Torino barocca (superiori)

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Torino barocca (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia dell'arte per le superiori 2
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 75%

Gli ampliamenti di Torino barocca[modifica]

Nel 1563 Emanuele Filiberto di Savoia spostò la capitale del ducato da Chambéry a Torino. La città, fino ad allora racchiusa all'interno del castrum romano, iniziò a subire dei notevoli cambiamenti architettonici e urbanistici per il volere del duca e dei suoi successori affinché essa fosse maggiormente difendibile e paragonabile alle grandi capitali dell'epoca.

L’attività edilizia fu inizialmente in mano agli architetti Ascanio Vittozzi, Carlo di Castellamonte e suo figlio Amedeo e poi in seguito a Guarino Guarini, Filippo Juvarra e Benedetto Alfieri.


Primo ampliamento[modifica]

Pianta del primo ampliamento di Torino iniziato nel 1620

Il duca Carlo Emanuele I, dopo essersi occupato principalmente di accrescere il livello culturale della città, chiamando a corte letterati quali Torquato Tasso e Giovan Battista Marino, nel 1620 diede il via ai lavori per il primo ampliamento della città. Questo ampliamento prevedeva lo sviluppo della cosiddetta "Città Nuova", ovvero una città moderna e sontuosa. Il progetto, redatto dall'architetto Ercole Negro di Sanfront, si divideva in due diverse fasi: la prima consisteva nel rifacimento di alcuni dei più importanti luoghi della città, mentre la seconda nella sua espansione verso sud. I lavori furono affidati inizialmente ad Ascanio Vittozzi e dopo la sua morte passarono nelle mani di Carlo di Castellamonte.

Piazza San Carlo a Torino

Ascanio Vittozzi si occupò esclusivamente del rifacimento e della sistemazione dell'attuale Piazza Castello, a quel tempo la principale piazza cittadina, attorno alla quale si dovevano sviluppare i nuovi quartieri. Carlo di Castellamonte, invece, diede origine a una delle più importanti vie dell'attuale centro cittadino: la famosa via Roma che va dal palazzo del duca verso la sua residenza estiva al Parco del Valentino. All'epoca, invece, questa via era nota con il nome di via Nuova e si fermava alla porta meridionale della città, detta Porta Nuova (corrispondente all'attuale omonima stazione ferroviaria). Attorno ad essa si sviluppò un sistema di vie parallele e perpendicolari formando il caratteristico schema a scacchiera che riprendeva quello del castrum romano e che caratterizzò tutte le seguenti espansioni.

Lungo questa stessa via nacque, sempre per mano di Carlo di Castellamonte, la Piazza Reale, oggi Piazza San Carlo, seguendo lo stile dell'epoca della place royale. Questa piazza all'epoca era adibita all'attività di mercanti e artigiani e rappresentava il centro nevralgico del commercio cittadino. Essa ha una pianta rettangolare con i due lati lunghi, che misurano 168 metri, paralleli a via Roma, mentre i lati corti perpendicolari ad essa sono lunghi 76 metri. Sul lato settentrionale si presentano due palazzi uno a destra e l'altro a sinistra di via Roma entrambi di tre piani e caratterizzati da un' evidente bicromia: il pian terreno bianco e i due piani superiori marroni, per quello a sinistra ( guardando in direzione di Piazza Castello ), il porticato grigio scuro e i due piani superiori gialli, per quello a destra. I due lati maggiori invece sono simbolo della piazza e dello stile del barocco: un unico palazzo per lato formato da tre piani, alla base del quale si trova un ampio porticato formato da archi a tutto sesto. Le facciate sono ampiamente decorate e danno alla piazza l'eleganza e lo sfarzo tipico dello stile barocco. Esse sono di colore bianco, ad esclusione degli elementi decorativi che le scandiscono verticalmente e orizzontalmente, di un colore tendente al giallo. Sul lato sud della piazza, Carlo di Castellamonte avviò la costruzione di due chiese simili tra loro, San Carlo e Santa Cristina, seguendo lo schema di Piazza Del Popolo a Roma. La prima fu completata nel 1619, mentre la seconda nel 1715 da Juvarra.

Secondo ampliamento[modifica]

Pianta del secondo ampliamento di Torino iniziato nel 1673
Via Po a Torino

Nel 1673 iniziarono i lavori per il secondo ampliamento della città sotto il ducato di Carlo Emanuele II. Essi si concentrarono nell'area del Po, con lo scopo di ottenere una più efficace difesa del ponte sul fiume. Gli architetti Amedeo di Castellamonte, Pietro Arduzzi e Maurizio Valperga svilupparono la cosiddetta "Città Nuova del Po" seguendo lo schema a scacchiera delle espansioni precedenti.

L'asse principale dei lavori del Castellamonte, ovvero l'attuale via Po, riaffermava la centralità di Piazza Castello. Sebbene la via presentasse facciate omogenee a quelle pensate per Piazza San Carlo, essa rappresentò un'importante innovazione urbanistica per la città di Torino poiché fu realizzata in una inusuale direzione obliqua. Per di più, essa fu progettata con proporzioni straordinarie rispetto alle strade dell'epoca, con una carreggiata di 18 metri di larghezza che andava anche a definire una sezione quadrata con le facciate dei palazzi adiacenti di altezza 18 metri. Il disegno delle facciate riprende in tono più rigido quello di Piazza San Carlo, con meno decorazioni e un contrasto tra pieni e vuoti più frequente.

I portici di via Po furono costruiti nella prima metà del Settecento, per volere di Vittorio Amedeo II, e percorrendo la via a partire da Piazza Castello andando verso Piazza Vittorio Veneto, si può tutt'oggi notare come sul lato sinistro questi non subiscano alcuna interruzione in prossimità degli incroci con le vie perpendicolari a via Po, a differenza di quelli sul lato destro. Nel lato sinistro, infatti, furono costruiti nel 1819 i cosiddetti terrazzi di allacciamento, progettati da Ferdinando Bonsignore per soddisfare un’esigenza pratica di Vittorio Emanuele I, ovvero quella di poter passeggiare per la via anche nelle giornate di pioggia. Il lato destro, invece, essendo destinato al popolo non era fornito di questi terrazzi di allacciamento.

Teatro Carignano a Torino

Così come per il primo ampliamento, fu realizzata un'imponente piazza che desse sfarzo alla città, l'attuale Piazza Carlina, che prese il nome di Piazza Carlo Emanuele II e fu costruita a pianta quadrangolare per semplificare la progettazione degli edifici adiacenti e per una ragione estetica.

Le costruzioni che risalgono al XVII secolo mostrano l’influenza e lo stile del Castellamonte e del Vittozzi, caratterizzato da una forte uniformità e dall'uso di proporzioni perfette.

Sempre nel corso dei lavori del secondo ampliamento l'architetto torinese Guarino Guarini, dopo essersi occupato della costruzione della cupola del Duomo e della Chiesa di San Lorenzo in Piazza Castello, progettò e costruì Palazzo Carignano, commissionato dal duca Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano. Il progetto di Guarini si ispirava a quelli di Bernini per il Louvre. Esso prevedeva un corpo a forma di C con la facciata principale rivolta ad ovest sull'attuale Piazza Carignano. Completamente in mattoni, la facciata ha una forma curvilinea, alternando spazi concavi e convessi, dietro ad essa si trovava un ampio giardino, contenente le scuderie, che fu chiuso solo nel '800 con la realizzazione della facciata orientale.

Terzo ampliamento[modifica]

Pianta del terzo ampliamento di Torino iniziato nel 1717

Già dalla fine del XVII secolo emerse la necessità di ampliare la città anche nell'area occidentale, rinnovando il denso tessuto urbano medievale in modo da darle uno schema unitario, come nel resto della città. Sin dai disegni prejuvarriani, di inizio Settecento, si individuarono i due principali assi su cui basare il progetto: via Dora Grossa, ad oggi via Garibaldi, e via Porta Palazzo, ad oggi via Milano.

Queste due vie furono anche il fulcro del progetto dell'architetto Filippo Juvarra, che si occupò del terzo ampliamento, con i lavori che iniziarono nel 1717. Juvarra inizialmente ampliò i due assi principali, per poi chiudere diverse strettoie tra le vie minori con la costruzione di nuovi palazzi. Via Dora Grossa in particolare subì il rinnovamento maggiore, sia per renderla simile in dimensioni agli assi dei due precedenti ampliamenti, via Nuova e via Po, sia per raddrizzarla rispetto al resto dello schema urbano. L'architetto poi passò all'ampliamento della città al di fuori della precedente cinta muraria, che, proprio in occasione di questi lavori fu abbattuta. Al posto della porta occidentale fu costruita Piazza Susina, l'attuale Piazza Savoia, al centro della quale vi si trova oggi l'obelisco.

I lavori del terzo ampliamento non si concentrarono solo sulla zona occidentale, infatti, furono diverse le zone già esistenti ad essere rinnovate da Juvarra e dall' architetto Benedetto Alfieri.

L'architetto messinese si occupò della riqualificazione della residenza dei duchi, l'attuale Palazzo Reale, e della stessa Piazza Castello, che venne migliorata con l'edificazione di nuovi palazzi, con l'intento di renderla il cuore della vita politica cittadina. Sempre in Piazza Castello, fu realizzata la nuova facciata occidentale in pietra bianca di Palazzo Madama, anch'essa di Filippo Juvarra. Nel 1740 venne poi inaugurato il Teatro Regio, progettato da Carlo di Castellamonte e costruito da Benedetto Alfieri.

Piazza Castello a Torino

In seguito nel 1752 furono terminati i Giardini Reali e l'anno dopo fu inaugurato il Teatro Carignano, di fronte al già esistente Palazzo Carignano, di Benedetto Alfieri che completò, ampliando e restaurando, il progetto di Guarino Guarini. Questo fu danneggiato da un incendio nel 1786 e ristrutturato nella forma in cui lo troviamo tutt’ora.

Nel 1777 fu poi significativa l’apertura del cimitero di San Pietro in Vincoli, che fu il primo fuori dalle mura e che diede inizio alle sepolture all’esterno delle chiese.

La città alla fine del XVIII secolo, dopo questi tre vasti progetti di ampliamento e riqualificazione, era quindi organizzata e suddivisa in quattro quartieri: Vanchiglia, Cittadella, Via Nuova-San Salvario e Porta Palazzo, ripartiti a loro volta in 60 cantoni e 119 isole. La città era inoltre caratterizzata da un notevole aumento demografico che ebbe come conseguenza, tra le altre, l'innalzamento dei palazzi fino anche al sesto piano.

Collegamenti esterni[modifica]

Bibliografia[modifica]

  • Rudolph Wittkower, Arte e architettura in Italia 1600-1750, Einaudi, Torino
  • Carlo Bertelli con Emanuela Daffra e Mauro Pavesi, Invito all'Arte 2, Pearsons - Bruno Mondadori