Altre fonti di produzione giuridica

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Altre fonti di produzione giuridica
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto internazionale

Gli atti giuridici unilaterali degli Stati[modifica]

Oltre alla consuetudine e ai trattati esistono altri atti giuridici unilaterali che non danno però origine a norme internazionali, ma prevedono comunque una determinata conseguenza. La "protesta" è una dichiarazione unilaterale con la quale si manifesta opposizione ad un atto di un altro Stato; la conseguenza è il non riconoscimento da parte dello Stato che ha sollevato la protesta dell'atto dell'altro Stato. Il "riconoscimento" è un atto unilaterale con cui si considera legittima una determinata situazione e ciò implica l'impedimento di una contestazione successiva. La "rinuncia" è l'abbandono volontario di un diritto e deve essere espresso in forma chiara e volontaria (anche tacita). La "notifica" è l'atto con cui uno Stato informa un altro Stato che una certa azione è stata compiuta; ciò implica che gli altri Stati non possano comportarsi come se tale azione non fosse stata notificata. Infine c'è la "promessa" che è l'unico atto unilaterale giuridicamente vincolante con cui si stabiliscono le regole obbligatorie tra uno Stato e uno o più altri Stati.

Le fonti previste da accordi[modifica]

Gli atti vincolanti delle organizzazioni internazionali[modifica]

Può capitare che anche nei trattati internazionali siano poste le basi per procedimenti di produzione giuridica. È il caso dei trattati istitutivi di organizzazioni internazionali (fonti secondarie). Un organo dell'organizzazione internazionale è autorizzato ad adottare parametri giuridici vincolanti, normalmente attraverso un voto maggioritario. Gli Stati decidono di essere vincolati da regole scritte diverse da quelle basate sul loro consenso diretto soltanto se hanno accettato in precedenza il processo di produzione normativa contemplato nel trattato. Ovviamente le regole emanate dall'organizzazione vincolano solo gli Stati parte dell'organizzazione e non Stati terzi. Un esempio esauriente è sicuramente quello della Carta delle Nazioni Unite che prevede una serie di potenzialità giuridiche che ha il Consiglio di Sicurezza. Altra organizzazione intergovernativa con poteri normativi è l'ICAO (Organizzazione per l'aviazione civile internazionale) e non ultima l'Unione Europea, il quale può emanare direttive (atti che impongono obblighi di risultato, talvolta produttive di effetti diretti, che normalmente diventano vincolanti dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità), regolamenti (immediatamente applicabili nel territorio degli Stati membri) e decisioni (atti di specifica natura, vincolanti a seguito della loro notifica al destinatario).

Le sentenze emanate sulla base di principi di equità[modifica]

Alcuni trattati attribuiscono ai tribunali internazionali il potere di emanare sentenze non sulla base del diritto esistente, ma su principi di equità.

I principi generali di diritto riconosciuti negli ordinamenti interni[modifica]

Oltre alle fonti primarie e secondarie vi sono anche fonti di produzione del diritto di carattere "sussidiario" che intervengono qualora non esistessero altre fonti a regolare un determinato caso. Sono questi i "principi generali di diritto comuni agli ordinamenti interni", diversi ovviamente dai principi generali del diritto internazionale. Questi ultimi, infatti, tentano in linea generale di colmare eventuali lacune del diritto internazionale ma non costituiscono una fonte di diritto internazionale in senso stretto. I primi, invece, operano come fonte di produzione giuridica che attinge ad altri ordinamenti effettuando una sorta di trasposizione nell'ordinamento internazionale di alcuni principi propri di una giurisprudenza interna per colmare eventuali lacune.

Il ricorso nel passato, ai principi di diritto interno[modifica]

Fino agli inizi del '900 si è adottato più volte il ricorso a principi di diritto interno. Il diritto interno a cui si rivolgevano, però, era esclusivamente quello dei paesi europei e degli USA.

L'art. 38 dello Statuto della CPGI (Corte Permanente di Giustizia Internazionale)[modifica]

Secondo la formulazione finale dell'art. 38 dello Statuto della Corte Permanente di Giustizia Internazionale, essa poteva applicare qualcosa di più delle norme convenzionali e consuetudinarie, e quindi non limitarsi al diritto creato dagli Stati. Essa non poteva, però, applicare generici e vachi principi di giustizia obiettiva, ma doveva ricorrere a principi chiaramente formulati negli ordinamenti giuridici degli Stati (dominanti).

Il ruolo attuale dei principi di origine interna[modifica]

Ultimamente, con la normazione di materie nuove, si è dovuto fare di nuovo ricorso alle giurisdizioni interne come sussidio al diritto internazionale, utilizzando principalmente i principi generali di diritto riconosciuti dai principali sistemi giuridici interni di common law e civil law. Ovviamente tali norme interne possono essere traslate al diritto internazionale solo ove esso manchi e vi sia compatibilità con i caratteri essenziali e strutturali dell'ordinamento giuridico internazionale.

L'incidenza di procedimenti che non costituiscono tecnicamente fonti di produzione normativa[modifica]

Le sentenze giudiziarie che non si fondano su principi di equità[modifica]

Le sentenze della CIG (Corte Internazionale di Giustizia) hanno efficacia vincolante solo per le parti in causa e limitatamente al caso di specie. Ciò significa che non è contemplato il principio dello stare decisis, tipico degli ordinamenti di common law e cioè che le sentenze precedenti influenzano le successive. Però, in assenza di un organo centrale di giurisdizione, con il tempo è diventata una prassi quella dell'attribuire molta importanza alle decisioni della Corte per le sentenze successive. In alcuni casi la CIG si è trovata anche a determinare nuove norme, con il tacito consenso degli Stati.

La "soft law"[modifica]

Va detto che nel significato anglosassone il termine "soft" unito alla parola "law" potrebbe costituire un forte controsenso. Capire il significato della dicotomia fra queste due parole ci aiuterà a comprendere meglio il senso stesso di questa fonte internazionale. Il termine "soft", (morbido), è riconducibile al modo in cui questa fonte opera; il termine "law" possiamo affermare che ne costituisce l'obiettivo intendendo "law" come "effetti obbligatori", ma procediamo per gradi. Per incominciare, sono atti di "soft-law" tutti quegli atti di una organizzazione internazionale che possono prevedere: la Carta, (Charter), la Dichiarazione, (decleration), il piano d'azione, (plain of action), le Regole modello, (Model rules), il codice di condotta (code of conduct), o le linee guida (Guidelines). Tutti quanti gli atti sopra riportati sono definiti, in linguaggio tecnico giuridico, con il nome di soft-law. Gli atti di soft law sono atti che potremmo definire "quasi giuridici" in quanto si tratta di atti che spesso assumono rilevanza giuridica pur non avendo una forza obbligatoria propria.

Gli atti di SOFT-LAW, vista la loro non-obbligatorietà sono il fondamento di determinate azioni diplomatiche multilaterali, le quali vertono molto spesso in diritti umani e tutela dell'ambiente.

N.B. Funzioni ed effetti 1)Gli atti di soft law diventano vincolanti quando siano ricognitivi di una consuetudine preesistente. 2)L'atto di soft-law può anche avere la funzione di cristallizzare una consuetudine in stato di formazione. 3)L'atto di soft-law potrà anche fungere da mezzo attraverso il quale si favorisca la nascita di una consuetudine.

Come

Programma delle lezioni[modifica]