Libertà e volontà: Agostino,Tommaso d'Aquino, Duns Scoto
Ci sono due tipi di libertà:
- libertas minor: possibilità di scegliere tra diverse opzioni (può essere rivolta indifferentemente al bene o al male);
- libertas maior: adesione consapevole e volontaria al bene (all'ordine ontologico delle cose).
La libertà (o liberum arbitrium, libero arbitrio) è quindi in sé e per sé un bene e caratteristica propria solo dell'uomo.
Problema: la libertas maior non costituisce di per sè una privazione della libertà, essendo già determinato l'esito della scelta?
Risposta: non solo la libertas maior non è una privazione di libertà anzi, ne è la forma più autentica e piena. Infatti il soggetto, nel compiere una scelta rivolta al bene, non è obbligato ma pienamente padrone dei propri atti.
Per esprimere questa autonomia nella scelta viene adottato il concetto di volontà che è evidentemente in stretto rapporto con quello di libero arbitrio.
Agostino: il bene della libertà[modifica]
Volontà come bene medio che si pone tra:
- i grandi beni o beni superiori, rappresentati dalle virtù cardinali
- e i piccolo beni o beni inferiori, ossia ad esempio le forme belle dei corpi, la salute, la ricchezza ecc.
« Nessuno può fare cattivo uso di un principio giusto » | |
« Accade così che né i beni desiderati da chi pecca né la stessa volontà libera che, come abbiamo appurato, deve essere annoverata tra i determinati beni medi sono male, ma è un male distogliere la volontà dai beni immutabili e volgerla ai beni mutevoli » | |
La libertà dell'agire umano quindi rinvia alla responsabilità dello stesso agire. E dalla responsabilità si passa alla giustizia. Infatti l'uomo in quando essere libero ha la facoltà di scegliere (libertas minor) orientando le sue azioni al bene o al male; l'automia di questa scelta determina quindi la responsabilità dell'uomo il quale riceve il premio (nel caso le sue azioni volgano al bene - libertas maior) o la pena (nel caso le sue azioni volgano al male) secondo giustizia, e in virtù del suo comportamento.
Tommaso d'Aquino: intelletto e volontà[modifica]
Tommaso, sulla scorta di Aristotele, definisce la volontà un appetito intellettivo.
Appetito: tendenza o inclinazione verso un oggetto che viene desiderato (per l'appunto appetito).
Tommaso riconosce 3 tipi di appetito:
- Appetito naturale: tipico di tutti gli esseri (piante comprese), consiste nel tendere inconsapevole al mantenimento del proprio essere;
- Appetito sensitivo: caratteristica degli animali, è quell'impulso di autoconservazione dell'individuo (attraverso il nutrimento) e della specie (attraverso la riproduzione)
- Appetito intellettivo: caratteristica degli uomini, è quella tensione verso un oggetto che però viene conosciuto e valutato come bene dal soggetto.
Tommaso poi distingue tra:
- volontà: tensione verso il fine ultimo, il bene universale;
- libero arbitrio: rapporto tra la volontà e i beni particolari.
La volontà tende naturalmente al bene ma nell'esperienza l'uomo si deve confrontare con una molteplicità di beni particolari per cui la determinazione del rapporto tra questi beni e il bene universali è libera ed è in questa determinazione che la volontà di esercita come libero arbitrio.
Per definizione però la scelta non è solo espressione della volontà (appetitus intellettivus). In essa infatti compartecipa l'aspetto intellettivo che la caratterizza come attività esclusivamente umana. Si viene così a delineare un rapporto particolare tra volontà e intelletto, infatti:
- l'intelletto vanta un primato rispetto alla volontà dal momento che essa tende ad un bene che le viene indicato proprio dall'attività valutativa dell'intelletto stesso;
- d'altro canto la volontà vanta il privilegio di non essere determinata dall'oggetto particolare a cui viene indirizzata e per questo è libera di seguire o meno le indicazioni dell'intelletto.
« La volontà tende al proprio oggetto secondo l'ordine della ragione, essendo la facoltà conoscitiva quella che presenta all'appetitiva il proprio oggetto. Quindi l'atto mediante cui la volontà tende a una cosa presentata come buona, essendo ordinato al fine dalla ragione, appartiene materialmente alla volontà e formalmente alla ragione » | |