Il modellamento eolico (superiori)
I processi del modellamento eolico
[modifica]Erosione
[modifica]Il vento modella la superficie terrestre soprattutto in zone in cui la copertura vegetale è ridotta o assente e il terreno non è trattenuto e consolidato dalle radici. In generale questo avviene in zone con clima arido o semiarido, sia caldo che freddo. Avviene inoltre sulle coste marine sabbiose, dove la vegetazione continentale non può insediarsi per l'elevata salinità, e in ambiente di alta montagna, dove la vegetazione è scarsa per l'altitudine e il rigore del clima.
Il materiale movimentato in ambiente eolico viene messo a disposizione da due tipi di processi:
- l'alterazione superficiale, determinata dall'alternanza di episodi caldi e freddi (e dagli episodi di gelo e rigelo in climi freddi), dall'infiltrazione di acque meteoriche e dall'alterazione chimica determinata dalle acque stesse di percolazione;
- l'azione erosiva diretta degli agenti atmosferici, quali acqua corrente e vento. Sulle coste gli apporti di sabbia derivano anche dai fiumi, o dalle correnti costiere.
Trasporto
[modifica]Secondo studi di laboratorio[1], le correnti eoliche (il vento) hanno minore capacità erosiva rispetto alle correnti subacquee, poiché la velocità critica di erosione[N 1] di un flusso aereo è considerevolmente superiore a quella di una corrente d'acqua. Questo significa che il vento necessita di velocità di flusso considerevolmente maggiori rispetto alle acque correnti per muovere granuli dello stesso diametro, a causa della minore densità[N 2] e viscosità[N 3] del flusso. Venti di 55 m/s (circa 200 km/h) o più sono tipici degli uragani, ma sulle aree continentali si registrano venti tipicamente fino a 30 m/s (un centinaio di Km/h): a queste velocità il limite massimo di diametro per granuli di quarzo che possono essere mossi dal vento è intorno a 0.5 mm (corrispondente ad una sabbia media), che è la granulometria massima delle tempeste di sabbia. Per venti "normali" la granulometria media è molto minore, arrivando al massimo alla sabbia molto fine. Questo è un importante criterio per distinguere i depositi sabbiosi eolici da quelli dovuti a corrente d'acqua, perché depositi di granulometria pari e oltre la sabbia grossolana (> 0.5 mm) è poco probabile siano di origine eolica.
Quando un fluido, in questo caso il vento, agisce su una superficie coperta da sedimento sciolto con una velocità superiore alla velocità critica, esercita uno sforzo di taglio sufficiente ad attivare il movimento delle particelle di sedimento. Il vento trasporta particelle ovvero clasti (frammenti di rocce preesistenti, di natura sedimentaria, ignea o metamorfica) di dimensioni variabili (dalla polvere fino alla sabbia fine). L' erosione in questo caso è determinata dall'azione abrasiva esercitata direttamente dal vento attraverso i granuli che esso trasporta e che colpiscono le superfici esposte di roccia nuda, modellandola e producendo a sua volta altre particelle di polvere, che vengono anch'esse prese in carico dal vento.
Il vento muove le particelle di sedimento attraverso tre modalità: la saltazione, il trascinamento e la sospensione, con prevalenza della prima. Un granulo che viene preso in carico da una corrente eolica si muove per l'appunto "saltando" secondo una traiettoria curvilinea di tipo parabolico che ha nel tratto in risalita un angolo variabile ma piuttosto elevato (intorno a 30°-50° e oltre), dopo di che ricade con un angolo di impatto piuttosto costante (intorno ai 15°). Lunghezza e altezza della traiettoria sono proporzionali alla velocità del vento: la "nube" di materiale in saltazione supera raramente lo spessore di 1-2 m; più frequentemente il materiale si muove entro poche decine di centimetri. Se la ricaduta avviene su una superficie rocciosa il granulo rimbalza e può essere ripreso in carico. Se ricade su un letto di altri granuli, tende a scagliarli intorno favorendo la loro presa in carico da parte del vento e contribuendo a propagare il movimento, e ad innescare così un trasporto generalizzato di materiale sabbioso.
Se i granuli in fase di saltazione colpiscono altri granuli troppo pesanti per essere fatti saltare a loro volta, questi ultimi vengono spinti in avanti per trascinamento nella direzione del vento, "strisciando" lungo la superficie del sedimento, secondo una modalità definita anche reptazione ( o scorrimento superficiale). Poiché le particelle più grossolane e più abrasive rimangono nello strato di atmosfera più vicino al terreno, l'azione erosiva di queste ultime si esercita soprattutto nello strato di atmosfera a contatto col terreno (da pochi centimetri a pochi metri). Nell'ambiente eolico, la sabbia movimentata dal vento dà luogo a tipici depositi di duna (duna eolica, perché vi sono anche depositi di duna subacquea, in ambiente fluviale e marino).
Le particelle più fini vengono sollevate fino ad alte quote (anche fino a oltre 3000 m) e possono mescolarsi in parte con le perturbazioni atmosferiche che poi si scaricano in altri luoghi, dando luogo a piogge che lasciano depositi di sabbia fine e polvere. Questo materiale fine, della granulometria del silt più fine e dell'argilla, viene trasportato dal vento in sospensione, permanendo in carico anche per notevoli distanze (centinaia o migliaia di chilometri), e sedimentando gradualmente per decantazione; questo materiale rimane in genere nei depositi come elemento "di fondo", senza dare origine ad accumuli morfologicamente caratterizzati. Nelle zone aride di clima freddo (steppe periglaciali), questi sedimenti possono dare origine a coltri di löss o loess (accumuli di sedimento della granulometria del silt, non rilevati ed estesi su vaste aree).
L'insieme delle azioni di sollevamento e trasporto dei sedimenti a opera del vento è chiamata deflazione. Nelle zone di deflazione le rocce vengono continuamente messe a nudo producendo depressioni oppure un abbassamento del suolo. Quando un suolo è soggetto a deflazione, il materiale che rimane è quello che il vento non riesce mai a rimuovere perché troppo pesante (o riesce a spostare solo molto lentamente durante le maggiori tempeste di sabbia tramite il bombardamento dei granuli "saltanti"). Questi depositi residuali (pavimento del deserto) sono più grossolani di quelli di duna e poco selezionati, con granulometria tipicamente bimodale (cioè con due classi granulomentriche principali) per l'alternanza di letti residuali di ciottoletti e letti di sabbia finissima e silt. Occasionalmente sono presenti letti discontinui di sabbie più grossolane per le pulsazioni della velocità del vento.
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Per approfondire questa parte potresti consultare i seguenti testi alle pagine indicate:
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Una tempesta di sabbia in Iraq, esempio di deflazione
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Una tempesta di sabbia nel Texas
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Quando la deflazione porta via le parti più fini resta un suolo con i detriti più grossolani
I materiali
[modifica]Per quanto riguarda le nozioni base sui materiali dei sedimenti si richiama quanto riportato nella lezione precedente.
Per approfondire questo argomento, consulta la pagina Il modellamento fluviale (superiori)#I materiali. |
Sedimenti di duna
[modifica]L'azione di erosione eolica, dominata dagli impatti tra i granuli, elimina abbastanza rapidamente i granuli composti di materiale meno duro (ad esempio granuli calcarei), riducendoli in polvere e lasciando meno danneggiati i granuli composti da minerali più resistenti (ad esempio il quarzo). Inoltre, gli impatti frequenti tendono ad eliminare asperità e angolosità dei granuli stessi (anche dei più resistenti), aumentandone l'arrotondamento. Inoltre, il vento, per le sue caratteristiche di fluido poco denso e poco viscoso, tende a "selezionare" molto bene la granulometria (cioè le dimensioni) dei granuli che riesce a prendere in carico. Una corrente eolica con velocità relativamente costante infatti, riesce a trasportare granuli fino a un certo limite di dimensioni (sabbia fine, al massimo media).
I granuli di dimensioni maggiori, come già detto, vengono lasciati indietro, mentre le frazioni di sedimento molto fini rimangono in sospensione e vengono portate via. I granuli di sabbia desertica si presentano alla lente d'ingrandimento (o al microscopio) con una superficie scabra e finemente "picchiettata" (pitted in Inglese), simile a quella del vetro smerigliato, prodotta sia dagli urti con gli altri granuli sia da desquamazione dovuta ai forti sbalzi di temperatura dei cicli notte-giorno nel deserto.
Tutto questo in realtà avviene anche per le correnti d'acqua, ma il processo di arrotondamento e selezione è molto meno efficiente per la maggiore densità e soprattutto per la maggiore viscosità dell'acqua, che ha l'effetto di rendere meno efficaci gli impatti tra i granuli (quindi a frantumarli e arrotondarli di meno) e a "sostenere" e trascinare nel flusso anche i granuli relativamente più grandi e i più piccoli.
Quindi i depositi sabbiosi eolici sono normalmente ben selezionati, di dimensioni quasi mai grossolane (mediamente si tratta di sabbia fine), con clasti ben arrotondati e tendenzialmente composti dai minerali più resistenti (il quarzo è spesso dominante). Questi sono tratti distintivi rispetto ai depositi sabbiosi di origine marina e fluviale. In altre parole, le sabbie di origine eolica hanno una elevata maturità, sia dal punto di vista tessiturale (arrotondamento e selezione elevati) che composizionale (granuli con composizione uniforme e di minerali ad elevata durezza).
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Granuli di sabbia dal deserto occidentale egiziano. Si tratta per la maggior parte di granuli ben arrotondati ma con superficie "picchiettata" (pitted) per le collisioni con altri granuli. Scala in micrometri (millesimi di millimetro)
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sabbia del Western Desert (Egitto). Notare il buon arrotondamento dei granuli e la prevalenza netta di clasti di quarzo (distinguibili dall'aspetto vitreo). Scala in micrometri (millesimi di millimetro)
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Sabbia dal deserto del Gobi (Mongolia). La larghezza della foto è 10 mm. Notare il buon arrotondamento e l'ottima selezione dei granuli
Sedimenti residuali di deflazione
[modifica]Come detto nel capitolo precedente, nelle zone di deflazione vi sono (quando presenti) depositi residuali, ovvero privati di una parte consistente di materiale originario (preso in carico dal vento e accumulato nelle dune). Questi depositi hanno granulometria bimodale (cioè con due classi granulometriche dominanti). La più elevata è costituita da sabbia molto grossolana e ciottoli, fino a massi (che non possono essere presi in carico dalle correnti eoliche), sovente con arrotondamento molto scarso, indice di scarsa rielaborazione. La più fine è rappresentata da un mix di sabbia finissima, silt e argilla, con prevalenza dei termini inferiori. Le frazioni granulometriche più fini restano in situ perché i sedimenti molto fini sono tendenzialmente coesivi (ovvero: dotati di coesione), in quanto rispetto alle frazioni più grossolane agiscono in misura maggiore le forze di attrazione elettrostatica tra i granuli stessi, soprattutto per la presenza di minerali argillosi di forma lamellare (quindi con un elevato rapporto superficie/volume).
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depositi residuali di deflazione molto eterometrici (con una gamma piuttosto ampia di classi granulometriche), fino a massi
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Deposito residuale di deflazione costituito in prevalenza da ciottoli
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Effetto della deflazione
Sedimenti di loess
[modifica]I depositi derivati dalle polveri in sospensione per decantazione, come detto in precedenza, formano il loess. l loess è un terreno omogeneo, poroso, friabile, di colore giallo pallido o ocra, leggermente coerente, tipicamente non stratificato e spesso debolmente cementato da arbonato di Calcio. I grani del loess sono angolosi (scarsissimo arrotondamento), scarsamente levigati e composti da cristalli di quarzo, feldspato, mica e altri minerali. Le proporzioni delle classi granulometriche sono mediamente circa 20% di argilla e il resto suddiviso in parti uguali di silt (limo) e sabbia fine e finissima, con particelle tipicamente di dimensioni da 30 a 50 micrometri (millesimi di millimetro).
Questi depositi sono attraversati da pori capillari verticali, che ne facilitano la fessurazione, formando pareti ripide piuttosto stabili, anche perché i granuli molto angolosi offrono una notevole resistenza allo scivolamento.
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Blocco di loess. E' visibile la tipica fessurazione verticale.
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Parete di cava tagliata nel loess (Ungheria)
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Gola a pareti verticali nel loess (Ungheria)
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Parete di loess (Israele, deserto del Neghev)
Forme di erosione
[modifica]Rocce a forma di fungo delle regioni desertiche
[modifica]Come abbiamo visto, i granuli di sabbia più grossolani, che si muovono per saltazione o trascinamento, hanno la maggiore capacità erosiva. Questi rimangono a contatto con il terreno o negli strati atmosferici immediatamente soprastanti (da pochi centimetri a pochi metri, a seconda della velocità dei venti dominanti), provocando negli ammassi rocciosi affioranti una azione di vera e propria "smerigliatura". Il termine utilizzato per questo tipo di erosione è corrasione. La polvere portata in sospensione ad altezza maggiore ha forza d'urto e capacità erosiva molto minore, quindi la sua azione è molto meno importante (o comunque su una scala temporale molto più dilatata). Per questo nelle regioni desertiche l'erosione eolica dà luogo ad ammassi rocciosi con morfologia a "fungo". Queste rocce a fungo hanno vita relativamente breve, poiché l'azione erosiva prosegue assottigliando la parte inferiore fino al crollo della struttura.
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Corrasione a forma di fungo nel Salar de Uyuni (Bolivia)
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Deserto bianco, Egitto
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Deserto bianco
Forme di deposito
[modifica]Quando il vento perde intensità i clasti ricadono al suolo in tal modo si accumulano sul terreno e formano depositi eolici, le forme più tipiche di deposito eolico sono le dune, rilievi di materiale sabbioso costruiti dal vento.
Duna
[modifica]Una duna è tipicamente (e anche nell'accezione comune) un accumulo di sedimento sabbioso di origine eolica, cioè determinato e modellato dall'azione dei venti, e quindi soggetto a continui spostamenti e ridimensionamenti dipendenti dalla direzione e forza del vento. Le dune sono caratteristiche dei deserti sabbiosi ed anche delle coste sabbiose dove il fenomeno è solitamente meno accentuato a causa delle minori dimensioni della spiaggia. Nel caso delle coste, le dune sono di solito disposte parallelamente al litorale e contribuiscono a proteggere l'entroterra dall'azione degli agenti marini (onde di tempesta e venti di mare) e dall'azione della salsedine.
Le dune sono depositi sedimentari caratterizzati da una morfologia di base costante (nonostante una gamma molto ampia di varianti). Una duna può essere schematizzata come un accumulo caratterizzato da due lati con diversa pendenza:
- lato anteriore (lato sottovento o sottocorrente), orientato verso la direzione di movimento della duna, con pendenza più accentuata;
- lato posteriore (lato sopravvento o sopracorrente), orientato verso la direzione di provenienza del vento, con pendenza molto più bassa.
La cima della duna si definisce cresta, può essere più o meno allungata a seconda dello sviluppo e della morfologia dell'accumulo, e separa il lato anteriore da quello posteriore.
Il vento preleva granelli di sabbia dal lato posteriore della duna e, facendoli saltare o strisciare fino ad oltre la cresta, li trasporta in aria per un tratto fino a depositarsi al suolo (caduta facilitata dal fatto che il lato sottovento della duna è in situazione di relativa calma di vento). Cadendo sul lato anteriore della duna stessa, i granuli tendono a scivolare formando piccole frane e adagiandosi sul pendio secondo un angolo di riposo naturale (dipendente dalla granulometria del materiale). Durante gli eventi di tempesta più importanti, i granuli possono anche saltare in un punto più avanzato rispetto alla duna: in quest'ultimo caso il punto di caduta è la base su cui si formerà la duna successiva. Ogni duna viene quindi progressivamente "smantellata" dal vento, un granello di sabbia alla volta, e "ricostruita" più avanti; una nuova duna continua a crescere fino a quando, non più protetta dalle dune circostanti, la quantità di sabbia che le viene tolta dal vento supera quella apportata.
I depositi di duna sono caratterizzati dalla giustapposizione di corpi a forma di cuneo determinati da sequenze di dune che avanzano successivamente le une sulle altre, e che danno origine ad una stratificazione incrociata piano-convessa. Entro questi corpi stratoidi sono normalmente presenti laminazioni interne ad angolo elevato, corrispondenti alle successive fasi di accumulo del materiale sabbioso sul lato anteriore (sottovento) delle dune. Questo materiale, come già accennato, tende a disporsi secondo l'angolo di riposo naturale, che per le sabbie è intorno ai 30°-34° (anche se localmente può raggiungere i 40°). La pendenza delle lamine quindi tende ad immergere nella direzione generale del vento: di conseguenza nei depositi fossili è possibile dedurre la direzione delle paleocorrenti eoliche, anche se è opportuno sottolineare che a causa dell'andamento non lineare delle dune la giacitura delle lamine ha nella maggior parte dei casi una certa dispersione, e occorre un approccio statistico fondato su un congruo numero di dati per una ricostruzione paleoambientale accurata. La granulometria della sabbia tende ad aumentare verso la base delle sequenze di lamine, fenomeno dovuto al fatto che i granuli di sabbia tendono a scivolare e rotolare sulla superficie anteriore del corpo di duna, e quindi subiscono una selezione in funzione della gravità (intuitivamente: i granuli più grossi e pesanti tendono a scivolare più in basso).
Altri accumuli sabbiosi con morfologia simile a quella delle dune, ma dalle dimensioni da centimetriche a decimetriche, sono i ripple marks, conosciuti in italiano anche come increspature o ondulazioni di sabbia. Sono increspature generalmente simmetriche o debolmente asimmetriche, che ripetono a piccola scala la forma delle dune e presentano talvolta, similmente a queste, laminazioni interne oblique con immersione nella direzione del vento, ma sono molto continue lateralmente, e sono composte di sabbia finissima. Queste forme di deposito si originano nella fase di vento calante, alla fine delle tempeste, e durante le pause di vento "normale" e costante tra gli episodi di tempesta. Lo sviluppo delle creste è perpendicolare alla direzione del vento, ma in generale non coincide con la direzione delle creste delle dune perché risente molto di più dell'esposizione e quindi delle variazioni topografiche locali a piccola scala. Durante la fase di trasporto per saltazione, a causa delle irregolarità del terreno e della turbolenza del flusso d'aria si formano piccole concentrazioni di granuli, leggermente rilevate. I granuli in posizione più elevata vengono presi in carico più facilmente dal vento e, con un flusso a velocità abbastanza costante, i granuli delle stesse dimensioni "saltano" alla stessa distanza formando nuove concentrazioni ad ogni salto. Il risultato sono serie di concentrazioni trasversali alla direzione del vento e con spaziatura costante che formano le creste dei ripples. Le depressioni tra i ripples sono zone in relativa calma di vento, in cui i granuli si muovono meno, e mano a mano che le creste di alzano il fenomeno si accentua. I granuli più grossolani tendono a concentrarsi in prossimità delle creste. I granuli possono franare sul lato sottovento dei ripples e formare laminazioni oblique, ma il fenomeno nei ripples eolici è molto meno frequente rispetto a quelli subacquei. I ripples si formano sempre sul lato posteriore (sopravvento) della duna (sul lato sottovento prevalgono i movimenti gravitativi, per i granuli che cadono dalla cresta).
A questi caratteri si contrappongono quelli dei depositi di pre-duna e interduna, tipici delle aree situate tra i depositi attivi di duna. Si tratta tipicamente di zone di deflazione, cioè di rimozione anziché di deposizione. Spesso si tratta addirittura di aree di roccia esposta, priva di copertura sedimentaria. Se vi sono sedimenti si tratta di depositi residuali, con le caratteristiche già descritte: tappeti di ciottoletti e pietrame alternati a sabbia finissima e silt o argilla, da cui il vento ha spazzato via le frazioni granulometriche intermedie per accumularle sulle dune. Talvolta sono presenti ripple marks più discontinui e grossolani di quelli sulle dune.
Tipi di dune
[modifica]Una prima classificazione delle dune può essere fatta suddividendole in base alla loro forma osservata dall'alto.
A mezzaluna
[modifica]La forma più comune sulla Terra (e su Marte) di una duna è la forma a mezzaluna, detta anche barcana. Le dune semilunate, generalmente, sono più larghe che lunghe. La parte anteriore della duna è il lato concavo. Queste dune sono formate da venti che soffiano da una sola direzione.
Alcuni tipi di dune a mezzaluna si muovono, o migrano, sulla superficie del deserto con una velocità superiore a quello degli altri tipi di duna; ad esempio, nella provincia di Ningxia in Cina un gruppo di dune si sono mosse con una velocità di 100 m/anno tra il 1954 ed il 1959. Velocità simili sono registrate nel deserto ad ovest dell'Egitto.
Le dune a mezzaluna più imponenti sulla Terra sono nel deserto Taklamakan in Cina, dove la distanza tra le creste di due dune può superare i 3 chilometri.
Trasversali
[modifica]Sono dune con sviluppo tendenzialmente rettilineo perpendicolare alla direzione del vento. Possono essere regolari oppure formate dall'unione di più dune barcanoidi.
Longitudinali
[modifica]Sono dune molto più lunghe che larghe con creste rettilinee o un leggermente sinuose sub-parallele o leggermente oblique rispetto alla direzione del vento, che possono raggiungere lunghezze maggiori di 160 km. Raramente sono creste isolate, mentre di solito sono disposte in file parallele separate tra loro da tratti di territorio pianeggiante in regime di deflazione, con depositi residuali o affioramenti rocciosi. Alcune dune lineari si uniscono tra loro formando delle conformazioni a "Y". Queste formazioni sono tipiche nelle regioni in cui sono presenti regimi di venti bidirezionali o comunque con componenti direzionali secondarie.
Lineari
[modifica]Sono serie di dune di tipo trasversale (perpendicolari alla direzione del vento) che si formano quando la direzione locale del vento viene deviata da ostacoli morfologici (ad esempio rilievi collinari). In questi casi le linee di flusso tendono a divergere o a convergere a seconda della morfologia del territorio, causando variazioni nell'andamento degli allineamenti di dune.
A stella
[modifica]Le dune a stella sono formazioni collinose a piramide con simmetria radiale e con tre o più propaggini che si dipartono dal centro della duna. Si formano nelle aree in cui vi è la presenza di regime di vento multidirezionale. Le dune a stella crescono più verso l'alto che lateralmente e sono tipiche ad esempio del deserto del Sahara orientale. In altri luoghi hanno la tendenza a formarsi ai margini del deserto, specialmente vicino a delle barriere naturali, come affioramenti di roccia, che causano variazioni locali nella direzione dei venti.
Probabilmente le più alte dune a stella della Terra sono presenti nel deserto di Badain Jaran in Cina, dove possono raggiungere i 500 metri di altezza.
A cupola
[modifica]Hanno forma ovale o circolare a cui manca una piccola parte su un fianco per essere complete. Sono praticamente delle barcane a luna "quasi piena". Le dune a cupola sono rare e si formano solitamente ai margini sopravvento del deserto.
A parabola
[modifica]Le dune paraboliche sono colline di sabbia a forma di "U" e sono tipiche dei deserti costieri e delle coste sabbiose. Le dimensioni variano da decine di metri ad alcuni chilometri.
Questo tipo di duna si forma quando alle estremità della formazione sabbiosa inizia a crescere della vegetazione che, stabilizzandola, ne ferma il movimento mentre la parte centrale continua ad essere libera di migrare nella direzione del vento. La forma in relazione alla direzione del vento è quindi opposta a quella della barcana. Si riesce a formare solamente quando il vento spira da una sola direzione predominante.
Tipi complessi e composti
[modifica]Questi tipi di duna possono essere presenti in tre forme differenti: semplice, composta e complessa. Le dune semplici sono colline con un minimo numero di lati che ne definiscono la tipologia geometrica secondo quanto già visto. Le dune composte sono grandi dune sormontate da dune simili più piccole. Le dune complesse sono invece la combinazione di due o più tipi differenti di dune.
Una duna a mezzaluna con una duna a stella sovrapposta sulla relativa cresta è la duna complessa più comune. Le dune sono semplici quando il regime dei venti è rimasto costante durante la formazione della duna, mentre per le dune composte e complesse si sono avuti cambiamenti di intensità e senso del vento durante la loro formazione.
Dune attive e inattive
[modifica]In relazione alla loro stabilità, le dune possono essere suddivise in:
Le dune attive sono continuamente in via di modellamento, perché prive di una copertura vegetale in grado di proteggerle dalla deflazione eolica. Esse si spostano secondo la direzione del vento: il movimento coinvolge le singole particelle di sabbia, che rotolano lungo il lato sopravento e precipitano oltre la cresta, inducendo nel loro insieme dell'intero rilievo.
Le dune inattive sono invece ricoperte da una coltre vegetale che contribuisce a stabilizzare, esse si sono originate infatti come dune mobili in periodi caratterizzati da clima più arido; successivamente l'aumento delle precipitazioni, favorendo la nascita della vegetazione, le ha stabilizzate. La stabilizzazione della duna può anche essere dovuta dall'azione dell'uomo, interessato a recuperare all'uso il rilievo o a impedire che il cumulo di sabbia in movimento seppellisca terreni coltivati o manufatti.
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Per approfondire questa parte potresti consultare i seguenti testi alle pagine indicate:
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Scarpata sul lato anteriore di una duna. Canarie, Fuerteventura. Sul lato posteriore meno inclinato sono visibili ripple marks (increspature di sabbia).
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Altro esempio di ripples su una duna nel deserto marocchino.
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La tipica disposizione subparallela ad elevato sviluppo longitudinale (“seif”) delle dune del Rubʿ al-Khālī, foto scattata dal sensore Advanced Spaceborne Thermal Emission and Reflection Radiometer (ASTER) del satellite per telerilevamento Earth Observing System (EOS) AM-1). “Il quarto vuoto” (الربع الخالي) è uno dei più vasti deserti sabbiosi (erg) del mondo e ricopre il terzo più meridionale della penisola araba.
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Namibia
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Dune in namibia
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Dune nella Valle della Morte, California
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Una duna stabilizzata dalla vegetazione (duna inattiva)
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Dune lungo la costa (Natal, Brasile)
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Dune a barcana su Marte (fotografate dal Mars Reconnaissance Orbiter). Evidente la classica forma semilunata. Ben visibili le zone di deflazione interdunali pavimentate di pietrame (depositi residuali)
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Immagine inferiore: dune trasversali composte da sedimenti sabbiosi su Belet (una formazione di albedo scura sulla superficie equatoriale di Titano, il satellite maggiore di Saturno). Non si tratta di una fotografia ma di un'immagine RADAR. Viene proposto il confronto (immagine superiore) con dune sabbiose della costa namibiana.
Depositi di Loess
[modifica]Il löss, più frequentemente trascritto come loess (la parola è di origine tedesca[N 4]) è un tipo di sedimento eolico molto fine (delle dimensioni del limo, o silt). Perché si formino depositi di loess sono necessari quattro requisiti fondamentali: una fonte di polvere, un'adeguata energia del vento per trasportare la polvere, un'area di accumulo adatta e una quantità di tempo sufficiente. I depositi di loess possono arrivare a spessori notevoli, più di cento metri in aree della Cina nord-occidentale e decine di metri in parti degli Stati Uniti centro-occidentali. Generalmente si presenta come un deposito a coltre che copre aree di centinaia di chilometri quadrati e decine di metri di spessore.
Vi sono due tipi fondamentali di depositi loessici:
Loess periglaciale
[modifica]Il loess periglaciale deriva dalle pianure alluvionali dei fiumi glaciali a corso di tipo intrecciato che trasportavano grandi volumi di acqua di fusione glaciale e sedimenti dallo scioglimento annuale delle calotte di ghiaccio continentali e delle calotte di montagna durante la primavera e l'estate. Durante l'autunno e l'inverno, quando lo scioglimento delle calotte glaciali e dei ghiacciai cessava, il flusso di acqua di fusione lungo questi fiumi veniva meno o era notevolmente ridotto. Di conseguenza, grandi porzioni delle pianure alluvionali precedentemente sommerse e prive di vegetazione di questi fiumi intrecciati erano asciutte e esposte al vento. Poiché queste pianure alluvionali sono costituite da sedimenti contenenti un alto contenuto di limo (silt) e argilla di origine glaciale, erano altamente suscettibili di essere rimossi dalle correnti eoliche e trasportate fino a sedimentare per decantazione in aree adiacenti. I depositi di loess trovati lungo entrambi i lati della valle alluvionale del fiume Mississippi (derivate da polveri trasportate dalle aree glaciali più a nord) sono un classico esempio di loess periglaciale.
Durante il Quaternario, il loess e i sedimenti assimilabili si sono formati in ambienti periglaciali su aree di scudo medio-continentali in Europa e in Siberia, sui margini di alte catene montuose come in Tagikistan e sui margini semi-aridi di alcuni deserti di pianura come in Cina.
Loess non glaciale
[modifica]Il loess non glaciale può provenire da deserti, campi di dune, sedimenti lacustri (da laghi effimeri stagionali prosciugati) e ceneri vulcaniche.
Gli altipiani della Cina centro-settentrionale, sono tra i depositi di loess non glaciale più estesi e più studiati. Questi sedimenti si sono accumulati durante l'ultimo milione di anni con spessori variabili fino a qualche centinaio di metri e sono caratterizzati da una alternanza di strati di löss veri e propri e suoli. I primi si accumulavano durante i periodi glaciali, secchi e ventosi; i secondi si sviluppano durante i periodi interglaciali con clima più caldo e umido e maggiori precipitazioni. I sedimenti in questione provengono dai deserti della Cina settentrionale e dal Deserto del Gobi. Il loess che copre le pianure di Nebraska, Kansas e Colorado è considerato loess desertico non glaciale. Loess di questo tipo si trova anche in Australia e in Africa.
Dopo la rideposizione, i depositi loessici possono essere erosi in tempi relativamente brevi dagli agenti atmosferici (soprattutto le acque meteoriche e correnti). Quando però sono consolidati, questi depositi, per la loro coesività, omogeneità e assenza di stratificazione formano spesso per pareti sub-verticali o molto ripide e relativamente stabili in clima arido, con una tipica fessurazione verticale che li rende facili da scavare. Nelle regioni della Cina in cui il loess abbonda, queste caratteristiche sono state usate tradizionalmente in passato (e in parte tuttora) per scavare abitazioni rupestri o ricavare blocchi da costruzione.
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Depositi di Loess in cina
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Palose hills, sono delle colline di loess
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Palouse hills, a nord-ovest degli USA
Note
[modifica]Esplicative
[modifica]- ↑ La velocità minima necessaria ad un flusso per iniziare il trasporto di un sedimento, in relazione alla sua granulometria (cioè alle dimensioni dei granuli che la compongono).
- ↑ La densità di una sostanza è il rapporto tra la massa e il volume di tale sostanza. E' quindi una misura della quantità di materia presente in un volume definito. In questo caso l'acqua è molto più densa dell'aria (0,99984 g/cm3 a 0 °C contro 0,001292 g/cm3 a 0 °C e a 1 atm di pressione).
- ↑ La viscosità è una grandezza fisica che misura la resistenza di un fluido allo scorrimento. E' legata all'attrito tra le molecole del fluido. Ad esempio: il miele è più viscoso dell'acqua.
- ↑ Il termine ha significato simile all'inglese loose (sciolto)
Bibliografiche
[modifica]- ↑ Sundborg (1956).
- ↑ Nichols (2009), pp. 114-116.
- ↑ Ricci Lucchi (1980c), pp. 107-115.
- ↑ Nichols (2009), pp. 116-117.
- ↑ Ricci Lucchi (1980a), pp. 171-180.
- ↑ Nichols (2009), pp. 116.
- ↑ Ricci Lucchi (1980c), pp. 111.
- ↑ Nichols (2009), pp. 126-127.
- ↑ Ricci Lucchi (1980c), pp. 115-116.
- ↑ Nichols (2009), pp. 118-122.
- ↑ Ricci Lucchi (1980b), pp. 98-104.
- ↑ Ricci Lucchi (1980c), pp. 112-115.
- ↑ Nichols (2009), pp. 116.
- ↑ Ricci Lucchi (1980c), pp. 111.
- ↑ Nichols (2009), pp. 126-127.
- ↑ Ricci Lucchi (1980c), pp. 115-116.
Bibliografia
[modifica]Per ulteriori approfondimenti ed eventuali necessità di citazione, si danno di seguito alcuni testi "chiave" per completezza e chiarezza di trattazione.
- Carmignani L., Appunti di Geologia Applicata. Vol. 2., San Giovanni Valdarno (AR), CGT Centro di Geotecnologie dell’Università degli Studi di Siena, 2007.
- (EN) Nichols G., Sedimentology and stratigraphy - 2nd ed., Oxford, UK, Wiley-Blackwell, 2009, pp. 114-128.
- Ricci Lucchi F., Sedimentologia. Parte 1 - Materiali e tessiture dei sedimenti, Bologna, CLUEB, 1980, pp. 25-36; pp. 125-144.
- Ricci Lucchi F., Sedimentologia. Parte 2 - Processi e meccanismi di sedimentazione, Bologna, CLUEB, 1980, pp. 98-104.
- Ricci Lucchi F., Sedimentologia. Parte 3 - Ambienti sedimentari e facies, Bologna, CLUEB, 1980, pp. 107-115.
- (EN) Sundborg A., The River Klarålven: Chapter 2. The morphological activity of flowing water—erosion of the stream bed, in Geografiska Annaler, 38, 1956, pp. 165-221.