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La musica nel Quattrocento

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La musica nel Quattrocento
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia della musica
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%
Guilaume Dufay

I rivolgimenti economici e sociali del XV secolo soprattutto la guerra dei cent'anni e lo sviluppo dei traffici nel nord Europa diminuirono l'importanza della Francia e diedero impulso allo sviluppo delle arti in generale e della musica in particolare nelle regioni della Fiandra e della Borgogna. La scuola che si sviluppò, finanziata nelle scuole delle cattedrali dalla borghesia benestante, prese il nome di Scuola franco fiamminga e innovò grandemente le preesistenti forme della messa, del mottetto e della chanson. Ponendo le consonanze per terze (ancora oggi familiari all'orecchio occidentale) e la forma imitativa del canone alla base delle loro procedure compositive, i fiamminghi (tra cui ricordiamo il fondatore Guillaume Dufay e il grande Josquin Des Prez) rivoluzionarono la pratica della polifonia ereditata dall' Ars nova e dall'Ars antiqua. Il lavoro di questi compositori poneva le basi per lo sviluppo di quella che sarebbe stata la teoria dell' armonia.

La monumentale complessità cui pervennero le composizioni fiamminghe (si ricorda il mottetto "Deo Gratias" di Johannes Ockeghem, a 36 voci a parti reali - cioè senza alcun raddoppio di una o più linee melodiche, sia all'unisono che all'ottava), le regole da essi codificate e la minuta tassonomia con la quale classificarono le forme da essi frequentate (soprattutto il canone) finirono per inaridire e fare considerare artificiose le composizioni dell'ultimo periodo fiammingo: a questo punto, (tra il XVI e il XVII secolo) gli insegnamenti dei fiamminghi erano stati assorbiti dagli altri musicisti europei ed erano divenuti parte integrante della polifonia. La produzione musicale italiana di questo secolo non è ben documentata. Si sa che vi fu un'espansione della musica d'uso (nelle corti e in genere nelle occasioni profane) la cui parte musicale affidata come di consueto alla tradizione orale, è andata quasi interamente perduta. Di questo periodo si ricordano i canti carnascialeschi (canti di Carnevale), nati a Firenze nell'epoca di Lorenzo il Magnifico. Si tratta di canti popolareschi a più voci: una vera e propria polifonia in cui tutte le voci cioè hanno lo stesso ritmo (polifonia omoritmica).

Si affermarono diverse forme quasi monodiche, o comunque con polifonie omoritmiche molto più semplici di quelle fiamminghe, in cui il testo prevaleva sull'intreccio musicale. Tra queste era popolare la forma detta frottola. Da Napoli proveniva la villanella (che inizialmente si chiamò infatti villanella alla napoletana), una forma a 3 voci, inizialmente in dialetto napoletano, che diventò una forma internazionale come il madrigale. Fu una forma dal carattere fortemente popolare, caratterizzata dalla presenza di quinte parallele, quasi a sottolineare la distanza dalla tradizione colta dello stesso periodo.