quanto logico non viene qui seguito a causa della complessità dei ragionamenti.

Campi magnetici in generale[modifica]

Differenza tra dipoli elettrici e magnetici a) dipolo elettrico, b) dipolo magnetico

La prima osservazione sperimentale riguarda i dipoli magnetici, che come vedremo rappresentano l'elemento di base dei campi magnetici. I dipoli magnetici generano a grande distanza un campo magnetico che ha un andamento analogo al campo elettrico generato da un dipolo elettrico. L'ago di una bussola è un tipico esempio di un dipolo magnetico, ma anche il magnetismo terrestre con una buona approssimazione è generato da un dipolo localizzato sul centro della terra i cui poli magnetici sono approssimamente disposti come i poli geografici. La figura illustra l'osservazione sperimentale che i poli magnetici non sono separabili. Cioè se viene spezzato un magnete, se ne formano due nuovi con entrambi i poli magnetici. A differenza dei dipoli elettrici, in cui le due regioni di carica opposta di cui si compone sono separabili. Inoltre dalla regione positiva partono le linee del campo elettrico che terminano nelle regioni negative. Quindi le linee del campo elettrico sono delle linee con un inizio ed una fine. In natura non è stata mai trovato un polo magnetico isolato: il monopolo magnetico. La mancanza di monopoli magnetici, non ci permette di definire il campo magnetico in una maniera simile a quella usata per definire il campo elettrico. Infatti esistendo le cariche elettriche libere, abbiamo definito il campo elettrico come quella quantità data dal rapporto tra la forza elettrica locale e la carica elettrica di prova fatta tendere ad un valore molto piccolo. Se non disponessimo di cariche elettriche libere, ma di soli dipoli elettrici, avremmo potuto definire ugualmente il campo elettrico: la direzione del campo elettrico sarebbe stata quella in cui si sarebbe disposto un dipolo elettrico libero di ruotare, e la sua intensità sarebbe stata il rapporto tra il momento delle forze agenti su tale dipolo (quando venisse disposto ortogonalmente al campo) ed il valore del dipolo stesso. La quantità elementare conosciuta in magnetismo è il dipolo magnetico (ad esempio l'ago di una bussola). In presenza di un campo magnetico il dipolo tende ad allinearsi in una certa direzione, tale direzione è la direzione del campo elementare: l'induzione magnetica indicata come . Tale definizione ha senso purché il dipolo magnetico sia sufficientemente piccolo e debole da non perturbare il campo esistente. La intensità del campo magnetico può essere definita a partire dal momento della forza esercitata sul dipolo magnetico :

L'intensità del dipolo magnetico va definita mediante opportune unità di misura. La intensità del campo di induzione magnetica non può essere ancora quantificata in quanto non abbiamo ancora definito le unità di misura dei dipoli magnetici. In ogni caso a questo punto sia che sia prodotto da magneti permanenti, o come vedremo da circuiti elettrici, siamo in grado di definire in ogni punto dello spazio direzione, verso ed intensità a meno di un fattore di scala.

La mancanza di sorgenti del campo magnetico porta come conseguenza che le linee del campo magnetico siano sempre delle linee chiuse: questa è una differenza notevole con il campo elettrico per il quale esistono delle sorgenti specifiche le cariche elettriche e le linee del campo partono dalle cariche positive e convergono su quelle negative.