Piccoli trasformatori d'uso speciale
Il trasformatore rifasato
[modifica]In alcune applicazioni dei trasformatori di segnale è necessario procedere al “rifasamento” del trasformatore per consentirne il collegamento con il generatore; con il rifasamento si cancella la reattanza induttiva per una data frequenza, ed il trasformatore appare al carico, a causa delle inevitabili perdite del trasformatore stesso, come se fosse una resistenza pura.
Vediamo con il seguente esempio di progetto come si presenta questo caso:
Si debba progettare un trasformatore idoneo ad essere collegato ad un generatore che presenti una impedenza e sia obbligata la reattanza dell’avvolgimento primario al valore alla frequenza di .
È chiaro che se collegassimo questo tipo di trasformatore al generatore, quest’ultimo si troverebbe in condizioni di funzionamento anomalo essendo il carico reattivo quasi uguale dell’impedenza del generatore.
Il problema si risolve con il rifasamento della reattanza del primario del trasformatore mediante l’inserzione, in parallelo a detto primario, di un condensatore opportunamente calcolato.
Il rifasamento si realizza quando sia posto
che con i valori in gioco risulta
da cui
Il nuovo circuito riportato, in figura 1, mostra il trasformatore con il condensatore di rifasamento collegati al generatore.
Nella figura non è stata disegnata la resistenza di perdita del trasformatore ritenuta, ipoteticamente, di valore irrilevante ai fini del carico del generatore.
Anche per i trasformatori rifasati deve essere controllata l’induzione che deve sempre risultare inferiore alla massima consentita per il tipo di nucleo.
I trasformatori per segnali a frequenze molto basse
[modifica]Alcune volte, nell’ambito della progettazione dei circuiti analogici, si devono dimensionare piccoli trasformatori in grado di trasferire dei segnali in bande di bassa frequenza; segnali, ad esempio, il cui spettro è compreso tra
In questo campo di frequenze l’impiego dei nuclei in ferrite, dei quali abbiamo trattato in precedenza, non è possibile a causa dei valori di (numero di spire per mH) che, anche per i tipi con dimensioni più grandi, non scendono sotto le spire per
Per chiarire le idee vediamo un esempio di calcolo: Supponiamo di dover dimensionare un trasformatore in grado di essere collegato ad un generatore avente impedenza di ; il trasformatore deve trasferire dei segnali compresi nel campo di frequenze tra .
Se vogliamo che il generatore non risenta del carico reattivo del trasformatore dobbiamo procedere come negli esercizi precedenti e, per l’induttanza del primario, scrivere:
ad un valore di corrisponde, alla frequenza di , l’induttanza
Poiché valore di calcolato è eccessivo e non realizzabile, si deve tentare il calcolo imponendo che la reattanza del primario sia soltanto volte l’impedenza del generatore, cioè
da cui il nuovo valore di
Se pur ancora molto grande il valore di ipotizziamo l’impiego di un nucleo in ferrite di massime dimensioni ( circa ) senza traferro; possiamo contare su di un valore di e calcolare il numero di spire necessarie all’avvolgimento del primario:
spire
Un trasformatore così impostato è difficilmente fattibile; per esso non è neppure applicabile la tecnica del rifasamento dato che le frequenze di lavoro si estendono in una ampia gamma.
È necessario pertanto intraprendere una diversa strada per ottenere il componente voluto.
Si tratta di orientarsi su nuclei di Mumetal M20, che, con ingombri sensibilmente inferiori ai nuclei di ferrite più grandi, consentono la realizzazione delle reattanze richieste con un numero di spire ragionevole.
Questo tipo di nuclei è formato da lamelle il cui disegno è riportato in figura 1
hanno dimensioni di ed uno spessore di circa , con esse si possono realizzare dei pacchetti dell’altezza richiesta.
Il numero di spire nel primario si calcola secondo l'espressione:
dove
- : tensione applicata al primario.
- in Gauss: induzione massima accettabile.
- in Hertz: frequenza della tensione
- in : sezione del nucleo
Il materiale non si trova facilmente sul mercato ma, in caso di necessità, la ricerca, magari su internet, vale ben la pena di essere condotta.
I piccoli autotrasformatori
[modifica]Gli autotrasformatori si possono considerare versioni ridotte dei trasformatori; non hanno infatti primario e secondario ma soltanto un primario che svolge entrambe le funzioni. Un “piccolo autotrasformatore” può nascere semplicemente mediante l’impiego di un induttore; vediamo come con due esempi:
Primo esempio:
Supponiamo di voler applicare ad un circuito una tensione di partendo da un generatore che fornisce una tensione di pensando di utilizzare l’induttore già progettato nella lezione precedente:
per modificare l’induttore a foggia di autotrasformatore “in discesa” si dovrà collegare una presa intermedia su di una parte di spire sul totale delle spire (definite come primario), in questo caso si potrà scrivere
ovvero
da cui spire come mostra figura 1:
Secondo esempio:
Supponiamo di voler applicare ad un circuito una tensione di partendo da un generatore che fornisce una tensione di pensando di utilizzare l’induttore già progettato in precedenza secondo il seguente ragionamento:
per modificare l’induttore a foggia di autotrasformatore “in salita” si dovranno aggiungere, oltre le spire (definite come primario) , altre spire secondo il rapporto:
ovvero
da cui
spire
per un totale di spire pari a
spire come indicato in figura 2:
L’autotrasformatore non consente l’isolamento ohmmico tra primario e secondario essendo i due elettricamente connessi; se tale isolamento è richiesto si deve utilizzare, invece, un trasformatore.