Dittatore

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Dittatore
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto romano

Il Dittatore (lat.: dictator) era una figura caratteristica dell'assetto della costituzione della Repubblica Romana.

Si ritiene comunemente che la dittatura fosse una magistratura straordinaria. Ma tale convincimento si fonda sulla distinzione fra magistrature ordinarie e magistrature straordinarie che è estranea alle fonti, e che riposa esclusivamente sull'autorità di Theodor Mommsen.

Giulio Cesare

Si dovrebbe anzi dubitare che la dittatura possa qualificarsi semplicemente come una magistratura, perché difetterebbe comunque di due delle caratteristiche essenziali delle magistrature dell'età repubblicana, e cioè della collegialità e della elettività.

Il dittatore, infatti, non aveva alcun collega, e nominava come proprio subalterno il magister equitum (comandante della cavalleria). Inoltre, il dittatore non veniva eletto dalle assemblee popolari, come tutti gli altri magistrati, ma veniva dictus, cioè nominato, da uno dei consoli, di concerto con l'altro console e con il senato, seguendo un rituale che prevedeva la nomina di notte, in silenzio, rivolto verso oriente, e in territorio romano[1].

Cicerone e Varrone, anzi, ricollegano l'etimologia del termine a questa particolare procedura di nomina[2][3]. È probabile che il dittatore fosse l'antico comandante della fanteria, il magister populi, e questo spiegherebbe l'antico divieto, per lui, di montare a cavallo.

Alla dittatura si faceva ricorso solamente in casi straordinari (quale un impedimento grave ad operare del console che lo nominava), e il dittatore durava in carica fino a quando non avesse svolto i compiti per i quali era stato nominato, e comunque non più di sei mesi[4]; inoltre il dittatore usciva dalla propria carica una volta scaduto l'anno di carica del console che lo aveva nominato[5].

Il dittatore era dotato di summum imperium, e cumulava in sé il potere dei due consoli; per questa ragione era accompagnato da ventiquattro littori. Inoltre non era soggetto al limite della provocatio ad populum[6], e per questo i suoi littori giravano anche all'interno del pomerium con le scuri inserite nei fasci. Tutti gli altri magistrati erano a lui subordinati.

Alla dittatura i Romani facevano ricorso in situazioni di emergenza, come per sedare una rivolta (dictator seditionis sedandae causa) o per affrontare pericoli esterni e governare lo Stato in situazioni di difficoltà (dictator rei gerendae causa).

Altri tipi di dittatori erano nominati occasionalmente per motivi contingenti, come, per esempio:

  • comitiorum habendorum causa (per convocare i comitia per le elezioni)
  • clavi figendi causa (per piantare il clavus annalis, il chiodo annuale, nella parete del tempio di Giove, utile ai fini del computo calendariale degli anni)
  • feriarum constituendarum causa (per determinare le festività)
  • ludorum faciendorum causa (per officiare i giochi pubblici)
  • quaestionibus exercendis (per tenere determinate processi)
  • legendo senatui (per nominare nuovi senatori ai posti che si erano resi vacanti nel Senato)

I più noti dictatores rei gerundae causa furono Cincinnato e Fabio Massimo (durante la Seconda guerra punica). Dopo di allora questa forma di dittatura cadde in disuso. Durante le lotte tra Gaio Mario e Lucio Cornelio Silla, questi marciò su Roma e si fece eleggere dai comizi, su proposta dell'interrex Valerio, dictator rei publicae constituendae causa et legibus scribundis. Questa nuova dittatura non corrispondeva a quella tradizionale, perché non aveva alcun limite temporale e non era basata su una dictio. Silla tenne questa carica per anni prima di abdicare volontariamente e ritirarsi dalla vita pubblica.

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Successivamente Giulio Cesare ripristinò la dittatura rei gerendae causa, quindi la modificò con la durata di un anno completo. Fu nominato dictator rei gerendae causa per un anno completo nel 49 a.C. e poi fu successivamente designato per nove volte consecutive a questa carica annuale, diventando di fatto dittatore per dieci anni. Nel 44 a.C. il Senato votò per nominarlo dictator perpetuus (dittatore perpetuo).

Dopo l'assassinio di Cesare alle Idi di marzo, il suo collega consolare Marco Antonio fece approvare una lex Antonia che abolì la dittatura e la espulse dalla costituzione repubblicana. La carica fu successivamente offerta ad Augusto, che prudentemente rifiutò ed optò invece per la potestà tribunizia e per l'imperium consolare senza detenere nessuna altra carica che quella di pontifex maximus e di princeps senatus, una disposizione politica che lo lasciò con le funzioni di dittatore senza doverne tenere il discutibile titolo.

  1. Liv. 8.23.13: oriens, nocte, silentio
  2. Cic. de re publ. 1.40.63: dictator quidem ab eo appellatur, quia dicitur
  3. Varr. de lingua Lat. 5.82: dictator, quod a consule dicebatur
  4. Liv. 3.29.7; 9.34.12; 23.23.1; D. 1.2.2.18 Pomp. l.s. ench.
  5. Liv. 30.39.5
  6. Liv. 2.29.11; 3.20.8