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Il Principio di Sussidiarietà e la Materia Penale nel Diritto Penale Europeo

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Il Principio di Sussidiarietà e la Materia Penale nel Diritto Penale Europeo
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto penale europeo
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

Una delle più grandi novità degli ultimi anni è l'uso smodato, da parte del legislatore interno, di forme alternative di sanzioni a quelle storiche ad esempio del carcere ma che, proprio come quest'ultime, hanno una loro gravità. Pensiamo ad esempio alla Legge Severino che prevede l'incandidabilità. È legittimo, come è avvenuto ad esempio nel Caso Berlusconi ad oggi ancora in discussione presso la Corte Europea dei Diritto dell'Uomo, che questa misura non risponda ad esempio al principio di non retroattività ? Idem ad esempio i casi di Confisca (una misura a tutti gli effetti ablativa del diritto di proprietà) che oggi si usa come Prevenzione, Misura Cautelare, Amministrativa. Come si fa a comprendere quando è una Misura Penale e quindi è soggetta ai principi del Diritto Penale ? Ancora si pensi alle Sanzioni per l' Insider Trading dove oggi a fianco alla Fattispecie Penale vi è una identica fattispecie, prevista le Testo Unico della Finanza, che comporta solo Sanzioni Amministrative Interdittive da parte della CONSOB con ricorso addirittura non al Giudice Penale, per la decisione della CONSOB, ma al Giudice Civile.

Qual è lo Status di queste Sanzioni? È o Non è Materia Penale? E per Materia Penale si intende un campo anche più vasto di quello che è il Diritto Penale.

Il Principio di Sussidiarietà in Italia

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Per approfondire questo argomento, consulta la pagina Il Principio di Sussidiarietà Penale.

Per rispondere alla domande appena poste c'è bisogno di compiere un'indagine su cosa sia Materia Penale o Meno e per fare questo bisogna partire dal Principio di Sussidiarietà che non ha, certamente, un rapporto immediato con la Nozione di Materia Penale però attraverso, forse anche una forzatura, si riesce ad arrivare ad essa.

Il Principio di Sussidiarietà o di Extrema Ratio è un Principio di Politica-Criminale (o di Indirizzo al Legislatore) che impone, proprio, il Diritto Penale come Extrema Ratio cioè come ultimo strumento legislativo da usare se gli strumenti civili e amministrativi sono risultati inefficaci. Il Diritto Penale è infatti l'unico strumento che incide sulla Libertà Personale ed è Tendenzialmente Rivolto proprio alla Pena Carceraria una pena molto grave (anche se c'è da chiedersi se l'innumerevole aumento di pene non carcerarie non abbia fatto perdere al Diritto Penale il suo ruolo di Ius Terribilis).

Il Principio di Sussidiarietà o di Extrema Ratio non è presente in Costituzione ma è un Principio Generale che si verifica con la Presenza di tutti gli altri Principi, questi si, Costituzionalizzati.

Questo Principio, non è stato molto rispettato dal Legislatore anzi come accennato in introduzione al corso oggi si vede una Inflazione dell'Uso del Diritto Penale visto il suo Forte Valore Simbolico come Stigma di Forte Reazione Sociale alla Fattispecie di Reato oltre che all'Incremento delle Fonti Europee e Internazionali che chiedono Nuove Fattispecie Penali.

Per far fronte a questo incessante aumento delle Fattispecie Penali il Legislatore ha utilizzato vari meccanismi come le Leggi di Depenalizzazione cioè dalla Fattispecie di Delitto a quella di Illecito (diverse da quelle di Decriminalizzazione dove si passa dalla Fattispecie Contravvenzionale a quella di Sanzione Amministrativa). Queste Degradazioni però hanno comportato che alle diverse Fattispecie sia stata cambiata solo di fatto il nome legale ma non la Forma delle Pene che restano identiche ma chiaramente, non essendo più Delitti, hanno delle Conseguenze, in materia di Garanzia, ben diverse. Si è portato queste fattispecie fuori dal Circuito Penale togliendole la Copertura delle Garanzie Penali con tutte le conseguenze che abbiamo visto ad inizio lezione. Nel 1981, con una delle Prime Leggi di Depenalizzazione si era previsto che nonostante queste Fattispecie di Reato diventassero di fatto Illeciti Amministrativi Punitivi mantenessero le Garanzie del Diritto Penale (addirittura ci fu una circolare ministeriale che sanciva la netta differenza tra Delitti, Illeciti, Contravvenzioni e Illeciti Amministrativi Punitivi) ma questa previsione, nei fatti, servi a molto poco.

Il Vero Problema quindi resta la Linea tra l'Illecito Penale e l'Illecito Amministrativo Punitivo perché è qui che vengono meno le Garanzie del Circuito Penale (talvolta anche con fenomeni di Duplicazione come avviene per l' Insider Trading punito sia come Illecito Penale sia come Illecito Amministrativo Punitivo come visto ad inizio lezione).

Il Principio di Sussidiarietà in Europa

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La Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

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Essendo gli Illeciti Amministrativi Punitivi un retaggio della Dottrina Tedesca questa incertezza, segnalata a fine del precedente paragrafo, non è Comune a tutti i Paesi Europei.

Per rispondere a questa incertezza si può analizzare la Giurisprudenza relativa all'applicazione di due Articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo: l'Articolo 6 sul "Diritto Ad Un Processo Equo" e l'Articolo 7, Comma 1, sul "Nulla Poena Sine Lege [Nessuna Pena Senza Legge]" che, da come si intuisce anche dai titoli della rubrica, sanciscono due importanti principi del Diritto Penale è cioè l'Equo Processo e il Principio di Legalità.

Si riporta di seguito l'Estratto dell'Articolo 6, Comma 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo recante rubrica "Diritto a un Equo Processo":

«Articolo 6, Comma 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, sul "Diritto a un Equo Processo"

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità può pregiudicare gli interessi della giustizia.»

Si riporta di seguito l'Estratto dell'Articolo 7, Comma 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo racente rubrica "Nulla Poena Sine Lege [Nessuna Pena Senza Legge]":

«Articolo 7, Comma 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, sul "Nulla Poena Sine Lege [Nessuna Pena Senza Legge]"

Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.»

Da come si denota da questi due articoli si fa riferimento sia all'Accusa Penale sia alla Pena come "presupposti" per aversi l'applicazione delle garanzie sancite dagli Articoli. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si è interrogata se queste due nozioni debbano essere lette, dalla stessa, secondo le Qualificazioni Formali degli Stati oppure secondo una Sua Qualificazione Autonoma. La risposta della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo è stata per la Sua Qualificazione Autonoma perché altrimenti cadrebbe nella Cosiddetta "Frode delle Etichette", cioè Non Definire con Nome Legis Reato una Fattispecie che nella Sostanza è Punita come un Reato, cosa grave in un contesto come quello dei Principi di Garanzia dei Diritto Penale.

Questa risposta si è avuta principalmente nella Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo "Engel C. Paesi Bassi" dell'8.6.1976 che ha stabilito la Nazione Autonoma di Materia Penale da Parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Engel era un Soldato che per primo voleva far emergere un Movimento Sindacale il quale lo portò ad astenersi dai suoi doveri di soldato. Per questo motivo ebbe una Sanzione Disciplinare dai Superiori in Grado (essendo, come noto, il Servizio Militare strutturato in Ordine Gerarchico). La Sanzione Penale ricevuta era la Reclusione in Cella di Rigore. Esauriti tutti i Ricorsi Interni Possibili fece Appello alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo parte dal Presupposto che se essa deve far riferimento alla Qualificazione Interna si corre il rischio che l'Applicazione o Meno degli Articoli 6 e 7 della CEDU dipendano dagli Stati Stessi. Ciò, come detto, potrebbe sfociare in abusi come la "Frode dell'Etichette". La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo analizza quindi se c'è o meno un Accesso In Materia Penale di queste Fattispecie. Si vede quindi se l'Illecito è o meno Sostanzialmente un Illecito Penale.

Nel Diritto Interno il Concetto di Reato si Qualifica attraverso un Criterio Formale. Sono Reati tutte quelle Fattispecie che hanno come Sanzione: Ergastolo, Carcerazione, Multa (in questo caso si parla di Delitti) o Arresto e Ammenda (in questo caso si parla di Contravvenzioni).

Il Concetto di Reato e Pena, quindi, come si è visto, ha una Valenza Formale. Di qui la creazione del Concetto di Materia Penale che invece ha una Valenza Sostanziale. Ed è a questo che, come detto, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si rifà.

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo crea, sempre con la Sentenza Engel, Tre Fattori, Tre Criteri, detti Criteri di Engel per individuare, Sostanzialmente, se essa è o meno una Fattispecie rientrante nella Materia Penale. I Tre Criteri di Engel sono (In Corsivo Si Cita Proprio la Sentenza):

  1. Principalmente (In Primo Luogo) si Guarda la Qualificazione data dal Legislatore Nazionale: Se il Legislatore Nazionale lo Qualifica come Fattispecie di Materia Penale fa fede la sua Qualificazione e il Controllo si Arresta (si tiene fede quindi della Qualificazione Formale). Nel caso in cui non ci sia questa Qualificazione o perché il Legislatore Non lo Qualifica Proprio o perché lo Qualifica Non Come Materia Penale (Tale indicazione tuttavia ha solo un valore formale e relativo poiché la Corte deve supervisionare sulla correttezza di tale qualificazione alla luce degli altri fattori indicativi del carattere “penale” dell'accusa.) si procede con i Due Criteri di Qualificazione Sostanziale seguenti:
  2. Natura Sostanziale dell'Illecito: Si guarda se questo Illecito è una Norma che protegge il funzionamento di una determinata formazione sociale o se è invece preposta alla tutela erga omnes di beni giuridici della collettività, anche alla luce del denominatore comune delle rispettive legislazioni dei diversi Stati contraenti (in sostanza si guarda se Protegge degli Interessi Collettivi cioè quegli Interessi che entrano in gioco nel Rapporto con lo Stato o Beni Collettivi e non riguarda gli Interessi Interprivati cioè tra i Soggetti Privati).
  3. Grado Severità della Pena: Che rischia la persona interessata poiché in una società di diritto appartengono alla sfera "penale" le privazioni della libertà personale suscettibili di essere imposte quali punizioni, eccezione fatta per quelle la cui natura, durata o modalità di esecuzione non possano causare un apprezzabile danno. Cioè se vi è un Contenuto Afflittivo che la Persona Rischia di Subire e qual è il suo grado di Severità.

Entrambe le Due Formule dei Criteri Sostanziali sono molto infelici e questo anche ad opera di una traduzione, dell'inglese e dal francese, non facile quando si tratta di tradurre nozioni giuridiche che dovrebbero tener conto delle differenze di significato nazionali.

Preliminarmente va detto che non devono ricorrere tutte e tre i principi. Basta che uno solo sia soddisfatto perché si generino le garanzie di cui agli articoli 6 e 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Essi sono quindi Criteri Alternativi, Non Cumulativi, e sono "controllati" dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo secondo proprio la scala qui segnalata.

La Problematica più importante, derivante da questi criteri, è il Venir Meno della Certezza del Diritto Non Essendoci più Criteri Formali (come quello usato dal Diritto Interno visto più sopra) ma Sostanziali che lasciano quindi all'arbitrio dei singoli Giudici su ad esempio cosa sia o meno Interesse della Collettività o se ci sia o meno Contenuto Afflittivo in una Pena. Si potrebbe aprire anche un dibattito su quale Pena va ad esempio vista quella Concreta o quella Edittale o sul concetto stesso di Pena (è solo quella Privativa della Libertà Personale o anche quella che incide sul Patrimonio Pecuniario ? ). Tanti piccoli sotto criteri che possono essere valutati diversamente caso per caso. Tutto questo porta ad una Forte Incertezza su come potrà decidere la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo o la Corte Costituzionale Italiana sui singoli casi. E in particolare ci sarà da chiedersi se la Corte Costituzionale Italiana sarà o meno aperta a questa definizione data dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Si riporta di seguito l'Estratto della Sentenza Engel (Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo "Engel C. Paesi Bassi" dell'8.6.1976):

«Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo "Engel C. Paesi Bassi" dell'8.6.1976

“Se gli Stati contraenti potessero qualificare a loro modo una infrazione come di natura disciplinare piuttosto che come penale...l’operatività delle disposizioni fondamentali degli articoli 6 e 7 si troverebbe subordinata alla loro volontà sovrana. Un’ampiezza così estesa rischierebbe di condurre a risultati incompatibili con lo scopo e l’oggetto della convenzione”
“Al fine di verificare se un procedimento ha ad oggetto “accuse in materia penale” ai sensi della Convenzione stessa si devono considerare tre diversi fattori.,
Principalmente la qualificazione data dal sistema giuridico dello Stato convenuto all'illecito contestato. Tale indicazione tuttavia ha solo un valore formale e relativo poiché la Corte deve supervisionare sulla correttezza di tale qualificazione alla luce degli altri fattori indicativi del carattere “penale” dell'accusa.
Secondariamente infatti, va considerata la natura sostanziale dell'illecito commesso vale a dire se si è di fronte ad una condotta in violazione di una norma che protegge il funzionamento di una determinata formazione sociale o se è invece preposta alla tutela erga omnes di beni giuridici della collettività, anche alla luce del denominatore comune delle rispettive legislazioni dei diversi Stati contraenti.
Va infine considerato il grado di severità della pena che rischia la persona interessata poiché in una società di diritto appartengono alla sfera "penale" le privazioni della libertà personale suscettibili di essere imposte quali punizioni, eccezione fatta per quelle la cui natura, durata o modalità di esecuzione non possano causare un apprezzabile danno”.»

Ma con la Sentenza Engel, in realtà, si è avuta l'applicazione di questi criteri non su un Illecito Amministrativo Punitivo ma su un Illecito Disciplinare, che è un'altra cosa e sostanzialmente è una sanziona inferiore riconnessa il più delle volte a sanzioni pecuniarie o relative al lavoro svolto nell'ordine. Il primo caso di applicazione di questi criteri all'Illecito Amministrativo Punitivo è la Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Grande Sezione) "Öztürk C. Germania" del 28.4.2004 dove si parla di Illeciti Stradali e quindi il primo vero caso di Illeciti Amministrativi Punitivi.

Con queste Sentenze si è detto che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo abbia Ragionato della Ragione di Stato (in francese Raison de l'état raisonné) che si estrinseca negli strumenti penali. E in effetti i riflessi sul potere statuale di uso del diritto penale sono lampanti. Il qualificare una sanzione come materia penale comporta, oltre che principi di equo processo e il principio di legalità bisogna ricordare che essi portano in dote anche altri sottoprincipi, ad esempio la irretroattività della fattispecie di reato e della pena, che vanno si ad aumentare le garanzie dei soggetti puniti ma anche ad limitare il potere penale dello Stato.

I Riflessi della Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sulla Giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea

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Fino a ora abbiamo visto come si è comportata la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ma in Europa un'altra corte, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, può trovarsi a giudicare casi analoghi basti pensare ad esempio al potere sanzionatorio che ha la Commissione Europea in casi particolari come con la Frode IVA, o la Tutela della Concorrenza, o le Frodi PIF (cioè quelle della Direttiva PIF sulla Lotta Contro la Frode che Lede gli Interessi Finanziari dell'Unione Europea) o ancora quelle non sulle Entrate dell'Unione Europea ma sulle Uscite dell'Unione Europea, ad esempio per i Finanziamenti Agricoli o i Fondi Strutturali.

Solitamente, anche se non vi è un obbligo di coordinamento tra la Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ugualmente ci sono forme di raccordo (tra l'altro basti pensare che la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea [Carta di Nizza] impone che nel caso la CEDU già predisponga garanzie identiche su una determinata questione si applichino le garanzie maggiori eventualmente previste da questa). Solitamente la direzione di adeguamento è a senso unico cioè la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si adegua ai giudicati della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, raramente è avvenuto il contrario. E anche su questa questione la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si è adeguata ai Criteri Engel Previsti dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Un caso esplicativo è quello della Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Grande Camera) "Case C-489/10 - Bonda" del 5.6.2012 nel quale la Corte di Giustizia dell'Unione Europea richiama e riafferma proprio i criteri già previsti dalla Sentenza Engel. Ma, è anche una sentenza che riafferma, ancora più platealmente, il carattere ondivago dell'interpretazione possibile dei Criteri Engel Sostanziali. Se il primo criterio, quello Formale, non poteva riguardare questo caso (infatti si parlava di un Regolamento dell'Unione Europea il quale chiaramente non poteva mai qualificare una propria sanzione come Illecito Penale), ma già sul secondo criterio la Corte di Giustizia dell'Unione Europea applica un sottocriterio se esso abbia o meno Contenuto Punitivo. La Sanzione prevedeva oltre il Ripagare quanto era stato "rubato" all'Unione Europea anche la perdita della caparra e l'esclusione negli anni successivi alla ripartizione dei finanziamenti da parte delle imprese le quali spesso vivono proprio di queste finanziamenti e pertanto non ricevendoli più vedevano le proprie aziende anche spesso chiuse per fallimento. Questo fece pensare a molti che ci fosse un vero e proprio Contenuto Punitivo ma la Corte di Giustizia dell'Unione Europea non fu dello stesso avviso ritenendo che si trattava non di Punizione ma di Regolazione avendo come obiettivo quello di proteggere i Fondi dell'Unione Europea. Da qui due osservazioni:

  1. Da una parte la Corte di Giustizia dell'Unione Europea di fatto autoesimia all'Unione Europea alcune fattispecie dalla Materia Penale anche se potenzialmente tali (e questo chiaramente crea una immagine poco piacevole dell'applicazione delle garanzie solo contro gli Stati ma non verso se stessa da parte dell'Unione Europea).
  2. Dall'altra, come detto, rimarca la Forte Incertezza che Connota l'Applicazione dei Criteri Engel Sostanziali.

L'Impatto della Visione Europea, del Principio di Sussidiarietà, sul Diritto Penale Interno

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In Italia le Garanzie Penali sono state estese anche agli Illeciti Amministrativi Punitivi con la legge del 1981. Si potrebbe pensare che la situazione quindi non si potrebbe mai verificare in Italia, e invece, i casi di Illeciti Amministrativi Punitivi che sostanzialmente rientrano nella Materia Penale ci sono stati e rappresentano anche uno dei più ampi contribuiti all'applicazione dei Criteri Engel da Parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Questo perché, se per i Reati Penali e le Pene le Garanzie sono previste dalla Costituzione, per gli Illeciti Amministrativi Punitivi le Garanzie sono previste da una semplice legge ordinaria che può essere derogata o addirittura superata in qualsiasi momento.

Le Varie Sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo Contro l'Italia

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Una delle prime questioni per la quale l'Italia è stata condannata con l'attuazione dei Criteri Engel riguarda la questione del "Ne Bis in Idem" che in questa contesto può ravvisarsi quando un Illecito Amministrativo Punitivo è qualificato sostanzialmente come Materia Penale e per quella stessa fattispecie già esiste un Illecito Penale. Di base infatti non è proibito che per una stessa fattispecie si punisca sia Penalmente che Amministrativamente (basti pensare ai casi di Insider Trading già molte volte richiamati in questa lezione). Il problema sorge quando nella sostanza anche la Sanzione Amministrativa Punitiva si rivela essere nella Materia Penale. Di qui si infrange l'articolo 4 del Protocollo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo sul "Ne Bis In Idem" cioè il Divieto di Doppia Condanna.

Questo caso si è verificato nella Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Grande Camera) "Grande Stevens e Altri C. Italia del 4.3.2014. Nel discutere se siano o meno Sanzioni Amministrative Punitive o Illeciti Penali si discusse proprio in relazione all'articolo 4 del Protocollo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.

Si riporta di seguito l'Estratto della Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Grande Camera) "Grande Stevens e Altri C. Italia del 4.3.2014:

«Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Grande Camera) "Grande Stevens e Altri C. Italia del 4.3.2014

219. La Corte rammenta che, nella causa Sergueï Zolotoukhine (sopra citata, § 82), la Grande Camera ha precisato che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 deve essere inteso nel senso che esso vieta di perseguire o giudicare una persona per un secondo «illecito» nella misura in cui alla base di quest’ultimo vi sono fatti che sono sostanzialmente gli stessi.

220. La garanzia sancita all’articolo 4 del Protocollo n. 7 entra in gioco quando viene avviato un nuovo procedimento e la precedente decisione di assoluzione o di condanna è già passata in giudicato.

[...]

222. Applicando tali principi nel caso di specie, la Corte osserva anzitutto che ha appena concluso, dal punto di vista dell’articolo 6 della Convenzione, che era opportuno considerare che il procedimento dinanzi alla CONSOB riguardava una «accusa in materia penale» contro i ricorrenti (paragrafo 101 supra) e osserva anche che le condanne inflitte dalla CONSOB e parzialmente ridotte dalla corte d’appello sono passate in giudicato il 23 giugno 2009, quando sono state pronunciate le sentenze della Corte di cassazione (paragrafo 38 supra). A partire da tale momento, i ricorrenti dovevano dunque essere considerati come «già condannati per un reato a seguito di una sentenza definitiva» ai sensi dell’articolo 4 del Protocollo n. 7.

223. Malgrado ciò, la nuova azione penale che nel frattempo era stata avviata nei loro confronti (paragrafi 39-40 supra) non è stata interrotta, e ha portato alla pronuncia di sentenze di primo e secondo grado.

224. Resta da determinare se il nuovo procedimento in questione fosse basato su fatti che erano sostanzialmente gli stessi rispetto a quelli che sono stati oggetto della condanna definitiva. A tale riguardo, la Corte osserva che, contrariamente a quanto sembra affermare il Governo (paragrafo 217 supra), dai principi enunciati nella causa Sergueï Zolotoukhine sopra citata risulta che la questione da definire non è quella di stabilire se gli elementi costitutivi degli illeciti previsti dagli articoli 187 ter e 185 punto 1 del decreto legislativo n. 58 del 1998 siano o meno identici, ma se i fatti ascritti ai ricorrenti dinanzi alla CONSOB e dinanzi ai giudici penali fossero riconducibili alla stessa condotta.

225. Dinanzi alla CONSOB, i ricorrenti erano accusati, sostanzialmente, di non aver menzionato nei comunicati stampa del 24 agosto 2005 il piano di rinegoziazione del contratto di equity swap con la Merrill Lynch International Ltd mentre tale progetto già esisteva e si trovava in una fase di realizzazione avanzata (paragrafi 20 e 21 supra). Successivamente, essi sono stati condannati per tale fatto dalla CONSOB e dalla corte d’appello di Torino (paragrafi 27 e 35 supra).

226. Dinanzi ai giudici penali, gli interessati sono stati accusati di avere dichiarato, negli stessi comunicati, che la Exor non aveva né avviato né messo a punto iniziative con riguardo alla scadenza del contratto di finanziamento, mentre l’accordo che modificava l’equity swap era già stato esaminato e concluso, informazione che sarebbe stata tenuta nascosta allo scopo di evitare un probabile crollo del prezzo delle azioni FIAT (paragrafo 40 supra).

227. Secondo la Corte, si tratta chiaramente di una unica e stessa condotta da parte delle stesse persone alla stessa data. Peraltro la stessa corte d’appello di Torino, nelle sentenze del 23 gennaio 2008, ha ammesso che gli articoli 187 ter e 185 punto 1 del decreto legislativo n. 58 del 1998 avevano ad oggetto la stessa condotta, ossia la diffusione di false informazioni (paragrafo 34 supra). Di conseguenza, la nuova azione penale riguardava un secondo «illecito», basato su fatti identici a quelli che avevano motivato la prima condanna definitiva.

228. Questa constatazione è sufficiente per concludere che vi è stata violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 7.

229. Peraltro, nella misura in cui il Governo afferma che il diritto dell’Unione europea avrebbe apertamente autorizzato il ricorso a una doppia sanzione (amministrativa e penale) nell’ambito della lotta contro le condotte abusive sui mercati finanziari (paragrafo 216 supra), la Corte, pur precisando che il suo compito non è interpretare la giurisprudenza della CGUE, osserva che nella sua sentenza del 23 dicembre 2009, resa nella causa Spector Photo Group, sopra citata, la CGUE ha indicato che l’articolo 14 della direttiva 2003/6 non impone agli Stati membri di prevedere sanzioni penali a carico degli autori di abusi di informazioni privilegiate, ma si limita ad enunciare che tali Stati sono tenuti a vigilare affinché siano applicate sanzioni amministrative nei confronti delle persone responsabili di una violazione delle disposizioni adottate in applicazione di tale direttiva. Essa ha anche messo in guardia gli Stati sul fatto che tali sanzioni amministrative potevano, ai fini dell’applicazione della Convenzione, essere qualificate come sanzioni penali (paragrafo 61 supra). Inoltre, nella sentenza Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson, sopra citata, in materia di imposta sul valore aggiunto, la CGUE ha precisato che, in virtù del principio ne bis in idem, uno Stato può imporre una doppia sanzione (fiscale e penale) per gli stessi fatti solo a condizione che la prima sanzione non sia di natura penale (paragrafo 92 supra).»

Un uguale dubbio può sorgere riguardo alle Sanzioni Tributarie dell'Agenzia dell'Entrata. Anche qui l'indicazione legislativa è di Sanzione Amministrativa e la sua impugnazione è infatti davanti alla Commissione Tribuatarie non un Giudice Penale. Ma alcune sue sanzioni possono arrivare anche al 100% del valore dell'Evasione. Ha Natura Penale ? Nella maggior parte dei casi la risposta della Giurisprudenza è stata Negativa ma non si comprende con quale ragionamento la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sia arrivata a questa soluzione.

Casi similari si sono avuti nel Caso della Confisca Urbana ai sensi dell'articolo 44 del Testo Unico Edilizia. La Confisca già di per se ha varie funzioni sempre con un contenuto latosenso punitivo. Essa esiste almeno dal 1930 nel Codice Penale. La prima forma è sicuramente quella di Misura di Sicurezza cioè ablatorio dello Strumento di Reato perché serve ad eliminare il pericolo di riutilizzo (ad esempio la Confisca della Pistola con cui si è Commesso il Reato). Diversa è la Confisca del Bene o del Guadagno del Reato dato che in questo caso di parla proprio di Pena (anche questa forma è prevista dal Codice Penale). Infine vi è il Sequestro Finalizzato alla Confisca prevista nelle Misure di Prevenzione, inserita nel Codice Penale nel 1956, per i soggetti che sono sospettati di Reato. Tutte queste forme sono di Natura Penale. Ma oltre a queste forme penali vi è anche la Confisca Amministrativa cioè sancita da un'Autorità Amministrativa e da un Giudice Amministrativo. La Misura risulta essere la stessa ma la sua qualificazione è diversa. Uno degli usi di questa tipologia è per i Reati in Materia Edilizia con il quale si Confisca sia il Manufatto che il Terreno. Il legislatore aveva previsto questa forma di Confisca per evitare che vi fosse la Prescrizione del Reato. In sostanza anche se era il Giudice Penale esso doveva applicare una Sanzione Amministrativa.

Su questo tipo di Confisca si sono incentrati i due Casi portati davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, il Caso "Sud Fondi" e il Caso "Varvara". La Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Grande Camera) "Sud Fondi e Altri C. Italia" del 20.1.2009 riguarda l'Ecomostro di Punta Perotti lungo le coste pugliesi presso Bari. In attuazione dell'articolo 44 del Testo Unico Edilizia ci fu la Confisca di un "Ecomostro" e del Terreno con relativa distruzione del Manufatto. La Società Sud Fondi srl si oppone soprattutto in relazione alla Confisca del Terreno. Essendo stati rigettati tutti i ricorsi interni si appella alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo la quale condanna l'Italia perché la Confisca dovrebbe avere un Carattere Ripristinatorio mentre in questo caso ha un Carattere Punitivo, avendo confiscato anche il Terreno. L'Italia per questo viene condannata a quasi 750 milioni di euro. Questione analoga nella Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Grande Camera) "Varvara C. Italia" del 29.10.2013. Anche in questo caso si parla di una Confisca Senza Condanna sempre in riferimento all'articolo 44 del Testo Unico Edilizia. In questo caso il Reato era Prescritto ma il Giudice Penale ha dovuto comunque attuare la Confisca poiché in quel caso svolgeva una Attività come Autorità Amministrativa e pertanto la Confisca era applicabile bastando il solo Fumus di Reato (di fatto, infatti, il Giudice essendosi prescritto il reato non ha nel concreto Accertato la Responsabilità dato che non poteva farlo a Reato Prescritto). Anche in questo Caso vi è stata una Condanna dell'Italia.

Si riporta di seguito l'Estratto della Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Grande Camera) "Varvara C. Italia" del 29.10.2013:

«Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Grande Camera) "Varvara C. Italia" del 29.10.2013

Applicabilità dell’articolo 7 della Convenzione

51. La Corte ricorda che, nella causa Sud Fondi (Sud Fondi s.r.l. e altri c. Italia, decisione sopra citata), ha affermato che la confisca controversa si traduce in una pena, e, pertanto, trova applicazione l’articolo 7 della Convenzione.

c) L’applicazione di questi principi al caso di specie

58. La Corte ricorda che nella causa Sud Fondi (Sud Fondi s.r.l. e altri c. Italia sopra citata, §§ 112 e 114), aveva concluso che l’applicazione della confisca malgrado la decisione di assolvere i ricorrenti non aveva una base legale, era arbitraria e violava l’articolo 7 della Convenzione. Era stata pronunciata l’assoluzione in quanto i ricorrenti avevano commesso un errore inevitabile e scusabile nell’interpretare la legge.

59. Nel caso di specie, il ricorrente ha beneficiato di un non luogo a procedere in quanto il reato di lottizzazione abusiva era estinto per prescrizione ed era stato oggetto di una sanzione, ossia la confisca delle opere costruite e dei terreni interessati dal progetto di lottizzazione controverso. La Corte ha il compito di esaminare se l’applicazione di questa sanzione è compatibile con l’articolo 7 della Convenzione.

60. Anzitutto, la Corte osserva che ai sensi della norma applicabile (paragrafo 30 supra), la confisca delle opere abusive nonché dei terreni lottizzati abusivamente è autorizzata quando i giudici penali hanno accertato con una «sentenza definitiva» che la lottizzazione è abusiva, ma il testo non precisa che la «sentenza definitiva» deve essere una decisione di condanna.
I giudici nazionali hanno interpretato questa norma nel senso che era possibile applicare la sanzione senza una condanna dal momento in cui hanno ritenuto che si trattasse di una sanzione amministrativa. La Corte nota in proposito che esiste un principio nel diritto nazionale (si veda diritto interno capitoli A. e D.) stando al quale non si può punire un imputato in mancanza di una condanna. In particolare, quando il reato è prescritto, non si può comminare una pena (paragrafo 41, supra). Inoltre, l’interpretazione della norma applicabile da parte dei giudici nazionali è stata fatta a scapito dell’imputato.

[...]

67. Non si può neppure concepire un sistema in cui una persona dichiarata innocente o, comunque, senza alcun grado di responsabilità penale constatata in una sentenza di colpevolezza subisca una pena. Si tratta di una terza conseguenza del principio di legalità nel diritto penale: il divieto di comminare una pena senza accertamento di responsabilità, che deriva anch’esso dall’articolo 7 della Convenzione.

[...]

71. La logica della «pena» e della «punizione», e la nozione di «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente nozione di «persona colpevole» (nella versione francese), depongono a favore di un’interpretazione dell’articolo 7 che esige, per punire, una dichiarazione di responsabilità da parte dei giudici nazionali, che possa permettere di addebitare il reato e di comminare la pena al suo autore. In mancanza di ciò, la punizione non avrebbe senso (Sud Fondi e altri, sopra citata, § 116).
Sarebbe infatti incoerente esigere, da una parte, una base legale accessibile e prevedibile e permettere, dall’altra, una punizione quando, come nel caso di specie, la persona interessata non è stata condannata.

72. Nella presente causa, la sanzione penale inflitta al ricorrente, quando il reato era estinto e la sua responsabilità non era stata accertata con una sentenza di condanna, contrasta con i principi di legalità penale appena esposti dalla Corte e che sono parte integrante del principio di legalità che l’articolo 7 della Convenzione impone di rispettare. La sanzione controversa non è quindi prevista dalla legge ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione ed è arbitraria.

73. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 7 della Convenzione.»

L'Influenza della Visione Europea e delle Condanne della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sulla Giurisprudenza Italiana

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È facile pensare che i Giudici Interni e la Corte Costituzionale abbiano frenato al Riconoscimento della Materia Penale (come stabilito dal giudicato della Sentenza Engel e successive della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, in Alcune Sanzioni Amministrative Punitive). Il Riconoscimento ampio e senza limiti avrebbe infatti comportato, in alcuni casi, il dover ripensare l'intera normativa interna (si pensi ad esempio alle Sanzioni Tributarie come visto sopra).

In realtà la Giurisprudenza Italiana ha compiuto una Parabola nella sua attuazione. Tra il 2009 e il 2010 ci sono state parecchie sentenze che ammettevano i Principi della Materia Penale in maniera ampia concludendo in maniera positiva. Dopo il 2010 vi è una certa cautela o frammentazione accentuata dal Controllo Diffuso sull'attuazione della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo come previsto in italia. Negli anni più vicini a noi si registra però un tendenziale rigetto di riconoscimento della Materia Penale. I ricorsi sono concentrati in tre area quella delle Sanzioni Tributarie (riguardo al Ne Bis In Idem), del Market Abuse (anche qui riguardo al Ne Bis In Idem) e la Confisca Edilizia. Proprio su questo ultimo settore penseremmo che il Legislatore, a seguito delle Condanne della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, sia intervenuto a sanare la norma ma nella realtà non l'ha fatto e anche la Corte Costituzionale non sembra propensa a ciò basti ricordare la Sentenza della Corte Costituzionale Numero 49/2015 che, nel pieno senso di quanto aveva già stabilito con riguardo all'attuazione della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ha marcato che la Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo va recepita solo a Due Condizioni:

  1. Sia una Sentenza Pilota.
  2. Sia una Sentenza di Diritto Consolidato.

Se queste Due Condizioni non si verificano la Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo può non essere attuata. Il Giudice Ricorrente aveva anche proposto di Dichiarare Incostituzionale la Ratifica alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo poiché se davvero indicava come Illegittimo l'articolo 44 del Testo Unico Edilizia (sempre sulla Confisca Urbana) non gli dava la possibilità di Attivare il Diritto alla Tutela dell'Ambiente e di Riflesso il Diritto Salute, uno dei Diritti Fondamentali che permetterebbe l'Attivazione dei Controlimiti (si comprende il paradosso dato che sicuramente la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo non ha la minima intenzione di Violare il Diritto alla Tutela dell'Ambiente o il Diritto alla Salute). La Corte Costituzionale però non recepisce questa via e si limita ad emanare una Dichiarazione di Inammissibilità in quella che comunemente viene però detta "Ordinanza Vestita" poiché a differenza della Comune Dichiarazione di Inammissibilità la Motiva in modo molto dettagliato.

Si Legga, Inoltre, il Seguente Estratto della Sentenza della Corte Costituzionale Numero 43/2017 con le Affermazioni Più Recenti della Corte Costituzionale che Sancisce che Solo le Garanzie della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo si atengano alla Nozione di "Materia Penale" della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo non ha ulteriore Garanzie di Diritto Nazionale che fanno comunque capo alla Nozione Formale di "Materia Penale" come individuata dall'Ordinamento Nazionale:

«Sentenza della Corte Costituzionale Numero 43/2017

3.3. Questa Corte osserva che le ragioni addotte a sostegno della questione ora in esame traggono origine dalla adozione, da parte del giudice rimettente, della più ampia portata della nozione di “sanzione penale” elaborata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo rispetto a quella vigente nell’ordinamento italiano.
La qualificazione giuridica formalmente attribuita a una sanzione dall’ordinamento nazionale è, per la Corte europea, solo uno degli indicatori di cui tener conto per stabilire l’ambito e il confine della materia penale. Ciò che per il diritto interno non è pena, può invece esserlo per la giurisprudenza sovranazionale. Ai fini dell’applicazione delle garanzie previste dalla Convenzione, sono infatti riconducibili alla materia penale (secondo quanto affermato a partire dalla sentenza della Corte EDU, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri contro Paesi Bassi, par. 82) tutte quelle sanzioni che, pur se non qualificate come penali dagli ordinamenti nazionali, sono rivolte alla generalità dei consociati; perseguono uno scopo non meramente risarcitorio, ma repressivo e preventivo; hanno una connotazione afflittiva, potendo raggiungere un rilevante grado di severità.

[...]

L’attrazione di una sanzione amministrativa nell’ambito della materia penale in virtù dei menzionati criteri trascina, dunque, con sé tutte e soltanto le garanzie previste dalle pertinenti disposizioni della Convenzione, come elaborate dalla Corte di Strasburgo. Rimane, invece, nel margine di apprezzamento di cui gode ciascuno Stato aderente la definizione dell’ambito di applicazione delle ulteriori tutele predisposte dal diritto nazionale, in sé e per sé valevoli per i soli precetti e le sole sanzioni che l’ordinamento interno considera espressione della potestà punitiva dello Stato, secondo i propri criteri. Ciò, del resto, corrisponde alla natura della Convenzione europea e del sistema di garanzie da essa approntato, volto a garantire una soglia minima di tutela comune, in funzione sussidiaria rispetto alle garanzie assicurate dalle Costituzioni nazionali.
Detto diversamente, ciò che per la giurisprudenza europea ha natura “penale” deve essere assistito dalle garanzie che la stessa ha elaborato per la “materia penale”; mentre solo ciò che è penale per l’ordinamento nazionale beneficia degli ulteriori presídi rinvenibili nella legislazione interna.

3.5. Occorre, innanzitutto, verificare se nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sia reperibile un principio analogo a quello previsto dall’art. 30, quarto comma, della legge n. 87 del 1953, volto a precludere l’esecuzione di una sanzione sostanzialmente penale, anche se inflitta con sentenza irrevocabile, qualora la norma che la prevedeva sia stata dichiarata costituzionalmente illegittima o altrimenti invalida ex tunc.
Ad avviso del giudice rimettente, il «principio di legalità penale» di cui all’art. 7 CEDU non tollera sanzioni basate su norme illegittime, sicché «la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma sanzionatrice comporta il venir meno, ex tunc, della base legale (legal basis) della sanzione comminata e la sua illegittimità ai sensi dell’art. 7 CEDU».
Invero, dalla giurisprudenza della Corte Edu non si evince, allo stato, una tale affermazione.
Il concetto di base legale convenzionale, definito dalla Corte di Strasburgo in maniera autonoma rispetto agli ordinamenti degli Stati aderenti, è stato infatti perlopiù inteso in riferimento ai requisiti di accessibilità e prevedibilità che devono connotare il diritto penale (Corte europea dei diritti dell’uomo, 21 ottobre 2013, Del Rio Prada contro Spagna).

[...]

La diversità delle situazioni allora trattate rispetto al caso di specie evidenzia, dunque, l’inconferenza della giurisprudenza richiamata a sostegno della questione di costituzionalità portata davanti a questa Corte.

[...]

3.7. Inoltre, nemmeno la giurisprudenza europea sulla problematica distinzione tra norme sulla pena, che rientrano nella portata dell’art. 7 della CEDU, e norme sulla esecuzione e sulla applicazione della pena, che ne fuoriescono contiene indicazioni circa i limiti alla efficacia del giudicato nei termini in cui la questione è ora portata all’attenzione di questa Corte.

3.8. In sintesi, nella giurisprudenza della Corte europea non si rinviene, allo stato, alcuna affermazione che esplicitamente o implicitamente possa avvalorare l’interpretazione dell’art. 7 della CEDU nel significato elaborato dal giudice rimettente, tale da esigere che gli Stati aderenti sacrifichino il principio dell’intangibilità del giudicato nel caso di sanzioni amministrative inflitte sulla base di norme successivamente dichiarate costituzionalmente illegittime. Ne consegue la non fondatezza della denunciata violazione degli obblighi internazionali, di cui all’art. 117, primo comma, Cost..

[...]

Nulla impedisce al legislatore di riservare alcune garanzie, come quelle previste dall’art. 30, quarto comma, della legge n. 87 del 1953, al nucleo più incisivo del diritto sanzionatorio, rappresentato dal diritto penale, qualificato come tale dall’ordinamento interno. Sotto questo profilo deve, infatti, ricordarsi che questa Corte ha, anche di recente, ribadito «l’autonomia dell’illecito amministrativo dal diritto penale» (sentenza n. 49 del 2015), considerando legittima la mancata estensione agli illeciti amministrativi di taluni principi operanti nel diritto penale, sulla considerazione che «[t]ali scelte costituiscono espressione della discrezionalità del legislatore nel configurare il trattamento sanzionatorio per gli illeciti amministrativi» (sentenza n. 193 del 2016).
La qualificazione degli illeciti e la conseguente sfera delle garanzie, circoscritta ad alcuni settori dell’ordinamento ed esclusa per altri, risponde, dunque, a «scelte di politica legislativa in ordine all’efficacia dissuasiva della sanzione, modulate in funzione della natura degli interessi tutelati» (sentenza n. 193 del 2016), sindacabili da questa Corte solo laddove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio.

5. Per le ragioni sopra esposte deve essere dichiarata la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 30, quarto comma, della legge n. 87 del 1953, sollevate in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma, Cost..»

La questione delle Sanzioni Amministrative Punitive non è una questione meramente astratta ma è molto concreta. Tutte le Autorità Amministrative Indipendenti (Autorità di regolazione dei trasporti - ART, Autorità garante della concorrenza e del mercato - AGCM, Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza - AGIA, Autorità Nazionale Anticorruzione - ANAC, Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - AVCP, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM, Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico - AEEGSI, Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali - CGS, Commissione di vigilanza sui fondi pensione - COVIP, Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche - CIVIT, Commissione nazionale per le società e la Borsa - CONSOB, Garante per la protezione dei dati personali - Privacy, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private - ISVAP, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni - IVASS) o Tutte le Autorità Amministrative Non Indipendenti hanno la Possibilità di Emanare Sanzioni Amministrative Punitive. È probabile che nei prossimi anni si avranno vari ricorsi con tutti i problemi concreti che essi comporteranno.