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La scrittura neumatica

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La scrittura neumatica
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia della musica
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%
Neuma plurisonico

La riforma gregoriana sostituì lo studio dei testi alla trasmissione orale delle scuole di canto delle origini, sacrificando, oltre alle particolarità regionali (alcune delle quali, specialmente quelle di derivazione mozarabica, particolarmente ricche) e all'intonazione microtonale (che esisteva ancora nel rito vetero-romano) anche il ruolo dell'improvvisazione. Allo stesso tempo si creò la necessità di "annotare" i testi scritti in modo da aiutare i cantori ad eseguire le musiche sempre nello stesso modo, con una linea melodica che indicava la sua direzione, ascensionale o discensionale. Quest'esigenza fece nascere segni particolari (i neumi, pare nati dai gesti del direttore del coro) che, annotati tra le righe dei codici, rappresentavano l'andamento della melodia, come già detto (ma lasciando liberi intonazione e ritmo).

La scrittura neumatica divenne così la prima forma di "notazione" - da cui poi la "nota" musicale moderna.

Notazione sangallese

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Il Graduale Tu es Deus del Cantatorium Codex Sangallensis 359
L'Alleluia Laudate pueri tratto dal Graduale Triplex. Sotto la notazione quadrata, in rosso, la notazione sangallese.

La notazione sangallese è una maniera di annotare il canto gregoriano.

È la notazione più antica, più conosciuta e più studiata per chi affronta lo studio della musica antica.

Si è sviluppata nell'Abbazia di San Gallo in Svizzera e si è diffusa nell'ambiente germanico e più in generale nell'Europa centrale. La tradizione leggendaria però, anche se non sembra avere fondamento, vuole che la fonte dei neumi dell'abbazia fondata nel 725, sia stata Roma stessa attraverso l'opera del cantore Romanus.

La notazione sangallese è una notazione di tipo adiastematico: i neumi sono scritti in campo aperto senza il riferimento del rigo musicale e resta tra le più ricche di indicazioni preziose per l'interpretazione del canto gregoriano ed il suo studio s'impone a chiunque voglia conoscere a fondo il canto gregoriano.
Il codice più antico, il codice C St. Gallen 359, è un cantatorium che risale all'inizio del X secolo.
Il Graduale Triplex riporta in inchiostro rosso, sempre sotto la notazione quadrata e sotto la notazione metense in nero i neumi della scuola di san Gallo, permettendo la lettura sinottica.

Notazione metense

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L'Alleluia Laudate pueri tratto dal Graduale Triplex. Sopra la notazione quadrata, in nero, la notazione metense.

La notazione metense o lorenese o di Laon è una maniera di annotare il canto gregoriano.

Si è sviluppata nella Francia settentrionale e ha preso il nome dalla città di Metz, anche se l'aggettivo metense risulta inappropriato: infatti a Metz non è mai esistita una scuola scrittoria. La regione in cui è nata nel IX secolo e si diffuse è la Lorena meridionale ed il codice più importante pervenutoci, il manoscritto 239 (L) conservato nella Bibliothèque Municipale di Laon e risalente all'anno 930 circa, proviene da Laon, per questo la notazione è detta anche di Laon.
La notazione metense si diffuse anche in territori lontano dalla Lorena: in Italia la troviamo a Como e a Vercelli.

La caratteristica principale di questa notazione, sta nell'ondulazione del tratto. Significativo rappresentante è il neuma monosonico detto uncinus (), la cui dimensione è variabile a seconda del valore della nota cui corrisponde. Riducendo le dimensioni si ottiene la semplice forma del punctum, il cui valore sarà estremamente ridotto.
Questa notazione è adiastematica, cioè non dà informazioni sull'altezza melodica dei suoni, ma nella grafia è presente una certa diastemazia, seppur relativa e solo accennata, che non potrà essere considerata determinante nell'interpretazione, ma che comunque può aiutare a risolvere problemi interpretativi.
Un'altra caratteristica è l'assenza di episema, contrariamente alla notazione sangallese, ma abbondante è l'uso delle litterae significativae.

Il Graduale Triplex riporta in inchiostro nero, sempre sopra la notazione quadrata e sotto la notazione sangallese in rosso, indicato con la lettera L, i neumi del codice 239, permettendo la lettura sinottica.
I neumi monosonici in questa notazione hanno una tipica forma all'uncino, detti appunto uncinus, spesso con grandezza proporzionale all'intensità sonora con cui vanno intonati.

Neumi:

  • Punctum
  • Uncinus
  • Pes
  • Clivis
  • Torculus
  • Porrectus
  • Pes quassus

Lettere Significative:

  • t
  • a
  • c

Notazione quadrata

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File:Diast.jpg
Rigo musicale a due linee della scuola beneventana.
Neuma quadrato su tetragramma del codice Alboense, XIV secolo.
La notazione quadrata del Liber Responsorialis, 1895.

La notazione quadrata, detta anche notazione vaticana, è una maniera di annotare il canto gregoriano.

È la notazione più recente, apparsa nell'XI secolo ed impropriamente attribuita a Guido d'Arezzo. È anche la più conosciuta, anche se oggi si preferisce avvalersi anche di altri sistemi di notazione, sia la metense e la sangallese in modo particolare come avviene nel Graduale Triplex, per un confronto ed un approfondimento dal punto di vista semiologico.

I più antichi sistemi di annotazione erano detti adiastematici: i neumi erano scritti in campo aperto e non veniva riportata nessuna indicazione per quanto riguarda la posizione melodica delle note. Tuttavia, a poco a poco, si manifestò una ricerca di diastemazia, ossia di precisione nella notazione degli intervalli. I neumi, ancora in campo aperto, furono disposti su differenti livelli poi fissati in modo rigoroso attorno ad una linea tracciata con punta secca. Questa linea, riservata prima solo all'orientamento del notatore, fu presto colorata, poi si videro apparire righi a due o tre linee prima che il numero fosse definitivamente fissato a quattro.

Il tetragramma

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Il rigo della notazione quadrata è composto da quattro linee e tre spazi interlineari e prende il nome di tetragramma. Sia le linee che gli spazi si contano dal basso verso l'alto.
Generalmente l'ambitus delle melodie gregoriano è assai poco sviluppato e perciò quattro linee sono sufficienti. Se la melodia supera l'ambito delimitato dal tetragramma, si può aggiungere una linea supplementare al di sopra oppure al di sotto del tetragramma, oppure si sposta o si cambia la chiave.

Le chiavi

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Chiave di DO Chiave di FA

Le chiavi di lettura delle note sono due: quella di DO e quella di FA, raffigurate con una stilizzazione grafica delle lettere C ed F, secondo l'antico uso di indicare le note. La posizione delle chiavi sul tetragramma non è fissa. La chiave di DO si può trovare raramente sulla seconda linea, indifferentemente sulla terza o sulla quarta, mai sulla prima. La chiave di FA la si trova sulla terza linea, una volta sulla quarta, nell'offertorio Veritas mea, mai sulla prima e sulla seconda.

Le alterazioni

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Nel canto gregoriano viene utilizzata una sola alterazione, il bemolle e solo davanti al SI.

L'effetto del bemolle persiste: fino a che non intervenga un bequadro, un qualsiasi tipo di stanghetta, un'altra parola.

La guida

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La guida o custos è un segno che annuncia la posizione della nota seguente. Viene utilizzata in due casi: alla fine del rigo, come annuncio in anticipo della prima nota del rigo seguente, oppure nel corso del rigo quando viene cambiata la chiave.
In entrambi i casi non deve essere cantata.

Le stanghette

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Quarto di stanghetta Mezza stanghetta Stanghetta intera Doppia stanghetta

Le stanghette sono utilizzate per punteggiare le frasi melodico-verbali, indicando la gerarchia in cui le frasi stesse si trovano. Non hanno quindi valore ritmico o mensurale.

  • Il Quarto di stanghetta o Divisio minima all'interno del periodo musicale, delimita un inciso.
  • La Mezza stanghetta o Divisio minor delimita un membro, costituito da più incisi.
  • La Stanghetta intera o Divisio maior chiude un periodo musicale che spesso coincide con la conclusione di una frase letteraria.
  • La Doppia stanghetta o Divisio finalis stabilisce la conclusione del pezzo oppure l'alternarsi di un coro con un altro o del coro col solista.

L'asterisco e la crocetta

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L'asterisco ( * ) lo si incontra dopo l'intonazione dei pezzi e sta ad indicare il momento della melodia in cui il coro si unisce al solista che intona.
Nella salmodia serve per delimitare due emistichi di un versetto indicando la cadenza mediana. Lo si trova infine anche nell'ultimo eleison del Kyrie quando l'ultima invocazione è formata da due incisi.

Il doppio asterisco ( ** ) lo si incontra solo nell'ultima invocazione del Kyrie ed indica il momento in cui i due semicori si uniscono.

La crocetta ( ) sta ad indicare la cesura minima o flexa all'interno del primo emistichio di un versetto salmodico.