Mimo e fliace

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Mimo e fliace
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Teatro della Grecia antica
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

Oltre alla tragedia, alla commedia e al dramma satiresco, il teatro greco conosceva altri generi teatrali. In questa lezione ci occuperemo del mimo e del fliace.

Mimo[modifica]

Un genere teatrale particolarmente importante per la letteratura greca è il mimo. In origine doveva essere una forma di spettacolo popolare povera di mezzi, la cui esecuzione era affidata esclusivamente alle capacità degli attori, che recitavano senza maschere. Lo spettacolo si basava, molto probabilmente sull'improvvisazione, oppure su semplici canovacci che riproponevano situazioni tipizzate. Sulla scena venivano portate imitazioni realistiche di momenti della vita di ogni giorno, ma non si esclude che talvolta i soggetti potevano essere tratti dal mito.

Sempre secondo le fonti, c'erano molte tipologie di mimi, da quelli più orientati verso il registro comico e l'oscenità, a quelli più moderati. È inoltre probabile che alcuni mimi avessero toni seri e riflessivi. Per quanto riguarda lo stile, potevano essere in prosa oppure in poesia, a seconda che fossero destinati alla recitazione oppure al canto, e gli interpreti potevano essere uno o più attori.[1]

Il primo a portare il mimo a vera e propria forma d'arte fu Sofrone, attivo in Sicilia nella seconda metà del V secolo a.C. Nei suoi mimi tratteggiava bozzetti con scene di vita quotidiana e situazioni dialogiche. Molto probabilmente erano scritti in prosa ritmica, e l'autore distingueva tra le parti maschili e quelle femminili, a seconda del sesso dei personaggi. Anche questi ultimi erano ripresi dalla vita quotidiana: contadini, pescatori, sarte, maghe. Diogene Laerzio ci informa che questa forma d'arte fu particolarmente apprezzata da Platone, che non si separava mai da una copia dei mimi di Sofrone.[2]

Il mimo conobbe la sua massima fortuna in età ellenistica: con il declino della polis, anche tragedia e commedia avevano perso la centralità avuta durante l'età classica. Durante l'ellenismo questo genere continua a vivere nel teatro popolare, ma conosce anche un'evoluzione in forme più sofisticate dal punto di vista letterario, come nel caso dei mimi di Teocrito e di Eroda.

Fliace[modifica]

Durante l'età ellenistica anche un altro genere teatrale conobbe un notevole evoluzione: il fliace. In origine il termine phlyáx (φλυάξ) si riferiva probabilmente a un demone della vegetazione, legato al culto di Dioniso. In seguito, fu utilizzato per indicare un tipo di farsa diffusa soprattutto nelle regioni italiche. Il lessico Suda ricorda tra i più importanti autori di fliaci tragici (o ilarotragedie) il poeta Rintone, attivo a Taranto attorno al 300 a.C. In base alle testimonianze, si trattava di drammi burleschi, nei quali le vicende mitologiche affrontate dal teatro tragico venivano riproposte in chiave comica. Sembra inoltre che Rintone, di preferenza, riprendesse i temi delle sue opere dai drammi di Euripide.[3]

Note[modifica]

  1. Davide Susanetti, Il teatro dei Greci. Feste e spettacoli, eroi e buffoni, Roma, Carocci, 2003, p. 80.
  2. Diogene Laerzio 8,13.
  3. Davide Susanetti, Il teatro dei Greci. Feste e spettacoli, eroi e buffoni, Roma, Carocci, 2003, p. 81.