Giurisdizionalismo
Il giurisdizionalismo è una particolare politica ecclesiastica volta ad estendere la giurisdizione e il controllo dello Stato sulla vita e sull'organizzazione delle Chiese, cioè di quella specie di struttura giuridica parallela rappresentata dai diritti e dai privilegi ecclesiastici.
Più nello specifico si può anche definire come corrente di pensiero ed atteggiamento politico, sviluppatisi soprattutto nel XVIII secolo, miranti ad affermare l'autorità della giurisdizione laica su quella ecclesiastica. Strumenti fondamentali del giurisdizionalismo ( detto anche "regalismo ") erano i placet e l'exequatur, con i quali lo Stato concedeva o negava la pubblicazione e l'attuazione delle disposizioni papali e di quelle delle autorità ecclesiastiche nazionali, e la nomina ai benefici, con la quale si controllava le designazioni alle cariche ecclesiastiche. Oltre a questi strumenti di controllo, il giurisdizionalismo contemplò anche interventi diretti dello Stato nella vita della Chiesa, su materie l'età ed i motivi delle monacazioni, l'utilità dei conventi e ordini religiosi contemplativi (che vennero in gran numero soppressi), il numero delle festività religiose, i privilegi e le immunità del clero, la formazione dei sacerdoti.
Storia
[modifica]Tale politica si sviluppo attorno al '700 e fu perseguita soprattutto dai cosiddetti "sovrani illuminati" come Federico di Prussia, Maria Teresa e Giuseppe II e altri, anche su spinta di quanto era avvenuto precedentemente nell'Europa settentrionale in seguito alla Riforma protestante, di cui questi sovrani non condividevano la dottrina ma di certo le motivazioni.
In particolare tale politica mirava a combattere il diritto d'asilo, cioè il riconoscimento dell'immunità a quelli che si rifugiavano in un convento, oppure il diritto che riservava ai tribunali ecclesiastici di giudicare i reati nel quali fossero implicati dei religiosi. Il giurisdizionalismo, che derivava e in parte anticipava anche l'Illuminismo, mise in discussione il Tribunale dell'Inquisizione, il tradizionale monopolio della Chiesa nell'istruzione e, soprattutto, ridusse sempre più considerevolmente l'importanza nell'ambito statale del diritto canonico, fino allora legge universale per gli stati cattolici.
Il primo passo di questo processo fu l'inserimento del placet regio, una formula che dava efficacia agli atti della Chiesa e veniva apposta dallo Stato come elemento essenziale di validità, in mancanza del quale l'atto era nullo. Ne derivò che il Diritto Canonico era all'improvviso quasi totalmente desueto e tanti dei privilegi ecclesiastici soltanto delle rare eccezioni. Con il giurisdizionalismo lo Stato si occupò di beni, limitando la cosiddetta manomorta della Chiesa, riformò alcuni ordini religiosi allo sbando, si tutelò da intromissioni religiose in ambito temporale e limitò considerevolmente il privilegio del foro, concedendo ai sudditi di appellarsi al sovrano in caso di sentenze e giudizi ecclesiastici.