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Supereroe Marvel

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Supereroe Marvel
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Supereroi nei fumetti statunitensi

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«“Villa Serena” ci vive gente qui… gente… reclusa… rinchiusa… legata… drogata… eccone uno… io sono il RAGNO!»

(Nocenti, Spectacular Spider-Man n° 133”.)

e) Iperrealismo manierista

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Dopo l'apice della parabola ascendente a proposito dell'argomento “diversità”, la Marvel prende, al riguardo, una piega potremmo dire manierista. Utilizza, cioè, le tematiche di sempre, ma estremizzandole o ruotandovi intorno senza aggiungere niente di nuovo, vivendo, per così dire, di rendita.

Un “fuori serie” osannato all'epoca, ma a nostro avviso niente più che un'opera adescatrice nei confronti del pubblico e con una veste grafica originale (in quanto iperrealista), ma che tradisce una regola fondamentale del fumetto, ovvero essere disegno non realistico e storie non realistiche per, eventualmente, impiantarvi storie realistiche, è Marvels, edita nel 1994. Quest'opera di Kurt Busiek non fa altro che ri-raccontare la storia della Marvel dalle origini agli anni '90 dal punto di vista di un fotografo. Senza entrare troppo nello specifico al riguardo, faremo notare soltanto come quello che è stato considerato un capolavoro del fumetto di supereroi, non sia un fumetto di supereroi. L'unica divergenza con i criteri basilari della finzione fumettistica che andremo a far notare è quella temporale. Marvels, infatti, evidenzia lo scorrere del tempo, mentre “Superman non può consumarsi, perché è un mito inconsumabile. […] Superman è mito a condizione di essere creatura immessa nella vita quotidiana, nel presente, apparentemente legato alle nostre stesse condizioni di vita e di morte, anche se dotato di facoltà superiori. Superman immortale non sarebbe più uomo, ma dio, e l'identificazione del pubblico con la sua doppia personalità […] cadrebbe nel vuoto. Superman deve dunque rimanere inconsumabile e tuttavia consumarsi secondo i modi dell'esistenza quotidiana. Possiede le caratteristiche del mito intemporale, ma viene accettato solo perché la sua azione si svolge nel mondo quotidiano e umano della temporalità. Il paradosso narrativo che i soggettisti di Superman devono in qualche modo risolvere […] esige una soluzione paradossale della temporalità” (Eco, Milano, 1964, pp. 235–6).

Il fumetto deve prendere una piega diversa da quella delle categorie della realtà, dove “il prima determina causalmente il dopo, e la serie di queste determinazioni non può essere risalita, almeno nel nostro universo (secondo il modello epistemologico col quale ci spieghiamo il mondo in cui viviamo), ma è irreversibile (ivi, p. 237).

Si nota qui come già Eco vedesse in Superman un antesignano del supereroe come uomo e non come dio. Non neghiamo questa posizione, ma vorremmo focalizzare l'attenzione del lettore su quanto, in relazione ai nuovi eroi della Marvel, Superman possa essere considerato una sorta di semidio (nel senso specificato precedentemente a partire dalle riflessioni nietzschiane, a causa soprattutto dell'assenza del dubbio). Questo non nega e non esclude la componente umana già insita nell'eroe kryptoniano e il conseguente processo di identificazione evidenziati da Eco.

f) Il vigilante, ovvero l'“autoemarginato”

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In questa parabola a nostro avviso discendente del tema del “diverso”, si incasella la figura del vigilante, ovvero quel personaggio (spesso senza superpoteri) che decide, in barba a tutto e a tutti, di difendere l'umanità senza confrontarsi con nessun modello etico se non col suo. Questo tipo di personaggio nasce dialetticamente come popolarizzazione dei temi affrontati da Miller e Moore in casa DC negli anni '80, come vedremo nel prossimo capitolo. Si tratta di personaggi inventati magari anni prima, come comprimari strani, ma che, negli anni '90, prendono la dignità di eroi normali. Evidentemente qualcosa nel pubblico stava cambiando. Foolkiller è uno di questi eroi. Come dice il nome, non è sano di mente e punisce i criminali uccidendo. È un personaggio che sicuramente fa il verso al “V for Vendetta” di Moore.

Il personaggio di maggior successo, in tal senso, è, però, Frank Castle, The Punisher, una sorta di Rambo del fumetto, con una formazione prima da seminarista (ricordiamo, inoltre, che è italo-americano e cattolico) e poi da marine.

“Given his level of personal attachment to his military career, he was well on the road to becoming one of the nation's finest Marines. But fate had other planes. While on leave, Castle took his wife and children to New York's Central Park for a picnic. There, the family happened upon a scene of a mob hit. Finishing off their intended mark, the mobsters then turned their guns on the only witnesses to the crime. Only Castle escaped. As his family died in his arms, he was changed forever. Castle disappeared for several months […]. When the former Marine resurfaced. He had adapted his fighting skills to wage a one-man war on crime” (Brady, New York, 2002, p. 123). È interessante notare come dall'epoca del dubbio si sia tornati all'epoca della certezza individuale, che, aggiornata dopo l'epoca della problematizzazione, diventa per forza di cose, anarcoide e fascistoide.

Questo tipo di eroe è chiaramente influenzato dalla “crisi del supereroe” avvenuta in casa DC a metà anni '80 ad opera di Moore e Miller, così come vedremo nel capitolo successivo.

g) Il supereroe Marvel oggi: “diverso”, ma integrato

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Facciamo solo un breve accenno alla situazione odierna. Ci aiuta, quest'ultima analisi, a capire la portata che questi fumetti hanno sul pubblico e quanto siano specchio dei tempi. La Marvel degli ultimi dieci anni, infatti, esaurito il filone del “diverso” che, evidentemente, non è più sentito dal pubblico come un elemento forte, influenzata dalla concorrenza delle nuove case indipendenti un po', per così dire, manierista – con una ricerca, cioè, soprattutto, dell'effetto speciale, del combattimento e dell'ipertrofismo muscolare al fine di evidenziare la bravura dei disegnatori -, pullulanti autori fuoriusciti dalla Marvel stessa, si è trovata a regredire in quanto a tematiche sociali e a rifugiarsi sempre più nell'entertainment. È interessante notare quanto le storie si avvicinino, per stile e per scelte editoriali, agli anni '50 della DC, quando, cioè, si inventavano paradossi su paradossi e universi paralleli su universi paralleli, fino alla creazione del caos più totale (esistevano vari Superman di vari mondi, varie Wonder Woman, varie realtà contraddittorie, e così via).

Si noti, infine, l'operazione quasi scientifica di revisionismo. Nel fumetto, cioè, spesso si riscrivono le origini, sbiadendone, però, la portata sociale. Anche nel cinema succede lo stesso. I film sui supereroi, ormai diffusissimi, soprattutto fra le nuove generazioni che non hanno avuto modo di conoscere le storie originali, e curati dallo stesso Lee, primo inventore dei primi supereroi Marvel, narrano storie proprio diverse, assolutamente svuotate di ogni aspetto socialmente rilevante per calcare la mano sugli effetti speciali di cui sopra. Se si pensa, poi, che i temi, blandamente, rimangono, ma che quarant'anni dopo si tratta di temi assimilati, si capisce come la revisione, per mantenere lo spirito, avrebbe richiesto un approfondimento e un aggiornamento dei temi sociali. Si è scelto, invece, il percorso inverso, quasi a voler cancellare la storia, e in buona parte riuscendoci, ma, come accennavamo prima, sarebbe un argomento, questo, così vasto da richiedere uno studio apposito.