Le Istituzioni Civili della Monarchia Romana
I comizi curiati (Comitia Populi Curiata) furono una assemblea romana, risalente all'epoca Regia e perciò la più antica di Roma, cui i cittadini romani partecipavano suddivisi per curie, che la tradizione romana vuole fossero state create da Romolo.[1]
Nata con funzione consultiva del Re o dei magistrati, divenne il principale organismo assembleare romano nei primi anni della Repubblica, per poi perdere rapidamente rilevanza a favore di altre forme assembleari.
Si riuniva nel Comizio, il centro politico di Roma situato nel Foro Romano.
Tutti i maschi adulti delle famiglie patrizie partecipavano alla più antica assemblea cittadina di Roma. In essi, i membri delle gentes erano suddivisi in 30 curie (gruppi di uomini), 10 per ciascuna delle 3 tribù da cui si era formato il nucleo della città di Roma: i "Ramnes" (Latini), i "Tities" (Sabini) e i "Luceres" (Etruschi).
Storia Epoca regia Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Età regia di Roma.
Durante il primo periodo regio rappresentò la prima assemblea costituente dei cittadini romani[2], che vi partecipavano suddivisi per curie, rappresentative delle tre tribù originarie di Roma. Si discute se vi partecipassero tutti i cittadini di Roma, Patrizi e Plebei,[3] o solo i Patrizi, almeno all'inizio dell'era monarchica.[4] Da uno scritto di Aulo Gellio, si potrebbe ricavare che nei Comitia curiata si voti in base alle gens originarie.[5]
Prima forma assembleare cittadina, veniva convocata ogni qualvolta il Re, che la presiedeva, avesse necessità di avere il consiglio dai cittadini romani. L'assemblea, che non poteva autoconvocarsi, non aveva il potere di proporre o modificare le deliberazioni proposte dal Re, potendo quindi solo accoglierle o rifiutarle.
Allo stesso modo, quando si doveva eleggere il nuovo Re, ai Comitia Curiati spettava il compito di accettare o meno il canditato re, ratificato dal Senato su proposta dell'interrè, attraverso la lex curiata de imperio.[6]
Secondo Dionigi di Alicarnasso a questi Comitia erano attribue tre funzioni principali:
-accettare o rigettare leggi; -decidere della pace e delle guerre; -eleggere i magistrati
Theodor Mommsen circoscrive la possibilità dei Comitia curiati di decidere della guerra, ai soli casi in cui era necessario rompere un trattato prima di scendere in guerra.[7]
Secondo il De Francisci, questa assemblea non deteneva di fatto poteri evidenti. Non aveva un potere elettorale, poiché il rex era designato da un pater nella qualità di interrex, oltre al fatto che il tribunus celerum, il magister populi, i duumviri perduellionis ed i quaestores parricidii erano tutti creati dal rex.[2]
Le loro funzioni risultavano:
-di sicuro non elettorali, poiché una volta eletto il rex (e più tardi i magistrati maggiori), ne seguiva la sua acclamazione davanti al popolo riunito (attraverso la lex curiata de imperio), che si obbligava nei confronti del neoeletto all'obbedienza;[2][8] -neppure legislative, poiché la materia era riservata al solo rex (leges regiae);[8] -e neanche giurisdizionali, in quanto il popolo poteva solo assistere ad una grave condanna contro chi si era macchiato di aver attirato sull'intera comunità l'ira degli dèi e, per questo motivo, meritava il supplicium.[8]
Sempre secondo il De Francisci, l'attività delle curiae fu limitata alla vita di gruppi minori, dinnanzi alle quali si compivano:[8]
-gli atti del testamento (calatis comitiis), dove il pater familias designava ufficialmente il suo successore;[8] -la detestatio sacrorum, ovvero la rinuncia al culto familiare (connesso molto probabilmente con l'adrogatio);[8] -la cooptatio, che rappresentava l'ammissione di una nuova gens nella comunità romana;[3] -e l'adrogatio quando un pater familias si sottoponeva alla protezione di un altro pater.[3]
Ed anche in questi casi, i comitia curiata non avevano una vera e propria funzione deliberante.[3]