Imperatore
Per imperatore romano si intende comunemente oggi il capo dello Stato romano a partire dal 27 a.C., quando il Senato conferì a Gaio Giulio Cesare Ottaviano l'agnomen di Augusto. Il termine discende dal latino imperator, titolo originariamente denso di significati religiosi e successivamente conferito ai condottieri vittoriosi e contenente in sé il riferimento all'imperium, cioè allo stesso ambito religioso, civile e militare. A partire da Giulio Cesare tale titolo prese ad essere aggiunto, come praenomen, al nome personale dell'uomo più potente di Roma.
L'espressione imperatore romano è anche, tuttavia, una semplificazione posteriore dei diversi titoli detenuti, con accezioni, modi e tempi diversi dai sovrani di fatto dell'Impero romano: Caesar, Augustus, Imperator, Pontifex Maximus, Princeps e Dominus. L'uso connesso in particolare a questi ultimi due titoli ed all'intrinseco significato di primo tra uguali e di padrone suddivide due grandi fasi nella quale viene suddivisa la figura dell'imperatore: il Principato ed il Dominato.
Origini del termine e della figura dell'imperatore
[modifica]Il termine imperatore deriva dal latino imperator, la sua origine è chiara[1] e indicava colui che viveva un rapporto favorevole con gli Dèi. Già in epoca regale la felicitas imperatoria indicava quel re che poteva vantare un tale rapporto favorevole (pius) con gli Dèi. Questa relazione unica veniva stabilità il giorno dell' inauguratio, ovvero il giorno in cui gli àuguri verificavano tale condizione del re.
Con Ottaviano, che creò la struttura ideologica del principato, a tale termine venne aggiunto anche quello di Augustus ovvero detentore dell'augus (l' ojas indo-iranico) detentore cioè di quella forza che unica consente di adempiere alle funzioni sacrali rispetto agli Dèi e quindi di rafforzare la stessa Roma.
L' imperator, nella cultura profondamente religiosa quale fu quella romana, è ricco di felix ovvero è possessore legittimo degli auspici e quindi votato alla vittoria purché sia sempre pius cioè collegato correttamente con il mondo sacro degli Dèi.
Caratteristiche religiose della figura imperiale
[modifica]Sempre con Ottaviano ha ingresso nella Religione romana la figura dell'imperatore. Esso diviene il "re divino", monarca universale per volere degli Dèi, ricevendo, inoltre, il doppio titolo di sacer e sanctus. Le qualifiche religiose della figura imperiale ricalcano i modelli ellenistici a cui si aggiungono le peculiarità della religiosità romana per le quali ad un beneficio ricevuto dal dio deve corrispondere sempre un atto cultuale. L'imperatore è quindi sacro e per le sue virtù e condotta di vita è anche santo. Ma i due termini, sacer e sanctus, finiscono per sovrapporsi, così Gallieno e Alessandro Severo vengono indicati come sanctissimi, mentre Domiziano, Adriano e Antonino Pio vengono invece appellati come sacratissimi.
Caratteristiche politiche e militari della figura imperiale
[modifica]Nell'Antica Roma la figura dell'imperatore venne a costituirsi a seguito di due spinte parallele: il processo di accentramento del potere conseguente al progressivo indebolimento istituzionale della Repubblica e la tradizionale avversione romana alla figura del rex. L'imperatore venne così ad assumere progressivamente funzioni monarchiche pur senza mai detenere l'avversato titolo.
Storia e fasi del sistema imperiale
[modifica]Sebbene i primi germi dell'istituzione imperiale vadano ricercati nelle figure dei dictatores che caratterizzarono l'ultimo secolo della Repubblica ed in particolare con quella di Cesare, padre adottivo di Ottaviano e dictator perpetuus, fu solo con Augusto che il processo giunse a compimento. Egli, divenuto padrone indiscusso dello Stato romano, assunse progressivamente una serie di poteri che caratterizzarono poi costantemente la figura dell'imperatore:
- il pontificatus maximus, cioè il governo della religione romana;
- la tribunicia potestas, cioè la sacrosanctitas (inviolabilità e sacralità), il diritto di veto su tutti gli atti pubblici e le leggi e la potestà di comminare la pena capitale a chiunque ostacolasse o interferisse con lo svolgimento delle sue mansioni;
- l'imperium proconsulare maius et infinitum, cioè il potere supremo su tutti i magistrati e illimitato su tutto l'impero ed il potere di legiferare attraverso le costituzioni imperiali;
- il principatus, cioè la presidenza del Senato romano.
A questi poteri l'imperatore poteva poi di volta in volta aggiungere le tradizionali potestà repubblicane facendosi regolarmente eleggere a seconda delle necessità nelle varie magistrature. La creazione del regime imperiale non cancellava infatti il precedente ordine repubblicano, ma vi si innestava anzi, sovrapponendovisi. La volontà di non contrapposizione con il precedente ordine veniva chiarita in particolare dalla concezione voluta da Augusto di un imperatore primus inter pares, cioè primo tra uguali.
Tuttavia un chiaro esempio della pura teoricità di questa uguaglianza era rappresentata dalla lex iulia maiestatis, che prevedeva pene severe per il crimine di lesa maestà, cioè di offesa o minaccia alla figura dell'Imperatore e quindi alla sua auctoritas. A questo si aggiungeva poi l'aura di divinità gravante attorno al principe rappresentata dalla sua discendenza dal divus Caesar, equiparato al rango di divinità dal Senato dopo la morte, e dalla creazione di un vero e proprio culto imperiale, indirizzato in vita -per non urtare la sensibilità religiosa romana- al genio, cioè allo spirito tutelare del principe, ed all'imperatore stesso qualora come Cesare e lo stesso Augusto venisse proclamato divino dopo la morte, con la procedura dell'apoteosi.
Gradatamente, con il rafforzarsi della forma assolutistica del governo con i successivi imperatori della dinastia Giulio-Claudia il sistema imperiale entrò in crescente contrasto con l'aristocrazia senatoria, sino a portare all'aperta rivolta e alla morte di Nerone, ultimo rappresentante della dinastia. L'interrompersi della successione imperiale all'interno dell'ambito famigliare dei discendenti di Cesare e Augusto rafforzò il ruolo dell'esercito, che divenne arbitro della successione imperiale durante il convulso anno dei quattro imperatori, che condusse infine all'instaurarsi della dinastia Flavia. I nuovi imperatori, di estrazione equestre, che non potevano più vantare il grande nome famigliare di Cesare presero comunque a portarlo come titolo imperiale. La nuova dinastia, dopo un'iniziale fase di collaborazione con l'aristocrazia senatoria, assunse con Domiziano caratteri decisamente assolutistici che portarono infine all'assassinio dell'Imperatore.
La caduta dei Flavi lasciò mano libera all'intervento del Senato, il quale nominò successore Marco Cocceio Nerva, con il quale venne inaugurata una nuova politica di successione, quella degli Imperatori adottivi, che ripristinava l'originale principio augusteo della trasmissione del potere imperiale tramite adozione, fuoriuscendo però dall'ambito ristretto di una sola gens. Il nuovo sistema, che incontrò il favore delle classi elevate entrò però progressivamente in crisi quando, dopo l'ascesa al trono di Antonino Pio, anche la famiglia Antonina prese ad adottare principi di successione dinastica. Quando infine, con il regno di Commodo, riemersero le passate aspirazioni assolutistiche, anche l'ultimo esponente della dinastia Antonina venne assassinato, lasciando così la successione in balìa del potere dei Pretoriani e dell'esercito e portando ad una nuova guerra civile.
Dalla guerra emerse la nuova dinastia dei Severi, che cercò di riallacciarsi alla precedente, vantandone la discendenza. Sotto questa dinastia si ebbe il rafforzamento del ruolo dell'esercito, sul quale si resse sempre di più il destino degli imperatori, mentre le istanze assolutistiche ebbero il sopravvento, tanto da portare l'imperatore Marco Aurelio Antonino a farsi rinominare Eliogabalo e ad imporre il culto di Sol Invictus, del quale era sommo sacerdote. La fine della dinastia giunse quando questa perse il favore dell'esercito durante il regno del giovane Alessandro Severo. Le armate si ammutinarono e massacrarono l'imperatore, portando alla cosiddetta epoca dell'anarchia militare e alla crisi del III secolo, durante l'evidente collasso del sistema del Principato portò allo sviluppo di una forma imperiale più dispotica.
Il nuovo sistema imperiale, chiamato Dominato, si consolidò con la generale riforma dell'Impero voluta da Diocleziano e con la conseguente nascita della Tetrarchia. In tale sistema l'imperatore assunse con ancor maggiore decisione connotati monarchici, riducendo le residue istituzioni repubblicane a semplici funzioni onorifiche. Il governo venne quindi progressivamente affidato a funzionari imperiali, scelti tra le fila della classe dei cavalieri e tra i liberti. Tuttavia la stessa figura imperiale venne moltiplicandosi, con due imperatori titolari, gli Augusti, uno per la pars Occidentalis ed uno per la pars Orietalis, spesso affiancati da colleghi di rango inferiore aventi il titolo di Cesare.
Per facilitare l'amministrazione ed il controllo fu, inoltre, potenziata la burocrazia centrale e si moltiplicarono le suddivisioni amministrative: le quattro parti dell'impero, governate ciascuna da uno dei tetrarchi, fecero capo ciascuna ad una distinta prefettura del pretorio: Gallie, Italia, Illirico, Oriente. Da queste dipendevano poi le Diocesi, in tutto dodici, rette dai Vicarii, nelle quali erano raccolte le provincie, con a capo funzionari imperiali con il rango di correctores o presides. In pratica il nuovo ordine imperiale disarticolava le vecchie strutture repubblicane accentrando ogni funzione attorno alla figura del sovrano.
Il governo assolutistico di Diocleziano, tra le varie cose, non poteva tollerare in particolare atti di lesa maestà come il rifiuto dei sacrifici dovuti all'Imperatore, per cui il suo regno fu caratterizzato dalla grande persecuzione, l'ultima e la più violenta, contro i seguaci del culto cristiano. Terminata nel 305 la prima tetrarchia con l'abdicazione di Diocleziano e del collega Massimiano, la seconda entrò presto in crisi nel 306 con la morte di Costanzo Cloro, portando ad una serie di scontri in Occidente, dai quali emersero vittoriosi Costantino e Licinio, che, facendo leva sul successo della nuova religione cristiana, la legalizzarono nel 313 con l'editto di Milano. Nel 316, poi, Costantino si rese unico imperatore, iniziando la costruzione di una nuova capitale orientale per l'Impero, Nova Roma.
Sotto la nuova dinastia costantiniana il Cristianesimo e la nuova capitale orientale prosperarono a scapito di Roma e dell'antica religione, fino all'avvento di Giuliano, il quale tentò di ristabilire l'uguaglianza tra i culti. Dopo la morte di Giuliano, però, la successiva dinastia valentiniana tornò a favorire il Cristianesimo sino a quando, nel 380, gli imperatori Graziano, Valentiniano II e Teodosio non promulgarono l'editto di Tessalonica, con cui venne reso unica religione lecita. Nel 392 Teodosio, principale ispiratore dell'editto, rimase poi unico imperatore, ultimo a regnare sull'Oriente e l'Occidente.
Con la sua morte nel 395, infatti, tale suddivisione divenne definitiva e permanente, con la nascita di due separate linee imperiali: quella degli Imperatori romani d'Occidente, poi interrottasi nel 476, e quella degli Imperatori romani d'Oriente, interrottasi nel 1453.
Funzioni di governo
[modifica]L'amministrazione imperiale
[modifica]In epoca imperiale vennero costituite una serie di particolari amministrazioni completamente dipendenti dall'Imperatore. A capo di tali amministrazioni imperiali vennero posti alcuni particolari funzionari recanti il titolo di praefectus, solitamente, ma non esclusivamente, scelti fra l'ordine equestre.
Il principale strumento di potere a disposizione dell'Imperatore era costituito dalla sua guardia personale, detta guardia pretoriana, a capo della quale era un funzionario chiamato Praefectus Praetorio, appartenente all'ordine equestre. Questi era in pratica il funzionario posto a capo del pretorio dell'Imperatore, cioè del suo "luogo di comando". Data la sua particolare importanza e le capacità coercitive connesse alla disponibilità delle coorti pretoriane, a questo funzionario vennero delegate dall'Imperatore già a partire dall'età giulio-claudia funzioni civili e soprattutto giudiziarie, per la maggior parte inerenti contese fra comunità in ambito italico. Nel tempo, poi, il prefetto del pretorio divenne il capo della cancelleria palatina sino a divenire, in età tardo-antica, vero e proprio funzionario civile. Con la riforma di Diocleziano, poi, i prefetti del pretorio vennero portati a quattro, uno per ciascuno dei quattro Imperatori.
Fondamentale per la stabilità del potere imperiale era il controllo costante della città di Roma, capitale dell'Impero e cuore dell'attività politica. A capo della città venne dunque posto un senatore scelto dall'imperatore avente il titolo di Praefectus Urbi, incaricato di sovrintendere per l'appunto all'Urbe, con compiti di polizia, avvalendosi delle coorti di milites stationarii e progressivamente sostituendo nelle sue funzioni l'antico praetor urbanus.
Per il mantenimento della sicurezza e per un servizio anticendio a Roma, fin dall'età augustea e venne creato uno speciale corpo di sorveglianza urbana, i Vigiles, specializzati in particolare nella prevenzione e nel contrasto agli incendi, che in una città di tali dimensioni erano particolarmente frequenti e pericolosi. Il controllo di tale milizia, composta da liberti, che all'occorrenza poteva svolgere anche funzioni di polizia, venne posto un funzionario di ordine equestre avente il titolo di Praefectus Vigilum.
Date le sue enormi dimensioni e per la grande forza attrattiva nei confronti degli abitanti d'Italia e delle Province, Roma abbisognava di costanti rifornimenti di generi alimentari, garantiti sin dall'età repubblicana dall'istituto dell'Annona. Il controllo dei flussi di grano, in particolare, si era rilevato strumento fondamentale nell'età delle guerre civili per controllare la città e la sua politica ed al contempo una fondamentale leva di potere nei confronti della Plebe, cui lo Stato garantiva periodiche forniture alimentari. Con la costituzione del sistema imperiale il controllo dell'Annona venne sottratto agli edili ed assegnato ad un funzionario designato dall'imperatore: il Praefectus Annonae.
Principale fonte di approvvigionamento di grano per Roma era l'Egitto, conquistato da Ottaviano e fatto provincia nel 30 a.C. Del governo di questa provincia venne designato un cavaliere avente il titolo di Praefectus Alexandreae et Aegypti. Il suo mandato non aveva limiti temporali e contemplava, unico nella categoria dei governatori equestri (sino alla creazione della provincia di Mesopotamia), l'imperium militiae, ovvero il comando sulle truppe cittadine, le legioni (all'inizio tre, poi dall'età di Adriano una). La prefettura d'Egitto era inizialmente considerata la massima carica riservata per un cavaliere, l'apice del fastigium equestre. Già dall'età Giulio-Claudia, però, il prefetto d'Egitto cedette il passo al prefetto del pretorio, il quale, data la vicinanza alla persona dell'imperatore e quindi al centro vitale del potere, divenne la prefettura di maggior prestigio.
Data la particolare condizione della nuova Provincia di Mesopotamia, terra di confine con l'Impero partico, storico rivale di Roma, conquistata nel 197, questa venne organizzata su modello dell'Egitto, inviandovi a reggerla un Praefectus Mesopotamiae, di rango equestre.
Fin dall'età della dinastia dei Severi divenne frequente l'istituzione di vicari del Prefetto del Pretorio che supplissero a quest'importante funzionario quando questi si trovava lontano da Roma al seguito dell'Imperatore oppure per sostituirlo in specifiche missioni nelle provincie. Con la riforma tetrarchica di Diocleziano e la successiva istituzione delle diocesi, il Vicarius divenne lo stabile funzionario incaricato di sovrintendere alla diocesi in vece del Prefetto.
In età tardo imperiale, i correttori provvedevano all'amministrazione di alcune province.
Con il termine di legatus Augusti pro praetore si designava nell'impero romano un governatore di provincia imperiale di rango senatorio munito di imperium delegato dal principe. La figura venne istituita da Augusto nel 27 a.C., momento della riforma dell'amministrazione provinciale che il vincitore delle guerre civili impose al Senato. Al fine di assicurarsi il controllo sull'esercito, Augusto pretese il mantenimento dell'imperium sulle provincie non pacate, ovvero sulle province di frontiera, e di nuova acquisizione, nelle quali erano stanziate le legioni. Potevano essere di rango consolare (ex-consoli) o di rango pretorio (ex-pretori) in relazione al numero di legioni stanziati sulla provincia di assegnazione. Come il procurator Augusti ed il praefectus Alexandreae et Aegypti, anche il legatus Augusti pro praetore era direttamente scelto dall'imperatore e non aveva limiti temporali al suo mandato. Aveva piena autorità in ambito civile, militare e giudiziario, ma non possedeva, a differenza dei governatori di rango equestre, il controllo sulle finanze provinciali, né si occupava del pagamento dell'esercito al suo comando: per queste mansioni, infatti, aveva piena autorità il procurator Augusti.
Accentrando nelle proprie mani la totalità del potere, l'imperatore si avvalse subito di propri funzionari incaricati di operare in suo nome. I procuratores Augusti, in particolare, erano agenti incaricati di operare su mandato del principe in diverse branche dell'amministrazione, fra cui compiti di riscossione fiscale a Roma, nelle province imperiali governate dai Legati Augusti pro praetore e di governo nelle cosiddette province procuratorie. In queste ultime, difese da truppe di auxilia, qualora fosse necessario l'intervento di truppe legionarie, al procuratori veniva concesso il titolo di procurator pro legato e la conseguente assegnazione dell'imperio necessario al comando militare legionario.
Con il progressivo declino delle istituzioni repubblicane, formalmente mantenute da Augusto, crebbe parallelamente l'importanza e l'influenza della ristretta cerchia di consiglieri dell'Imperatore (senatori, liberti, etc.). A partire dal regno di Adriano (117-138) questi andarono a costituire il Consilium Principis, che divenne la principale fonte normativa dell'Impero.
Nell'età del dominato al consiglio del principe venne ad affiancarsi il concistorium, più tardi detto sacrum consistorium, anch'esso consiglio privato dell'imperatore, composto dai suoi collaboratori più stretti. Ne facevano parte il magister officiorum, capo dell'amministrazione imperiale, comes largitionum, responsabile delle finanze, il quaestor palatii, responsabile delle attività giudiziarie, comes rerum privatarum, responsabile delle proprietà private, e, spesso, ma non in pianta stabile, il praepositus cubiculi, assistente personale dell'imperatore.
Nel comando militare l'imperatore era poi affiancato da due altri alti ufficiali: il Magister equitum, comandante della cavalleria, ed il Magister militum, comandante dell'esercito.
La legislazione imperiale
[modifica]Il potere dell'Imperatore si sovrapponeva a quello della Repubblica, di fatto progressivamente sostituendolo. Il principe poteva pertanto agire con atti che avevano la stessa valenza delle leggi e degli atti emessi dalle assemblee repubblicane e dai magistrati: tali atti sono noti con il comune nome di costituzioni imperiali, aventi forza equiparata a quella della lex populi romani:
- gli edicta, solenni dichiarazioni di principio alle quali dovevano uniformarsi tutti gli apparati dello Stato;
- i decreta, con i quali l'Imperatore assumeva decisioni vincolanti equiparabili a quelle emanate dai magistrati della Repubblica;
- i rescripti principis, coi quali l'Imperatore dava risposte di carattere generale a quesiti posti dai propri funzionari, diventando pertanto fonti di indirizzo generale nell'amministrazione;
- i mandata principis, che erano atti con qui venivano assegnati incarichi e poteri circoscritti ai funzionari per agire in nome dell'Imperatore;
- le epistolae, con le quali l'Imperatore comunicava ordini e comandi ai propri funzionari sparsi nell'Impero.
Fonte di tale potestà legislativa era l'Imperium maius et infinitum. L'Imperatore d'altro canto poteva annullare qualunque altra deliberazione delle assemblee o dei magistrati attraverso la propria tribunicia potestas.
Nel tempo, col declinare delle istituzioni repubblicane, l'equiparazione delle costituzioni imperiali alla legge venne meno, tanto che nel digesto realizzato al tempo dell'Imperatore d'Oriente Giustiniano I le costituzioni erano considerate esse stesse la legge.
La giustizia imperiale
[modifica]Funzioni religiose: il pontificato massimo ed il culto imperiale
[modifica]L'Imperatore nella sua qualità di Pontifex Maximus esercitava il supremo ruolo di sorvegliaza e governo sul culto religioso, presiedendo il collegio dei pontefici e gli altri collegi sacerdotali, nominando le Vestali, i Flamini ed il Rex sacrorum, regolando il calendario con la scelta dei giorni fasti e nefasti ed avendo il completo controllo sul rispetto del diritto romano, della cui interpretazione era custode. In tal senso poteva anche controllare la redazione degli annales pontificum, cioè delle cronache pubbliche, e della tabula dealbata, riportante la lista dei magistrati in carica.
L'Imperatore stesso era oggetto di un culto imperiale, nel quale il genio del Principe diveniva oggetto di pratiche religiose, spesso affiancandosi nei templi ad altre forme divinizzate del potere imperiale dello Stato, come la [w:[Roma (divinità)|dea Roma]]. Il culto del genius principis, sebbene spesso percepito nelle classi elevate come una forzatura della religione tradizionale, consentiva di rivolgere al sovrano cerimonie pubbliche di valenza religiosa senza per questo infrangere i principi che vietavano il culto di persone viventi. A questo si aggiungeva la possibilità di rivolgere poi un vero e proprio culto alla persona dell'Imperatore dopo la sua morte una volta che questi fosse pubblicamente divinizzato dal Senato con il riconoscimento della sua condizione di divus.
Il complesso di tali pratiche durò sino all'anno 375, quando l'imperatore Graziano declinò l'onore del pontificato massimo perché incompatibile con la nuova religione cristiana, e prima ancora con uno svilimento dell'accezione divina dell'Imperatore avviata già al tempo di Costantino I. Tuttavia anche nel nuovo ambito cristiano l'Imperatore continuò a rivestire un ruolo preminente come vicario di Cristo e rappresentazione terrena dell'ordine celeste.
Note
[modifica]- ↑ Cfr. Huguette Fugier. Recherches sur l'expression du sacré dans le lingue latine. Parigi, Les Belles Lettres, 1963.