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La Costituzione in Età Antica

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La Costituzione in Età Antica
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia delle costituzioni
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

La Riflessione sulla Costituzione si apre nel IV secolo a.C., in piena crisi politica del mondo classico greco, in cui la decadenza del modello della polis, il sorgere di conflitti sociali, l’economicizzazione dei rapporti umani, spinse i filosofi greci a rilanciare quell’ideale collettivo che permettesse di superare tali laceranti conflitti sociali e di classe ormai radicalizzati (stàsis), idealizzando di contro l’eunomìa (buon ordine sociale). Nella ricerca degli antichi si tendeva ad una forma di governo ideale che esprimesse unità ed equilibrio tra società e potere. Il modello vincente apparve per molto tempo la democrazia ateniese, con forte potere dell’assemblea, estrazione a sorte delle cariche pubbliche, alternanza al governo, eguaglianza (democrazia-isonomia). La politèia, la costituzione degli antichi, diviene così spunto di riflessione.

Platone, disilluso dal suo tempo, condanna duramente la democrazia, ma solo quando essa è priva di costituzione, di una stabile forma dell’unione. Così la democrazia è una condizione provvisoria, instabile, che prepara la tirannide. Oroprio questo timore del conflitto sociale e della tirannia gli fa preferire la permanenza della legge rispetto alla transitorietà della politica. Ma esalta altresì la “scienza regia”, poiché la rigidità della legge non riesce da sola a fronteggiare la varietà delle mutevoli circostanze che incombono nella vita. Quando non è possibile un governo illuminato però allora è meglio rimanere legati alle leggi, che esprimono una costituzione stabile, imparziale, di fronte agli ondeggiamenti della politica. Interrogandosi sull’origine della costituzione, Platone è certo di una cosa: quando essa ha avuto un’origine violenta, è destinata presto a decadere. Solo la costituzione degli antenati, maturata in un lungo periodo storico, prodotto del progressivo comporsi di una pluralità di forze ed esigenze è destinata a permanere a lungo.

Aristotele riprese con forza questo concetto, e prima di rivendicare tale costituzione, esprime la necessità di estirpare il male primo della società: l’economicizzazione della vita pubblica cioè il predominare dell’interesse personale. Tutte le forme di governo nascono giuste e sono accettabili (democrazia, monarchia, aristocrazia), è la loro degenerazione a distruggere il tessuto sociale (anarchia del popolo, oligarchia, tirannide). Ecco perché il primo valore in ogni realtà politica è la virtù civica, la coesione sociale, l’interesse pubblico, non solo come valore morale, ma anche come schema partecipativo, una costituzione media in cui tutti si riconoscono e che accettano, moderando le proprie pretese (politìa, costituzione ideale). Occorre un numeroso ceto medio, che mitighi le fazioni ed i dissidi tra i cittadini, evitando invidie da parte delle classi meno abbienti o prepotenze da parte delle più facoltose.

Polibio, nel II sec. a.C., nelle sue Storie, riprende tali temi, nella ricerca della costituzione migliore. Ma si inserisce una novità, che “ogni forma di governo semplice e fondata su un solo centro di potere è instabile”. La costituzione dura a lungo se basata sulla contrapposizione dei poteri, per cui ciascuno risulta equilibrato e controbilanciato (come avveniva nella repubblica romana, tra consoli, senato, assemblea, magistrature, autorità religiose). Si teorizza così un meccanismo di bilanciamento non più fondato sulle virtù dei cittadini e sui loro assetti socio-economici, ma su precisi limiti e bilanciamenti ai poteri pubblici.

Con Cicerone, I sec. a.C., si ritorna con forza ad invocare l’esercizio delle virtù civiche. E’ evidente che il filosofo romano è fortemente segnato dal decadimento della repubblica, dallo scatenarsi della guerra civile fra nobiltà e plebe. La res publica per lui è patrimonio del popolo, ma popolo non è ogni moltitudine, ma solo quella che si è riunita sulla base di un consenso di diritto e su una comunanza di interessi. La coesione sociale torna ad essere l’ideale fondante, ma ha bisogno di una forma, che Cicerone chiama constitutio, che sia mista e moderata, che assicuri stabilità ed equilibrio, aequabilitas (proiezione sul piano politico delle virtù di equità e moderazione). Questo progetto di conciliazione sociale e politica richiama la parte migliore di tutte le classi sociali, gli uomini più illuminati.