Matteo Maria Boiardo (superiori)

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Matteo Maria Boiardo (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Letteratura italiana per le superiori 2
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 50%

Matteo Maria Boiardo è uno dei più noti ed importanti letterati italiani del XV secolo.

La vita[modifica]

Boiardo in un'incisione anonima tratta da un'edizione del poema del 1840

Figlio di Giovanni (1419-1452) e di Lucia Strozzi sorella del noto poeta Tito Vespasiano Strozzi, nacque a Scandiano, feudo comitale dei Boiardo, tra il 21 maggi e il 21 giugno del 1441. Trasferitosi colla famiglia a Reggio e rimasto orfano di padre nel 1451 andò a vivere presso il nonno, Feltrino Boiardo, tornando dunque a Scandiano. Suoi precettori furono il nonno (uomo di grande cultura, tanto che, settuagenario, si era iscritto a un corso di diritto canonico per curiosità ed interesse di apprendere) e un certo Bartolomeo da Prato, cappellano e sacerdote. Il Boiardo fu istruito alla letteratura classica: probabilmente ebbe qualche conoscenza rudimentale della lingua greca ma per di più si dedicò alla latina, affiancando a queste un vivo interesse per Petrarca e Dante. Nel 1456 l'amatissimo nonno Feltrino morì e nel 1460 anche l'affezionatissimo zio Ascanio. Dunque dovette terminare così la propria formazione, dedicandosi al solo governo ed all'amministrazione del feudo di Scandiano.

La rocca dei Boiardo (Scandiano)

Boiardo si presentò al Consiglio degli Anziani di Reggio garantendo il proprio interessamento a mantenere vivi i buoni rapporti tra la casata dei Boiardo e la città. Per appoggiarsi alla potente casata materna degli Strozzi scelse di trasferirsi nella capitale del marchesato, Ferrara dove si trasferì nel 1461 andando a vivere alla corte di Borso d'Este ove incontrò lo zio Tito Vespasiano Strozzi, Guarini, Bartolomeo Paganelli ed altri celebri letterati del tempo. Si affezionò molto anche alle corti di Modena, tenuta da Ercole d'Este e Reggio, appartenuta a Sigismondo d'Este. Va ricordata l'attrazione per questa seconda corte come legata alla relazione con Antonia Caprara, la "musa" ispiratrice della poesia del Boiardo. Si è risaliti all'identificazione della Caprara grazie ad un registro parrocchiale: risultò infatti essere stata battezzata una donna con questo nome il 31 ottobre 1451 nella chiesa di San Giovanni di Reggio, di questa fanciulla, a parte il nome, individuato anche tramite acrostici presente nelle poesie degli Amorum libri tres, non si sa nient'altro. Descritta come bella e volubile nelle opere del Boiardo, si può dunque intuire che l'amore tra i due non fosse pienamente corrisposto.

Boiardo lasciò l'Emilia nel marzo del 1471 accompagnando Borso d'Este a Roma nel 1471 alla cerimonia in cui il papa Paolo II ufficializzava l'ascesa di Borso come signore di Ferrara e l'elevazione del titolo marchionale degli Este a titolo ducale . Nella primavera del 1473 il Boiardo accompagnò in una grandiosa cavalcata Ercole I, succeduto al fratello Borso, fino a Napoli per andare a prelevare la sua sposa Eleonora d'Aragona.

Nell'estate del 1473 esplose a Reggio la controversia del canale del Secchia: tale manufatto portava l'acqua dal fiume che scorre presso la città ai campi del contado ma i Reggiani furono danneggiati da un'azione dei Carpigiani che, appoggiati dal loro signore, Marco Pio, rompevano l'argine del canale sotto Casalgrande, di cui era conte proprio il Boiardo, titolo, questo, ereditato analogamente a quello di conte di Scandiano. Il Boiardo chiese al Consiglio degli Anziani di Reggio l'autorizzazione a brandire le armi contro i signori Pii di Carpi per porre fine alla questione in quanto anche lui risultava gravemente danneggiato dall'abuso. Da ciò derivò un contrasto familiare: la vedova dello zio paterno Ascanio, Taddea Pio, sorella del signore di Carpi, si oppose al nipote per gli interessi dei parenti, in particolare dei nipoti e dei figli, altri parenti del ramo dei Boiardo che traevano vantaggio dalla rottura dell'argine a Casalgrande. L'irrisolvibile querelle trovò una possibile soluzione con il tentativo di avvelenamento del Boiardo architettato dal cancelliere di Giovanni Boiardo, cugino del poeta, figlio del defunto Ascanio e di Taddea. Tuttavia un servo di Matteo, chiamato a far parte del delitto, avvertì il padrone: Boiardo ordinò al delatore di fingere di assecondare l'invito dei cospiratori per poi catturare ed imprigionare Boioni e procurarsi la prova del delitto, il veleno stesso, per portarlo di fronte al duca. Ercole non poté tuttavia soddisfare le istanze del Boiardo perché il potere dei Pii di Carpi era troppo ampio. Per tale motivo la colpa fu gettata interamente su Boioni, esiliato e poi successivamente graziato. Le cause e le sentenze dei magistrati non accontentarono Boiardo dato che, di fatto, la zia Taddea e il cugino Giovanni la ebbero vinta. Per risolvere qualsiasi futura questione decise di scindere il feudo in due parti: una, comprendente, Arceto, attuale frazione di Scandiano, fu data al cugino Giovanni, più vicina a Carpi e dunque agli interessi di Taddea Pio. Boiardo si tenne il resto del feudo. Morirà nel 1494 e fu tumulato nella cripta di famiglia della chiesa di Santa Maria, a Scandiano. I Boiardo tennero il feudo fino al 1560.

Opere[modifica]

Le opere più importanti sono la raccolta di liriche (prevalentemente sonetti e canzoni) Amorum libri tres, ispirata dall'amore per la nobildonna reggiana Antonia Caprara, e il poema cavalleresco Orlando innamorato.

Amorum libri tres[modifica]

La raccolta si compone di 180 testi, scritti fra il 1469 e il 1471, ordinati secondo uno schema preciso. Nel primo libro è espressa la gioia dell'amore corrisposto; nel secondo il dolore per il tradimento della donna amata; nel terzo l'aspirazione ad un'elevazione spirituale. Il modello è il Canzoniere di Petrarca, ma vi sono differenze evidenti, sia nella vitalità della rappresentazione della natura (ricca di luci, colori, sensazioni), sia nel linguaggio, che conserva una forte impronta emiliana. Oltre al modello di Petrarca vi è quello di Ovidio (da cui Boiardo prende il titolo dell'opera) e quello stilnovista.

Orlando innamorato[modifica]

Il poema riprende con grande fantasia e gusto narrativo i temi e i personaggi dei romanzi cortesi, ancora molto diffusi e apprezzati a Ferrara e nell'Italia centro-settentrionale, tanto presso il pubblico colto quanto presso il popolo. Introduce l'innovazione di fondere i due principali filoni narrativi preesistenti, ossia il ciclo carolingio (Carlo Magno e i suoi paladini) e il ciclo bretone (i cavalieri della Tavola rotonda).

Il poema, in ottave, molto ampio, rimase incompiuto pochi mesi prima della morte del poeta, avvenuta in un periodo assai grave per l'Italia, con la discesa dei francesi di Carlo VIII, cui fanno esplicito riferimento gli ultimi versi. Il poema ebbe grande successo, poiché interpretava con sensibilità umanistica i valori cortesi dell'epoca feudale ormai al tramonto. Ludovico Ariosto riprese la trama dell'Orlando Innamorato per il suo Orlando Furioso proprio nel punto in cui il Boiardo s'era interrotto.

Note[modifica]

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