Storia della paleontologia
Già nel VI secolo a.C. filosofi greci come Senofane, avevano scoperto la vera natura dei fossili. In epoca ellenistica Eratostene aveva studiato fossili, deducendo dalla presenza di fossili marini in luoghi lontani dal mare il lento spostarsi della linea di costa[citazione necessaria]. Nel Medioevo tuttavia molti naturalisti condividevano la teoria che i fossili rappresentassero i prodotti di una misteriosa "forza plastica" (vis plastica) che scaturiva dalle profonde viscere della Terra, oppure si pensava che fossero " scherzi natura " o anche che si trattase dei resti di animali uccisi dal Diluvio universale.
La vera origine dei fossili, ossia l'antica teoria che si trattasse di resti fossilizzati di animali e piante, fu ripresa in Italia da Leonardo da Vinci alla fine del '400 e nel XVI secolo da Girolamo Fracastoro, che si oppose decisamente all'idea della "vis plastica". Studi più sistematici sull'origine organica dei fossili, che fondarono la moderna paleontologia e fecero abbandonare la vecchia idea della "vis plastica ", furono compiuti nel XVII secolo da Agostino Scilla e da Stenone.
Durante il XIX secolo i fossili sono stati studiati per la classificazione e in seguito impiegati nella ricerca della risoluzione di alcuni problemi come quello relativo alla determinazione dell'età delle rocce. In particolare, agli inizi del 1800, un medico inglese, Gideon Mantell, trovò un grosso osso in un mucchio di pietre: studiandolo, capì che non poteva essere una mandibola di mammifero, perché le rocce che lo circondavano erano troppo antiche. Però, notando la somiglianza di quei denti con i denti dell'odierna iguana, Mantell stabilì che l'animale era un enorme rettile erbivoro. Lo chiamò Iguanodon, dal greco "dente d'iguana". Qualche anno dopo, il geologo William Buckland trovò un'altra mascella di rettile, stavolta carnivoro, e lo chiamò Megalosaurus, "grande lucertola". La caccia ai fossili era definitivamente iniziata.