Editto

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lezione
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Editto
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Esegesi delle fonti del diritto romano
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%
Lapide con parte del testo dell'Editto sui prezzi massimi dell'imperatore Diocleziano conservata al Pergamonmuseum di Berlino.

Un Editto è un pronunziamento avente valore di legge emanato da chi possiede l'autorità detta appunto Ius Edicendi. Il termine deriva dal latino edictum, a sua volta composto dei termini e-dicere, "dire fuori", nel senso di "pronunziare" in discorso.

Nell'Antica Roma l'editto aveva originariamente forma di ordinanza emanata dai magistrati maggiori e avente efficacia limitatamente alla durata in carica dell'autorità che lo aveva emesso. Particolarmente importante risultava in questo senso nel diritto romano l'editto pretorio, emanato dal pretore nel momento del proprio insediamento per definire le modalità d'applicazione del diritto. Tale editto venne poi consolidandosi in una forma stabile ripetuta da ogni pretore, che prese nome di edictuum perpetuum ("editto perpetuo") poi diventato editto tralatizio (tutti si dovevano uniformare a un solo editto standard).

In seguito l'editto divenne una prerogativa dell'imperatore, che lo utilizzava per emanare in forma solenne una costituzione imperiale, il cui valore si estese anche oltre il termine del regno del singolo imperatore.

Un esempio di editto imperiale romano può essere rappresentato dal testo dell'Editto di Tessalonica:

(LA)

«IMPPP. GR(ATI)IANUS, VAL(ENTINI)ANUS ET THE(O)D(OSIUS) AAA. EDICTUM AD POPULUM VRB(IS) CONSTANTINOP(OLITANAE).
Cunctos populos, quos clementiae nostrae regit temperamentum, in tali volumus religione versari, quam divinum Petrum apostolum tradidisse Romanis religio usque ad nuc ab ipso insinuata declarat quamque pontificem Damasum sequi claret et Petrum Aleksandriae episcopum virum apostolicae sanctitatis, hoc est, ut secundum apostolicam disciplinam evangelicamque doctrinam patris et filii et spiritus sancti unam deitatem sub parili maiestate et sub pia trinitate credamus. Hanc legem sequentes Christianorum catholicorum nomen iubemus amplecti, reliquos vero dementes vesanosque iudicantes haeretici dogmatis infamiam sustinere ‘nec conciliabula eorum ecclesiarum nomen accipere’, divina primum vindicta, post etiam motus nostri, quem ex caelesti arbitro sumpserimus, ultione plectendos.
DAT. III Kal. Mar. THESSAL(ONICAE) GR(ATI)ANO A. V ET THEOD(OSIO) A. I CONSS.
»

(IT)

«IMPERATORI Graziano, VALENTINIANO E TEODOSIO AUGUSTI. EDITTO AL POPOLO DELLA CITTÀ DI COSTANTINOPOLI.
Vogliamo che tutte le nazioni che sono sotto nostro dominio, grazie alla nostra carità, rimangano fedeli a questa religione, che è stata trasmessa da Dio a Pietro apostolo, e che egli ha trasmesso personalmente ai Romani, e che ovviamente (questa religione) è mantenuta dal Papa Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, persona con la santità apostolica; cioè dobbiamo credere conformemente con l'insegnamento apostolico e del Vangelo nell’unità della natura divina di Padre, Figlio e Spirito Santo, che sono uguali nella maestà e nella Santa Trinità. Ordiniamo che il nome di Cristiani Cattolici avranno coloro i quali non violino le affermazioni di questa legge. Gli altri li consideriamo come persone senza intelletto e ordiniamo di condannarli alla pena dell’infamia come eretici, e alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa; costoro devono essere condannati dalla vendetta divina prima, e poi dalle nostre pene, alle quali siamo stati autorizzati dal Giudice Celeste.
DATO IN Tessalonica NEL TERZO GIORNO DALLE calende DI MARZO, NEL CONSOLATO QUINTO DI GRAZIANO AUGUSTO E PRIMO DI TEODOSIO AUGUSTO
»

(Codice Teodosiano, xvi.1.2)