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La Letteratura latina nell'Età augustea (superiori)

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La Letteratura latina nell'Età augustea (superiori)
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Letteratura latina per le superiori 2
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 25%
Statua di Augusto detta "Augusto di Prima Porta" o "Augusto loricato" , custodita ai Musei Vaticani.

L'età di Augusto si può dividere in un primo e secondo periodo a seconda del diverso atteggiarsi degli spiriti nei confronti dei nuovi orientamenti etici e politici. Il primo periodo rappresenta una unicità a livello di letteratura mondiale infatti lo splendore delle lettere e l'imponenza degli eventi storici si intrecciano tra loro e si commentano reciprocamente. Il Governo di Augusto, superato il primo disorientamento, sembra la quiete dopo la tempesta delle guerre civili.

Le Idi di Marzo avevano creato sgomento e gli stessi cesaricidi non riuscirono nè ad restaurare il vecchio ordine preesistente a Cesare, anche perché anacronistico, né ad elevare tra di loro una figura di dittatore, non avendone nessuno di loro la statura.

Né creò smarrimento la politica di Augusto, erede e figlio adottivo di Cesare, il quale pur proseguendo la politica iniziata da Cesare del princeps fu un abile mediatore con le istanze anche delle prerogativa costituzioanle fissate dalla tradizione.

Prima si mostra paladino del Senato e sconfigge a Modena Antonio ma poi si lega a lui e stronca le persistenti restistenze repubblicane di Bruto e Cassio atteggiandosi e capo più intransigente del partito cesariano. Ma poi riaffiora il sentimento di compromesso verso la oligarchia senatoria e si oppone verso i cesariani più spinti, guidati dal fratello e dalla moglie di Antonio, e i proprietari italici eredi dello spirito della guerra sociale e legati al programma agrario di Cesare. Avuta ragione degli insorti con la strage di Perugia, stipula nel 40 la pace di Brindisi, che dà un decennio di pace, rotto dalle sconfitte umilianti subite da Sesto Pomponio fino a che non è sconfitto a Nauloco. Ciò gli fa comprendere che, come già Cesare aveva intuito, la sopravvivenza di Roma dipende dall'Oriente. Augusto è in contrasto con Antonio, che sconfigge nella storica battaglia di Azio presso Alessandria. Augusto però, a differenza di Cesare, è un tradizionalista e pertanto non è molto convinto dalla fusione di civilità romana e civiltà greco-orientale. Roma sotto Augusto trarrà sempre esempio da Oriente, ma si porrà sempre in modo superiore ad esso, quasi sdegnando i popoli orientali. Dall'altra parte gli orientali vedranno Roma come un popolo dominatore, ma estraneo alla loro spiritualità. Nello spirito della vittoria augustea sull'Oriente ellenizzato è la radice della scissione fra Impero d'Oriente e Impero d'Occidente.

Tutti questi avvenimenti politici chiaramente creavano sconforto e il desiderio di pace che sembrava impossibile. Questo spingeva a rifugiarsi in sogni messianici, in vagheggiamenti di età d'oro passate e futuro. Si diffusero credenze religiose e mistiche d'origine orientale. Il giudaismo fece conoscere i suoi ideali e i suoi riti. Lo stoicismo ed epicureismo con sempre maggior fervore predicavano la necessità di reprimere le passioni e di conquistare l'impertubabilità.

Fu in questa epoca che si formarono però alcuni dei più grandi autori della letteratura latina: Virgilio, Orazio, Asinio Pollione, Tibulo, Properzio. Tutti provenienti dall'Italia e tutti portatori di quella delusione che Roma era stata per i popoli italici e quella speranza di riscatto che fino alla guerra di Perugia si era avuta solo in senso negativo con la repressione nel sangue.

Negli Epodi di Orazio e nella nona ecloga e in altri squarci sommamente significativi delle Georgiche di Virgilio è narrata proprio questa delusione con la loro classica nitidezza e che segnano l'introduzione del gusto del tenebroso del teatro quell'amaro che quasi sfocia nel romantico. La filosofia epicurea, in cui loro erano educati, li spingeva alla ricerca della tranquillità in quell' otium che segnava l'allontanamente dallo spirito romano delle passioni civili e politiche e rendeva più facile l'instaurazione del regime imperiale.

Quando Ottaviano riuscì a raccogliere attorno a se le forze italiche e dandogli come missione il riscatto verso la cultura greco-orientale si ebbe la speranza di un raddrizzamento delle sorti di Roma e dell'Italia, tutti questi poeti lo celebrarono come un pacificatore, si dileguarono i rancori delle genti italiche contro la metropoli sopraffattrice, e si delineò una specie di union sacrée fra il potere politico e i migliori interpreti della spritualità contemporanea.

Dopo Azio, realizzata la pax Romana, Ottaviano era diventato il princeps dello stato romano. Ad Ottaviano, in breve tempo, saranno assegnati il titolo di Augusto, la tribunicia potestas, l'imperium proconsulare infinitum maius, prerogative religiose e censorie, e gli sarebbe stato assegnato anche l'Egitto come privato possesso e questo fa capire la posizione di vertice che aveva nella piramide di potere dello stato romano. Ma il forte tradizionalismo costituzionale non permise la costituzionalizzazione di questa nuova figura come autonoma e originale e spinse alla coesistenza e al futuro scontro della diarchia tra Principe e Senato. Ma in questa situazione di pax e di restaurazione da parte di Augusto degli antichi costumi e culti non si scorsero i pericoli insiti in essa.

Fu proprio in questo periodo che si inserì l'opera letteraria più monumentale dell'orgogliosità latina, l'opera di Livio. La storia romana diventava una storia sacra in cui momento dopo momento era sottolineato il patto tra la divinità e il suo popolo eletto.

Ma con il tempo le ombre iniziarono a farsi vedere soprattutto per l'equivoca impostazione del regime augusteo e si avviò verso il disagio spirituale, politico, economico e militare che distinguerà l'età tiberiana. Il culmine dell'euforia dell'età augustea e la sua fine fu toccato con lo sterminio della legione di Varo nella foresta di Teutoburgo. Morti i principali consiglieri di Augusto e spenti i poeti più grandi si iniziarono a far largo gli scontri tra il princeps e l'aristocrazia senatoria. Il programma morale di Augusto impattava contro il desiderio dilagante di godere e aumentarono cosi le relegazioni, gli esili, e iniziarono i processi di lesa maestà. Tutto questo si può ritrovare nelle opere di questo periodo. La torbidezza politica si riflette nelle opere della scuola di retorica madri di un'eloquenza convulsa e d'effetto. Come contraltare all'opera di Livio sorgono le antiromane Historiae Philippicae di Pompeo Trogo, e Ovidio, il fecondissimo poeta sulmonese, pagato il formale tributo all'impalcatura ideologica augustea con la sola ed incompleta opera dei Fasti, percorrendo a ritroso il cammino della prima generazione augustea, smonta l'edificio costruito con tanta ricchezza di esperienze spirituali, e col gusto morboso dell'abnorme, spalanca i tetri abissi, in cui fiammeggerà la torbida e affascinante poesia dell'età di Nerone e di Traiano.

Il Circolo di Mecenate

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Circolo di Mecenate, dipinto di Stefano Bakalovich, 1890, Galleria Tret'jakov, Mosca

A cementare gli spiriti tra loro in questa epoca fu un altro italico, C. Clinio Mecenato, Etrusco de sanguine regnum, come dirà Properzio. Spinto dai valori delle forze spirituali e dell'amicizia insiti nella sua filosofia epicurea unì i poeti benificati da quelli che definiva i doni di Ottaviano, in un circolo legato agli ideali della politica augustea e mosso dai valori provvidenziali dell'Impero romano che come in età scipionica erano la sapientia, la virtus e la pietas. È rimasto nella storia come sinonimo di protettore e benefattori dei poeti e artisti ma in realtà lui era molto di più era amico, consigliere, fratello e lo dimostra il fatto che i poeti gli abbiano dedicato opere (Viriglio gli dedicò le Georgiche, Properzio il libro II delle sue Elegie, e Orazio, in più intima consonanza spirituale, gli Epodi, le Satire e i primi tre libri delle Odi). L'ideale dell' otium contemplativo, della pace, del culto dei sentimenti nobili e delicati sono caratteristica dei poeti di quest'epoca sia che entrarono a far parte del circolo sia di chi come Tibullo non lo fece. In Virgilio l'idillio e il mimo teocriteo si colorarono di un anelito di serenità, il poema didascalico sull'agricoltura divenne un inno alla natura rigeneratrice e l'epos omerico acquista i toni di un'umanissima commozione. In Orazio la diatriba divenne strumento pieghevole dell'analisi indulgente e serena della propria anima. Tibullo conduce Eros tra i campi in un originale connubio di amoroso abbandono e idilliaca dolcezza. Properzio oiega il mito a contrappunto mutevole e nervoso alle reazioni della sua anima esuberante.

Nelle loro opere, soprattutto quelle di Virgilio e Orazio, è possibile, per la prima volta a livello di letteratura mondiale, seguire il lento svolgersi e mutare dello spirito dei loro autori.

I poeti del circolo di Mecenate vogliono proprio creare una grande tradizione latina, ma sanno che per poterlo fare non possono non confrontarsi con i modelli dell'età aurea della letteratura greca e però, a differenza dei νεώτεροι di età di Cesare che si limitavano a imitare, qui invece gareggiano con questi modelli cercando di superarli.

Ma proprio l'esperienza del cenacolo dei poetae novi non è passata invano infatti questi, nell'intento di creare un grande tradizione poetica latina, tendevano ad esaltare le tradizioni italiche e romane invece di esaltare quelle della Grecia come facevano i poetae novi. Ma è comunque evidente l'influenza del cenacolo precedente sia nel criterio di rielaborazione dei modelli, pieno di accortezze allusive, di eruditi richiami, di raffinatezze tecninche, sia nell'amore dell'espressione limpida e concettosa ad un tempo.

Asinio Pollione

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C. Asinio Pollione fu uno degli autori più attivi della sua epoca. Apparteneva alla gens Asinia la più illustre di Teate (ordierna Chieti in Abruzzo) e capoluogo dei Marrucini dove sembra abbia avuto i natali (alcuni ritengono Roma perché qui si era rifugiata la nobiltà italica sterminata dalla guerra sociale, priva dei mezzi di sussistenza ma tali ragioni non esistono per la famiglia di Pollione che è sempre ricchissima e fornita di proprietà nel territorio marrucino) nel 76 a.C.

Trasferitosi a Roma partecipò al cenacolo dei poetae novi che contribuì alla sua formazione, ma si dedicò anche all'attività politica. Combatte a Farsalo tra le fila dei cesariani, a Tapso, a Munda. Dalla Spagna, dove combatté contro Sesto Pomepo, si trasferì nella Gallia Transalpina e qui nel 43 a.C. dopo la sconfitta di Modena accolse Antonio con cui aveva un amicizia. Fino al 40 a.C. rimase nella Gallia Cisalpina dove provvide tra le altre cose a realizzare il programma dei triumviri di distribuire terre ai veterani di Filippi. Seppe dar prova di moderazione in modo fedele alla tradizione benevolenza di Cesare per i popoli di questa regione. Avrebbe, tra l'altro, in questo periodo intercesso affinché fossero riconsegnate nel 41 a.C. le proprietà paterne a Virgilio, che più giovane di sei anni aveva stretto con lui rapporti di poetica fraternità.

Proprio nel 41 a.C. però la guerra di Perugia provocò a Pollione la sua più grave crisi spirituale. Addolorato per la rottura così presto dei triunviri e legato all'idea italica per cui i suoi avi avevano combattuto, lui rimase con le proprie truppe minacciosamente neutrale alle porte della città e quando ci fu la resa pur se sollecitato a passare nel campo di Ottaviano si diresse incontro ad Antonio. Il 40 a.C. doveva essere l'anno del suo consolato, ma l'instabilità e i difficili negoziati per la pace di Brindisi ritardarono il suo ingresso in carica. La gioia per la pace di Brindisi e l'assunzione della carica coincide con la nascita del figlio Asinio Gallo che ispirerà a Virgilio la sua quarta ecloga che è il più rappresentatnvio componimento della spiritualità della prima età augustea. Il puer di Pollione diventa il simbolo del nuovo saeculum felice che si preannuncia per l'umanità. Forse è proprio presso Pollione che ospitava gli ambasciatori di Erode protetto da Antonio, Virgilio dovette attingere notizia delle aspettative messianiche degli Ebrei, di cui è traccia indiscutibile l'ecloga.

Nel 39 a.C. si ebbe l'acme della fortuna politica di Pollione. Fu proconsole nella costa orientale dell'Adriatico, egli ottiene il frinfo falmatico che offrirà a Virgilio, già espulso dalla sua proprietà per l'incuria di Alfeno Varo, l'occasione di dedicargli l'ecloga ottava, ove si esalta la grandezza del vittorioso proconsole come poeta tragico.

Da quel momento Pollione sembra scomparire dalla scena politica mentre il suo protetto, Cornelio Gallo, inizierà a primeggiare fino alla conclusione delle Georgiche. Alla vigilia della guerra di Azio Ottaviano lo sollecità ad unirsi con lui, ma Pollione si rifiutò, pur convinto che l'avvenire non era più nel campo di Antonio, e, poco propenso a collaborare con chi non condivideva - come lui - le pregiudiziali della vecchia anima italica, lasciò definitivamente l'agone politico. Morì in tarda età nella sua villa tusculana nel 4 d.C..

Fu storiografo, poeta tragico, avvocato, letterato, arbitro del gusto del suo tempo, e forse anche autore di opere filosofiche ma della sua produzione l'unico documento rimastoci di una certa consistenza sono solo tre lettere scritte a Cicerone dalla Spagna nel 43 a.C. ed inserite nel libro X della raccolta ciceroniana Ad familiares. Gi si delinea il carattere di prosatore, se anche armeggia ancora con talune cadenze del periodare ciceronianao, si mostra già volto alla ricerca del vocabolo e del costrutto preciso ed elegante. Allevato nell'ambiente atticistico non lo rinnegherà mai neppure quando dopo aver scritto faciles versus e nova carmina, come ce ne è testimone Plinio il giovane, si dedicò alla tragedia che era un tipo di poesia alieano all'interesse dei νεώτεροι.

Era il prezzo che pagò per il suo ingresso nel circolo di Mecenate a cui aderì concordando con gli altri nel culto della pace e nella deprecazione per le guerre civili. Ma all'imitazione della tragedia attica, e particolarmente di Sofocle, accompagnò la sobreità d'affetti che era il portato del suo atticismo.

Come Sallustio si dedicò alla storiografia per combattere quelle battaglie che non poteva combattere nell'agone politico. Scrisse delle Historiae in 17 libri che, secondo la testimonianza di Orazio (ode I del libro II), prendevano le mosse dall'anno 60, e sembra giungessero fino a Filippi. In essa egli guardava con animo disincantato alle guerre civili, deprecava l'ambizione dei capi partito e considerava come un evento luttuoso la conclusione del primo triumvirato. Attinsero da lui Livio e Cassio Dione, e forse anche Plutarco ed Appiano.

Grande fu la sua influenza come critico e arbitro del gusto. Egli sentì l'esigenza di una più penetrante diffusione della cultura istituendo a Roma la prima biblioteca pubblica, il primo pubblico museo d'opere d'arte greca, da lui raccolete, e inaugurando la recitationes, anch'esse pubbliche, di opere poetiche. I suoi giudizi critici su Cicerone, su Livio, su Cesare, su Sallustio, furono quanto mai acri e servirono forse di sfogo al cruccio di un uomo deluso nelle sue ambizioni politiche e letterarie.

L'astio e il rancore per una gloria troncata a mezzo si peerpetuarono nel figlio, l'oratore Asinio Gallo, che sembra vere ereditato dal padre soprattutto i difetti. Di lui ci è rimasta notizia di un'operetta De compartione patris et Ciceronis, nella quale egli non esitava a conferire la palma al padre nel campo dell'oratoria.

Cornelio Gallo

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Cornelio Gallo ha umili origi. Nacque a Forum Iulii, l'oderina Fréjus in Gallia Narbonese, nel 69 a.C.. Entrò tra i neoterici e fu amico del greco Partenio il quale gli dedico la celebre raccolta di storie d'amore Ἑρωτικὰ παθήματα che era un prontuario di epilli e elegie per elogiare la donna amata. Nello stesso cenacolo sembra sia nata anche l'amicizia con Virgilio fino alla morte.

Tra il 41-40 fu addetto a riscuotere i tributi nei municipi transpadani ma non riuscì a non far perdere il terreno all'amico Virgilio. Fu sempre vicino ad Ottaviano. Nella guerra d'Azio comandò il contigente nella provincia d'Africa avanzante verso l'Egitto e espugno l'ultimo caposaldo di Antonio oltre che alla cattura di Cleopatra. Per questo fu il primo praefectus nominato da Ottaviano in Egitto. Quella regione che era abituata a elogiare il suo governante lo fece anche con Gallo al punto che Ottaviano iniziò a nutrire sospetti su di lui e lo deferì al Senato con lo condannò come reo di sedizione e lo fece condannare. Gallo si uccise nel 26. Augusto lo condannò forse anche alla damnatio memoriae se pensiamo che Virgilio dovette cancellare la sua lode alla fine delle Georgiche. Ma in seguito sia Properzio, un anno dopo, lo menziona nell'ultima elegia del libro II come grande poeta latino d'amore sia Ovidio nell'ultima elegia del libro I degli Amores. La poesia elegica d'amore, non nel programma di Augusto, di manifestò ancora più indipendente rispetto al monarca.

Le fonti principali su di lui sono la sesta e decima ecloga di Virgilio e uno scolio di Servio alla seconda delle due ecloghe. Servio afferma che tradusse in latino Euforione e scirsse quattro libri di amores (elegie amorose) per Citeride. Citeride era un nome di fantasia per Volumnia la liberta di Antonio Volumnio amico del triumviro Antonio. Da schiava divenne mima grazie alla sua bellezza e disolutezza. Fu amante sia di Bruto che Antonio mortalmente nemici. Ma l'amore che la consacra è di Cornelio Gallo che ebbe modo di soffrire per lei. Afflizione confermata quando Licoride lo abbandona per seguire oltre le Alpi un uomo di guerra.

L'ecloga X racconta Gallo intento a modulare su una zampogna bucolica i carmi di Euforione, l'ecloga VI celebra il carme di Gallo sul culto di Apollo Grineo, composto ad imitazione di Euforione e il frizzo di Cicerone che bollando i poetae novi col nome di cantores Euphorionis sembra riferirsi a lui facendo pensare che in età giovanile avesse imitato i carmi di Euforione probabilmente in forma di epillio. Ma tale influsso c'è stato anche per i componimenti per Licoride. Secondo alcuni i carmine docti di Gallo non sono fuori dai carmi elegiaci compresi nei suoi quattro libri ma è una opinione azzardata.

Nella sua elegia erotica vi è una sintesi di tutta la tradizione augustea. L'elemento subiettivo di Catullo e Calvo, quello erudito di Properzio, fors ela fusione dell'ispirazione erotica con quella bucolica che faciliterà a Tibullo il felice tentativo di conciliare l'amore per la propria donna con l'amore per i campi. Si è lontano dal rigido classicismo dei più intimi amici di Mecenate, e non stupisce quindi lo sdegnoso silenzio di Orazio e nei suoi riguardi.

Quintiliano, pur comprendendo Cornelio Gallo nel canone dei grandi poeti elegiaci romani, lo giudica durior. Certamente la elogia subiettiva che si sviluppava dal bozzolo catulliano doveva avere ancora un che di incerto e di acerbo (specie nella tecnica del distico elegiaco), un che di più legato all'epigrammatica concettosità di Catullo di quanto non sia la grande elegia di Tibullo e di Properzio.

Augusto

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Busto di Augusto, fondatore dell'Impero romano (Museo del Louvre, Parigi)

Tibullo e gli autori del "Corpus Tibullianum"

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Il poeta Tibullo da un dipinto di Lawrence Alma-Tadema (1866).

Properzio

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Auguste Jean Baptiste Vinchon, Propertius and Cynthia at Tivoli

Pompeo Trogo

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[[File:Justin, L'histoire de Trogue Pompée, impression Jehan Olivier, 1519 seul exemplaire connu.jpg|miniatura|destra|Edizione cinquecentesca delle Historiae Philippicae]]

Gli Oratori e i Retori - Seneca il vecchio

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Testa di Seneca il Vecchio a Sevilla

Gli Autori Minori

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