Riassegnazione dei domini

Da Wikiversità, l'apprendimento libero.
lezione
lezione
Riassegnazione dei domini
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto della proprietà intellettuale

Quando sorsero i nomi a dominio apparvero come un mondo globalizzato sorto in piena anarchia. Le grandi organizzazioni internazionali tardarono a capire il fenomeno e quando si decisero ad aprire un sito o un indirizzo di posta elettronica, si trovarono di fronte alle pretese di chi li aveva precedute. Dopo un primo momento di incertezza, le organizzazioni preposte alla assegnazione dei nomi a dominio stabilirono il principio che i domini dovessero essere attribuiti a chi legittimamente era detentore dei marchi. Si stabilì, perciò, una procedura per la revoca e la riassegnazione dei nomi a dominio

Il cybersquatting[modifica]

L'espressione anglosassone cybersquatting o anche domain grabbing (da to grab=ghermire) indica il fenomeno di accaparramento di nomi di dominio corrispondenti a marchi altrui o a nomi di personaggi famosi al fine di realizzare un lucro sul trasferimento del dominio a chi ne abbia interesse.

Tale pratica, diffusissima in America sul finire degli anni '90, ha avuto un notevole sviluppo anche in Italia, specialmente in seguito all'entrata in vigore nel 1999 della regola che consente ai titolari di partita IVA la registrazione di un numero illimitato di domini.

Gli Stati Uniti d'America sono stati il primo paese al mondo ad occuparsi della lotta al fenomeno con una legislazione ad hoc. Si tratta dell'Anticybersquatting Consumer Protection Act, entrato in vigore il 29 novembre 1999.

In Italia, in assenza di una disciplina legislativa ad hoc, la giurisprudenza prevalente ha fatto ricorso alla normativa relativa al diritto al nome (art. 7 del codice civile: la persona alla quale si contesti l'uso del proprio nome o che possa risentire del pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia può chiedere la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni) ed alla normativa dei marchi e dei segni distintivi (artt. 2569-2574 del codice civile; d.P.R. 8 maggio 1948 n.795; d.l.480/1992; d.P.R. 595/1993; d.l 189/1996). In base a tale orientamento il titolare di un marchio registrato ha il diritto di servirsene in modo esclusivo, e quindi anche di registrarlo come dominio. Nel caso in cui altri utilizzino il marchio registrandolo come dominio, il titolare potrà agire in giudizio anche con procedura d'urgenza, a nulla rilevando che il TLD non sia un .it, potendo ricorrere anche contro le indebite utilizzazioni di un TLD generico come il .com ovvero di altri paesi.

È utile sottolineare che il marchio può anche non essere registrato all'ufficio marchi e brevetti, l'importante è che abbia la giusta notorietà per consentire al titolare di poter vantare un diritto sul dominio già registrato. In simili occasioni si parla di "marchio di fatto".

Centro risoluzione dispute domini[modifica]

Per ovviare alla lunghezza e onerosità delle vertenze in tema di assegnazione dei domini è previsto un Centro risoluzione dispute domini La Naming Authority italiana e la Registration Authority italiana (le cui funzioni sono confluite dal 2004 nel Registro del ccTLD "IT") hanno provveduto a costituire un particolare procedimento amministrativo per la riassegnazione dei nomi a dominio che siano stati registrati in mala fede a favore di chi vanta diritti legittimisu di essi. In sede internazionale tale funzione è svolta dall' ICANN nei confronti dei domini .com, .org e .net. per quello che riguarda i domini .eu è svolta da Eurid. La natura della procedura, che prevede l'intervento di un saggio scelto da un apposito elenco, è meramente amministrativa e non arbitrale. Pertanto è possibile adire alla via giudiziaria.