Uno, nessuno e centomila (superiori)

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Uno, nessuno e centomila (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Letteratura italiana per le superiori 3

«Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti»

(Luigi Pirandello)

Uno, nessuno e centomila è uno dei romanzi più famosi di Luigi Pirandello.

A partire dalla seconda metà degli anni dieci, Pirandello si dedica quasi esclusivamente al teatro. In questo periodo, però, lavora ancora a un ultimo romanzo, Uno, nessuno e centomila, iniziato già nel 1909 e rimasto a lungo in gestazione, uscì solo nel dicembre 1925 sotto forma di romanzo a puntate nella rivista La Fiera Letteraria, e in volume nel 1926. Questo romanzo, l'ultimo di Pirandello, riesce a sintetizzare il pensiero dell'autore nel modo più completo. L'autore stesso, in una lettera autobiografica, lo definisce come il romanzo "più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita".

Il protagonista Vitangelo Moscarda, infatti, può essere considerato come uno dei personaggi più complessi del mondo pirandelliano, e sicuramente quello con maggior autoconsapevolezza. Dal punto di vista formale, stilistico, si può notare la forte inclinazione al monologo del soggetto, che molto spesso si rivolge al lettore ponendogli interrogativi e problemi in modo da coinvolgerlo direttamente nella vicenda, il cui significato è senza dubbio di portata universale. Lo scrittore, poi, descrive una sensazione di vuoto mentale attraverso il romanzo.

Vitangelo Moscarda è un moderno antieroe del romanzo del Novecento e gemello di "Mattia Pascal": immaturo, infantile, vanesio e inconcludente. Dopo Sigmund Freud e Albert Einstein, tutte le certezze diventano relative: da qui la crisi dell'individuo nel suo rapporto con la realtà oggettiva e i valori che fino ad allora avevano mantenuto la sua unità oggettiva e integrità psicologica, trasformandosi da eroe romantico all'individuo complesso e problematico di Franz Kafka e Marcel Proust.

In tal senso si inserisce l'umorismo di Luigi Pirandello come modalità di racconto più idonea a raccontare l'uomo contemporaneo nei suoi molteplici aspetti.

Il narratore è 'autodiegetico', infatti è lo stesso Moscarda che racconta la sua esperienza attraverso una distanza narrativa 'mimetica': spesso rivolgendosi direttamente al lettore, come se stesse conversando con lui, attraverso una struttura sintattica che predilige un lessico quotidiano, includendo anche alcuni vocaboli oggi in disuso[1].

Trama[modifica]

Il protagonista di questa vicenda, Vitangelo Moscarda, chiamato Gengè dalla moglie, è una persona ordinaria, che ha ereditato da giovane la banca del padre e vive di rendita. Un giorno, tuttavia, in seguito all'osservazione da parte della moglie la quale gli dice che il suo naso è leggermente storto, incomincia ad avere una crisi di identità, e rendersi conto che lui non è unico.

Decide quindi di cambiare vita anche a costo della propria rovina economica e contro il volere della moglie che nel frattempo è andata via di casa. In questo suo gesto c'è il desiderio di un'opera di carità, ma anche quello di non essere considerato più dalla moglie come una marionetta. Anche Anna Rosa, un'amica della moglie che lui conosce poco, gli racconta di aver fatto di tutto per far intendere a sua moglie che Vitangelo non era lo sciocco che lei immaginava e che non c'era in lui il male.

Il protagonista arriverà alla follia in un ospizio, dove però si sentirà libero da ogni regola, in quanto le sue sensazioni lo porteranno a vedere il mondo da un'altra prospettiva. Vitangelo Moscarda conclude che, per uscire dalla prigione in cui la vita rinchiude, non basta cambiare nome, perché la vita è una continua evoluzione, il nome rappresenta la morte. Dunque, l'unico modo per vivere in ogni istante è vivere attimo per attimo la vita, rinascendo continuamente in modo diverso.

«La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest'albero, respiro tremulo di foglie nuove. Sono quest'albero. Albero, nuvola, domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo»

Commento[modifica]

Il titolo del romanzo è una chiave di lettura per comprenderlo fino in fondo, infatti quella di Vitangelo Moscarda è la storia di una consapevolezza che si va man mano formando: la consapevolezza che l'uomo non è Uno, e che la realtà non è oggettiva. Il protagonista passa dal considerarsi unico per tutti (Uno, appunto) a concepire che egli è un nulla (Nessuno), attraverso la presa di coscienza dei diversi sé stesso che via via diventa nel suo rapporto con gli altri (Centomila). In questo modo la realtà perde la sua oggettività e si sgretola nell'infinito vortice del relativismo.

Nel suo tentativo di distruggere i centomila estranei che vivono negli altri, le centomila concezioni che gli altri hanno di lui, viene preso per pazzo dalla gente, che non vuole accettare che il mondo sia diverso da come lo immagina. Vitangelo Moscarda è il "forestiere della vita", colui che ha capito che le persone sono "schiave" degli altri e di sé stesse. Egli vede gli altri vivere in questa trappola, ma neanche lui ne è completamente libero: il fatto che la gente l'abbia preso per pazzo è la dimostrazione che non è possibile distruggere le centomila immagini, a lui estranee, che gli altri hanno di lui. È possibile solo farle impazzire.

La fine del romanzo è molto profonda, conclusione degna per un'opera di questa portata. Il rifiuto totale della persona comporta la frantumazione dell'io, perché esso si dissolve completamente nella natura. Pieno di significati è il rifiuto del nome, che falsifica e imprigiona la realtà in forme immutabili, quasi come un'epigrafe funeraria. Al contrario della vita, che è un divenire perenne, secondo la concezione vitalistica di Pirandello.

Personaggi[modifica]

Vitangelo Moscarda[modifica]

È un uomo sulla trentina, figlio di un banchiere dal quale eredita la banca. Un giorno, accorgendosi casualmente della pendenza del suo naso verso destra, che sua moglie Dida gli fa notare, incomincia a percorrere un viaggio scoprendo ogni giorno che passa di non essere, per gli altri, quello che crede di essere. Cercherà per tutto il libro di distruggere le molte immagini che gli altri vedono di lui, fino a diventare completamente pazzo.

Dida, Anna Rosa e gli altri[modifica]

  • Dida: è la moglie di Vitangelo, da lei chiamato amorevolemente “Gengè”. Vitangelo prenderà questo “Gengè” come una delle molte, delle centomila immagini di lui create dalle persone della sua vita. Causa scatenante dei turbamenti mentali del marito, quando questo decide di liquidare la banca, Dida decide di scappare di casa e di allearsi coi banchieri di Vitangelo pur di far rinchiudere il marito e rubargli il patrimonio.
  • Anna Rosa: è una ragazza di venticinque anni, amica della moglie del protagonista. Inizialmente sembra un personaggio secondario, ma con l'incedere del racconto acquisisce sempre maggior importanza. Si innamora di Vitangelo e cerca di aiutarlo e in seguito gli spara.
  • Quantorzo e Firbo: sono i due amministratori della banca di Vitangelo che si alleano con la moglie, mettendo anche il protagonista sotto processo[2].
  • Marco di Dio e sua moglie Diamante: sono i coniugi su cui Vitangelo vuole provare il suo primo folle esperimento. Costantemente sovvenzionato dal padre di Vitangelo per “realizzare i suoi sogni”, Marco di Dio si ritroverà, infine, pieno di debiti che non potrà risarcire. Costretto a vivere in un quartiere popolare malfamato, proverà un forte odio nel suo creditore, Vitangelo, il quale decide di sfrattarlo da casa sua e di regalargli la propria abitazione. Gesto che confermerà le credenze dei banchieri e di Dida della pazzia di Vitangelo.

Note[modifica]

  1. Approfondimento su Uno,nessuno e centomila di Luigi Pirandello, in Leggeremania, 06 dicembre 2013. URL consultato il 04 febbraio 2018.
  2. ITIS E.Fermi - 4AIN, Fermi Tutti 11 - "UNO NESSUNO CENTOMILA", fermimn.gov.it. URL consultato il 04 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il ).

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