Lavoro di rete

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Lavoro di rete
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Metodi di servizio sociale

Il primo scienziato ad occuparsi di esplorazione delle reti fu l'antropologo Burnes che a partire dal 1954 realizzò una serie di ricerche presso una comunità di pescatori norvegesi utilizzando due strumenti: il sociogramma per la lettura delle reti primarie e l'organigramma per quelle secondarie. Qualche anno più tardi McGregor psicologo sociale definì due teorie del comportamento umano:

  • teoria a croce x dove i flussi informativi formali scorrono a doppio senso dal vertice alla periferia e viceversa mentre quelli informali scorrono a senso unico dalla periferia al vertice, in modo che gli individui siano incentivati al lavoro;
  • teoria a forcina y dove i flussi informativi scorrono indipendentemente dal vertice, in modo che gli individui acquistano autonomia e motivazioni in base alla capacità d'integrare risorse di tipo morale con quelle materiali[1]. Il modello a rete fu applicato alle organizzazioni dai sociologi Burns e Stalker secondo i quali le reti si caratterizzano per una speciale flessibilità che le fa assumere diverse forme a seconda dei valori di governo, per es. se si tratta di valori legati al potere e al prestigio l'organizzazione tende ad assumere una forma piramidale , se sono legati alle rivendicazioni sociali e alla cooperazione, la rete assume una forma cubica o sferica (es. un sindacato)[2]. Alexander Bavelas, un altro psicologo sociale, analizzando le reti di comunicazione dimostrò che la distanza e la posizione dei nodi nella rete possono mutare sensibilmente il processo decisionale in corso, in particolare le reti a croce sono le più preformanti specialmente grazie a una forte leadership; a seconda della concentrazione del flusso di informazioni, indice di centralità si può misurare l'autonomia e l'eteronomia organizzativa[3]. Shaw riprendendo Bavelas, analizzò gli stessi effetti nel breve e nel lungo periodo e scoprì che nelle reti con minore indice di centralità c'è un elevato tasso di autonomia cd. reti a catena[4]. Secondo Invernizzi le reti godono di un tetra-bonus:
  • sono basate sulle relazioni e interazioni tra i nodi (relazioni diverse interazioni a seconda del tempo trascorso);
  • interpretano i mutamenti sociali più rapidamente delle organizzazioni obsolete;
  • sono mediate da artefatti e significati simbolici;
  • sono omeostatiche cioè tendono a trovare l'equilibrio da se.

Il modello a rete affonda le radici nel modello sistemico, costituendo quindi un'evoluzione, cercando di rispondere a una domanda non troppo flessibile sul mercato collegando tra loro risorse provenienti da organizzazioni indipendenti es. volontariato, Onlus, etc. il rischio principale è il monopolio del ente pubblico, se infatti i contributi destinano le proprie risorse soltanto all'ente pubblico, sono perduti i benefici che ne derivano dal mercato. Un altro rischio deriva dalla specializzazione dei settori che può comportare l'incapacità di questi di competere in altri settori di mercato, con l'obbligo da parte della pubblica amministrazione di acquistare tutto il valore di questi enti pena il loro fallimento «nel tentativo di garantire che gli enti erogatori siano in grado di soddisfare gli standard di qualità, la PA specifica i processi di lavoro che gli enti devono rispettare, es. carte di servizi, accreditamento, etc, a discapito però dell'autonomia operativa per ogni ente privato.

Il principale metodo di esplorazione delle reti organizzative sono quelli a spirale di Ross Speck e il metodo dinamico di Brodeur e Rosseau che si svolge in 3 fasi:

  • esplorazione della natura degli scambi che si distingue in 4 tipi:
    • scambi di reciprocità: tipici delle reti primarie, affondano le radici in un humus psichico (desideri, motivazioni, emozioni) maggiore rispetto a quelle topiche (territorio, domicilio, ufficio, etc.);
    • scambi di diritto, tipici delle reti secondarie, esprimono dei vincoli in ambito giuridico;
    • scambi d'interesse, sia reti primarie che secondarie si attivano nell'ambito del mercato dei beni ideali (carriera, riti di passaggio, etc.) e patrimoniali (immobili, automobili, etc.);
    • scambi di valore, sono tipici delle reti secondarie informali, inducono le condivisione di elementi etici (solidarietà, uguaglianza, libertà, etc.)
  • esplorazione delle rete primaria a tramite due tupi di variabili:
    • strutturali: supporto vitale (life lines) e grado di simmetria (partecipazione alle decisioni);
    • variabili funzionali: supporto virtuale (risorse latenti della rete) e dinamica (rete aperta o chiusa)
  • esplorazione delle reti secondarie attraverso due tipi di campi:
    • reti personali:degli assistenti (es. organizzazione dell'amministrazione) e degli utenti (es. famiglia e vicinato);
    • reti sociali degli assistenti e degli utenti.

Note[modifica]

  1. McGregor D., The uman side of enterprise, McGraw-Hill, NY, 1960, in Invernizzi E., La comunicazione organizzativa: teorie, modelli metodi, Giuffrè, Mi, 1990, pp. 90-91
  2. T. Burns, G.M. Stalker, the management of innovation, Tavistock, London, 1961, in Invernizzi, p. 145
  3. Brown R., 1999, Psicologia sociale dei gruppi, Bologna, il Mulino, p. 119
  4. Shaw, Communication network, 1964, in Brown R., p. 121