Storia della Costituzione della Repubblica Italiana

Da Wikiversità, l'apprendimento libero.
lezione
lezione
Storia della Costituzione della Repubblica Italiana
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia delle costituzioni
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%
Prima pagina dell'originale della Costituzione custodito presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica

La Nascita della Repubblica e l'Assemblea Costituente[modifica]

«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.»

(Piero Calamandrei, Discorso ai giovani tenuto alla Società Umanitaria, Milano, 26 gennaio 1955)

Dopo la cessazione delle ostilità, fu indetto il referendum per la scelta fra repubblica e monarchia (2 giugno 1946) che sancì la nascita della Repubblica Italiana.

Dopo sei anni dall'inizio della seconda guerra mondiale e venti anni dall'inizio della dittatura, il 2 giugno 1946 si svolsero contemporaneamente il referendum istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente, con la partecipazione dell'89% degli aventi diritto. Il 54% dei voti (più di dodici milioni) fu per lo stato repubblicano, superando di due milioni i voti a favore dei monarchici (che contestarono l'esito).

L'Elezione dell'Assemblea Costituente[modifica]

L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi, distribuiti in 31 collegi elettorali.

La distribuzione dei seggi nell'Assemblea Costituente. Legenda:

__ Partito Comunista Italiano

__ Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria

__ Partito d'Azione

__ Partito Repubblicano Italiano

__ Movimento per l'Indipendenza della Sicilia

__ Partito Sardo d'Azione

__ Democrazia Cristiana

__ Unione Democratica Nazionale

__ Blocco Nazionale della Libertà

__ Fronte dell'Uomo Qualunque

Ora i partiti del Comitato di liberazione nazionale cessarono di considerarsi uguali, e si poté constatare la loro rappresentatività. Dominarono le elezioni tre grandi formazioni: la Democrazia Cristiana, che ottenne il 35,2% dei voti e 207 seggi; il Partito socialista, 20,7% dei voti e 115 seggi; il Partito comunista, 18,9% e 104 seggi. La tradizione liberale (riunita nella coalizione Unione Democratica Nazionale), protagonista della politica italiana nel periodo precedente la dittatura fascista, ottenne 41 deputati, con quindi il 6,8% dei consensi; il Partito repubblicano, anch'esso d'ispirazione liberale ma con un approccio differente nei temi sociali, 23 seggi, pari al 4,4%. Mentre il Partito d'Azione, nonostante un ruolo di primo piano nella Resistenza, ebbe solo l'1,5% corrispondente a 7 seggi.

Fuori dal coro, in opposizione alla politica del CLN, raccolsero i voti dei nostalgici del precedente regime la formazione dell'Uomo qualunque, che prese il 5,3% con 30 seggi assegnati, e il Blocco Nazionale della Libertà, lista elettorale d'ispirazione conservatrice e monarchica, costituita in occasione delle elezioni per l'Assemblea Costituente del 1946 da Partito Democratico Italiano (PDI), Concentrazione Nazionale Democratica Liberale (CNDL) e Centro Democratico (CD) che ottenne 637 328 voti (pari al 2,77%) e 16 seggi su 556, e già prima della conclusione dei lavori della Costituente vide i suoi membri dividersi tra il Partito Liberale Italiano, il Fronte dell'Uomo Qualunque e il nascente Partito Nazionale Monarchico.

Durante il periodo costituente, l'Assemblea ebbe la facoltà di revocare o accordare la fiducia ai vari governi ai quali era demandata la funzione legislativa. Inoltre, l'Assemblea stessa nominò quale Capo di Stato Provvisorio l'avvocato napoletano Enrico De Nicola.

La Genesi e l'Approvazione della Costituzione[modifica]

Appena eletta, l'Assemblea nominò al suo interno una Commissione per la Costituzione, composta di 75 membri incaricati di stendere il progetto generale della carta costituzionale. A sua volta, la Commissione si suddivise in tre sottocommissioni: diritti e doveri dei cittadini (presieduta da Umberto Tupini della DC), organizzazione costituzionale dello Stato (presieduta da Umberto Terracini del PCI) e rapporti economici e sociali (presieduta da Gustavo Ghidini del PSI).

Giorgio La Pira sintetizzò le due concezioni costituzionali e politiche alternative dalle quali si intendeva differenziare la nascente Carta, distinguendone una "atomista, individualista, di tipo occidentale, rousseauiana" e una "statalista, di tipo hegeliano". Secondo i costituenti, riferì La Pira, si pensò di differenziarla nel principio che "per il pieno sviluppo della persona umana, a cui la nostra Costituzione doveva tendere, era necessario non soltanto affermare i diritti individuali, non soltanto affermare i diritti sociali, ma affermare anche l'esistenza dei diritti delle comunità intermedie che vanno dalla famiglia sino alla comunità internazionale".

Il progetto costituzionale venne presentato all'Assemblea nel febbraio 1947 e così iniziò il dibattimento in aula, che si protrasse fino al dicembre successivo, riguardo sia all'impianto generale sia ai singoli titoli e norme. Tale procedimento comportò numerose modifiche, talvolta anche rilevanti, alla Carta proposta, tuttavia non venne mai modificata nella sua struttura più essenziale. Trovata finalmente una convergenza tra le varie correnti politiche, il testo definitivo venne approvato il 22 dicembre 1947 con 458 voti favorevoli, 62 contrari e nessun astenuto, su di un totale di 515 votanti. La maggioranza che elaborò e votò la Costituzione fu il frutto di un compromesso tra la sinistra e i cattolici sui principi fondamentali, anche se i liberali esercitarono un'influenza decisiva sui meccanismi istituzionali e in particolare la separazione dei poteri.

L'Attuazione della Costituzione[modifica]

Per quanto riguarda il funzionamento del Governo e del Parlamento, il ruolo del Presidente della Repubblica e i rapporti tra tali soggetti, le norme previste dalla Carta costituzionale trovarono fin da subito applicazione nella vita della neonata Repubblica. L'Assemblea Costituente, inoltre, si occupò di approvare la legge sulla stampa, la legge elettorale e gli statuti di quattro delle cinque regioni autonome. Tuttavia, altri istituti e altri diritti costituzionali dovettero aspettare diversi anni prima di trovare un riscontro attuativo.

La Corte Costituzionale, prevista nell'articolo 134, trovò attuazione solo nel 1955 a seguito della legge costituzionale 1/1953 e della legge ordinaria 87/1953. Sorte simile toccò al Consiglio Superiore della Magistratura che entrò in funzione solo nel 1958.

La legge necessaria a regolare l'istituto del referendum venne approvata solo alla fine degli anni 1960, in occasione della legge sul divorzio. Nel 1975 venne promulgata la legge di riforma del diritto di famiglia e nel 1990 quella sullo sciopero. Fino all'approvazione di una legge del 1984, la Corte Costituzionale fu più volte chiamata a regolare i rapporti tra Stato e Chiesa che erano ancora basati sui dettami dei patti lateranensi.