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Prontuario di diritto romano/Il negozio giuridico

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Prontuario di diritto romano/Il negozio giuridico
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto romano

Il negozio giuridico

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Il diritto romano non formulò mai una concezione di negozio giuridico come quello moderno, né mai elaborò una figura con caratteristiche generali cui fossero riconducibili le manifestazioni di volontà fatte da soggetti capaci. Questo perché le costruzioni astratte presentavano scarso interesse per i giuristi Romani. Dalle fonti si evince che i Romani non usano la parola contrahentes ma per la mancipatio o per lo in iure cessio indicavano con precisione l'atto che ognuno compie: is qui rem mancipio dat et is qui eam accepit; is qui rem in iure cedit et is qui eam accepit.
Tuttavia vi furono singole figure e singoli istituti suscettibili di applicazione analogica, quali il dies, il dolo e la rappresentanza.
Lo ius civile più antico attribuì grande importanza ai negozi solenni (cioè formali), compiuti mediante determinati rituali, nei quali poco o nulla rilevava la volontà dei contraenti: il diritto romano arcaico era impregnato del più rigoroso formalismo, e tutti i negozi esistenti erano riconducibili alle tre categorie della mancipatio, stipulatio e in iure cessio.

La mancipatio

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La mancipatio era un paradigma giuridico, sorto grazie all'elaborazione di Giuristi - Pontefici. Il nome deriva da una bilancia, con un unico piatto e un contrappeso. La Mancipatio si è poi evoluta come modo di acquisto del Mancipium, un negozio giuridico che serviva a trasferire la proprietà immediata di un bene contro il pagamento di un prezzo; in effetti, era una stipulazione di vendita, ma veniva usata anche per altri scopi:

  • come negozio astratto di trasmissione della proprietà delle res mancipi, enumerate come numerus clausus;
  • come vendita della figlia fatta dal padre allo sposo;
  • come consegna del nexum (debitore) a garanzia dell'obbligazione.

La dottrina romana, elaborando la categoria dei negozi giuridici che servono al commercio dei beni, dovette distinguere nettamente la mancipatio adibita a questo fine che aveva assunto nella sottostruttura tutti gli elementi del negotium iuris gentium, dalla mancipatio che è mera formalità, apparenza, come nella coemptio, nella mancipatio familiae e così via.

Effetto caratteristico della mancipatio era la obligatio auctoritatis, in base alla quale il mancipium dans era obbligato a garantire l'evizione al compratore contro terzi, fino a che il compratore stesso, dopo aver usucapito il bene per il trascorrere del tempo, avesse potuto difendersi da solo con la rei vindicatio.

È poi importante sottolineare che tale negozio giuridico richiedeva la presenza corporale della cosa, della res.

La in iure cessio

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Era un contratto che comportava l'effettiva consegna (anche se simbolica) del bene da trasferire. Letteralmente, il termine significa "fare un passo indietro", e difatti, per realizzare il trapasso, venditore e compratore intentavano davanti al magistrato una finta actio sacramenti in rem.
Il sistema della in iure cessio veniva usato in genere per l'acquisto della proprietà e di altri diritti reali, ma anche per la manutenzione degli schiavi, per le eredità e le tutele.

N.B. La in iure cessio e la mancipatio scomparvero dalla scena giuridica quando si addivene alla creazione e diffusione del contratto di compravendita (emptio et venditio), più simile nella forma e nei contenuti a quello moderno.

La traditio

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Sopravvisse al diritto classico la sola traditio: dal punto di vista formale, la traditio era la forma più semplice di trasferimento della proprietà, in quanto consisteva nella materiale consegna del bene. Ed infatti Numquam nuda traditio transfert dominium, sed ita, si venditio aut aliqua iusta causa praecesserit, propter quam traditio sequeretur.
Per la traditio occorreva che il bene fosse di proprietà o in possesso del tradens; occorreva poi che quest'ultimo avesse volontà di acquisire, ma soprattutto bisognava che vi fosse una iuxta causa traditionis, ossia un motivo giuridicamente valido per trasmettere il bene (causa solvendi, causa donationis, ecc.).
In epoche arcaiche era indispensabile la materiale consegna del bene (dominia rerum non nudis pactis transferuntur), poi fu sufficiente anche la traditio symbolica (consegna delle chiavi della casa).
In seguito si ammise la validità delle due seguenti forme:

  • traditio brevi manu, consistente nella trasformazione dello stato soggettivo, per cui chhi aveva posseduto la cosa a titolo di pegno, avendo mutato l' animus, cominciava a possederla a titolo di proprietà;
  • traditio longa manu, consistente nel mostrare la cosa da lontano;
  • constitutum possessorium, che era l'inverso della traditio brevi manu: chi aveva posseduto da proprietario, trasferendo la cosa ne rimaneva locatario, usufruttuario, ecc.

In epoca imperiale si affermò il principio che la traditio doveva essere accompagnata da una scriptura, e si sostenne che era questa (e non la consegna) a trasferire la proprietà: era nata l'esigenza dello scriptum ad substantiam, che Giustiniano invece richiese come pura formalità.

La stipulatio

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In epoca giustininanea si andò diffondendo la stipulatio, un negozio astratto con cui si potevano assumere obbligazioni di qualunque genere e con qualunque causa, ma alla fine del III secolo a.C. già si conoscevano ben quattro negozi scaturiti dallo ius gentium:

  • emptio - venditio
  • locatio - conductio
  • societas
  • mandatum.

Il diritto pretorio introdusse il comodato, il pegno e il deposito.
Erano tutti negozi causali, perché perficiuntur verbis, segno che il diritto romano andava svincolandosi dal formalismo arcaico. Mentre il formalismo scompariva, si riconosceva valore pregnante alla volontà più che ai rituali.
I negozi, da allora, constarono sempre di due elementi: la causa (cioè il fatto oggettivo che giustificava l'obbligazione) e la solennità (talora sostituita dal consenso).