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La Capacità giuridica e la Capacità di agire

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La Capacità giuridica e la Capacità di agire
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto
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La Capacità Giuridica o Capacità di Diritto è l'attitudine ad essere titolari di diritti e di doveri. Gli esseri umani nascono con questa capacità che è piena mentre gli enti collettivi (con o senza personalità giuridica) ne hanno una limitata.

Nell'ordinamento giuridico italiano, la capacità giuridica si acquista con la venuta ad esistenza, è cioè riconosciuta a tutti i soggetti di diritto per il solo fatto della nascita (art. 1 c.c.), cioè per il solo fatto del distacco del nato dal seno materno, quand'anche immediatamente dopo la nascita segua la morte, quand'anche il nato sia destinato a morte sicura.

Anche al nascituro è riconosciuta una particolare capacità giuridica, che distingue se si tratti di nascituro concepito o nascituro non concepito. La questione, che interessa diversi aspetti della definizione del soggetto giuridico e diverse concezioni della rilevanza giuridica della vita, è fonte di nutrite disquisizioni dottrinali e di qualche incertezza applicativa pratica.

  • Il nascituro concepito, cioè il feto nel grembo materno (si discute da quale momento della suddivisione embrionale), ha titolo a concorrere alla successione mortis causa ed a ricevere donazioni; è inoltre discusso se per questa ragione possa anche esso stesso dare origine ad un'eventuale linea successoria (le classiche ipotesi di scuola prevedono sia un feto divenuto erede per la premorienza del padre e successivamente morto ancora in fase fetale, sia il feto in grembo a madre morta e morto dopo di questa, prima di un parto ancorché forzoso). Questo concetto si basa sul brocardo medievale Conceptus pro iam nato habetur si de eius commodo agitur (il concepito è considerato nato quando trattasi dei suoi interessi).
  • Il nascituro non concepito, ovvero l'ipotetico figlio che potrebbe nascere ad un dato potenziale genitore, ha la capacità di ricevere successioni e donazioni, come nel classico caso di disposizioni testamentarie che dispongano l'attribuzione di beni a condizione della nascita; le disposizioni per questo tipo particolarissimo di soggetto giuridico sono quindi sottoposte al vincolo dell'avveramento della condizione di venuta ad esistenza.

La capacità giuridica si perde per morte (anche per morte presunta, e vi sono casi particolari che la limitano in caso di assenza o scomparsa (rileva talvolta se volontarie).

In alcuni ordinamenti del passato la capacità non veniva riconosciuta ad ogni uomo. Tale era la situazione degli schiavi nell'ordinamento romano, assimilati, quando al diritto alle res.

La capacità giuridica delle persone giuridiche è disciplinata nell'ordinamento italiano dagli art. 11 e 12 del Codice civile. In particolare:

  • L'art. 11 si occupa delle persone giuridiche di diritto pubblico (enti pubblici) stabilendo che esse possiedono la capacità giuridica "secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico";
  • L'art. 12 si occupa delle persone giuridiche di diritto privato stabilendo che esse "acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento".

A fianco a questa forma di Capacità vi è la Capacità di Agire cioè l'attitudine di un soggetto a compiere atti validamente idonei ad incidere sulle situazioni giuridiche di cui sono titolari. Essa si acquista con la maggior età fissata al compimento dei diciotto anni (art. 2 c.c.). In linea di principio i maggiorenni hanno piena capacità di agire a meno che non siano soggetti a sentenze di interdizione o inabilitazione oppure a decreti di nomina di un amministratore di sostegno nel qual caso la capacità sarà limitata o addirittura esclusa.

La Capacità di Agire è requisito di Validità degli Atti Negoziali. Essi saranno validi a prescindere dalla reale maturità del soggetto che li compie mentre saranno annullabili (ex art. 428 c.c.) nei casi di Incapacità Naturale (o Di Fatto) di intendere o di volere. Gli Atti Giuridici in Senso Stretto, invece, non necessitano della capacità di agire per essere validi ma hanno bisogno della sola capacità di intendere e di volere. Anche per gli Atti Illeciti non è necessaria la capacità di agire ma basta una condotta colposo o dolosa.

Cause Modificatrici della Capacità d'Agire

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Il legislatore ha previsto varie cause limitative o estintive della capacità legale d'agire. Alcune sono direttamente collegate alla personalità fisica della persona (età o condizione di salute) altre trovano ragioni diverse (condanne penali, fallimento).

La Minore Età

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Fino ai 18 anni ogni persona è priva di capacità legale d'agire e quindi non può legalmente porre in atto alcun atto negoziale valido. Per permettere al minore di compiere piccoli atti negoziali della vita quotidiana si è soliti attuare un abile argomentazione col quale si ritiene che il minore agisca non in nome proprio ma dei genitori così da permettergli di compiere piccoli negozi di modesto valore.

L'art. 2 c.c. a fianco a prevedere la incapacità dei minori, prevede anche l'eccezione delle leggi speciali che ammettono a prestare un'attività lavorativa il minore purché abbia completato il ciclo di istruzione obbligatoria e la sua età non sia inferiore ai 15 anni compiuti. È prevista un'ulteriore deroga ai minori inferiori di tale età solo nei casi siano adibiti ad attività lavorativa culturale, artistica, sportiva o pubblicitaria e nel settore dello spettacolo purché ne si tutelino la sicurezza, l'integrità psicofisica e lo sviluppo, la frequenza scolastica o la partecipazioni a programmi di orientamento e di formazione professionale

Ulteriore eccezione riguarda la materia del diritto d'autore che riconosce al minore che abbia 16 anni la possibilità di poter disporre di tali diritti sulle sue opere e anche di esperire azioni per farle valere in giudizio.

I dodicenni o di età inferiore, se hanno capacità di discernimento, hanno sempre il diritto di essere ascoltati nelle questioni e le procedure che li riguardano.

A 14 anni si ha la possibilità di esprimere il proprio consenso all'adozione e ad dare il proprio assenso affinché altri lo possano riconoscere. A 16 anni si può riconoscere un figlio nato fuori dal matrimonio ma può accadere anche in età inferiore con eventuale autorizzazione del giudice.

Il minore potrebbe acquistare anche una limitata capacità d'agire attraverso l'istituto dell' Emancipazione. Essa si consegue con il matrimonio nei casi in cui è ammesso il matrimonio del minore.

L'Incapacità del Maggiorenne

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L'Ordinamento si preoccupa di porre rimedio a vari tipi di deficienza psico-fisica che possono colpire un soggetto predisponendo vari strumenti: l'Interdizione, l'Inabilitazione e da ultimo l'Amministrazione di Sostegno. Le prime due hanno carattere di permanenza anche se reversibili e sono connesse a malattie serie. L'Amministrazione di Sostegno invece ha carattere modulabile volto a sopperire una situazione essenzialmente temporanea in cui manchi anche solo parzialmente l'attitudine a provvedere ai propri interessi.

Amministrazione di Sostegno

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L' Amministratore di Sostegno è stata introdotta con la legge 9 gennaio 2004 n. 6. Con tale norma, il legislatore italiano ha radicalmente rivisto la materia delle limitazioni relative alla capacità di agire delle persone e, in luogo della già privilegiata tutela del patrimonio, della famiglia e dei creditori dei soggetti affetti da disabilità, ha stabilito, su un piano di ben più vasta portata sociale, che colui che, privo in tutto o in parte di autonomia per effetto di una infermità fisica o psichica, si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, ha diritto di essere coadiuvato da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare che, sulla base delle concrete esigenze dell'ausilio, disporrà, per gli atti o per le categorie di atti per i quali si ravvisi l'opportunità del sostegno, la sostituzione ovvero la mera assistenza della persona che non sia in grado di darvi autonoma esecuzione.

La persona interessata designa l'amministratore di sostegno e il giudice ufficializza la nomina assegnando l'incarico all'amministratore di sostegno con atto pubblico a tutti gli effetti di legge. Ogni persona può designare più di un amministratore di sostegno, purché i soggetti indicati siano in subordine: l'indicazione deve quindi procedere in base a un ordine di priorità. La priorità serve a conferire l'incarico al secondo amministratore designato, nel caso di non disponibilità del primo, ovvero a stabilire una prevalenza nelle decisioni: in caso di divergenze, sarà prevalente la decisione del primo amministratore di sostegno rispetto a quello designato in subordine.

La nomina può avvenire anche tramite scrittura privata non autenticata, senza l'assistenza di un notaio.

Quando la nomina avviene con ricorso di terzi al giudice, è talvolta necessario munirsi di patrocinio con l'ausilio di un avvocato. In tale caso il ricorso può essere presentato da chiunque vi abbia interesse (parenti, conoscenti o servizi sociali) e deve essere depositato presso la cancelleria del tribunale nel cui circondario ha residenza il soggetto da amministrare. Se occorre il patrocinio di un legale e in presenza dei requisiti reddituali, i non abbienti possono beneficiare anche per la presentazione del "ricorso per nomina di amministratore di sostegno" dell'assistenza tecnica di un avvocato con il patrocinio a spese dello stato.

Il nuovo art. 404 del codice civile stabilisce può beneficiare dell'amministrazione di sostegno una persona che a causa di un'infermità o per una menomazione fisica o psichica si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporale, di provvedere ai propri interessi. Tale menomazione non deve essere talmente grave da essere interdetto o inabilitato. Alcuni esempi di soggetti a cui può riferirsi l'applicazione di tale istituto sono:

  • soggetti disabili
  • alcolisti.
  • tossico-dipendenti.
  • soggetti colpiti da ictus cerebrale.

L'amministratore di sostegno è nominato dal giudice con decreto; il decreto deve indicare l'atto per il quale è richiesta l'assistenza dell'amministratore.

La richiesta della nomina dell'amministratore di sostegno può essere fatta dallo stesso soggetto a cui si riferirebbe l'amministrazione, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado o dal pubblico ministero. Inoltre, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona (ad esempio gli assistenti sociali) sono tenuti a proporre al Giudice Tutelare ricorso per la nomina di amministratore di sostegno.

La nomina dell'amministratore di sostegno può essere revocata in ogni momento in cui vengano meno le condizioni che ne hanno generato la necessità. La decadenza della funzione non può però essere automatica, salvo che non si tratti di nomina a tempo determinato, e deve essere disposta dal giudice tutelare con apposito decreto a seguito di specifica istanza dell'interessato, del suo amministratore o degli altri soggetti interessati.

Il Tribunale di Modena, il 13 maggio 2008, ha emesso un decreto di nomina di amministratore di sostegno nel caso in cui, in futuro, il beneficiario versi in stato di incapacità. L'amministratore di sostegno dovrà disporre le cure secondo le direttive espresse dal beneficiario. Si è dato così vita ad una sorta di Testamento Biologico.

Interdizione Giudiziale

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L' Interdizione Giudiziale è disciplinata dall'art. 414 e seguenti del codice civile che recita: «Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione». Il provvedimento stesso è subordinato alla verifica di un'infermità di mente abituale che comporti un'incapacità di provvedere ai propri interessi. Abituale deve ritenersi pure lo stato di incapacità mentale inframmezzato da momenti di piena capacità di agire: i cosiddetti lucidi intervalli. A seguito dell'interdizione l'incapace non può compiere alcun atto giuridico, né di ordinaria, né di straordinaria amministrazione. La sua posizione è equiparata a quella del minore e, al pari di quest'ultimo, è nominato, dal Giudice tutelare, un soggetto che provveda a rappresentare, e quindi sostituire, l'interdetto nella cura dei suoi interessi: il tutore (art. 424, co.1).

L'interdizione ha effetto immediato dal giorno di pubblicazione della sentenza (art. 421) e può essere revocata soltanto su istanza di legittimi richiedenti (art. 429) ma non dell'interdetto stesso. La sentenza di revoca produce effetto solo dopo il passaggio in giudicato e in seguito a essa si riacquisisce interamente la capacità di agire; salvo il caso in cui si accerti un'infermità meno grave, in questo caso l'interdizione diventa inabilitazione.

Ne consegue che tutti gli atti compiuti dopo la sentenza sono annullabili (art. 427]), mentre quelli antecedenti la sentenza sono annullabili secondo le condizioni stabilite per gli atti dell'incapace naturale (art. 428]).

Inabilitazione

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L' Inabilitazione si differenzia rispetto al presupposto dell'interdizione solo nella minore gravità dell'infermità, che consente al soggetto di compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre deve essere assistito da un curatore per gli atti di straordinaria amministrazione. Questo, a differenza del tutore, non è un rappresentante del soggetto, in quanto non lo sostituisce ma lo affianca. La posizione giuridica dell'inabilitato è identica a quella del minore emancipato.

L'inabilitazione discende da un provvedimento del giudice e i suoi presupposti sono:

  • uno stato di infermità meno grave rispetto all'interdizione;
  • la prodigalità;
  • l'abuso di bevande alcoliche o sostanze stupefacenti, che possano causare un grave pregiudizio economico al soggetto o alla sua famiglia;
  • il sordomutismo o la cecità sin dalla nascita qualora sia mancata un'istruzione sufficiente.

I sordomuti e i ciechi sono, in linea di principio, pienamente capaci di agire, salva la preclusione per il cieco, in quanto non può leggere, di fare testamento segreto. Tuttavia, la loro minorazione fisica può, in mancanza di un'adeguata educazione, influire negativamente sullo sviluppo psichico e renderli, in parte o addirittura in tutto, incapaci di provvedere ai loro interessi. Essi possono allora essere inabilitati o, se si accerta la loro totale incapacità, interdetti.

L'inabilitazione, come l'interdizione, può essere richiesta dallo stesso inabilitando, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, e dal pubblico ministero.

L'inabilitazione, come l'interdizione, può essere revocata solo su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, del curatore/tutore e del pubblico ministero. In seguito alla revoca l'inabilitato riacquista completamente la capacità di agire.

Gli Istituti di Protezione

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L'Incapacità di agire (fatta eccezione per i casi di incapacità non fisici) è riconosciuta nell'interesse del soggetto, interesse che va tutelato. Il minore e l'interdetto giudiziale sono sottoposti a incapacità generale e cioè non possono porre in essere alcun negozio giuridico. L'atto compiuto sarebbe annullabile. Diversa la situazione dell'inabilitato e dell'amministrazione di sostegno che può invece compiere più o meno alcune attività.

Accanto agli Incapaci si trovano gli Organi di Tutela o di Potestà Familiare che hanno il duplice compito di proteggere la persona curando anche gli interessi dell'incapace, e di rappresentarlo o assisterlo nel compimento degli atti giuridici. Tutta la materia è dominata dalla vigilanza e dai poteri d'intervento e integrazione di volontà del giudice tutelare.

La Potestà Genitoriale

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Il Minore è sottoposto alla Potestà dei Genitori. Più che potestà genitoriale oggi si parla però di Responsabilità Genitoriale ai sensi del D. Lgs. n. 154/2013 che ha sostituito nel codice la parola "potestà" con "responsabilità". Essa è affidata ad entrambi i genitori (art. 316 del c.c.). Tuttavia in mancanza di essi, o per sopravvenuta morte o perché decaduti dalla responsabilità (art. 330 c.c.), viene nominato un tutore, che provvede alla cura della persona del minore e ne amministra i beni.

Alla responsabilità genitoriale sono sottoposti tutti i figli minori non emancipati, sia nati nel matrimonio sia nati fuori dal matrimonio. Ciò vale anche nel caso di figli adottivi, nel caso in cui i loro genitori adottivi – per effetto dell'adozione (legittimante) – acquistano a tutti gli effetti la responsabilità genitoriale.

La responsabilità genitoriale comprende diritti sia di natura personale sia di tipo patrimoniale che implicano la facoltà ai genitori di:

  • custodire, ovvero destinare il proprio domicilio al minore, da cui non può allontanarsi senza il consenso del genitore;
  • allevare, ovvero fornire il necessario per sopravvivere, per esempio alimenti e vestiario
  • educare, secondo la diligenza del buon padre di famiglia, ai costumi del luogo dettati dall'esperienza comune;
  • istruire, eccezione questa tra le potestà, che consiste in un “obbligo di risultato” il cui adempimento dipende dalla prestazione di terzi, per esempio il sistema scolastico;
  • amministrare, sul piano ordinario, che comporta la gestione dei rapporti a carattere patrimoniale conservandone la sostanza;
  • usufruire dei beni, che consiste nell'uso e nel godimento di una res senza alterarne la destinazione d'uso;
  • rappresentare, vale dire poter compiere negozi giuridici in sua vece, per es., al compimento degli obblighi scolastici, possono stipulare il contratto lavorativo di apprendistato oppure per es. permette di confrontarsi nel Consiglio di classe e con le autorità sanitarie.

Il semplice riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio o la loro adozione (legittimante) non esclude la decadenza di questo diritto, se concretamente non viene esercitato dal genitore con la partecipazione attiva alla vita del minore, alle esigenze economiche e no.

La cattiva condotta del genitore, in termini di abuso o negligenza nell'esercizio, può legittimare la sospensione o la revoca della responsabilità genitoriale. Viceversa, non è giusta causa di decadenza l'inettitudine educativa del genitore, ravvisabile nella cattiva condotta del minore e nella recidiva di fatti penalmente rilevanti, perseguiti o meno. L'art. 319 c.c., abrogato nel 1975, prevedeva la possibilità per il padre, se confermata dal giudice, di condurre in istituti di correzione (cosiddetti "riformatori") i minori che persistevano in cattiva condotta.

La sospensione o il decadimento della responsabilità genitoriale non può comportare una riduzione dei doveri, vale a dire vantaggio economico o di altro tipo per il genitore. In particolare, non cancella gli obblighi di mantenimento.

La Tutela

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Quando per una causa qualsiasi il minore non abbia chi eserciti su di lui la potestà genitoriale e nei casi di interdizione si ricorre alla Tutela. La tutela è a parte al domicilio del minore o dell'interdetto. L'ufficiale di stato civile, il notaio, il cancelliere o un parente prossimo al minore indicato dalla legge devono dare notizia al giudice tutelare della necessità di provvedere alla nomina di un tutore. Il Tutore è immediatamente nominato dal giudice tutelare il quale nella scelta deve seguire dei criteri indicati dall'art. 348 c.c.. Per i minori si segue il seguente ordine:

  • Volontaria: Il Giudice Nomina la persona designata dal genitore che per ultimo ha esercitato la potestà.
  • Legittima: Il Giudice lo affida ad un parente prossimo o affine cominciando dagli ascendenti.
  • Dativa: Il Giudice lo affida ad altre persone scelte liberamente.
  • Assistenziale: Il Giudice lo affida ad un ente assistenziale nei casi art. 354 c.c..

Per gli interdetti invece l'ordine è meno stretto e il giudice tutelare deve avere esclusivo riguardo della cura e degli interessi dell'incapace.

Il Giudice Tutelare del luogo dove si apre la tutela è l'organo preminente che dà le direttive circa l'amministrazione dei beni e l'educazione del minore le quali vanno rese esecutive dal tutore o dal protutore. Compiuti i 10 anni il minore deve avere la facoltà di esprimere le sue volontà in termine di continuazione degli studi e scelta professionale.

Il Tutore ha una funzione di pubblico interesse e il suo ufficio è un munus publicum retribuito gratuito e irrinunziabile. Esso ha funzioni simili a quelle della potestà genitoriale.

Il Protutore, che è nominato dal giudice tutelare che nomina il tutore, non è un generico sostituto di quest'ultimo ma ha principalmente due funzioni: rappresentare il minore quando l'interesse di quest'ultimo è in conflitto con quello del tutore e sostituire il tutore quando questi viene definitivamente a mancare con l'obbligo di promuovere subito la nomina di un nuovo tutore.

Il Tutore entro dieci giorni deve formare inventario dei beni del minore e ne cura l'ordinaria amministrazione. Per gli atti straordinari chiede autorizzazione al giudice tutelare mentre per i più importanti l'autorizzazione è data dal tribunale. Taluni atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti anche dall'interdetto senza l'intervento ovvero con l'assistenza del tutore.

Finita la tutela, il tutore presenta entro due mesi il conto finale. Presso il giudice tutelare è istituito un registro delle tutele con tutti i provvedimenti importanti presi. L'inizio e la fine della tutela è annotata ai margini dell'atto di nascita del minore. Chi fa una donazione o dispone con testamento per il minore può nominare un Curatore Speciale per l'amministrazione dei beni. La stessa nomina può essere fatta anche se il minore è soggetto alla potestà dei genitori. I poteri del Curatore speciale sono analoghi a quelli del Tutore.

La Curatela

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L'Emancipato o l'Inabilitato trovano un integrazione della loro volontà mediante il Curatore il quale non ha la rappresentanza cioè non sostituisce l'incapace. Il curatore assiste l'incapace (mentre il tutore lo rappresenta). Il curatore poi interviene per alcuni atti (mentre il tutore interviene sempre salvo casi particolari). Il curatore infine interviene di regola soltanto per rapporti patrimoniali (mentre il tutore ha anche funzioni di carattere personale). L'Emancipato e l'Inabilitato compiono pertanto da soli l'ordinaria amministrazione. Con l'assistenza del curatore essi possono stra in giudizio e riscuotere capitali sotto condizione di un idoneo impiego. Con l'autorizzazione del giudice tutelare e il consenso del curatore possono compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione. Con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare e con l'assenso (assistenza) del curato possono compiere gli atti ex art. 375 c.c.. Oggi il giudice può anche assegnare all'inabilitato la capacità di compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza l'assenso del curatore. Gli atti compiuti senza i procedimenti indicati sono annullabili.

L'Amministrazione di Sostegno

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A differenza che per l'Inabilitazione e l'Interdizione, il giudice tutelare nel formulare il contenuto del decreto di nomina dell' Amministratore di Sostegno ha la più ampia discrezionalità per cercare la soluzione che meglio si confaccia alla protezione del beneficiario. È il giudice a decidere quindi modalità, termini, definendone la durate, che può anche essere a tempo indeterminato, i limiti, l'oggetto e gli atti che l'amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, nonché quelli in cui deve solo assistere, restando chiaro che il beneficiario conserva piena capacità di compiere da solo gli atti non espressamente menzionati, oltre che quelli della c.d. vita quotidiana.

L'amministratore è scelto dal giudice anche su indicazione del beneficiario attraverso atto pubblico o scrittura privata autenticata. Nello svolgere l'incarico esso deve avere riguardo primariamente dei bisogni e delle aspirazione del beneficiario informando degli atti da compiere e ricorrendo al giudice tutelare in caso di dissenso di quest'ultimo.

La decisione in materia sono sempre rivedibili proprio perché è un aiuto temporaneo. Se vengono meno i presupposti il giudice tutelare può disporre con decreto motivato la cessazione dell'amministrazione di sostegno.

L'Incapacità Naturale

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L'Interdetto e l'Inabilitato sono in stato di perenne incapacità. Tutti gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione compiuti dagli stessi sono annullabili anche se compiuti in un periodo di lucido intervallo. Non sarebbe invece esatta la proposizione opposta. Non sono infatti sempre validi gli atti del soggetto pur non interdetto né inabilitato quando siano stati posti in essere in un momento di incapacità di intendere e di volere. Non è facile individuare quanto ciò accada valutando caso per caso se il soggetto era capace di intendere e di volere. A fianco alla incapacità legale pertanto la legge disciplina una incapacità transitoria o permanente che si può chiamare Incapacità Naturale: l'art. 428 c.c. entro alcuni limiti consente l'annullamento degli atti compiuti in una situazione di minorazione psichica non accertata da preventivo provvedimento di interdizione. Affinché gli Atti Unilaterali posti in essere da un incapace di intendere e di volere possano essere annullati non è sufficiente accertare che nel momento della dichiarazione negoziale era in uno stato di incapacità naturale, essendo altresì necessario che dall'atto sia derivato un Grave Pregiudizio. Per contro, ai fini dell'annullabilità dei contratti stipulati in stato di incapacità naturale è necessario e sufficiente l'accertamento della malafede dell'altro contraente. L'azione di annullamento si prescrive in cinque anni decorrendo dal giorno nel quale l'atto è stato compiuto e può essere proposto solo dalla persona che era nello stato di incapacità naturale e non la controparte. Maggior rilievo è riconosciuto alla capacità di intendere e di volere in alcuni casi infatti esso è necessario per la validità di taluni atti a prescindere o meno di un pregiudizio per il loro autore così per il matrimonio (art. 119 e 120 c.c.), per il testamento (art. 591 c.c.) e per la donazione (art. 775 c.c.).

L'Interdizione Legale

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L'Ergastolo o la Reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni per reato doloso (purché non sia un minore) porta una pena accessoria che è l' Interdizione Legale. Essa è detta legale perché si applica ipso iure. La differenza della Interdizione Giudiziale è che gli effetti si riferiscono a tutti gli atti di natura patrimoniale ma non a quelli di diritto personale o familiare. Esso è un istituto anomalo perché non serve a proteggere l'Incapace ma a Punirlo. Ciò comporta che mentre di regola l'annullabilità è relativa essendo ristretta la cerchia dei soggetti legittimati a chiedere l'annullamento in questi casi l'interessato può chiedere l'annullamento sempre infatti esso è assoluto ex art. 1441 c.c..

Essa non va confusa con l'Interdizione Legale in campo penale come quella dai pubblici uffici, o la decadenza dalla potestà genitoriale che consegue alla reclusione per più di cinque anni o per abuso di tale potestà, oppure la interdizione o sospensione da una professione o arte. O ancora l'interdizione temporanea da uffici direttivi o l'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.

Una forma di incapacità legale è quella del Fallito che viene privato dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni (art. 42 l. fall.). Può però compiere gli atti di natura personale e familiare. Per gli atti patrimoniali provvede in vece del fallito un Curatore nominato dal tribunale che ha il potere-dovere di provvedere all'amministrazione del patrimonio fallimentare e di compiere tutte le operazioni della procedura.

L'Annullabilità degli Atti Negoziali dell'Incapace

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Per gli atti compiuti dall'incapace sono previste varie forme di invalidità e non tutti sono invalidi. L'atto compiuto dal bambino senza il minimo assenso del genitore è radicalmente nullo. È invece solo annullabile il negozio compiuto dal minore e dall'interdetto. Il minore ha poi la capacità di compiere qualche singolo atto previsto dalla legge. L'interdetto legale invece conserva la capacità per gli atti di diritto familiare e per il testamento mentre l'interdetto giudiziale non può concludere alcun negozio. In materia di diritto patrimoniale la legge prevede due ipotesi: se la persona è legalmente riconosciuta incapace perché minore, interdetta, inabilitata o assoggetta ad amministrazione di sostegno oppure che si trovi in istato di incapacità non dichiarate. In tutti i casi i negozi sono annullabili ma per l'incapacità non dichiarata è richiesto l'ulteriore presupposto del grave pregiudizio o della malafede della controparte mentre per le dichiarate vale il principio in cui il soggetto può chiedere l'annullamento senza essere tenuto a dimostrare di aver subito danno e a prescindere dalla circostanza in cui il suo stato di incapacità fosse o meno conosciuto dalla controparte in occasione della stipulazione del contratto: basta quindi che il soggetto sia legalmente incapace perché gli atti da lui compiuti siano annullabili. Alla regola pone eccezione l'art. 1436 c.c. per il caso che il minore con artifizi o raggiri inganni la controparte circa la sua vera età (malitia supplet aetatem) e quindi il contratto resta fermo e valido. L'annullamento può essere chiesto soltanto dall'incapace o dai suoi eredi o aventi causa. Il contratto ha quindi una stabilità unilaterale o è claudicante poiché sta in piedi da una parte sola. L'annullabilità è quindi relativa (ma ci sono anche casi di annullabilità assoluta come quella per gli atti dell'interdetto legale) ed è Sanabile con la convalida. L'Azione di Annullamento si prescrive in cinque anni e se è nei casi di interdetti o inabilitati il quinquennio ha inizio a correre dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che revoca l'interdizione o l'inabilitazione oppure dalla morte. Se è nel caso di un minore essa corre dal raggiungimento della maggiore età (art. 1442 c.c.) mentre se è un beneficiario di un'amministrazione di sostegno essa corre dalla cessazione dello stato di amministrazione di sostegno. Infine se è di un incapace non dichiarato invece corre dal giorno della stipulazione del negozio. L'Eccezione di Incapacità è invece perpetua. Nei confronti dei terzi estranei al contratto che hanno acquistato un diritto da uno dei contraenti invece l'annullamento ha diversa efficacia. Se l'incapacità è incapacità legale essa sarà opponibile anche ai terzi con applicazione rigorosa dal principio nemo plus iuris in alim tranferre potest quam ipse habet (a cui corrisponde resoluto iure dantis, resolvitur et ius accipientis). Se invece deriva da altra forma di incapacità i diritti dei terzi acquistati a titolo oneroso e in buona fede sono fatti salvi (art. 1445 c.c.).