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Piante transgeniche

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Piante transgeniche
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Agronomia generale

Le piante transgeniche sono piante il cui DNA è stato modificato con tecniche di ingegneria genetica allo scopo di approntare miglioramenti o modifiche di una o più caratteristiche. Le piante transgeniche, spesso indicate con il termine più generale di OGM, rappresentano una delle più rilevanti innovazioni apparse nell'ultimo decennio nel settore dei mezzi tecnici agricoli. Tecnicamente sono definiti organismi transgenici quegli organismi in cui i geni inseriti provengono da specie diverse (ad esempio geni di origine animale inseriti in piante, vedi transgenesi) mentre si indicano come organismi cisgenici quelli in cui si modificano/integrano geni appartenenti alla pianta stessa o a specie correlate.

Nella accezione comune si tende ad utilizzare indifferentemente il termine pianta transgenica o OGM per indicare le piante modificate geneticamente trascurando le distinzioni tecniche.

Il miglioramento genetico tradizionale

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La selezione ed il miglioramento delle varietà è praticata con successo da centinaia d'anni, prima dai contadini nei campi coltivati e, successivamente, a partire dal XX secolo, nei laboratori e nei campi sperimentali dei genetisti. I metodi convenzionali di miglioramento genetico hanno il limite di non poter prescindere dall'incrocio sessuale seguito da ripetuti reincroci tra progenie e progenitori. Questo metodo, accanto ai caratteri di interesse, trasferisce anche caratteri non voluti. Per esempio, l'inserimento del carattere "seme giallo" in mais ha portato con sé oltre al gene di interesse altri 20 geni che sono oggi presenti in tutte le varietà a seme giallo[1]; cosa siano e cosa facciano questi geni è ancora oggetto di ricerca.

I metodi oggi impiegati per superare la barriera sessuale comprendono sia le colture in vitro (dove per il miglioramento si usano, ad esempio, la fusione di protoplasti, la variazione somaclonale, l'embriogenesi somatica o altre tecniche) oppure la mutagenesi (che prevede l'irradiazione di vaste popolazioni vegetali con raggi X, raggi gamma, neutroni lenti e veloci o altri tipi di radiazione, per poi selezionare quegli individui – pochi – che presentano caratteristiche migliorative).

Questi metodi però lasciano ampi spazi al caso ed i criteri di selezione sono limitativi e non comprendono la conoscenza di cosa sia realmente mutato a livello genetico negli organismi selezionati. Si è ad esempio scoperto recentemente[2] come tra 2 varietà di mais commerciali circa il 20% dei geni non sia condiviso indicando come all'apparenza piccole differenze fenotipiche possano tradursi in profonde differenze genotipiche.

La creazione di piante transgeniche

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Il paradigma biotecnologico rovescia l'approccio al miglioramento genetico: se fino ad oggi si modificava in modo casuale e solo in un secondo momento avveniva la ricerca e selezione dei caratteri desiderati, oggi i biotecnologi si propongono di comprendere prima della modificazione i meccanismi di base dei caratteri che si intendono modificare e quindi di modificare o inserire solo quei geni che li controllano.

Per inserire frammenti di DNA nelle piante possono essere utilizzate diverse tecniche, tra cui metodi biologici (impiegando l'agrobatterio, un microorganismo innocuo per l'uomo e molto diffuso in natura, che possiede la capacità di trasferire alcuni suoi geni alle piante), oppure metodi fisici (utilizzando la biobalistica, ovvero "sparando" microproiettili ricoperti di DNA dentro le cellule vegetali).

Dal momento che le cellule vegetali contengono al loro interno dei plastidi dotati di un proprio corredo genetico (peraltro di tipo procariota) è possibile modificare quello. Le piante così ingegnierizzate sono dette Transblastoniche.

Confronto tra metodologie tradizionali e nuove

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Le nuove tecniche di miglioramento basate sulla trasformazione genetica presentano due sostanziali differenze rispetto al miglioramento genetico tramite incrocio:

  1. Specificità: la tecnologia è estremamente specifica, ovvero vengono inseriti solo i geni di interesse, mentre la riproduzione sessuale trasferisce (e "rimescola"), oltre al gene di interesse, migliaia di altri geni, della maggior parte dei quali non si conosce la sequenza e la funzione.
  2. Posizione del transgene nel genoma: In generale non è possibile prevedere a priori per le piante in quale posizione del genoma dell'ospite si inserirà il transgene (frammento di DNA inserito). È però possibile identificare con precisione la sua posizione dopo averlo trasferito.

Per sintetizzare dunque i due approcci è possibile dire che gli incroci convenzionali chiamano in causa l'organismo intero, le tecniche di propagazione clonale si rivolgono alle cellule, l'ingegneria genetica si limita a modificare singole parti di DNA del genoma.

Scopo delle piante transgeniche

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Sicuramente i campi in cui le piante transgeniche vengono usate maggiormente a fini sperimentali è quello dei vaccini (sono state prodotte piante con antigeni di tantissimi agenti eziologici di malattie quali ad esempio AIDS[3], papilloma virus[4], epatiti[5], carie dentale, vaiolo), biorisanamento di siti contaminati, genomica funzionale (per scoprire cioè le funzioni di geni e proteine poco conosciute).

La prima pianta transgenica posta in vendita fu il FlavrSavr[6] (in USA nel 1994), un pomodoro modificato per rallentare il processo di decomposizione.

Sono molti i geni oggi identificati che presentano potenziali applicazioni sia nel settore propriamente agricolo che anche in quello più ampio del molecular farming (la produzione di sostanze industriali o farmecutiche dalle piante).

Tra le applicazioni già in commercio o comunque prossime alla commercializzazione si trovano piante con caratteri di:

Un campo di colza
  1. tolleranza a stress atmosferici:
  2. resistenza a virus, funghi e batteri;
  3. aumento della qualità e quantità del raccolto;
  4. tolleranza ad erbicidi;
  5. resistenza agli insetti;
  6. produzione di sostanze come farmaci, vaccini, tessuti e materiali.

La lista è largamente incompleta e in continua evoluzione, esiste comunque un database che contiene un elenco aggiornato degli eventi autorizzati (Agbios).

Se si osserva la diffusione commerciale di piante transgeniche[7], che oggi investono a livello mondiale circa 90 milioni di ettari pari a circa 6 volte la superficie agricola italiana, si nota comunque come il 99% di esse è rappresentato da sole 4 varietà: soia, mais, cotone e colza modificate per ottenere la tolleranza agli erbicidi (principalmente al glyphosate o al glufosinato, cosiddetti erbicidi a ampio spettro) o la resistenza ad alcuni insetti (ad esempio la piralide o la diabrotica per il mais).

Diffusione delle piante transgeniche

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Distribuzione globale delle coltivazioni OGM

Secondo i dati diffusi dall'ISAAA (International Service for the Acquisition of Agri-biotechnology Applications)[7] nel 2005 le piante transgeniche occupavano più di 81 milioni di ettari (pari a circa 190 milioni di campi da calcio), concentrati prevalentemente negli Stati Uniti, Argentina, Canada, Brasile e Cina. In tutte le nazioni d'Europa vengono coltivate piante transgeniche a fini sperimentali in condizioni controllate, vi sono anche piccole coltivazioni in campo aperto in Germania, Francia, Spagna, Repubblica Ceca, Romania, Bulgaria ed altre nazioni dell'Europa orientale. Sempre secondo la stessa fonte[8] nel 2006 la superficie totale dei biotech crops è di 102 milioni di ettari con un incremento del 135 rispetto all'anno precedente. Il numero dei paesi interessati è salito a 22 di cui 11 paesi industrializzati ed 11 in via di sviluppo. Detti 22 paesi rappresentano il 55% della popolazione mondiale e il 52% della terra arabile del mondo.

La graduatoria mondiale vede:

  • Usa 54,6 milioni di ettari
  • Argentina 18 milioni di ettari
  • Brasile 11,5 milioni di ettari
  • Canada 6,1 milioni di ettari
  • India 3,8 milioni di ettari
  • Cina 3.5 milioni di ettari

Rischi

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Quando sono state sviluppate piante geneticamente modificate per uso alimentare o che prevedessero un rilascio ambientale, si è operata un'analisi dei potenziali rischi ad esse ascrivibili, in particolare ambientali e sanitari. Un elenco di questi potenziali rischi da valutare prima di diffondere nell'ambiente un OGM è stato stilato dall'EFSA[9] e prevede un valutazione preventiva dei seguenti aspetti:

Rischi ambientali:

  • Cambiamenti nell'interazione tra pianta e ambiente biotico:
    • Persistenza e invasività
    • Vantaggi o svantaggi selettivi
    • Trasferimento di geni
    • Interazioni con organismi target (esempio induzione di resistenza negli insetti infestanti cui le piante sono resistenti)
    • Interazioni con organismi non-target (esempio effetti su api e altri insetti non infestanti, con conseguenze sulla biodiversità)
    • Interazioni con l'ecosistema del suolo con conseguenti effetti biogeochimici
  • Cambiamenti nell'interazione tra pianta e ambiente abiotico:
    • Alterazioni nelle emissioni di gas serra
    • Alterazioni nella sensibilità ad effetti climatici
    • Alterazioni nella sensibilità a fattori abiotici del suolo (salinità, minerali...)

Rischi per la salute umana o animale:

Senza dubbio la portata innovativa delle Piante GM va ben oltre ai rischi ambientali e per la salute, la diffusione delle piante geneticamente modificate infatti ha un enorme impatto economico e sociale. Basti pensare solo al fortissimo tasso di adozione che ha subito a livello mondiale sulle principali commodities agricole, cambiando drasticamente le pratiche agricole ad esse associate, nonché l'impatto ambientale e sociale. Tutti questi diversi fattori sono oggi al centro del dibattito in corso a livello nazionale e internazionale.

Piante transgeniche e ambiente

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L'argomento delle piante transgeniche è stato ed è molto dibattuto, specie dal punto di vista dei possibili effetti sull'ambiente naturale derivati dall'introduzione di nuove varietà di piante inesistenti in natura. Si parla in genere di "danni" all'ambiente; in realtà l'argomento è molto complesso e può essere diviso in numerose categorie:

  • competizione tra varietà naturali e transgeniche, con la possibilità che le seconde invadano i campi utilizzati dalle prime e ne provochino in casi estremi la scomparsa;
  • possibile alterazione della chimica del suolo e degli scambi con specie animali, vista la diversa chimica della pianta transgenica (anche se in realtà l'unica o le uniche differenze chimiche fra una pianta OGM e non, sono, e non sempre, le 1-4 proteine che ha in più la prima);
  • conseguenze indirette derivate dall'uso umano della pianta transgenica: ad esempio, piantare un campo con una varietà transgenica resistente ad un certo prodotto fitosanitario di cui vengono utilizzate poi grandi quantità per eliminare le altre specie di piante.

In Europa tutte queste tematiche devono essere, secondo la direttiva 2001/18/CE[10], obbligatoriamente affrontate prima di richiedere l'autorizzazione alla sperimentazione di ciascun OGM. Se tali indagini preventive evidenziano rischi superiori a quelli delle piante già attualmente in commercio, l'autorizzazione non viene rilasciata. Comunque, anche qualora non si evidenziassero rischi particolari, l'autorizzazione risulta valida solo per 10 anni e devono essere messi in atto piani di monitoraggio per verificare che non emergano problematiche in corso di utilizzo.

Una delle obiezioni più diffuse è che i cambiamenti dovuti all'evoluzione siano molto lenti e graduali (tranne i casi, abbastanza rari, di grandi catastrofi naturali), mentre le tecniche genetiche possono portare alla comparsa improvvisa di specie molto diverse. In realtà, come dimostrato da Crawley[11], la fitness (capacità di sporavvivenza) delle piante geneticamente modificate è analoga a quelle delle altre piante coltivate che, in pochi anni, spariscono dall'ambiente naturale. Recentemente è stata smentita[12] anche la presunta compromissione da parte degli OGM delle varietà locali in Messico, come inizialmente riportato da Quist e Chapela in un articolo poi rigettato da Nature[13].


Bibliografia

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  • De Virgilio M et al, The human immunodeficiency virus antigen Nef forms protein bodies in leaves of transgenic tobacco when fused to zeolin, Journal of experimental botany, 59(10), p. 2815-29, 2008. [1]
  • Břiza J. et al, Production of human papillomavirus type 16 E7 oncoprotein fused with β-glucuronidase in transgenic tomato and potato plants, Biologia Plantarum, 51 (2), p. 268-276, 2007. [2]
  • Richter LJ et al, Production of hepatitis B surface antigen in transgenic plants for oral immunization, National biotechnology, 18, p. 1167-71, 2000. [3]
  • Twyman RM et al, Molecular farming in plants: host system and expression technology, Trends in biotechnology, 21(12), p. 570-578, 2003 [4]
  • Watson Gilman Witkowski Zoller, DNA ricombinante, 1ª ed. Zanichelli
  • Paolo Costantino, inserto redazionale allegato a Scienza e dossier, 1º marzo 1986
  • Alessandro Bruni, Farmacognosia generale ed applicata, Piccin
  • Arms & Camps, Biologia, Piccin
  • Maria Fonte, Organismi geneticamente modificati. Monopolio e diritti, Franco Angeli 2004
  • APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici), Piante Geneticamente Modificate e ambiente, Settembre 2004, ISBN 88-448-0127-2 Rapporti 44/2004

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Note

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  1. Palaisa et al. Long-range patterns of diversity and linkage disequilibrium surrounding the maize Y1 gene are indicative of an asymmetric selective sweep, PNAS, 2004, vol. 101 (26), pag. 9885-9890 (2004)
  2. M. Morgante et al. Gene duplication and exon shuffling by helitron-like transposons generate intraspecies diversity in maize, Nature Genetics, 2005, vol. 37, pag. 997 - 1002
  3. De Virgilio M et al, The human immunodeficiency virus antigen Nef forms protein bodies in leaves of transgenic tobacco when fused to zeolin, Journal of experimental botany, 59(10), p. 2815-29, 2008.
  4. Břiza J. et al, Production of human papillomavirus type 16 E7 oncoprotein fused with β-glucuronidase in transgenic tomato and potato plants, Biologia Plantarum, 51 (2), p. 268-276, 2007.
  5. Richter LJ et al, Production of hepatitis B surface antigen in transgenic plants for oral immunization. National biotechnology, 18, p. 1167-71, 2000.
  6. FlavrSavr, il primo OGM commercializzato
  7. 7,0 7,1 * ISAAA International Service for the Acquisition of Agri-biotechnology Applications
  8. I dati Isaaa relativi al 2006 sono reperibili in Italiano su Spazio Rurale 3 2007 p. 24
  9. (EN) Guidance document for the risk assessment of genetically modified plants and derived food and feed by the Scientific Panel on Genetically Modified Organisms (GMO)
  10. Direttiva 2001/18/CE sull'emissione deliberata di OGM nell'ambiente
  11. Crawley et al. Transgenic crops in natural habitats, Nature, 2001, vol. 409(6821), pag. 682-3
  12. Ortiz-Garcia et al. Absence of detectable transgenes in local landraces of maize in Oaxaca, Mexico (2003-2004) PNAS, 2005, vol. 102 (35) pag. 12338-12343: dai controlli effettuati non risulta alcuna introgressione di transgenici in Oaxaca, come inizialmente affermato da Quist et al. (2001).
  13. Quist et al. Transgenic DNA introgressed into traditional maize landraces in Oaxaca, Mexico., Nature, 2001, vol. 414(6863) pag. 541-3: articolo in seguito rigettato da Nature per inconsistenza dei risultati, in cui si indicava una introgressione di alcuni transgeni nelle varietà locali di mais in Oaxaca in Messico