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Dibattito sugli OGM

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Dibattito sugli OGM
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Agronomia generale

Attorno alle biotecnologie, ed in particolare all'introduzione di organismi geneticamente modificati nel settore agroalimentare, si è acceso un forte dibattito a livello nazionale ed internazionale che ha riguardato le tematiche della protezione dell'ambiente e della salute così come implicazioni economiche e sociali.

OGM e tutela ambientale

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Uno dei temi più caldi su cui il dibattito si è concentrato riguarda la possibilità che la manipolazione del pool genetico degli organismi possa comportare delle conseguenze impreviste nella loro interazione con le altre specie viventi e quindi, in ultima analisi, sull'ambiente.

Tra le varie fonti di preoccupazione vi è la possibilità che le piante geneticamente modificate possano comportarsi come specie invasive, specie cioè che si affermano nell'ecosistema a danno di altre specie e varietà. È inoltre possibile che le caratteristiche genetiche introdotte nelle varietà commerciali vengano poi trasferite, attraverso l'impollinazione incrociata, dalle piante geneticamente modificate a specie affini nelle vicinanze. Questo fenomeno avviene normalmente in natura[1] dove ad esempio esiste un continuo flusso genico tra il mais ed il teosinte, suo progenitore, o tra le diverse specie di brassicacee. Tale fenomeno, tollerato tra specie coltivate e selvatiche, da alcuni viene invece considerato inaccettabile nel caso delle piante transgeniche, secondo i quali ciò porterebbe ad una perdita irreversibile del pool genetico "naturale" oltre a modificazioni non prevedibili sulla biodiversità, modificando le popolazioni di insetti (api, farfalle, etc) e di piante selvatiche che vivono nell'ambiente circostante (l'ambientalista Giorgio Celli ad esempio indica questo fenomeno come Chernobyl Genetica)[2].

La validità di tale ipotesi, ovvero che l'introduzione di transgeni nell'ambiente porti di per sé a un nuovo livello di rischio, è stato approfondito in diversi studi a partire da un articolo di Crawley et al, apparso su Nature nel febbraio 2001, che ha riscontrato che la fitness ambientale degli OGM in commercio è paragonabile a quella delle altre specie coltivate [3]. Un altro articolo di Morgante su Nature Genetics ha invece mostrato come, tra 2 varietà commerciali di mais, circa il 20% dei geni (4250 su 20600) sia presente solo in una delle 2, pur continuando entrambe ad essere interfertili tra loro [4] ed indicando dunque come esista una variabilità enorme da un punto di vista genetico già all'interno della stessa specie. Per quanto riguarda i possibili danni sulla biodiversità la Royal Society ha condotto uno studio imponente (FSE: Farm Scale Evaluation) che ha evidenziato come la scelta della specie da coltivare è molto più impattante sulla biodiversità rispetto all'adozione di una varietà transgenica o meno (per esempio, la densità media di api per km² sul mais è di 1 mentre sulla colza è di 37) [5].

Nonostante la grande mole di studi scientifici finora condotti[6], molti movimenti ambientalisti ritengono che le conseguenze sugli ecosistemi e sulle caratteristiche socio-economiche di alcune zone rurali rimangano comunque non prevedibili e che per quanto raffinate e restrittive siano le norme autorizzative per gli OGM esse non saranno mai in grado di misurare in modo esaustivo e di escludere in modo definitivo la presenza di rischi legati all'adozione di un nuovo OGM.

Oggi comunque esiste un quadro normativo, anche internazionale, che identifica delle norme precise per garantire il controllo e la gestione dei possibili rischi legati alla diffusione delle piante transgeniche, primo tra tutti il Protocollo di Cartagena, nato proprio per assicurare la protezione contro i possibili effetti negativi sulla biodiversità, oltre che le leggi nazionali e comunitarie.

Un altro elemento di preoccupazione legato all'introduzione degli OGM è legato alla complementarità tra innovazione biologica e innovazione chimica che andrebbe a rafforzare un modello di agricoltura intensiva con un elevato uso di prodotti chimici, mentre alcuni paesi, specialmente europei, stanno cercando di cambiare a favore di un modello tecnico agricolo più ecocompatibile. Questo risulta in particolare possibile nel caso di piante tolleranti a specifici erbicidi (per altro ottenibili anche con tecniche convenzionali[7]) che, pur necessitando di un minor numero di trattamenti e utilizzando composti chimici meno tossici e a basso impatto ambientale, sono legate all'utilizzo di specifici erbicidi.

Nel caso delle colture resistenti agli insetti o con altri caratteri (ad es. papaia resistente a virosi) viene invece ridotto significativamente l'uso di composti chimici. Nel caso delle varietà resistenti agli insetti, ad esempio, la resistenza è mediata dall'inserimento di un gene di Bacillus thuringiensis (un batterio usato anche come insetticida biologico dal 1920), che esprime una proteina tossica per alcuni tipi di insetti, ma non per l'uomo. Un aspetto in discussione in relazione a queste varietà è la possibilità che gli insetti nocivi divengano resistenti alla tossina prodotta dalla pianta innescando una dinamica evolutiva che porti alla selezione e sviluppo di insetti insensibili rendendo in tal modo la tecnologia inefficace, come già riportato per diversi erbicidi [8] ed insetticidi. Per prevenire questo fenomeno è obbligatorio per chi coltiva queste tipologie di OGM seminare anche una certa percentuale con varietà convenzionali e seguire specifiche pratiche agronomiche in modo tale da ridurre la pressione selettiva sulla popolazione di infestanti o di insetti.

Coesistenza tra coltivazioni OGM e non-OGM

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Il problema della coesistenza tra coltivazioni OGM e non-OGM è un nuovo ulteriore campo di battaglia tra i promotori e gli oppositori delle agrobiotecnologie, che si è presentato a seguito dell'introduzione delle prime coltivazioni OGM nelle campagne europee.

Il rischio paventato è la diffusione accidentale [9] di semi o polline di OGM verso coltivazioni convenzionali o biologiche adiacenti che, nel caso presentassero quantità significative di OGM nel raccolto, non potrebbero più certificarsi come prodotti non-OGM, generando delle perdite economiche oltre a possibili contenziosi legali per danni tra i produttori. Secondo la normativa europea infatti, un prodotto, anche biologico, può essere considerato non-OGM solo se presenta un contenuto di materiale geneticamente modificato al di sotto dello 0.9% (e.g. poco meno di 1 seme su 100).

Per gestire questa problematica in modo armonico tra i vari paesi la Commissione Europea ha rilasciato una Raccomandazione, la 556 del luglio 2003, dove vengono definite le linee guida per tracciare, su base nazionale e regionale, i criteri base per garantire la coesistenza [10].

Diversi dati sono comunque già oggi disponibili su questo tema, alcuni dei quali ottenuti grazie a ricerche svolte in Italia: in uno studio congiunto, condotto da quattro enti (istituti di ricerca e società di consulenza), e focalizzato sulla coltivazione del mais in Pianura Padana[11] si indica ad esempio come circa 20m di aree buffer siano sufficienti a mantenere il contenuto di mais OGM al di sotto dello 0,9%, per soglie più basse invece le distanze richieste aumentano (0,5% - 30m; 0,1% >100m). Sfasature nell'epoca di fioritura tra OGM e non OGM o barriere fisiche possono contribuire al ridimensionamento di tali distanze, in condizioni climatiche stagionali regolari. Tali dati risultano in linea con quanto osservato anche da analoghi studi svolti in altri paesi.
Sono stati effettuati anche altri studi in Italia, in particolare uno condotto da Ministero dell'Ambiente/CNR ed un secondo svolto grazie ai finanziamenti di COOP Italia. Tali ricerche hanno indicato distanze di separazione molto ridotte (comprese tra i 5 e gli 80 m per giungere al di sotto dello 0,1%), ma trattandosi di sperimentazioni di piccole dimensioni tali risultati sono considerati dagli stessi autori non conclusivi[12].

OGM e sicurezza alimentare

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Molte persone, specialmente in Europa, considerano gli OGM un potenziale pericolo per la salute, in quanto la modificazione genetica di piante ad uso alimentare potrebbe comportare l'introduzione nella catena alimentare di prodotti con potenziali effetti collaterali non del tutto prevedibili.

Questi potenziali rischi sono stati il centro della ricerca sugli OGM degli ultimi due decenni e, in una valutazione complessiva, l'ex-commissario europeo alla ricerca Philippe Busquin, al termine di uno studio europeo durato 15 anni (1985-2000) per un investimento complessivo di 70.000.000 di euro pubblici, ha affermato: “Queste ricerche dimostrano che le piante geneticamente modificate e i prodotti sviluppati e commercializzati fino ad oggi, secondo le usuali procedure di valutazione del rischio, non hanno presentano alcun rischio per la salute umana o per l'ambiente. [...] L'uso di una tecnologia più precisa e le più accurate valutazioni in fase di regolamentazione rendono probabilmente queste piante e questi prodotti ancora più sicuri di quelli convenzionali” [13].

A maggior garanzia e seguendo un approccio caso per caso, per ottenere il via libera alla commercializzazione di un OGM nell'Unione Europea, i potenziali rischi legati alla salute ambientale, umana e animale, devono comunque essere valutati seguendo le rigide indicazioni previste dal quadro legislativo comunitario.

Allergenicità

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Uno dei rischi potenziali legato alla modificazione genetica delle piante ad uso alimentare è che l'inserto genico porti alla produzione di proteine non normalmente presenti nella pianta stessa e che potrebbero causare reazioni allergiche in soggetti predisposti.

Questo evento è già avvenuto nella storia degli OGM, in particolare nella fase di sviluppo di una varietà di soia geneticamente modificata tramite l'inserimento di un gene della noce del Brasile per migliorare il tenore in aminoacidi solforati (metionina, cisteina). Durante lo sviluppo è emerso che la proteina codificata dal gene inserito (Albumina 2S) era il principale allergene alla noce. Alla luce di ciò la ricerca su questa varietà è stata abbandonata.

Poiché questo tipo di problema potrebbe presentarsi anche in altre varietà, l'analisi di tale potenziale rischio è per legge obbligatorio sia nelle fasi di sviluppo dei nuovi OGM che nelle procedure autorizzative. Oggi infatti, grazie alle conoscenze acquisite dall'allergologia, è in parte possibile prevedere se una nuova proteina può avere o meno un potenziale allergenico. Inoltre è previsto un piano di monitoraggio post-autorizzativo che consente in ogni caso di verificare la bontà della valutazione e, qualora emergessero problematiche di ritirare il prodotto per ulteriori verifiche.

Va comunque ricordato che non tutti gli OGM contengono nuove proteine, a volte si differenziano per la mancanza di una proteina presente invece nel corrispettivo convenzionale (è il caso del pomodoro a maturazione rallentata, in cui un enzima coinvolto nella maturazione nel pomodoro tradizionale viene eliminato tramite la modificazione genetica).

Tossicità

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Oltre al rischio di allergenicità, la presenza di nuove proteine negli organismi geneticamente modificati crea un potenziale rischio di effetti indesiderati nell'uomo e negli animali. Il rischio non è solo derivato dalle proteine codificate dall'inserto genico inserito, ma anche da potenziali modifiche nel metabolismo della pianta che possono derivare da interazioni con gli altri geni, portando alla produzione di sostanze non presenti nelle piante convenzionali.

Per questo motivo la valutazione della sicurezza degli OGM si basa su diversi aspetti: sia la valutazione delle singole proteine codificate dall'inserto genico, sia su analisi chimiche che permettono di evidenziare la presenza di sostanze in quantità differente rispetto ai corrispettivi convenzionali, sia, e soprattutto, su test effettuati su animali che vengono alimentati con l'organismo in questione per ricercare la possibile comparsa di effetti indesiderati. Questo iter ha molto in comune con le procedure seguite normalmente per la valutazione e autorizzazione di sostanze farmaceutiche, o per lo studio della tossicità di contaminanti ambientali, pesticidi ecc. Queste valutazioni vengono effettuate in Europa dall'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, che sulla base dei dossier sviluppati dalle aziende, esprime un parere positivo o negativo o richiedere studi integrativi. Tale procedura, che prevede che siano le stesse aziende a sviluppare i dossier e a pagare i costi delle ricerche connesse, è però messa in discussione dai movimenti anti-OGM che sostengono che i risultati presentati dalle aziende siano non credibili in quanto di parte.

Tale critica è stata avanzata in particolare verso alcuni dati presentati a sostegno della sicurezza di un mais geneticamente modificato prodotto da Monsanto, identificato col nome MON863, e autorizzato dalla Commissione Europea nel gennaio del 2006 per la commercializzazione ai sensi della Direttiva 2001/18. All'interno del dossier presentato da Monsanto nel 2002 era infatti presente uno studio di 90 giorni sui topi alimentati con MON863, in cui emergevano alcune differenze rispetto agli animali di controllo nei parametri ematologici e nel peso dei reni, sebbene non statisticamente significative. Tale studio, pubblicato in seguito anche su di una rivista internazionale[14], era stato valutato positivamente sia dal comitato di esperti tedesco che per primo valutò il dossier, sia successivamente dall'EFSA. Entrambi i comitati di valutazione erano giunti alla conclusione che le differenze riscontrate fossero non biologicamente significative. In disaccordo con queste conclusioni, il comitato francese CRIIGEN (Comitato per l'Informazione Indipendente e Ricerca sull'Ingegneria Genetica, vicino a movimenti anti-OGM come RQcOGM[15] e Greenpeace) ha richiesto di poter esaminare i dati originali dello studio. Dopo il rifiuto da parte di Monsanto di fornirli, Greenpeace è ricorsa a mezzi legali ottenendone l'accesso su ingiunzione del giudice nel giugno del 2005. Sulla base dei dati consegnati da Monsanto i ricercatori di CRIIGEN hanno svolto una nuova valutazione statistica, concludendo che, sebbene l'analisi di "Hammond et al" fosse formalmente corretta, alla luce di quei dati non era possibile escludere una potenziale tossicità renale e che nuove ricerche erano necessarie per valutare adeguatamente la sicurezza di questo mais transgenico[16]. L'EFSA, chiamata a rivedere i dati alla luce di questa nuova analisi, ha effettuato una ulteriore valutazione, al termine della quale ha riconfermando la sua opinione, ovvero che i prodotti derivati da questa varietà di mais transgenico sono da considerarsi sicuri nel contesto dell'uso autorizzato [17][18].

Resistenza agli antibiotici

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Un ulteriore rischio legato al consumo di prodotti derivanti da piante geneticamente modificate è che essendovi inserito un gene che conferisce la resistenza agli antibiotici, c'è il rischio di trasferimento della resistenza a batteri, anche patogeni. La rapida diffusione di numerose forme di antibiotico-resistenza tra i batteri è una problematica di sanità pubblica che ha sollevato un ampio dibattito in anni recenti, e per la quale numerose misure di prevenzione sono state messe in atto a livello internazionale.

Rispetto a questo problema in relazione agli OGM, l'EFSA in un'opinione pubblicata nel 2004 ha ammesso l'esistenza di questo rischio, evidenziando diversi livelli di rischio legati ai singoli geni di resistenza, in base ai quali ha espresso delle linee guida per limitarne l'uso [19]. In particolare i due geni più utilizzati riguardano la resistenza alla kanamicina e la resistenza alla ampicillina già oggi scarsamente utilizzati in terapia per eccessiva tossicità o per scarsa efficacia[20]. In ogni caso già oggi il principale prodotto OGM in commercio (il MON 810) non presenta il gene per l'antibiotico-resistenza e la normativa comunitaria prevede che essi siano abbandonati anche per fini di ricerca entro il 2008.

Il dibattito socio-economico

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La problematica OGM vede sempre meno protagonisti i temi legati all'alimentazione e all'ambiente, che via via stanno trovando risposte positive sia grazie alla ricerca che alla rigorosità delle norme autorizzative, mentre sono sempre più presenti e sentiti i fattori di rischio o opportunità economici e sociali. In particolar modo quest'analisi riguarda la relazione tra paesi sviluppati e in via di sviluppo e il modo in cui l'utilizzo su larga scala della tecnologia alla base degli OGM influisca o potrebbe influire sulle economie agricole deboli o in crisi (tra queste anche quella italiana).

Le resistenze all'applicazione degli OGM nell'agricoltura in paesi del terzo mondo sostanzialmente si basano sulle seguenti motivazioni:

  • Le piante OGM sono spesso vincolate all'obbligo di riacquisto di anno in anno. Questo implica che i coltivatori, che erano abituati a riseminare il raccolto, devono ricomprare la semente per garantirsi il beneficio dato dall'uso dell'OGM.
  • Le sementi OGM hanno costi superiori, dovendo ammortizzare l'investimento in ricerca necessario per svilupparli.
  • L'impatto dell'acquisto annuale di nuovi semi su soggetti microeconomici che faticano a raggiungere uno stato di sopravvivenza può innescare rapporti di debito prolungato con i rivenditori indebolendo ulteriormente i piccoli produttori.
  • I soggetti economici in grado sfruttare le opportunità offerte dagli OGM sono spesso i grandi produttori o dei possidenti terrieri.
  • L'uso di OGM potrebbe ridurre l'uso di varietà e risorse liberamente fruibili sul territorio.
  • Le industrie che producono OGM spesso non vengono ritenute soggetti morali sufficientemente qualificati e affidabili.
  • I paesi europei che si sono dichiarati OGM-free potrebbero rifiutare le derrate provenienti dai Paesi in via di sviluppo che li utilizzano facendo venir meno una fonte importante del loro bilancio nazionale.
Distribuzione globale delle coltivazioni OGM

Diversi studi hanno analizzato la significatività economica di tali preoccupazioni.

Secondo i dati economici raccolti dall'ISAAA (Servizio Internazionale per l'Acquisizione delle Applicazioni Agrobiotecnologiche) la maggior parte degli utilizzatori degli OGM sono i piccoli coltivatori dei Paesi in via di sviluppo (9,3 su 10,3 milioni di agricoltori che utilizzano gli OGM sono piccoli agricoltori e in particolare sono stati riportati benefici in Sud Africa, Argentina, Brasile, Cina, Filippine, India). Secondo l'ISAAA questo sarebbe da imputare al fatto che i benefici legati all'uso degli OGM attualmente in commercio sono indipendenti dalla dimensione aziendale (a differenza di quelli della Rivoluzione verde che richiedevano ingenti investimenti in termini di meccanizzazione e uso di input chimici)[21].

Di tutt'altro parere invece il report sull'impatto degli OGM dopo 10 anni di coltivazione a livello globale [22] divulgato dall'associazione ambientalista Friends of the Earth (FoE), da anni attiva contro l'uso degli OGM in agricoltura. Secondo FoE il report ISAAA sovrastima l'area messa a coltura di almeno un 5% e dimostra come essa sia concentrata solo in pochi stati. L'introduzione di coltivazioni transgeniche inoltre, sempre secondo FoE, ha contribuito poco o per niente al miglioramento delle condizioni economiche degli agricoltori nella maggior parte dei Paesi, e che in particolare in America Latina ha contribuito invece ad una ulteriore concentrazione della terra in mano a pochi, a discapito dei piccoli agricoltori. Inoltre il rapporto nota come la prospettiva di alleviare la fame del mondo grazie all'introduzione delle biotecnologie in campo agricolo sia stata disattesa, e che attualmente per lo più tali coltivazioni siano utilizzate per produzioni destinate all'uso animale. Per quanto concerne il fatto che uno dei vantaggi sia la maggiore facilità di gestione delle colture, sempre secondo FoE, solo i grandi produttori ne avrebbero beneficiato.

Un altro report che affronta il tema dell'impatto economico degli OGM è stato rilasciato nel febbraio 2007 anche dal Joint Research Center (il centro di ricerca della Commissione Europea), che ha analizzato l'impatto economico avuto dall'introduzione delle tre più importanti coltivazioni transgeniche a livello mondiale [23] (soia tollerante agli erbicidi, mais resistente agli insetti e cotone resistente agli insetti). Secondo il JRC, il rapido incremento nell'utilizzo di OGM a livello mondiale nella decade 1996-2005 (da 1.6 a 90 milioni di ettari) è spiegabile non tanto da un maggior rendimento (non sempre presente) ma soprattutto da una diminuzione dei costi di produzione e dalla facilitazione di alcune operazioni colturali (legate principalmente al controllo di insetti e infestanti) con conseguente riduzione dei costi operativi lasciando più tempo per svolgere altre attività, agricole e non, che possono andare a costituire ulteriori fonti di reddito. Sempre secondo il JRC, dai dati raccolti e pubblicati in questi anni emerge come gli agricoltori (in particolare quelli di piccole dimensioni) abbiano beneficiato dei vantaggi economici derivati dall'introduzione degli OGM (anche in Spagna, unico Stato europeo in cui sono presenti dati significativi sulle coltivazioni transgeniche), seguiti dai produttori delle sementi, e infine dai consumatori, che avrebbero beneficiato di una riduzione del prezzo dei prodotti. Il rapporto nota inoltre che, a seguito dell'introduzione di cotone e mais Bt (resistenti agli insetti), è significativamente diminuito l'uso di insetticidi, mentre per quanto riguarda la soia resistente agli erbicidi non si è osservata una riduzione in termini assoluti di erbici, ma unicamente una diminuzione nel consumo di carburante e un aumento delle aree coltivate a causa della semplificazione colturale.

OGM e bioetica

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Oltre al dibattito tecnico-scientifico, le biotecnologie applicate al settore agroalimentare hanno suscitato una serie di considerazioni di ordine etico nell'opinione pubblica.
Emerge infatti chiaramente da numerosi sondaggi che la maggior parte dell'opinione pubblica percepisce gli OGM come "innaturali"[24] poiché gli organismi transgenici superano la barriera di specie mischiando per esempio geni di piante con quelli di animali o batteri[25] con risultati che non potrebbero mai esistere in natura. Inoltre la modificazione del genoma, al di là delle sue finalità, viene spesso associata all'idea di una scienza che si sostituisce a Dio, o all'idea dell'intervento umano contrapposto alle "leggi della Natura" [26][27]. Non a caso uno tra gli appellativi più comunemente usati dai media per riferirsi agli OGM è "cibo di Frankenstein".
Tale percezione viene anche favorita dalla frequente menzione a titolo esemplificativo di OGM che mischierebbero geni di piante con quelli animali, ma che in taluni casi non sono mai esistiti. Un esempio è quello della cosiddetta "fragola pesce", una varietà di fragola in cui sarebbe stato introdotto il gene di un pesce artico in modo che resista al freddo. Questo OGM in realtà non è mai stato sviluppato, né tantomeno commercializzato, eppure ha avuto grande successo mediatico tanto essere diventato un'icona per il movimento anti-OGM.[28].

Posizioni pro e contro OGM

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Il dibattito sulle innovazioni in agricoltura è sempre stato molto acceso in Italia. Basti pensare alle contestazioni che dovette subire Nazzareno Strampelli, probabilmente il più grande genetista agrario italiano, per aver ottenuto negli anni '20 varietà ibride di frumento più produttive, meno sensibili all'allettamento e resistenti alla ruggine, ma che avevano il difetto di mettere in discussione le varietà storiche coltivate in Italia come ad esempio il "Rieti originario".

Oggi, in Italia diversi gruppi mostrano un'attitudine potenzialmente favorevole all'introduzione agli OGM anche nella nostra agricoltura. Tra questi si sono distinte numerose associazioni di ricercatori che hanno a più riprese tentato di chiarire le problematiche tecnico-scientifiche su questi delicati temi su cui spesso esiste molta disinformazione. In particolare, in tema di coesistenza tra coltivazioni GM e convenzionali 19 Società Scientifiche Italiane e 2 Accademie Nazionali hanno rilasciato nel 2006 un documento congiunto in cui si afferma che, sulla base della letteratura scientifica disponibile, le piante transgeniche non differiscono dalle varietà convenzionali nel loro comportamento in campo, ed i criteri esistenti per la coesistenza delle diverse varietà convenzionali possono costituire il modello per stabilire analoghi criteri per le varietà transgeniche. Le pratiche agricole già oggi disponibili consentono di rispettare la soglia dello 0,9% di contaminazione da OGM in prodotti non-OGM, imposta dal Regolamento CE 1830/2003, senza un significativo impatto in termini di costi di gestione per gli agricoltori, anche nel contesto agrario italiano [29]. Sul rapporto tra OGM e sicurezza alimentare un documento rilasciato nel 2004, firmato da 14 Società Scientifiche italiane congiuntamente all'Accademia dei Lincei, sottolinea come si debba "concentrare l'analisi non tanto sulla tecnologia con cui vengono prodotte le piante GM, ma piuttosto sui caratteri genetici inseriti, seguendo un approccio caso per caso. Si dovrebbe quindi abbandonare l'approccio critico rivolto agli OGM intesi nel loro insieme "a favore di un consenso razionale perché informato sul processo e sui prodotti derivanti" [30]. Recentemente sono nate, anche da parte di singoli ricercatori, iniziative di informazione e divulgazione sul tema degli OGM, quali ad esempio i blog di Salmone[31] e Biotecnologie: Basta Bugie![32].

Accanto a questi ricercatori, hanno assunto una posizione possibilista anche alcune associazioni agricole come Confagricoltura e Futuragra che sottolineano come l'Italia sia assolutamente deficitaria per l'approvvigionamento di soia (l'Italia produce solo l'8% del suo fabbisogno) e che oggi la pressoché totalità dei mangimi sul mercato italiano recano la dicitura "contiene OGM". Si domandano quindi perché, se si possono (devono) usare (comprare), non li si possano anche coltivare. A ciò i sostenitori aggiungono che taluni OGM aiuterebbero a contenere i quantitativi di alcune classi di micotossine, quali ad esempio le fumonisine, per le quali l'Italia risulta ben al di sopra delle soglie in discussione a Bruxelles (2.000 ppb contro le 30.000 della media italiana). Tali composti sono oggi sotto osservazione per il loro potenziale teratogeno. In sostanza questi agricoltori affermano il loro diritto a compiere autonomamente le proprie scelte economiche e vorrebbero, in assenza di pericoli per la salute e per l'ambiente, poter scegliere se coltivare o meno OGM sui loro terreni, valutando di volta in volta se, ed eventualmente quale, OGM coltivare o meno.

José Bové in una protesta anti-OGM al Salone dell'agricoltura a Parigi nel 2006

Dall'altro lato, la coltivazione in campo di OGM in alcuni stati europei ha sollevato proteste da parte di gruppi ambientalisti e di associazioni agricole. Uno degli oppositori più famosi è senza dubbio José Bové, che è stato anche condannato per aver distrutto in Francia i campi sperimentali (riso GM) di alcuni ricercatori del CIRAD, e gli impianti sperimentali che ne assicuravano la segregazione.

Tali gruppi ritengono che i numerosi studi prodotti su questi temi, i risultati delle valutazioni di impatto ambientale condotte nell'ambito delle procedure autorizzative e le norme internazionali volte al controllo e alla gestione dei possibili rischi legati alla diffusione globale delle piante transgeniche (primo fra tutti il Protocollo di Cartagena, nato proprio per assicurare la protezione contro i possibili effetti negativi sulla biodiversità) siano insufficienti a garantire la sicurezza ambientale e ritengono che le conseguenze a lungo termine del loro utilizzo non siano prevedibili.

In Italia, sebbene con accenti e finalità diverse, si oppongono all'introduzione degli OGM vari gruppi di diversa estrazione: no global, associazioni ambientaliste quali Greenpeace, WWF, Verdi, Ambiente e Società e Legambiente, e due delle tre principali associazioni degli agricoltori, Coldiretti e CIA.

In particolare Coldiretti ha promosso, insieme a numerose altre associazioni nazionali e locali, presso i comuni e le province l'approvazione di una delibera che dichiari il territorio come "libero da OGM". Tale atto, pur essendo di scarso valore applicativo sia da un punto di vista legale [33] che da un punto di vista pratico (la delibera vieterebbe non solo l'uso di OGM da parte di agricoltori e allevatori, ma anche il solo transito di materiale OGM sul territorio e, in taluni casi, anche la vendita nei supermercati, nonostante non siano previsti strumenti di controllo) ha comunque un forte valore politico avendo raccolto le adesioni da più di 2300 comuni italiani[34].

Questa opposizione all'uso degli OGM è basata sia su posizioni ideologiche che analisi economiche spesso interconnesse tra loro. Semplificando possono essere identificate le seguenti istanze base:

  • gli ambientalisti ritengono che la modificazione genetica diretta "snaturizzi" l'organismo modificato, con conseguenze imprevedibili per l'ambiente e la salute. Ritengono inoltre che il flusso genico verso le specie agrarie o selvatiche di transgeni sia un processo irreversibile che andrà a contaminare in modo irreparabile la biodiversità presente sul pianeta.
  • i no global ritengono gli OGM l'ultima frontiera della colonizzazione delle risorse del pianeta sia tramite l'uso di prodotti OGM brevettati, sia tramite l'uso di contratti che vincolano gli agricoltori a ricomprare di anno in anno la semente che solitamente viene venduta da una o poche società monopoliste.
  • le associazioni agricole contrarie all'uso di OGM stanno invece da anni lottando contro la concorrenza dei prodotti agricoli importati a basso costo attraverso azioni di marketing del prodotto agro-alimentare Made in Italy, sottolineandone la genuinità, la tipicità e la "tradizionalità", valori che, secondo loro, sarebbero in antitesi all'uso di prodotti OGM che invece favorirebbero una omogenizzazione delle produzioni.

Note

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  1. L'equilibrio tra le popolazioni vegetali e animali che insistono in un dato areale è sempre dinamico e dipende da una molteplicità di fattori (cibo - risorse - predatori - condizioni climatiche - introduzione di nuove specie) che influenzano la fitness relativa tra le diverse specie
  2. Il sito di Giorgio Celli
  3. Crawley, M. J., Brown, S. L., Hails, R. S., Kohn, D. D. & Rees, M. (2001) Transgenic crops in natural habitats. Nature, February 8, 2001, vol. 409, nr. 6821, pp. 682–683. Template:Entrez Pubmed
  4. Morgante M, Brunner S, Pea G, Fengler K, Zuccolo A, Rafalski A. (2005) Gene duplication and exon shuffling by helitron-like transposons generate intraspecies diversity in maize. Nature Genetics. 37(9):997-1002. Template:Entrez Pubmed
  5. UK Department for Environment Food and Rural Affairs. 2006. Results of the Farm Scale Evaluations (FSEs) of herbicide tolerant GM crops
  6. Database sugli studi legati alla valutazione della biosicurezza degli OGM
  7. Si veda ad esempio la tecnologia Clearfield
  8. http://www.weedscience.org/in.asp
  9. I movimenti che si oppongo agli OGM si riferiscono a tale fenomeno come "contaminazione" ritenendo che le piante GM siano in sé e per sé un rischio anche se autorizzate, e quindi considerate "sicure per l'uomo e per l'ambiente", ai sensi della Direttiva 2001/18/CE.
  10. Raccomandazione della Commissione, del 23 luglio 2003, recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche
  11. http://web.archive.org/web/20060210000918/http://www.cedab.it/mediaroom/documenti/StudioCoesistenza.pdf
  12. Sorlini C. et al., 2004. Biodiversità e organismi geneticamente modificati. Ministero Ambiente. CNR. - COOP Italia. 2004. OGM: la ricerca “sul campo”
  13. European Union (2000) Review of results of 15 years study on GMOs. http://ec.europa.eu/research/quality-of-life/gmo/
  14. Hammond B., Lemen J., Dudek R., Ward D., Jiang C., Nemeth M., Burns J. (2006) Results of a 90-day safety assurance study with rats fed grain from corn rootworm-protected corn. Food Chem Toxicol. 44(2):147-60. Template:Entrez Pubmed
  15. Il sito di RQcOGM
  16. Séralini G., Cellier D., de Vendomois J.S. (2007). New Analysis of a Rat Feeding Study with a Genetically Modified Maize Reveals Signs of Hepatorenal Toxicity, Arch Environ Contam Toxicol. 52(4):596-602. Template:Entrez Pubmed
  17. L'EFSA riconferma la sua valutazione del rischio
  18. Opinion of the Scientific Panel on Genetically Modified Organisms on a request from the Commission related to the Notification (Reference C/DE/02/9) for the placing on the market of insect-protected genetically modified maize MON 863 and MON 863 x MON 810, for import and processing, under Part C of Directive 2001/18/EC from Monsanto, The EFSA Journal (2004) 49, 1-25. [1]
  19. Opinione dell'EFSA sull'uso di geni di antibioticoresistenza come marcatori negli organismi geneticamente modificati
  20. Safety of Genetically Engineered Crops (2001) VIB
  21. ISAAA. Global Status of Commercialized Biotech/GM Crops: 2006
  22. Friends of the Earth International, 2007. Who Benefits from gm crops? An analysis of the global performance of GM crops (1996-2006)
  23. JRC report “Economic Impact of Dominant GM Crops Worldwide: A Review”
  24. I risultati dell'ultimo Eurobarometro sulle biotecnologie
  25. Su questo tema ha recentemente (11/05/2007) preso posizione Assobiotec, l'associazione italiana delle aziende biotec, sottolineando che le imprese si impegnano a non sviluppare OGM vegetali a fini alimentari che contengano geni umani e animali.
  26. Del Punta M. 2004. Opinione pubblica e biotecnologie: il caso degli OGM. Tesi di Laurea.
  27. Marris C. 2001. Public Views on GMOs: deconstructing the myths, EMBO 2 (7), 545.
  28. Bressanini D., 2007. L'OGM che non è mai esistito. Le Scienze Blog.
  29. http://web.archive.org/web/20060507093016/http://www.aissa.it/Consensus2006.pdf
  30. http://web.archive.org/web/20050306021459/http://www.citologia.org/Consensus_ITA.pdf
  31. il blog di Roberto Defez, ricercatore del CNR
  32. il blog di Biotecnologie: Basta Bugie!
  33. l'illegalitá delle regioni OGM-free è stata riconfermata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nel settembre 2007 in sede d'appello contro il bando degli OGM in Austria [2]
  34. http://www.coldiretti.it/docindex/cncd/informazioni/649_07.htm

Voci correlate

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Bibliografia

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  • Comitato Scientifico ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente), Scienza e ambiente - Conoscenze scientifiche e priorità ambientali, (Rischi Ambientali da Piante GM pp 9–29) Luglio 2002, ISBN 8844800640 documenti 1/2002

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