Storia agraria italiana

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Storia agraria italiana
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia delle scienze agrarie

Premessa metodologica[modifica]

La presente lezione per illustrare agraria d'Italia affida un particolare rilievo sia alla vicenda Federconsorzi (1892-1991). Il punto di partenza è di stampo storico il cui studio ancor più che i volumi, ormai classici di Manlio Rossi Doria[1] e di Ernesto Rossi. Si è potuto anche usufruire degli atti delle Commissioni Parlamentari d'inchiesta, e agli articoli tratti alla stampa specializzata.

Il quadro storico[modifica]

Tranne che in poche regioni (ad esempio la Toscana) la grande proprietà era assolutamente assente nella conduzione dei fondi, assumendo un ruolo parassita e di sfruttamento. Là dove non era diffuso il latifondo, spesso si assisteva al fenomeno inverso, la proprietà era parcellerizzata in minuscoli fazzoletti di terra, per lo più sparsi nella campagna. In caso di eredità tra più figli ciascuno di questi miniappezzamenti veniva ulteriormente suddiviso. Sia la grandissima proprietà che quella iperfrazionata aveva in comune il nessun interesse al progresso tecnico

L'impostazione rigidamente liberale trovò un primo accenno di attenuazione con l'istituzione, avvenuta con regio decreto del 23 dicembre 1866 in ogni capoluogo di circondario del "comizi agrari", primo organismo attento al miglioramento delle tecniche di coltivazione, a cui con un decreto del 22 giugno 1879 furono aggiunti primi compiti in tema di politica sociale, affidando la funzione di "promuovere le disposizioni necessarie perché siano migliorate e unificate le consuetudini vigenti tra coloni e conduttori di fondi" È su questa matrice che nasce l'iniziativa delle "Cattedre ambulanti di agricoltura" che riprendevano, a livello divulgativo, l'esperienza positiva delle Scuole superiori di agricoltura , potenziate dopo il 1870.[2]

L'aspetto più rilevante di questa esperienza è data dal fatto che in reazione alla crisi agraria di fine 800 l'unica vera forma di reazione non nasce da un intervento statale, ma da uno di base, da parte degli stessi Agricoltori che nel 1892 fondano la Federconsorzi. In altri Paesi europei, prendeva forma un diverso modello di stato liberale, non ancora interventista, ma fautore di politiche volte a rimuovere i vincoli allo sviluppo economico e sociale. E' indubbio che l'influenza di dette esperienze, così come l'ampia diffusione che nelle campagne olandesi e danesi avevano avuto le cooperative agricole, avevano influenzato la parte più illuminata dei proprietari agrari, per il resto, in Italia, ancora coincidente con i ceti privilegiati in posizione parassita[3]

La crisi dell'agricoltura di fine ottocento come effetto della prima globalizzazione dell'economia.[modifica]

Nella seconda metà dell'Ottocento una crisi drammatica scuote l'agricoltura italiana colpita da quella che era stata la prima globalizzazione dell'economia mondiale. Le conquiste della meccanica che aveva portato a una rivoluzione nei trasporti (ferrovie, navigazione a vapore) hanno avvicinato ai centri urbani del Vecchio Continente le pianure americane, da cui dilaga una marea di cereali.[4]. L'unificazione nazionale aveva trasformato in unico terreno di competizione i mercati tradizionalmente indipendenti dei principati italiani, tra i quali la rapida costruzione delle grandi linee ferroviarie stava producendo una unificazione dei mercati che la semplice connessione doganale sarebbe stata incapace di determinare. Mentre i produttori operanti in condizioni tecniche ed economiche radicalmente diverse erano costretti a misurarsi in una concorrenza alla quale erano impreparati, la politica tariffaria del nuovo governo, ispirata al rigoroso liberismo della Destra, apriva lo stesso mercato al confronto con le agricolture europee e degli altri continenti. Gli agricoltori italiani venivano risucchiati, così, nel vortice la cui turbolenza stava infliggendo colpi durissimi a sistemi agrari assai più solidi e tecnologicamente progrediti.[5]

Il primo bene di cui si formò un mercato globale pressoché mondiale fu il grano,[6] considerato l'alimento fondamentale per quasi tutta quella parte del globo che all'epoca si identificava con il mondo civilizzato.

Le reazioni delle agricolture europee alla testa d'ariete che, attraverso l'Atlantico, ne conquista i mercati tradizionali, possono ordinarsi su tre terreni diversi: quello politico, quello scientifico, quello organizzativo. Sul primo le manifestazioni del disagio da parte dei ceti rurali accendono, in tutti i paesi del Continente, dibattiti parlamentari che portano al varo di inchieste affidate a commissioni governative, le quali elaborano, al termine dei propri lavori, imponenti relazioni, il più monumentale apparato analitico sulle produzioni della terra della storia della cultura economica e politica.

Dalle indagini parlamentari prendono corpo misure di intervento che mirano a colmare gli svantaggi delle produzioni nazionali attraverso il potenziamento degli apparati scientifici e l'accelerazione della divulgazione delle tecniche più aggiornate, come la concimazione[7], la prima meccanizzazione[8] o mediante la migliore organizzazione mercantile. La prima risposta si traduce nella creazione della rete di stazioni sperimentali e di istituti di istruzione il cui numero si moltiplica esponenzialmente tra il 1860 e il 1880, la seconda nella creazione degli organismi di rappresentanza degli agricoltori, al primo posto le cooperative.[9]

Il malessere agrario e l'Inchiesta parlamentare[modifica]

La prima indagine agraria italiana viene effettuata, infatti, nel 1876, la grande Inchiesta nazionale è varata l'anno successivo, viene perfezionata nel 1882. Il primo organismo associativo tra agricoltori vede la luce nel 1886 con l'approvazione della legge che istituisce i "comizi agrari: Nelle conclusioni, che presenta al Parlamento, dell'Inchiesta agraria, il coordinatore del vasto lavoro, il senatore lombardo Jacini, dimostra l'impotenza della classe al governo, incapace, di fronte all'evidenza di arretratezza e miseria, di varare qualunque misura che comprometta il quieto benessere dei percettori di rendite agrarie, il ceto delle cui preoccupazioni Jacini è ligio interprete.

All'Inchiesta segue, quindi, l'inerzia: la creazione dei comizi, creature molto fragoli, e l'istituzione delle stazioni sperimentali, dotate di risorse inadeguatei di fronte agli investimenti nella sperimentazione di tutti i paesi avanzati, non sono che conati incerti di infrangerla.

Lo spirito conservatore dei governanti della Destra conosce il tragico apice nei moti per il "macinato", una rivolta per il pane che accende luci sinistre nell'Europa investita dalla marea del frumento americano. Nell'inadeguatezza dell'azione degli organi di governo, la creazione della Federazione nazionale dei consorzi agrari , e quella degli organismi che si moltiplicano, progressivamente, tra i ranghi che essa coordina, propone un segno inequivocabile di vitalità e di lungimiranza: l'unico avvenimento di autentico rilievo innovativo che nel primo cinquantennio di vita unitaria anima la vita sonnolenta delle campagne.

Ci si è chiesto come si spighi la nascita dei consorzi agrari, visti come un indubbio e dirompente progresso in un'epoca di immobilismo del ceto agrario e mentre i governanti sono incapaci di una strategia. È stato osservato che si deve all'incontro tra tre filoni di solito tra loro distanti: una élite erede del messaggio mazziniano, e proseguito in ambienti massonici, con forti componenti israelitiche sono incontrate e hanno trovato terreno di attività comune con un nascente filone del cattolicesimo sociale e del socialismo antiromantico.-massonica-israelitica, Riparano alle carenze i creatori della Federconsorzi, nei quali si può intravedere la coscienza della borghesia agraria o una minoranza ristretta Non ci sono dubbi sul ruolo centrale avuto in quegli anni dal prof. Luigi Luzzatti, di origini israelite, nel far sorgere le prime cooperative agricole e ugualmente israelita era il primo presidente della Federconsorzi.Non è tanto, per lo storico una oziosa ricerca di stampo sociologico o, ancor più, desiderio di attaccare etichette di razza o di religione, ma un'indagine mirante ad accertare se i fondatori dei consorzi agrari erano la tipica espressione di un ceto agrario oppure se costituivano una sparuta minoranza, sia pure estremamente aperta all'esigenza di novità che i tempi imponevano[10]

È proprio di un cultore della storiografia agraria, di estrazione cattolica, Antonio Saltini ad insistere sul fatto che i fondatori dei consorzi agrari appartenevano ad una ristretta minoranza illuminata, meglio spiega il successivo impatto con il fascismo.[11]

Nel 1922 i consorzi federati erano seicento con una base molto larga tra gli agrari italiani la cui ultima manifestazione di autonomia avvenne durante il convegno di Montecatini, nel 1925, Dopo poco la Federconsorzi è commissariata e rientra in pieno nell'ordine fascista.

Saltini avanza l'interpretazione che al di là dell'asseruto ruralismo del fascismo, in realtà le scelte economiche, a cominciare dalla "quota novanta" erano tutte a vantaggio dell'industria È questa per il Saltini un'ulteriore conferma del carattere elitario del gruppo che aveva assunto la guida del mondo agrario a cavallo del secolo.

Battaglia del grano e consorzi agrari[modifica]

Durante il Ventennio consorzi agrari e Federazione perdono l'autonomia per trasformarsi in apparato parastatale. Il Regime ne modifica la strategia. Da strumento di contrattazione il contesto diventa strumento annonario.

Se colpisce la rapidità con cui, retta da un manipolo di uomini dotati di lungimiranza e ascendente, la Federazione consegue, in un volgere rapidissimo di anni, le più lusinghiere mete commerciali, non produce stupore minore la constatazione del travaglio senza fine che l'organismo conosce appena il Fascismo sostituisce a quegli uomini nuovi comandanti.

La battaglia del grano[modifica]

Dopo l'insediamento di un gerarca al vertice, di esecutori obbedienti ai federali alla testa dei consorzi provinciali, l'apparato granario di cui hanno collaudato l'efficienza le impellenze della guerra è lo strumento naturale per la grande battaglia che il Regime affronta, in coerenza ai propositi bellicosi, sui campi della Penisola, la battaglia per l'autonomia frumentaria. Se ripugnava ai governi liberali farsi negozianti e mugnai, la gestione dei granai nazionali è, invece, connaturale ad un fascismo che ricalcava anche in questo l'esperienza imperiale romana: Panem et circenses.. Coltura chiave nel quadro di un'economia, quale quella italiana, ancora preindustriale, non è solo in termini di gestione delle scorte che il frumento è stato al centro dell'azione della Federconsorzi, la cui prima attività, il commercio dei fertilizzanti, si è imperniata sul perfosfato, in quantità preminente destinato ai campi di grano, il cui secondo impegno, quello sul terreno della meccanizzazione, si è sviluppato sul perno delle mietitrici e delle trebbiatrici, la cui attività sementiera ha corrisposto agli acquisti collettivi di grano da seme delle prime razze selezionate, prima tra tutte il Gentilrosso.

L'apparato di magazzini di cui la Federconsorzi si dota durante il Ventennio è il frutto, si deve annotare, delle singolari doti organizzative di Federconsorzi che si avvale del capitolato stabilito col Governo per la gestione dell'ammasso per ottenere dalle banche i crediti necessari a realizzare l'imponente maglia di granai.

Non manca, ora, chi ritiene che la monocultura del frumento sia, alla fine, risultata di danno al progresso agronomico e non ultima causa del ritardo nello sviluppo di una zootecnia moderna. Questo non toglie che dal punto di vista organizzativo, nella diffusione dei concimi, soprattutto azotati, nella scelta di sementi selezionate.

[17][17] Saltini (Terra e vita 1993) si chiede Ove il contesto dei consorzi fosse creatura genuina, quale sostiene Ventura, della borghesia agraria, lo stesso ceto non vantava, verso il Fascismo, benemerenze tali da meritargli la conservazione dell'organismo economico creato per tutelarne gli interessi mercantili? Se vi avesse identificato un patrimonio di classe, come avrebbe potuto accettarne prima l'affidamento a un commissario, poi la statalizzazione,

[18][18] Renzo De Felice esprime in Mussolini, il fascista, il terzo segmento della monumentale opera sul Ventennio. Analizzando le reazioni degli ambienti economici alle scelte che preparano, dopo il discorso di Pesaro, la rivalutazione della lira, il massimo studioso del Fascismo annota che a confronto dell'accorta strategia della Confindustria colpisce la mancanza di un atteggiamento coerente degli agricoltori, che si avviano a subire le conseguenze della rivalutazione, che si tradurranno nella più grave crisi agraria, con fiera, o, se si preferisce, "fascistica" ottusità.

[19][19] del ceto agrario che ha compreso, con antiveggente tempestività, la necessità di stringersi a falange per contrastare lo strapotere industriale sarebbe incapace di accorgersi che quel potere, controllato a vista per trent'anni, sta per conquistare, nel confronto economico che ferve dietro la retorica della "quota novanta" una preminenza sconosciuta dalle origini del conflitto? La risposta affermativa appare scarsamente verosimile. Non è più coerente supporre che, emarginata l'élite ebrea e massone che, dotata di acuta percezione finanziaria, ha avuto in consegna, per una parentesi quarantennale, le sorti dell'agricoltura, possidenti e imprenditori siano soggiogati dalla retorica che ne blandisce, abilmente, i preconcetti antichi? Obbedienti alla missione fatale che li erige a barriera contro il "bolscevismo", avrebbero dimenticato di controllare il dare e l'avere tra l'economia agraria e la società Montecatini, il cui presidente avrebbe goduto di credito maggiore, presso il Duce, dei gerarchi che capeggiano, successivamente, le confederazioni agrarie.

[20][20] Renato De Marzi, Grano e potere, che propone il profilo più eloquente di Edoardo Bassi, anima agronomica della Federazione, in cui è difficile scorgere uno degli artefici dei suoi destini politici

[21][21] Nota il Saltini Terra e vita 1993 Tutti i governi dell'antichità hanno disposto, si può ricordare, di granai pubblici, la cui gestione ha costituito preoccupazione preminente dei Cesari, cura assidua delle consulte comunali, degli ufficiali delle signorie, dei ministri delle monarchie. Non dispone di un apparato annonario, invece, lo Stato ottocentesco, creatura di quella dottrina liberale che nel corso del Settecento ha lanciato la prima grande sfida combattendo restrizioni e remore al libero commercio dei grani.

[22][22] Se il vistoso aumento della produzione di frumento, che tra il triennio 1921/23 e il triennio 1939-41 passa da 5,0 a 7,3 milioni di tonnellate, costituisce l'unico successo della politica agraria del Regime, quel successo è, in grandissima parte, successo della Federconsorzi, che all'incremento della produzione di grano assicura il supporto della capillare distribuzione di concimi e di sementi, della più vasta rete di assistenza tecnica per l'impiego delle macchine, del sistema di ammasso che del raccolto garantisce la conservazione liberando gli agricoltori delle coazioni che indurrebbero, per carenza di ricoveri o per necessità di contante, a vendere ai prezzi avviliti del momento del raccolto

[23][23] Antonio Saltini Terra e Vita 1993

[24][24]. La stranezza del carattere della Federconsorzi emergeranno in pieno nel momento finale della crisi della Federconsorzi. Da molte parti, in primis da parte delle banche estere, si era sostenuto che la Federconsorzi aveva un carattere pubblico.

[25][25] Saltini Terra e Vita 1993. Le due omissioni non potranno essere perpetuate: quando, in entrambe le sfere storiografiche, dalle prime esplorazioni si vorrà passare a ricostruzioni sistematiche, non si potrà trascurare l'organizzazione che ha radicato, insieme alla democrazia, la Democrazia cristiana nelle campagne, né l'apparato che ha rifornito di macchine e fertilizzanti l'agricoltura italiana durante il Ventennio della sua metamorfosi in agricoltura moderna. Se la considerazione dei due organismi condurrà, necessariamente, all'analisi dei rispettivi legami, lo studio dei due condottieri imporrà di verificare la natura dei rapporti che ne hanno unita la sorte

[26][26] Palazzo Rospigliosi sarà poi riscattato dalla Col diretti dopo il Concordato della Federconsorzi

[27][27] Giuseppe Medici, che pur definisce Mizzi, pur grande corruttore, riferisce che il patrimonio lasciato dopo una vita spesa in ufficio provava che mai avrebbe usato a beneficio personale l'immenso potere finanziario. Gli amici che esaminarono, dopo la morte, le carte personali trovarono una lunga serie di assegni della Banca nazionale dell'agricoltura: i gettoni di presenza attribuitigli come vicepresidente, che, investito del ruolo in quanto direttore della Federconsorzi, non aveva riscosso nell'incertezza di doverli rimettere alla cassa dell'organismo

[28][28] Nel lucido intervento ad un convegno su De Gaspari e l'età del centrismo Pietro Scoppola ha proclamato la necessità di rigettare, la lettura degli anni della Ricostruzione come gli anni della generosa battaglia della sinistra per rinnovare il volto di un paese che una classe politica asservita al capitalismo internazionale si sarebbe adoperata a conservare nell'inerte immobilità rurale.

Risorse[modifica]

Note[modifica]

  1. Alfonso Pascale Dall'unità d'Italia alla globalizzazione
  2. 3][3] Antonio Saltini in Terra e Vita 1993 asserisce che i comizi agrari furono un completo fallimento dal punto di vista del coinvolgimento degli agricoltori
  3. Appare significativo che uno dei temi centrali della prima attività dei Consorzi agrari furono le Cattedre ambulanti di Agricoltura, il cui direttore coincideva quasi sempre con il direttore del Consorzio agrario. È questo un elemento che fa sicuramente onore ai fondatori dei Consorzi agrari e spinge per accettare la tesi che gli stessi erano dotati di una forte spinta ideale, come torneremo infra.
  4. La caduta del prezzo del frumento sul mercato di Londra, che assurge a borsa cerealicola del Globo: il quarter di otto staia (291 litri) che nel 1870 costava 2 sterline e 5 scellini, viene venduto, nel 1895, a 1 sterlina, 2 scellini e 8 pence. Del prezzo finale la componente che spetta ai trasporti si è ridotta più che proporzionalmente: se nel 1870 il trasporto per ferrovia da Chicago a New York costava 113 pence, la traversata 66, nel 1895 le due voci si sono contratte, rispettivamente, a 47 e a 23 pence. otto staia (291 litri) che nel 1870 costava 2 sterline e 5 scellini, viene venduto, nel 1895, a 1 sterlina, 2 scellini e 8 pence. Del prezzo finale la componente che spetta ai trasporti si è ridotta più che proporzionalmente: se nel 1870 il trasporto per ferrovia da Chicago a New York costava 113 pence, la traversata 66, nel 1895 le due voci si sono contratte, rispettivamente, a 47 e a 23 pence.
  5. In un libro famoso, Il capitalismo nelle campagne, Emilio Sereni, storico marxista e dirigente comunista, ha sostenuto che in Italia lo stato liberale nasce malforme siccome non nasce da una rivoluzione borghese: la rivoluzione che gli è mancata avrebbe dovuto abolire, sostiene, ogni residuo feudale nelle campagne.Non privi di coraggio su terreni diversi, i governanti della Destra sarebbero stati pavidi e malsicuri, secondo Sereni, di fronte al problema della ripartizione, attraverso rendite, profitti e salari, dei frutti della terra. Seppure la storia abbia suggerito la maggiore cautela verso le sentenze dei seguaci di Marx, non v'è dubbio che il timore di alterare la precaria staticità di un edificio insicuro detta ai governanti dell'Italia unita il più rigido immobilismo sociale.
  6. Le nazioni dell'antichità hanno sempre scambiato cereali: la contesa per la prima rotta cerealiera tra l'Europa e l'Asia, la rotta dei Dardanelli, si sviluppa, ininterrotta, dalla guerra di Troia, attraverso le guerre persiane, le imprese di Pompeo, il confronto tra Bisanzio e l'Islam, i primati successivi di Venezia e di Genova, fino allo scontro tra le potenze europee per spartire l'eredità dell'Impero ottomano. Lentezza del naviglio, deperibilità della merce, incertezza della domanda, hanno impedito, tuttavia, nei secoli, che gli scambi di cereali assumessero un ruolo diverso dall'integrazione degli approvvigionamenti di una capitale vivente di elargizioni frumentarie, il caso di Roma, o dell'intervento imposto da una carestia, il caso che si ripete, con tragica monotonia, in una successione interminabile di secoli
  7. Italo Giglioli. , Concimi, mangimi, sementi e sostanze antiparassitarie. Commercio, frodi e repressione delle frodi 1905
  8. ][10] Il prototipo della trebbiatrice mossa dalla forza idraulica viene sperimentata nel 1786, i modelli mossi da un maneggio a cavalli vengono perfezionati nei decenni successivi. La prima mietitrice, a barra frontale, viene presentata nel 1827, la prima locomotiva terrestre solca le campagne inglesi nel 1805, la prima caldaia montata su un'imbarcazione ne muove le pale nel 1783: occorreranno cinquantacinque anni perché, con la sostituzione dell'elica alle pale, nasca il piroscafo
  9. MANLIO ROSSI DORIA, La Facoltà di agraria di Portici nello sviluppo dell'agricoltura
  10. Nell'analisi più attenta eseguita da un cultore di studi storici della parabola della Federconsorzi, Angelo Ventura ha identificato, nel 1977, nella creazione dell'ordito consortile una prova di maturità della borghesia agraria italiana, che con il radicamento dell'originale formula organizzativa avrebbe dimostrato di percepire le avvisaglie del conflitto tra i propri interessi e quelli della nascente industria chimica, e che per combattere quello scontro si sarebbe schierata nei consorzi.
  11. Saltini (Terra e vita 1993) si chiede Ove il contesto dei consorzi fosse creatura genuina, quale sostiene Ventura, della borghesia agraria, lo stesso ceto non vantava, verso il Fascismo, benemerenze tali da meritargli la conservazione dell'organismo economico creato per tutelarne gli interessi mercantili? Se vi avesse identificato un patrimonio di classe, come avrebbe potuto accettarne prima l'affidamento a un commissario, poi la statalizzazione,