Giacomo Leopardi/opere
Le opere
[modifica]Le opere in prosa
[modifica]Nella sua vita Giacomo Leopardi si è dedicato ampiamente alla stesura di scritti prosastici, partendo dagli alcuni di tipo erudito, a quelli filosofici, filologici o semplicemente per piacere personale, come nel caso delle lettere: 931 testi dai vari destinatari che compongono l'epistolario leopardiano. Principalmente sono indirizzate a tre figure importanti per l'autore: il padre (si tratta di testi in cui è evidente il difficile rapporto che sempre ci fu tra Monaldo e il figlio, la differenza ideologica tra i due, Leopardi scrive infatti al padre considerandolo un punto di riferimento ma al tempo stesso il referente delle proprie rivendicazioni esistenziali); i fratelli Carlo e Paolina (nei quali Giacomo cerca per tutta la vita una complicità che in nessun altro riesce a trovare, soprattutto nella sorella, alla quale racconta i periodi in cui si trova lontano da Recanati, immancabilmente con una buona dose di idealizzazione della propria vita quotidiana); Pietro Giordani, l'amico d'infanzia (nel quale il poeta trova un importante punto di riferimento pubblico). Importanti anche se meno umanamente sentite sono le lettere che occasionalmente Leopardi ha scritto ad altri letterati del tempo, quali Monti, Vieusseux, Bunsen e De Sinner.
Ecco di seguito l'elenco completo delle opere in prosa Leopardiane poste in ordine cronologico di composizione:
- Storia dell'astronomia, del 1813;
- Discorso sopra la vita e le opere di Frantone, del 1813;
- Porphyri de vita Plotini et ordine librorum ejus, del 1814;
- Commentarii de vita et scriptis rhetorum quorundam qui secundo post Christum saeculo vel primo declinante vixerunt, del 1814;
- Orazione agli italiani in occasione della liberazione del Piceno, del 1815;
- Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, del 1815;
- Diario del primo amore, del 1817;
- Zibaldone di pensieri, iniziato nel 1832;
- Operette morali, scritte tra il 1824 e il 1834;
Lo Zibaldone di pensieri
[modifica]Lo Zibaldone leopardiano è una specie di diario intellettuale, una raccolta di appunti su letture, di vicende personali e impressioni dirette, di riflessioni di studio e di pensieri di carattere tecnico-linguistici; il tutto messo insieme in modo disomogeneo e casuale. Questo disordine è giustificato dal fatto che l'autore non ha mai pensato allo Zibaldone come un'opera che dovesse essere pubblicata, ma soltanto ad un mezzo per fissare i suoi ricordi. Alla fine della compilazione ( 4 dicembre 1832), lo Zibaldone giunge a contare 4526 pagine (tutte datate a partire dalla pagina 100). La distribuzione delle annotazioni durante gli anni appare irregolare: numerosi sono gli appunti scritti tra il 1821 e il 1823, mentre relativamente pochi risalgono agli anni successivi. Dopo la morte del Leopardi il malloppo di ricordi resta affidato a Ranieri per cinquanta anni, soltanto tra il 1898 e il 1900, a cura di Carducci, viene pubblicato.
Le Operette morali
[modifica]- Storia del genere umano
- Dialogo di Ercole e Atlante
- Dialogo della Moda e della Morte
- Proposta di premi fatta all'Accademia dei Sillografi
- Dialogo di un folletto e di uno gnomo
- Dialogo di Malambruno e di Farfarello
- Dialogo della Natura e di un'anima
- Dialogo della Terra e della Luna
- La scommessa di Prometeo
- Dialogo di un fisico e di un metafisico
- Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare
- Dialogo della Natura e di un Islandese
- Il Parini, ovvero della gloria
- Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie
- Detti memorabili di Filippo Ottonieri
- Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez
- Elogio degli uccelli
- Cantico del gallo silvestre
- Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco
- Dialogo ti Timandro e Eleandro
- Il Copernico, dialogo
- Dialogo di Plotino e di Porfirio
- Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere
- Dialogo di Tristano e di un amico
Il 1824 l'anno effettivo della produzione di gran parte delle Operette morali. Si tratta di ventiquattro prose di argomento filosofico, di taglio satirico, in forma o di narrazione o di discorso o di dialogo. La prima edizione esce a Milano nel giugno del 1827 (soltanto con venti testi), una seconda ed una terza versione accresciute escono rispettivamente a Firenze nel 1834 e a Napoli nel 1835. L'edizione definitiva però è postuma alla morte dell'autore, esce infatti a cura di Ranieri. Attraverso le Operette morali Leopardi vuol dare una sua descrizione della vita dimostrando che essa è ignobile e misera.
Le opere in versi
[modifica]Anche se il Leopardi già dal 1816 si è avviato alla scrittura poetica con componimenti quali l'idillio Le rimembranze o i Sonetti in persona di Ser pecora fiorentino beccaio (del 1817), si può considerare iniziato il suo periodo di genio poetico a partire dal 1818, anno in cui scrive le canzoni civili: All'Italia e Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze; rispettivamente in onore dei giovani italiani morti nelle guerre napoleoniche (e associati ai greci morti alle Termopili) e in elogio ai tempi eroici in cui visse Dante e alla sua passione civile. Segue la canzone: Ad Angelo Mai, quand'ebbe trovato i libri di Cicerone della Repubblica, che insiste sul contrasto tra la grandezza degli antichi e la degenerazione dei contemporanei; tema che ricorre anche nelle successive due canzoni: Nelle nozze della sorella Paolina e A un vincitore nel pallone.infine troviamo il Bruto minore, Alla Primavera, o delle favole antiche, L'ultimo canto di Saffo e l'Inno ai Patriarchi, che toccano il tema della felicità primitiva e originaria dell'uomo. Negli idilli il Leopardi sperimenta una poesia più modernamente lirica, di tipo sentimentale. Si tratta di cinque testi che il poeta stesso definirà: «situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo» [1] ; hanno infatti un forte senso soggettivo ed esistenziale diversamente dalle canzoni civili. Il primo amore e Il passero solitario sono altri due componimenti che hanno la funzione di cerniera tra le canzoni e i cinque idilli, che nell'ordine di composizione sono: L'infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno e La vita solitaria. La soggettività contenuta in questi testi non impedisce che essi abbiano anche un orientamento riflessivo e perfino filosofico. Termina a questo punto (nel 1822) la prima fase della poesia del Leopardi iniziata nel 1818.
La seconda fase della poesia leopardiana: i canti pisano-recanatesi
[modifica]Con il 1828 si assiste all'inizio della seconda fase poetica. Infatti nella primavera dello stesso anno il Leopardi scrive Il risorgimento e a_Silvia A Silvia, a cui seguiranno altri grandi testi: Le ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio. Questa serie di componimenti non è in nessun caso collegabile ai passati idilli (ecco perché è da rifiutare la definizione Grandi idilli che spesso viene utilizzata); in questa nuova forma espressiva l'autore trova un diverso punto d'incontro tra l'aspetto descrittivo emozionale e il carattere filosofico argomentativo.
La terza fase della poesia leopardiana
[modifica]Tra il 1831 e il 1837 si può individuare la terza fase della poesia leopardiana. La trasformazione che riguarda sia i temi che i mezzi espressivi nei testi appartenenti a questo gruppo fa in modo che essi siano unici, cioè che in essi possa dirsi completamente realizzata l'arte poetica del Leopardi: sia che parli d'amore o che si scagli contro i miti del progresso e della scienza, tutto viene ora rappresentato nel vivo di un'esperienza coinvolgente. Alla terza fase poetica appartiene innanzitutto il Ciclo di Aspasia, soprannome che l'autore dà all'amata Fanny Targioni Tozzetti, a cui è appunto dedicata la raccolta; il tema dell'amore è al centro dell'innovazione della nuova poetica leopardiana; ne fanno parte i testi: Il pensiero dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso, Aspasia. Da tutto il gruppo di testi nasce un'originale rappresentazione dell'amore: al di fuori della tradizione lirica del petrarchismo e svincolata dagli aggiornamenti radicali posti dal Tasso e dalla recente letteratura romantica. Sempre alla terza fase poetica appartengono le due canzoni sepolcrali del Leopardi composte tra il 1834 e il 1835: Sopra un bassorilievo antico sepolcrale, dove una giovane donna è rappresentata in atto di partorire, accomiatandosi dai suoi, testo che si interroga sul senso della morte, il poeta non sa se sia meglio vivere o morire, presente un'altra volta la critica alla natura crudele che impedisce all'uomo di raggiungere la felicità nella vita; e Sopra il ritratto di una bella donna scolpito nel monumento sepolcrale della medesima, che analizza il contrasto tra la bellezza della statua della donna con la sua condizione umana, essa è morta: la natura corporea dell'uomo ne mortifica sempre ed in ogni caso le più nobili aspirazioni, svelando il debole fondamento della vita. Chiudono definitivamente la stagione poetica leopardiana alcuni testi scritti nell'ultimo periodo a Napoli: i Paralipomeni della Batracomiomachia, I nuovi credenti, la Palinodia al Marchese Gino Capponi, Il tramonto della luna e La ginestra; proprio quest'ultima opera lascia un messaggio conclusivo del Leopardi, egli infatti in questi 317 versi affronta un discorso sul senso e il destino dell'uomo, nonché una discussione vivace con le posizioni ideologiche dominanti, fino ad avanzare una sua personale proposta sociale fondata sull'alleanza tra gli uomini e su un modello equo e solidale di società.
Note
[modifica]- ↑ Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri.