Dipartimento:Giurisprudenza/Sandbox/Diritto romano arcaico
Il Diritto romano arcaico (o periodo arcaico) è la fase del diritto romano che va dalla fondazione di Roma (753 a.C.) all'emanazione delle leges Liciniae-Sextiae (367 a.C.); storicamente, corrisponde al periodo monarchico.
Rapporti giuridici
[modifica]Ciascuna situazione giuridicamente rilevante costituisce oggetto della combinazione fra una norma direttiva ed un'altra sanzionatoria. Ciò prevede un certo tipo di rapporto, che intercorra fra due o più soggetti in relazione ad un bene della vita sociale.
Per effetto di ciò si determinano situazioni attive, che permettono di pretendere l'osservanza dell'obbligo a carico del soggetto passivo, e passive (obblighi o doveri), che consistono nell'impegno ad obbedire alle norme direttive (obbligo), e in caso contrario di sottostare alle eventuali sanzioni.
I rapporti giuridici assoluti intercorrono tra uno o più soggetti attivi e tutti gli altri soggetti giuridici, i quali sono tenuti a sottostare al soggetto attivo.
I rapporti giuridici relativi intercorrono tra uno o più soggetti (attivi o passivi) che devono avere un comportamento satisfattorio nei confronti dei soggetti attivi e passano, in caso d'inosservanza, ad essere soggetti passivi di un rapporto di responsabilità.
I rapporti giuridici di debito (assoluti o relativi) consistono in un vincolo che si costituisce per effetto di un fatto giuridico involontario, cioè non determinati dalla volontà degli attuali o futuri titolari del rapporto giuridico che influenzano.
I rapporti di responsabilità (relativi, mai assoluti) sono vincoli che si pongono a carico di uno o più soggetti passivi determinati, a titolo di responsabilità, per aver compiuto atti illeciti (prevedono il risarcimento, cioè un rapporto giuridico ad esecuzione coatta).
I rapporti di responsabilità e i rapporti di debito prevedono rapporti giuridici ad esecuzione libera, che implica la pretesa del soggetto attivo del rispetto dell'obbligo del soggetto passivo.
I rapporti giuridici pubblici sono relativi all'esplicazione delle funzioni di governo nei confronti dei privati, per il soddisfacimento d'interessi estranei alla politica.
Il Diritto romano arcaico e l'ordinamento della civitas Quiritaria
[modifica]Le origini della civiltà romana risalgono alla metà del VIII secolo a.C., epoca in cui ebbe inizio la formazione della società romana. Da allora, essa mantenne inalterate alcune caratteristiche inconfondibili, tant'è vero che i primi quattro secoli della storia romana si conoscono come civiltà quiritaria.
La ragione per cui lo Stato fu considerato un unicum indifferenziabile va ricercata nella struttura che fu essenzialmente quella di civitas, e la sua cittadinanza ristretta ai soli membri delle gentes patriciae, cioè ai Quirites; questo Stato, quindi, è diverso da quello formatosi nei secoli successivi, cioè della vera e propria Repubblica.
I Quirites erano di stirpe latino-sabina, e subirono in un primo momento la presenza e il potere delle famiglie etrusche. Gli Etruschi appartenevano ad una stirpe dell'Asia Minore; impadronitisi della Toscana (poi Etruria), assorbirono facilmente gli Italici, grazie ad un'organizzazione politico-religiosa efficiente e ad un'esperienza di civiltà arricchita dai contatti coi Greci.
Essi si riversarono rapidamente nella pianura padana e nell'entroterra campano.
Vinti gli Etruschi nel 510 a.C., i Quirites dovettero combattere anche contro i Latini, facendo largo ricorso, per integrare l'esercito, alla massa di residenti non Quiriti, denominata plebs, che si trovava in posizione di sudditanza e quindi esclusa dal governo cittadino.
Convinta della propria indispensabilità, la plebs si riunì internamente, mettendo in atto una vera rivoluzione contro i Quiriti, riuscendo poi ad ottenere l'equiparazione agli stessi nell'ambito di un nuovo stato patrizio-plebeo, la Respvblica Romanorum.
Altro elemento essenziale che caratterizzò il fenomeno della civitas, oltre al riconoscimento della cittadinanza ai soli patrizi, fu la concentrazione dei cives in un piccolo centro urbano (urbs) dominato dall'acropoli (arx, parte più alta e fortificata di una città, comprendente anche edifici religiosi) e circondato da un contado (villaggio); questo era il territorio dell'antica civitas.
Nella civitas Quiritium, i cittadini erano esclusivamente i Quirites o patricii, raccolti in un certo numero di gentes, che avevano fondato Roma o erano discendenti. Essi si divisero in tre categorie:
- cives di piena capacità giuridica, ammessi a partecipare a tutte le funzioni di governo della civitas ed in particolare a far parte del senatus;
- cives di capacità limitata, ammessi soltanto ai comitia curiata, ed esclusi dalle altre funzioni di governo (maschi delle familiae sottoposti alla potestas del pater familias);
- cittadini nominali (mulieres) assoggettate alla potestas di un pater familias senza prospettive di liberazione.
In una posizione di sudditanza vi erano i plebeii e i clientes. I clientes (da clière, obbedire) erano sudditi delle singole gentes quiritarie (o gruppi gentilizi), ed erano tenuti ad obbedire solo ad un pater familias, cui erano fiduciariamente affidati e dal quale ricevevano in cambio protezione (patronatus).
Qualora il cliente avesse tradito o abbandonato la gens o viceversa, s'incorreva in un illecito gravissimo, perché si spezzava la fides, cioè il rapporto fiduciario, dando luogo alla sanzione, la sacerta; il pater, qualora fosse stato tradito, poteva sacrificare il cliente.
Essi portavano il nomen gentilicium e partecipavano ai culti, e davano aiuto ai fini dell'economia della gens.
I plebei erano tutti quelli che non avevano nobili origini; le famiglie residenti nel contado, le tribù rustiche ecc.
Al di fuori, vi erano gli stranieri o nemici (hostes), potenziali avversari della civitas. Nella civiltà quiritaria erano conosciute due forme aggregative: la familia e le gentes. La familia romana regolava i rapporti interni in base al criterio dell' adgnatio (ad natus, nato dopo), cioè il pater gentis, che dettava leggi, irrogava sanzioni, era padrone assoluto di vita e di morte dei suoi sottoposti. Queste regole erano dettate dai decreta gentilicia. Quindi, l'ordinamento giuridico era composto, oltre che dai decreta, anche dai mores, cioè le consuetudini.
La gens può essere accostata alla nozione di Stato perché comprendeva una sua popolazione, essendo composta di più famiglie. Inoltre, alle gentes si univano anche i sudditi, cioè i clienti. Il governo della civitas quiritaria fu di natura patriarcale, e fu un tipo di governo chiuso, cioè al quale erano ammessi solo determinati cittadini.
La partecipazione alla vita politica era consentita solo ai Quirites, e la capacità a pieno titolo riconosciuta solo ai patres familiarum, membri del Senato.
Organi del governo quiritario furono: il rex, il consiglio superiore direttivo (senatus), l'assemblea popolare (comitia curiata) e gli uffici esecutivi e direttivi. Nella fase latino-sabina, il rex' era il capo civile e religioso e rappresentava il fiduciario dei patres'.
Il Senato nacque dalla stabile e costante riunione dei patres gentium. I Comitia curiata erano le assemblee dei membri delle gentes.
Nella fase etrusco-latina, il rex acquisì maggiori poteri, soprattutto militari (imperium), il senato fu costituito anche dai pater familiarum, e i comitia curiata furono convocati anche solo per ricevere il formale impegno d'obbedienza al rex nominato. Nella fase di crisi, il rex mantenne solo i poteri religiosi, poiché l'esercito, formato anche dai plebei, assunse le funzioni d'assemblea popolare.
I comitia curiata persero importanza e vitalità e al senato furono ammessi anche i filii familias.
La fase Latino-Sabina (VIII-VII secolo a.C.)
[modifica]L'originaria organizzazione sociale del Lazio antico fu incentrata sui pagi o villaggi, uniti da vincoli di sangue, interessi economici, politici, religiosi e militari. Intorno ad essi nacquero gruppi sociali complessi, le gentes, che assunsero il controllo dei villaggi, organizzati in strutture gentilizie. Da essi, con l'unione con la componente etrusca, nacquero i Quirites, parola di definizione Sabina che indica i cittadini raggruppati in curiae (tribù).
Questa civiltà fu elementare, con l'economia basata sulla pastorizia, per cui la ricchezza privata era data da mandrie e greggi (pecunia, da pecus, bestiame) e agricoltura estensiva, mentre tutto il potere politico era nelle mani dei patres delle gentes, e di un rex da loro stessi nominato.
La vita sociale e politica si svolgeva attorno alla famiglia, sotto un pater e intorno alle gentes, costituite dall'unione di queste.
Fase Etrusco-Latina (VI SEC.a.C.)
[modifica]Per effetto della dominazione etrusca, la comunità s'organizzò in polis, e si difese con un nuovo tipo d'esercito, l'exercitus centuriatus, al quale fu chiamato a partecipare anche la plebe, dedita alla coltura intensiva e all'attività agricola, attraverso le quali raccolse i capitali per affiancarsi ai patrizi. Fu collegata l'autorità del rex al comando militare (imperium), che diventò magister populi.
Fase di crisi del sistema Quiritario (V-IV SEC. a.C.)
[modifica]Le istituzioni originarie della c.q. (rex, patres, comitia curiata) furono offuscate, sul piano politico, dall'exercitus centuriatus patrizio-plebeo, sul quale esercitava notevole influenza il praetor. Il rovesciamento della monarchia a Roma, insieme con la dominazione etrusca, sarebbe avvenuto nel 509 a.C. Da ricordare è la storia della violenza subita da Lucrezia, moglie di Collatino, ad opera del re Tarquinio il Superbo, che fece infuriare il marito, il quale, insieme a Bruto, capeggiò la rivolta che portò al traumatico rovesciamento dell'istituto monarchico.
I Tarquini separarono i plebei in 2 categorie: quella degli operosi e quella degli scioperanti, adottando diversi atteggiamenti. I plebei operosi furono mandati a dirigere i lavori pubblici o in reparti scelti dell'esercito; quelli scioperanti in prima linea. Essi inoltre fecero molti lavori all'interno di Roma (le prime condutture, i ponti) e svilupparono l'urbanistica e il settore militare. Ma, nonostante ciò, il declino della monarchia avvenne comunque.
Bruto e Collatino non comandarono per molto a Roma per dissidi interni. Infatti, quando alcuni nobili filomonarchici, tra i quali il figlio di Bruto, tentarono di ripristinare la monarchia richiamando il re Tarquinio, Bruto represse la rivolta in maniera violenta (uccidendo, tra l'altro, anche il figlio).
Il collega non approvò il modo in cui aveva agito Bruto e dopo essersi allontanato, fu mandato in esilio. Con il rovesciamento della monarchia, il posto del re fu preso da una coppia di consoli, perché si voleva evitare di proporre una figura unica, perché la collegialità doveva dare l'impressione di un cambiamento costituzionale. La derivazione della coppia consolare derivò dai due praetores consules, cioè i due capi della legio dell'esercito.
Consules, cioè colui che consulta, perché bisognava consultarsi con un collega per raggiungere un accordo. Cause della crisi furono sia nella politica estera sia interna. La politica estera risentì delle battaglie con etruschi e latini, che vietarono a Roma di attuare una politica espansionistica nei confronti di Cartagine e dei Volsci. Fu necessario stringere alleanze con questi per riconquistare Veio, territorio etrusco, città strategica che collegava Roma e il mare. I romani vi riuscirono nel 396 a.C., ma nel 400 a.C. dovettero affrontare i Celti, orde del Nord che riuscirono ad entrare in Roma, per la cui liberazione fu necessario il pagamento di un oneroso tributo. La politica estera sì rifletté anche su quell'interna, dato che la plebe, esclusa in blocco dalla civitas, priva di cittadinanza, e senza essere soggetto giuridico né per il diritto pubblico né per quello privato, si rese conto dell'importanza che aveva per l'esercito e cominciò la propria rivendicazione.
Ottenere la distribuzione di terre pubbliche, perché la plebe reclamò ed ottenne l'assegnazione d'altri terreni, poiché vi fu una flessione nelle attività artigianali, per cui si rese necessario il ripiego su atti agro-pastorali.
Un'equiparazione giuridica con i patrizi nel seno dell'exercitus centuriatus e l'utilizzazione di quest'ultimo come assemblea cost, fatta di votanti patrizi e plebei, e l'eleggibilità di quest'ultimi. Essi ottennero che 1 dei 2 consoli, da eleggersi dai comitia centuriata, potesse essere plebeo, per difendere gli stessi da ingiustizie secondo la auxilii latio, cioè facoltà di portare aiuto. Ciò, dopo la prima guerra di secessione, fu concesso dal Senato.
Circa il problema dei debiti, i plebei ne erano oppressi, in quanto non riuscivano a pagare né il capitale, né gli interessi, ed erano costretti a riscattarli lavorando. Ciò portò ad una duplice rivendicazione: la mitigazione di queste sanzioni, in quanto quest'esecuzione personale dei debiti era pesante; ed una cancellazione degli stessi.
Solo nel 326, la Lex Poetelia Papiria mitigò il sistema, stabilendo però solo che il debitore non doveva essere incatenato. I metodi di lotta per ottenere queste rivendicazioni furono le secessioni o scioperi, cioè l'allontanamento in massa della plebs nei momenti di notevole bisogno.
Per far fronte a tutte le rivendicazioni della plebe e di garantire l'eliminazione dei soprusi, furono pubblicate le leggi delle XII tavole, cioè formulate e pubblicate le linee generali dell'ordinamento, che il collegio decemvirale era riuscito a mettere insieme.
Il Rex e le magistrature della civitas quiritaria
[modifica]Prima del 509, il governo romano era costituito da 3 elementi fondamentali: il rex, i comitia curiata e il senatus. I suoi poteri subirono delle variazioni nel passaggio dalla monarchia latino-sabina all'età etrusca. La carica regia era: religiosa, essendo compito del rex assicurare la pax deorum e raccogliere gli auspici degli dei; monocratica nel senso che poteva essere ricoperta da una sola persona; e vitalizia, cioè durava fino alla morte del re salvo spontanea abdicatio. Essa durava ininterrottamente salvo il periodo, di 5 giorni, del regifugium, in cui il rex era sostituito dall'interrex. Quando il re moriva, dato che la monarchia non era ereditaria, bisognava eleggerne uno nuovo. Nel lasso di tempo in cui bisognava individuare il nuovo rex, i senatori provvedevano ogni 5 giorni all'elezione dell'interrex, finché i patres non trovavano un accordo sul nuovo re. Una volta individuato, egli era presentato al popolo, e successivamente si procedeva all'inauguratio, cerimonia religiosa con la quale s'invocavano il favore degli dei. Poi si procedeva ad una delibera molto importante, la lex curiata de imperio, venuta in uso nella fase etrusco-latina. Essa serviva a conferire al rex, l'imperium, cioè il comando militare dell'exercitus in battaglia, quindi divenne magister populi. Egli si avvalse d'alcuni funzionari; i centuriones, capi delle centurie; i tribunus celerum, al di sopra dei centuriones, capi della cavalleria; i 3 (poi 6) tribunum militum, ufficiali di stato maggiore, che assumevano la direzione tattica. Funzioni civili furono: la direzione della vita nella civitas che conferì al rex una limitata attività normativa (leges regiae). La coercitio dei recalcitranti all'imperium era un potere di polizia rientrante nella potestas, esplicava per mezzo dei lictores e consisterva nell'inflizione di una multa, l'incarcerazione preventiva ecc. La iurisdictio (funzione giurisdizionale), cioè l'intervento nelle liti private per affermare l'autorità dello ius vigente nella comunità, si esplicava su richiesta del privato, affiancandola allo ius vigente. La repressione criminale si riferiva a quei crimini che avevano intaccato la pax deorum e fu usata per il parricidium, cioè l'uccisione del pater familias, e la perduellio, cioè nel tradimento della civitas e prevedeva la decapitazione. Con la crisi della civitas, il re divenne semplicemente rex sacrorum. Non fu più magister populi ma magistratus, cioè una carica laica. Si distinsero:
- Magistratus maiores (cat.superiore) quelli forniti di potestas ed imperium (cum imperio)
- Magistratus minores (cat.inferiore) quelli cui si riconosceva solo 1 potestas (sine imperio)
Vi furono magistrature ordinarie e straordinarie. Magistrature ordinarie, considerate proprie dell'ordinaria vita della civitas e perciò rinnovate annualmente, con a capo il praetor. La sua figura diventò progressivamente autonoma, fino a diventare capo di tutto il populus romanum quiritium anche al di fuori dell'ambito militare, nel periodo di crisi; più tardi, con la duplicazione della legio, essi divennero 2, ma sempre con decisioni autonome. Magistrature straordinarie, facendovi ricorso in momenti di speciale bisogno nominando, per mezzo del praetor, il dictator, che aveva specifiche funzioni militari (guerre estere) e d'ordine pubblico. Vi erano poi i decemviri legibus scribundis, svolgenti funzioni consultive; i tribuni militum; i censores, che avevano il compito di verificare il censo individuale I sacerdotes, pur essendo estranei all'organizzazione del governo quiritario, svolsero notevoli compiti ausiliari nelle funzioni di governo, subordinate alla pax deorum, svolgendo funzioni religiose d'interesse pubblico. I 3 massimi collegi sacerdotali furono: I pontifices, dapprima in 3 poi 5 più il rex sacrorum, che si assicuravano che la vita cittadina si svolgesse in conformità alle esigenze poste dalle divinità protettrici della civitas. Gli àugures, arbitri della delicata scienza degl'auspici, che condizionava l'inauguratio. I duòviri sacris faciundis, custodi dei sacri libri sibillini.
I Comitia curiata
[modifica]Per approfondire questo argomento, consulta la pagina Comizi curiati. |
Erano l'unica assemblea cost.dei cittadini romani, collegate alle curie, composte da 30 persone. Esse erano composte dai patres gentium e dai patres familiarum, dai clienti e dai plebei. Le attribuzioni deliberative furono 3: una funzione elettorale, un 1°voto per l'approvazione del rex, e un 2°voto per il riconoscimento dell'imperium allo stesso (lex curiata de imperio); una funzione legislativa, consistente nella votazione delle leges normative proposte dal re (leges regiae); giurisdizionale, cioè commutare la pena di morte del condannato. I motivi delle adunanze furono: per le funzioni religiose della civitas, per l'inauguratio del rex, per la lex curiata de imperio ecc. la fase di crisi della civitas quiritaria fece emergere un'assemblea extracostituzionale molto influente e rivoluzionaria, di cui si avvalse la plebe per ottenere concessioni all'interno della civitas; i concilia plebis tributa. Nacquero allo scopo di riunire le tribù di plebei per concordare insieme le richieste da far presenti ai quirites. Oltre ad eleggere i rappresentanti, i concilia esprimevano, mediante i plebiscita (scita-plebe, delibere della plebe), le istanze plebee di rinnovamento della civitas. Le decisioni erano prese tributim, cioè manifestazione di volontà della maggioranza della singola tribù. Attraverso queste furono determinate le riforme delle Leges Liciniae Sextiae e formulate le XII tavole, conosciute come Ius legitimum vetus. L'Exercitus centuriatus nacque come corpo armato che, attorno al 367, assunse la veste di comitio centuriato. Con la riforma di Servio Tullio vi furono ammessi anche i plebei. Esso si trasformò in assemblea cost.
Il senatus della civitas quiritaria
[modifica]Il s. era composto inizialmente dai patres gentium, poi fu allargato anche ai patres familiarum, quindi non solo i capostipiti ma tutti quelli che avevano una famiglia. Spettava al S. una triplice mansione: l'identificazione della nuova figura del rex quando moriva il monarca e la nomina dell'interrex; una funzione consultiva, cioè dare pareri al rex su argomenti di vita pubblica; di convalida (auctoritas patrum), cioè convalidare le deliberazioni dell'assemblea popolare.
L'ordinamento della civitas quiritaria
[modifica]Non fu un sistema unitario, ma risultò il concorso di diversi sistemi normativi, dei quali solo alcuni ebbero carattere giuridico, assumendo il nome di ius. Nell'ord.della c.q., sono identificabili alcune caratteristiche generali: il fondamento religioso e l'esclusivismo patrizio della sua applicazione. Durante la fase latino-sabina l'ord.della civitas fu costituito da tre sistemi normativi: il sistema del fatum, concretatesi in una serie di norme religiose proibitive (nefas est); dello ius quiritium, cioè norme risultanti dai mores maiorum comuni alle gentes; dei foedera, cioè norme poste da accordi tra i patres gentium allo scopo di regolare questioni di convivenza o le leges proclamate dal rex. Durante la fase etrusco-latina, l'ord. si differenziò da quella precedente in 2 punti: acquistò maggiore importanza la lex emanata dal rex, e la sanzione si basò sull'imperium regio.
La genesi dello ius romano
[modifica]Relativa importanza fu data al fatum, inteso come un insieme ampio, ma non illimitato di nefas (divieti). Non fu quindi il fatum una serie di comandi e divieti indiscutibili. I primi organismi politici precittadini (famiglia e gentes) si costituirono e vissero all'insegna di tre regimi fondamentali. Affidarono al pater ed eventualmente ai sacerdotes la funzione di individuare e proclamare il nefas; si comportarono nell'ambito del fas (permesso dai numi) sulla base di quei criteri che ritenevano giusti per una pacifica convivenza, derivante dagli antenati e consacrato dalla consuetudine (mores maiorum), che rappresentava il nucleo originario dello I.q. La sanzione corrispondeva all'ira divina salvo che il peccatore non si offrisse all'espiazione o immolandosi, o immolando un suo dipendente. Si ammise la reazione della persona offesa (talio) purché proporzionata al danno subito. Al di fuori dello ius rimasero pertanto i foedera e le leges regiae.
Lo Ius Quiritium
[modifica]La più antica qualificazione romana dello ius è lo Ius Quiritium (diritto dei quiriti) mediante il quale i romani designavano alcuni istituti dello ius civile vetus. I suoi lineamenti caratteristici furono:
- Esclusivismo patrizio, cioè fu applicabile solo alle gentes e familiare quiritarie.
- Limitazione della materia regolata ai rapporti intergentilizi. Si limitò ai rapporti tra i soli pater familiarum, senza curare però la parte riguardante le sanzioni. Pertanto, chi avesse sofferto di una trasgressione, era autorizzato, a titolo di fas, a reagire contro l'inosservante, proporzionando la reazione (actio) alla lesione. Per le controversie, entrambe le parti, offeso (o attore) e offensore (convenuto) avevano l'intenzione di incontrarsi davanti al re, per sentir interpretare lo ius in relazione alla loro lite. Nel caso fosse contestata la decisione regia era convocato un arbitro, o iudex privatus, che dopo le accertazioni, pronunciava la sententia in base alle prove prodotte.
- La religiosità delle norme
- L'immutabilità delle norme, derivante dalla limitazione delle mores maiorum.
Lo ius Quiritium, che si limitò a determinare chi fosse qualificato a rappresentare il gruppo nei rapporti con gli altri gruppi. Privi di capacità furono per molto tempo considerati i maschi impuberes e le donne: in caso di scomparsa del pater, essi passavano a far parte della famiglia del suo o suoi successori. La famiglia quiritaria era quindi un complesso di oggetti giuridici di cui era responsabile il pater familias, titolare del relativo mancipium, diviso in quattro categorie:
- patria potestas, cioè potere assoluto sui filii e soggetti assimilati;
- manus maritalis, potere del pater sulla moglie;
- potestas sui mancipia, poteri sui liberi acquistati da altre familiae;
- dominium ex iure Quiritium, potere su tutte le ricchezze della famiglia (nel periodo antico non esisteva il termine dominium tipico ivece del periodo preclassico e classico ma sarebbe più giusto parlare di mancipium ex iure Quiritium)
In vita, il pater familias non poteva alienare i suoi poteri sui cespiti di famiglia, ma poteva cedere quelli esuberanti per un miglior funzionamento dell'apparato familiare. L'acquirente dichiarava che la cosa era sua e l'alienante confermava con la sua presenza. (procedura in iure).
Lo Ius legitimus vetus
[modifica]Dal VI al V secolo, lo Ius Quiritium cominciò a perdere la capacità di produrre altre norme che facessero fronte alle nuove esigenze emergenti della vita sociale. Nel corso del VI secolo, ai plebei fu concesso il commercium con i patrizi, vale a dire la capacità di acquistare diritti ex Iure Quiritium di contenuto economico (su terre, animali, schiavi). I plebei si impegnarono in un triplice sforzo:
- estendere lo Ius Quiritium patrizio, alla cui produzione non prendevano parte;
- contenere l'interpretazione del patriziato in quella sfera;
- veder riconosciute, come diritto, alcune nuove usanze patrizio-plebee (le obligationes).
Queste aspirazioni furono parzialmente accolte dalla legislazione decemvirale (Leggi delle XII tavole del 451), che acquistarono efficacia di una legge impegnativa per tutti i Romani, in virtù dell' auctoritas patrum. Il loro valore politico non fu molto forte, in quanto i plebei non ottennero alcune importanti concessioni, come il connubium con i patrizi e l'estinzione dei debiti; essi puntarono a scopi più modesti; ottennero che lo Ius Quiritium venisse aperto a tutti, e sottratto alle parziali interpretazioni del patriziato. Le XII tavole ebbero quindi il carattere di una legislazione ottriata, cioè concessa uniteralmente dal patriziato alla plebe. La sua importanza non fu tanto nel contenuto delle norme, bensì sulla stabilità normativa, ottenuta attraverso la redazione in forma scritta, che garantiva certezza. I patrizi riuscirono a conservare i loro privilegi, ma la plebe ottenne una raccolta di leggi che assicurava una loro maggiore protezione legale.
Un primo gruppo di norme fu dedicato al perfezionamento di alcuni istituti dello Ius Quiritium: circa l'amministrazione della famiglia e soggetti impuberi o di sesso femminile, le XII tavole ammisero che essi fossero soggetti di rapporti giuridici, gli impuberes fino al raggiungimento della pubertà, le mulieres sino alla morte, e sottoposti alla potestas, meno intensa del pater.
Eliminazione e surrogazione del pater familias: nell'ipotesi in cui il pater diventasse pazzo (furiosus), cioè risultasse dannoso per la famiglia, poteva essere considerato decaduto dalla patria potestas o sottomesso, insieme alla sua pecunia.
La proprietà fondiaria: fu stabilito che i domini fondiari potessero agire contro i propri vicini con l' actio qualora questi deviassero il flusso delle acque piovane, o furono strette convenzioni fra i domini limitrofi, per i passaggi sui terreni altrui.
Per quanto riguarda i rapporti relativi, con le XII tavole fecero il loro ingresso nello ius romano le obligationes, mediante la concessione ai creditori di un actio sacramenti in personam contro i debitori inadempienti. Il fenomeno si evolse nel tempo; nella civitas romana, per esempio, il credito non era riconosciuto, e l'adempimento di una prestazione si basava sulla fides. La situazione cambiò nei secoli successivi, in quanto si sentì l'esigenza di rafforzare e garantire i vincoli sociali di credito attraverso la costituzione di una rapporto giuridico assoluto, mediante l'espediente del nexum, in base al quale un soggetto, a garanzia del proprio debito, poneva sé stesso nelle mani del creditore, fino al riscatto.
Più tardi venne meno l' obligatio intesa come vincolo materiale, preferendo optare per un vincolo (ideale) attraverso appunto la legio actis sacramenti in personam, che aveva la funzione di stabilire tra i due litiganti chi avesse ragione e consisteva nella sacra promessa (sacramentum) di versare all' aerarium una somma in caso di soccombenza; lo iudex privatus doveva poi decidere quale sacramentum fosse giusto. Da ciò derivarono due tipi di actio sacramenti: l' actio sacramenti in rem, a tutela dei diritti assoluti, e l' actio in personam, a tutela dei diritti relativi.
Ciò consisteva nel fatto che il creditore affermava il proprio credito nei confronti del debitore e, solo nel caso in cui non avesse rispettato la condanna del magistrato, ad ottenere, previa istanza, la sua addictio, cioè l'assegnazione di un bene del debitore al creditore. La massima importanza, nel quadro delle obligationes, fu assunta dall' obligatio verbis contractae, cioè quelle scaturenti da frasi sacre (certa verba) da parte di uno o due contraenti.
In materia criminale, le XII tavole introdussero delle riforme, al fine di arginare il sistema di vendetta personale e favorire le pene pecuniarie.