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Monti, Foscolo e la critica

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Monti, Foscolo e la critica
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia della critica e della storiografia letteraria


Dopo il plauso entusiastico dei contemporanei, De Sanctis e Leopardi furono abbastanza duri con Vincenzo Monti, in cui vedevano un poeta più immaginifico che profondo.

Una sorta di rivalutazione si ebbe poi con B. Croce, che però ebbe cura di relegarlo più tra i letterati che tra i poeti.

E oggi, come stanno le cose?

W. Binni, “Monti poeta del consenso”, ribadisce più o meno l'impressione di Croce: del Monti esalta la grande professionalità, ma non gli pare di scorgere in lui grande poesia.

Binni definisce Monti poeta del consenso, non solo perché questi aveva la tendenza a fiutare il vento e a mettersi sempre dalla parte dei più forti, ma anche perché gli riconosce una vera e propria passione per l'antichità, cosa che lo inserisce a pieno merito nella corrente neoclassica.

Binni comunque evidenzia una certa bonomia nei confronti di Monti, cercando di individuarne gli aspetti positivi.

Carlo Muscetta, critico marxista, dà invece giudizi severissimi su Monti e opera un'inesorabile stroncatura dell'uomo e del poeta.

Pur essendo vissuto, nota Muscetta, in un momento storico ricchissimo di rivolgimenti ideali (l'affermarsi delle idee di Nazione e Libertà), egli rimane fuori dal corso degli eventi, perpetuando la figura del letterato puro, estraneo ai movimenti di pensiero e alla politica del suo tempo; sempre dalla parte dei potenti, sempre pronto a cambiare bandiera, egli meritò ampiamente l'epiteto dispregiativo di “voltagabbana”.

L'altro grande rappresentante del periodo neoclassico è indubbiamente Ugo Foscolo.

Per Foscolo non si può, è unanimemente riconosciuto, parlare di un neoclassicismo estrinseco e puramente epidermico: il suo amore per la classicità e i miti dell'Ellade aveva qualcosa di profondo e di viscerale, era la sua stessa concezione della poesia: la Grecia vista come un mondo perduto di bellezza serenatrice, che egli si affaticava di raggiungere con la propria poesia, sia sul versante dei contenuti sia della forma.

Intanto è importante inquadrare la figura di Foscolo in rapporto al Monti e all'Alfieri.

Con Monti le affinità sono pochissime, addirittura nulle, se si tiene conto della pertinacia con cui Foscolo persegue i propri ideali politici.

Diversi sono invece i contatti che si possono stabilire con Alfieri. La critica, in generale, è abbastanza concorde su questo punto (“Ortis” è di stampo alfieriano): comunque è una “concordia discors”, in quanto, se e facile trovare affinità, lo è altrettanto individuare punti di aperta divergenza.

Alfieri, come e stato osservato da Sapegno in un saggio famosissimo, “Alfieri politico”, è molto lontano da una visione politica reale e soprattutto realizzabile. L'eroe alfieriano è chiuso in un maniacale contatto-repulsa nei confronti della tirannide: la sua lotta è quella dell'individuo d'eccezione che, in effetti, non riesce a concretizzare in un terreno politico reale le istanze libertarie che gli urgono dentro.

Nessun contatto con il popolo, verso cui nutre anzi il più profondo disprezzo Secondo Luigi Russo, “L'interpretazione politica di Iacopo Ortis”, mentre l'Alfieri, per il suo individualismo senza sbocchi si era precluso ogni via verso il mondo reale, Foscolo partecipa in modo vivo e fattivo alla realtà storica del suo tempo.

Già nell”'Ode a Bonaparte”, Russo individua i caratteri di fondo del pensiero politico di Foscolo, per il quale l'ufficio delle lettere non è qualcosa di avulso dalla realtà, bensì un modo di vivere in comunione con gli altri uomini: la vocazione politica di Foscolo costituisce il momento decisivo della sua ispirazione poetica, e ciò è ravvisabile non solo nello “Iacopo Ortis”, ma anche in opere “insospettabili” quali sono “Le Grazie”.

Il suo sentimento politico, a detta di Russo, ha quasi un sapore savonaroliano, tanto è potente: ma la sete di libertà si scontra con una realtà dura, dominata dalla tirannide, difficile da scalfire: di qui una visione cupa del mondo, il rifugio nel suicidio.

“Una ragazzata di genio” è “Iacopo Ortis” per Carlo Muscetta, una ragazzata di cui non si può non ammirare la forza d'animo che sprigiona, sorretta com'è da uno stile alto e ben congeniato.

Quanto poi alla reale portata del pensiero politico di Foscolo, Muscetta mostra parecchio scetticismo, per cui pare di capire che a suo parere il Foscolo è velleitario né più né meno dell'Alfieri.

Velleitari ambedue perché non avevano compreso che la libertà non si raggiunge per opera di uno solo, ma con il concorso di tutto il popolo.

Questo l'aveva capito anche Mazzini, continua Muscetta, il quale appunto aveva criticato nel Foscolo la fiducia che questi aveva riposto in Napoleone, senza comprendere che la libertà cui tanto agognava si poteva conseguire solo con l'unione di tutti coloro che erano sferzati dagli stessi bisogni.

Muscetta, a supporto della sua tesi, riporta altresì le parole del dimenticatissimo Carlo Cattaneo, il quale a suo parere tracciò un profilo estremamente acuto del pensiero politico di Foscolo.

Per Cattaneo, l'idea di libertà del Foscolo è tipicamente classica e non ha coscienza vera delle forze che muovono l'agire politico, degli enormi sforzi comuni che tutti i popoli devono attuare per conseguire dei benefici duraturi.

Inoltre Foscolo non ha alcuna fiducia nelle forze popolari, che anzi egli schernisce con l'epiteto di “plebe”.

Con tutto ciò, anche Muscetta non nega l'alto valore morale che ebbe l'azione disperata di uno Iacopo Ortis sulla coscienza dei contemporanei: e solo per questo il libro meriterebbe di essere salvato.

Critiche sul versante puramente letterario vengono sempre da sinistra con Asor Rosa, il quale, pur riconoscendo la forza insita nel pensiero di Foscolo, il suo disperato bisogno di libertà, la volontà con cui perseguì i propri ideali, gli rimprovera un linguaggio estremamente aristocratico, rivolto a un pubblico elitario: il poeta, secondo Asor Rosa non si era reso conto che solo attraverso un “degrado della forma” il suo messaggio sarebbe potuto giungere più in là, a una più larga massa di lettori.