Mos maiorum

Da Wikiversità, l'apprendimento libero.
lezione
lezione
Mos maiorum
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto penale europeo
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

Il Mos Maiorum (dal latino Mōs Maiōrum, letteralmente «Usanza, Costume degli Antenati») rappresenta il nucleo della morale tradizionale della civiltà romana. Per una società come quella romana, le tradizioni sono il fondamento dell'etica: esse comprendono innanzitutto il senso civico, la pietas, il valore militare, l'austerità dei comportamenti e il rispetto delle leggi. Il Mos maiorum, fondendosi nell'insieme dei valori acquisiti in seguito all'ellenizzazione della cultura latina, darà vita alla humanitas.

Il termine mos, puntualmente e invariabilmente tradotto con il riduttivo costume a livello scolastico, è in realtà un termine latino molto più ricco semanticamente e ha valore insieme ideale e pragmatico, in quanto comprende il sistema di valori di un singolo individuo o di una società e, contemporaneamente, la prassi che coerentemente ne deriva. Da mos deriva l'italiano "morale".

Il termine mores era già usato nel periodo protostorico dalle tribù stanziate nel territorio laziale, in riferimento a usi di tipo magico-religioso. Ne dà una definizione Sesto Pompeo Festo:

(LA)

«Mos est institutum patrium, id est memoria veterum pertinens maxime ad religiones caerimoniasque antiquorum.»

(IT)

«Il costume è l'usanza dei padri, ossia la memoria degli antichi relativa soprattutto a riti e cerimonie dell'antichità.»

Dal periodo regio all'età imperiale, i mores, vengono a identificarsi come un corpo di principî e di valori esemplari per la comunità romana di quell'epoca e nelle seguenti. Chiunque non rispettasse il "Mos maiorum" infrangeva il codice degli insegnamenti etici e morali romani.

Storia[modifica]

Dal X secolo a.C. alla fondazione di Roma[modifica]

Di questo periodo non abbiamo alcuna fonte scritta coeva o di autori successivi; perciò, per stabilire le tradizioni, l'unico modo è utilizzare lo strumento archeologico. Si parla delle popolazioni stanziate nei territori dove poi verrà fondata la città di Roma e tramite i ritrovamenti funerari si cerca di dedurre costumi, tradizioni e struttura della società di quel remoto periodo.

Nella struttura familiare[modifica]

Prima di tutto, sulla base dei corredi funerari rinvenuti nel corso degli scavi archeologici, si è dedotto l'esistenza di una differenza di attività tra la popolazione maschile, che si dedica alla raccolta-coltivazione, alla caccia, trovandosi in una zona boschiva, e alla guerra, e la popolazione femminile, dedita alla tessitura e ai lavori domestici. In questo periodo esiste solo la struttura familiare della familia, non ancora quella della gens. Le familiae sono sempre caratterizzate dal potere patriarcale, dove il pater ha potere assoluto, compreso quello di decidere i riti all'interno della famiglia in quanto genus di questa. I primi insediamenti sono di tipo strettamente familiare, cioè il gruppo semi-nomade o sedentario stabilito su un colle è una famiglia o comunque un nucleo unito da legami parentali. Poiché sono stati rinvenuti corredi funerari di diversi livelli qualitativi, cioè corredi funerari più ricchi e meno ricchi, è da ritenere possibile che vi fosse già una differenza di livello economico tra le varie famiglie, ma non si può dire se già esistevano classi sociali differenti. Da mos deriva l'italiano "morale". (Mos maiorium vuol dire costume) e per i romani era molto importante le usanze e appunto i costumi

Nei riti religiosi[modifica]

Vestale (Roma, Palazzo Braschi)

La religione di questo periodo è riconducibile dal confronto con le culture più primitive dei nostri giorni. In particolare, alcuni studiosi fanno rilevare l'analogia tra la popolazione malese, che credeva nell'intervento di forze soprannaturali nella vita di tutti i giorni; questo sarebbe provato dal fatto che alcune fonti parlano di numen o numena, "forze", secondo le credenze dei popoli più antichi, stanziate in questi territori identificate, non come divinità, ma come "forze singole", ognuna delle quali possedeva un proprio compito, "forze" che circondavano letteralmente la familia, e in senso più esteso le comunitas, in grado di intervenire nella vita di tutti giorni. Per queste popolazioni, ogni "forza", nella realtà, agisce all'interno di uno strettissimo ambito, per esempio si cita la forza che fa muovere un fiume, oppure quella che causa la pioggia, ecc. .. ecc. .. Per favorire l'azione di queste, i Sacerdoti del tempo, avevano codificato l'osservanza di specifici riti, Sacerdoti che, in questo periodo non erano altro che gli anziani del gruppo semi-nomade. Non sappiamo nulla dei riti seguiti, tranne di uno usato anche in età storica, ovvero il rito del Septimontium, una processione che riuniva tutte le popolazioni stanziate nei colli romani o vicini che partiva dal Palatino e attraversa molti colli vicini. Questo rito collettivo dimostrerebbe la somiglianza religiosa di tutte queste popolazioni, ma questo servirebbe anche a rinnovare la pace tra le varie popolazioni: il rito veniva celebrato l'11 dicembre. I riti di questo periodo, almeno la maggior parte, utilizzavano come donazione alle forze i legumi. In particolarmente questo rituale è stato individuato grazie agli scavi archeologici, ma anche secondo quanto diceva Plinio sull'utilizzo nei riti delle fave. A prima dell'età regia risale anche il culto di Vesta e delle vestali che dovevano custodire il fuoco di Vesta. All'inizio dovevano essere solo due, la prima vestale di cui si ha notizia è la madre di Romolo Rea Silvia vestale, esistita di certo, prima dell'età regia di Roma.

Nei rituali funebri[modifica]

Il rituale prevedeva, nel X secolo a.C., la cremazione del corpo, su un rogo, per un periodo prolungato dopo di che il fuoco viene spento, probabilmente col latte, poi le ossa raccolte in un vaso chiamato ossuario, collocato in un vaso più grande chiamato dolio, al quale veniva affiancato il corredo funerario di oggetti in miniatura, ritenuti utili per la vita nell'aldilà. Da tali riti e comportamenti si è dedotto che le popolazioni di quel tempo credevano nell'esistenza di una vita oltre la morte.

Fino a circa l'830 a.C., si osservano tre tipologie di rituali differenti: quello della cremazione, già esposto, quello in cui il vaso coi resti veniva deposto in una fossa chiamata pozzo, oppure il terzo in cui veniva scavata una fossa rettangolare per deporre il cadavere in posizione supina. Il periodo successivo fino al 770 a.C., vide il rituale maggiormente in uso della fossa rettangolare col cadavere supino, alcune volte veniva usata la cremazione, mentre il corredo funerario era caratterizzato, non più da oggetti reali in miniatura, ma da oggetti veri, per esempio venivano deposte di fianco al cadavere, armi vere, collane, ecc. Successivamente, fino al 730 a.C., troviamo il metodo a fossa con corredo, oppure l'utilizzo di sarcofagi in terracotta simili a una bara. Da 730 al 630 a.C., il seppellimento dei morti avveniva al di fuori dall'abitato, tranne per i bambini, seppelliti vicini o sotto le capanne, posti orizzontalmente in una fossa o nel dolio.

Nella divisione del lavoro[modifica]

Il costume di questi popoli prevedeva che l'uomo andasse a fare la guerra o a coltivare o raccolta mentre la donna si occupava della tessitura e dei lavori domestici e i sacerdoti (le persone più anziane del gruppo) dei riti sacri.

Dal 754 a.C. al II secolo d.C.[modifica]

Nella vita politica[modifica]

La partecipazione nella vita pubblica era parte dominante della vita del cittadino maschio nella Roma antica. La vita pubblica comprendeva politica, esercito, legge e anche sacerdozio. Nella politica, il cursus honorum divenne la procedura standard di attribuzione delle cariche. L'osservanza di questo percorso veniva considerata convenzionale; comunque ci furono deviazioni dal cursus. Lucio Appuleio Saturnino e Gaio Servilio Glaucia, in associazione con Gaio Mario la sua legislazione e le elezioni, ruppe la tradizione cercando il consenso dei tribuni della plebe. Mario stesso smise di accettare la tradizione dell'élite romana. Mario non fu solo un homo novus di gran successo, ma fu eletto 7 volte console, cosa mai accaduta prima. Queste figure contrastano fortemente con la carriera di Cicerone, che seguì severamente il cursus honorum e mantenne una gran coerenza nel sostenere gli interessi dell'aristocrazia e i valori ancestrali da essa salvaguardati. Cicerone ottenne molta della sua fama dalla sua abilità di oratore, lavorando come difensore e Pubblico Ministero nelle corti.

La legge era strettamente legata al cursus honorum e alle magistracies che un cittadino poteva sperare di ottenere. I membri della classe superiore, avendo una conoscenza maggiore della legge e dell'arte oratoria (dal momento che erano consuetudini parte della loro istruzione), soddisfacevano i ruoli di prosecutore, difensore e persino giudice. Questi ruoli erano doveri tradizionali per la classe superiore, che potevano addossarsene la responsabilità. Sebbene moltissime responsabilità appartenevano alla sfera della vita civile, come era comune nell'era antica, dai romani ci si aspettava anche che servissero nell'esercito.

In ambito militare[modifica]

All'inizio emblematica è la figura in età arcaica del cittadino soldato che fino ai 40 anni si dedica solo a due attività coltivare la terra e guerreggiare. Successivamente i mores del militare stabiliva che i soldati cittadini venivano obbligati all'arruolamento tramite minacce riguardanti lo Stato intero, ma dopo Mario entrarono in vigore i soldati professionisti, alleati dei loro generali. L'esercito romano era originariamente costituito da persone della classe superiore, poiché essi erano gli unici membri della società che potevano permettersi i costi economici delle armi e assenze dal lavoro giornaliero. La speranza degli uomini romani era di unirsi all'esercito e ottenere gloria a servizio dello Stato, e quando non erano impegnati in battaglie o guerre, riponevano le armi e si dedicavano alla vita civile. Comunque, Gaio Mario riformò l'esercito per includere capite censi e sottomettere le truppe al suo controllo prima ancora che a quello dello Stato.

Nel diritto di famiglia[modifica]

I mores stabilivano anche la struttura familiare cioè si limitavano a dare la potestà del pater familias sui suoi consociati nonché la struttura delle gentes, però sicuramente i mores in questo ambito si limitavano solo a dare la giusta struttura e a qualche altro regolamento che però non intaccava il potere del pater nei confronti di chi abbia un debito o un delitto su un suo consociato o lui stesso cioè il cosiddetto formarsi del vincolo corporale poi evoluto in dare o oportere sino ad arrivare a una parvenza di vincolo giuridico.

Nella tradizione religiosa[modifica]

A differenza delle moderne religioni occidentali, gli antichi romani non separarono le pratiche religiose dal servizio allo Stato. Mantennero invece l'usanza dei loro antenati Indo-Europei di un clero legato allo Stato. Per esempio, il Collegio dei Pontefici era custode di diversi culti, Collegio al cui vertice era nominato un sacerdote che poteva anche essere in possesso di una carica politica e/o militare. Gli antichi romani praticavano regolarmente anche il culto degli antenati, dei Penati, divinità protettrici della casa privata e del suo interno, dei Lari, comuni nella religione privata romana, in aggiunta alle figure antropomorfe divine romane. I Lari sono spiriti guardiani, variabili nelle loro manifestazioni a seconda dei ruoli che ricoprivano: come, per esempio, i Lari Augusti, spiriti protettori dell'imperatore. Più comunemente venivano citati i Lari compitali, guardiani degli incroci, e i Lari familiari, custodi della casa. Senza dimenticare tutti gli dei pagani, successivamente assimilati e modificati dalle varie conquiste, molti dei quali per esempio hanno assunto nomi di dei greci.

Nel rapporto patronato-clientela[modifica]

Un altro importante aspetto della tradizione romana è il rapporto tra Patronus e Cliens (patrono e cliente). È il rapporto più comunemente verificatosi tra Patrizi e Plebei, dove in cambio della tutela del Patronus (patrizio), il cliens (plebeo), offriva servizi fino a quando il debito non era stato restituito. Più tardi nella storia romana, dopo la nomina a princeps di Augusto, la maggior parte della popolazione diventò clientela dell'imperatore, finché, alla fine, non lo fecero tutti.

Mores come regolatori delle legis actiones[modifica]

I mores all'inizio, essendo l'unico regolamento esistente disciplinava le legis actiones più antiche, ovvero "legis actio sacramentum in rem, manus iniectio, pignoris capio" e altre che non conosciamo dalle fonti. La "legis actio sacramentum in rem", doveva essere regolata solo dai mores, in quanto unico atto normativo, e la presa della cosa in iure davanti al giudice non doveva essere solo simbolica, ma viene ipotizzato da alcuni studiosi, che, nel periodo più arcaico, avvenisse proprio attraverso una contesa materiale, in un secondo momento diventata più simbolica, e seguita poi da un giuramento con satisdatio. Tutti questi aspetti dovevano essere regolati dai mores, e insiti nel sistema istituzionale del tempo, dal quale poi nacquero le leggi. Per la manus iniectio non sappiamo bene come si svolgeva la procedura, poiché non si hanno molte informazioni, ma, in linea di massima serviva per avere una sorta di potestas sullo schiavo o sulla moglie, pronunciando determinate parole, attraverso determinati gesti, come nel caso della legis actio sacramentum in rem, quando l'attore pone la festuca sulla persona che rivendica come suo schiavo. Nel caso della pignoris capio, che, a quanto ci dice Gaio, era ancora in vigore nel suo periodo, e poco modificata rispetto al periodo antico, in quanto molti aspetti erano regolati dai mores, anche se non è mai stato rivelato in che maniera specifica. Oltre ciò, anche la sponsio doveva essere regolata da mores, anche perché nel rito viene menzionato lo ius Quiritium, fortemente legato ai mores.

Da questa analisi si comprende che i mores regolavano le legis actio attraverso sia specifiche parole, sia determinati gesti. In questo modo il gesto o/e la parola eseguita convenzionalmente davano all'atto quel diritto di validità necessario e sufficiente per conseguire quel risultato, esattamente come prevedeva il diritto di quel tempo, ma anche per proteggersi dall'intervento di forze occulte che avrebbero potuto influire negativamente.

Oltre a regolare alcuni punti delle legis actionis, i mores regolavano anche alcuni negozi soprattutto i più antichi, come la mancipio e il trasferimento della res mancipi attraverso il rito della pesatura del bronzo grezzo. Poi, man mano, vi fu un'involuzione dell'istituto, fino a ridursi a mera apparenza, poiché il costo della res si pagava con moneta. La nuncupatio secondo cui si poteva modificare gli effetti della mancipatio, sembra che prima di derivare da una regola delle dodici tavole, questa sia stata prima un mores, poi rielaborato all'interno della stesura delle XII tavole, come la nuncupatio ebbe stessa sorte l'istituto dell'usus. L'istituto del matrimonio era previsto con la confarreatio, molti riti di tipo religioso con i Lupercalia, e gli auguri con i loro Auspici.

Mores e ius[modifica]

Ius Quiritium

I mores più antichi sono strettamente correlati col ius quiritium, ovvero il primo diritto romano. Di questo diritto abbiamo informazioni da Gaio, da Cicerone e da altri, poiché viene nominato in alcuni negozi che hanno le loro radici nel periodo più antico come nella mancipatio. Questo diritto si incentra soprattutto nel potere familiare e dominicale o padronale, e va dal VII secolo a.C. al VI secolo a.C., perciò non riguarda il settore delle obbligazioni con l'oportere, o asservimento corporale, sviluppatosi dopo questo periodo, perciò lo ius quiritium è caratterizzato fondamentalmente da mores, leges regiae e foedera.

XII Tavole

Le XII Tavole raccolgono fondamentalmente massime di mores, e infatti, come dicono vari autori antichi, i relativi collegamenti sono molti, per esempio l'usucapio deriva dalle mores, prima di diventare una regola delle tavole, oppure la traditio, molto antica anche questa, poi trasformato in legge tabulara, oppure ancora la mancipatio e molti altri.

Ius civile

Lo ius civile, essendo la risultante del lavoro ragionato dei giuristi sulle dodici tavole, rappresenta solo un'evoluzione ulteriore delle dodici tavole, ma anche qui, troviamo delle analogie con i mores : per esempio il rapporto tra patronus (o gens) e cliens e l'obsequium del cliens nei confronti del patronus, ma oltre che nel diritto positivo, vi sono molti collegamenti anche nel diritto processuale derivante sempre dalle XII Tavole, e, trasformate con lo ius civile in formule: l'actio sacramentum in rem, l'agere per sponsionem o la manus iniectio, ecc.

Ius gentium[modifica]

Per lo ius gentium invece, bisogna fare un discorso più complesso, poiché riprende e assimila, oltre a istituti di varie popolazioni, anche istituti romani. La risultante è che vengono per esempio ripresi sempre la traditio e la sponsio stipulatio tutte e due derivanti da mores. In questo tipo di ius, viene ripreso anche la fides, valore romano sin ad antico derivante da mores, sul quale si basano nello ius gentium, soprattutto i commerci tra diverse popolazioni.

Ius honorarium

Per il ius honorarium non abbiamo invece nessun collegamento diretto, poiché nasce dalla iurisditio e dall'imperium del pretore, ma man mano quando si stabilizza, riprende istituti dallo ius civile modificandoli, dall'altra però, riprende anche principi del mos maiorum e della consuetudine internazionale nel commercio; un esempio è nel caso in cui, attore e convenuto, abbiano stretto un negozio secondo la fides del mos maiorum e della consuetudine internazionale, per cui il pretore, per far in modo che le parti rispettino tale fides, concede al convenuto un exceptio doli. Un altro ancora è la concessione di exceptio per non aver rispettato una promessa con sponseo, tipico istituto antico risalente ai mores. Perciò vediamo che certi ambiti sono correlati, e che lo ius honorarium cerca dei rimedi efficaci derivanti dai mores.

Il titolare dei diritti derivanti dai mores[modifica]

I titolari di diritti derivanti da mores erano veramente pochi, soprattutto nel periodo più antico. Infatti in questo periodo potevano essere titolari solo coloro che erano al centro di situazioni giuridiche soggettive, per esempio, i patres familiae: infatti questi potevano aver contratto matrimonio, dunque i mariti o avere un cliens, cioè il patronus, oppure il patres nei confronti dei consociati della familia, gli alieni iuris, oppure i militari: per esempio i celeres, anch'essi al centro di riti specifici, oppure i sacerdoti ecc. Sempre in nel tempo antico coloro che non potevano essere titolari di diritti erano certamente quelli che non potevano essere titolari i situazioni giuridiche, ovvero coloro che non possedevano almeno tre requisiti: la libertà, la cittadinanza romana, e la potestà su persone, alieni iuris, cioè lo status di pater familias. Nel periodo preclassico e classico la situazione cominciò a mutare, con la potestà del pater che diventa sempre meno patrimoniale, e il crearsi della distinzione tra situazioni da tutelare e interessi. Probabilmente anche i filii familias poterono essere titolari di diritti derivanti da mores.

Sanzioni in caso di non osservanza dei mores[modifica]

La non osservanza dei mores da parte di un soggetto prevedeva diverse conseguenze. Inoltre, che qualsiasi decisione sottoposta ai valori contenuti nei mores generava un precedente giudiziario. Nel periodo pre-civico e regio, era la stessa comunità che garantiva l'osservanza di riti: così se un soggetto, per esempio un pater familias, doveva chiedere il tributo a un altro soggetto da cui avesse ricevuto un danno, questi era messo in grado di ottenerlo dalla stessa comunità. Poiché i mores venivano definiti, secondo gli antichi, come espressione corretta della visione della vita, si deve ritenere possibile che per i mores, soprattutto quelli investiti di una maggior auctoritas, dovessero esserci conseguenze simili all'infamia, all'ignominia o anche alla pena capitale. Se invece il mos riguardava l'usufrutto di un diritto o il porre in essere di un negozio, questo non era considerato valido. Quando il mos riguardava determinate azioni criminali come l'omicidio o l'adulterio, il reo nella maggior parte dei casi, andava incontro a una pena di tipo religioso-pagano, come l'essere sacrificato a una divinità (sacertà), il supplicium more maiorum, o la poena cullei, oppure era soggetto al vincolo corporale del danneggiato, poi evoluto nell'oportere

Differenza tra mos e consuetudo[modifica]

Negli studi sul diritto romano, fino al XX secolo, generalmente i termini mos e consuetudo vengono considerati sinonimi, aspetto confermato anche da alcune fonti di epoca romana. Recentemente però gli storici, sulla traccia di altre fonti, tendono a non considerare i due termini come sinonimi, individuando invece differenze, lievi ma non del tutto trascurabili. I mores, infatti, sono usi e costumi conseguiti per ottenere il bene dell'intera comunità, e caratterizzati prima, da elementi magico-pagani, poi dall'intervento sacerdotale: i sacerdoti, con le rivelazioni dei mores, conferirono a questi il classico carattere giuridico-religioso. Le consuetudines invece sono usi e costumi che il popolo segue come abitudine, non segnate da un carattere 'sacro', né custodite o attuate dall'ordine sacerdotale: si tratta, dunque, di atteggiamenti e principî non derivanti da usi ancestrali o antichi, ma di più recente formazione, nei quali è assente la componente religiosa e l'intervento sacerdotale.