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L'Obbligo di Coabitazione nel Codice Pisanelli

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L'Obbligo di Coabitazione nel Codice Pisanelli
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto di famiglia
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

L' Obbligo di Coabitazione è il primo dei doveri degli sposi. Il codice civile italiano del 1865 distingue nettamente l'obbligo di coabitazione, che è comune ai due sposi, con il dovere, proprio della donna di seguire il marito. Ecco la prima differenza dal Code Civil che unisce e confonde il dovere di coabitazione con l'obbligo di accompagnare il marito. Diversi sono anche gli strumenti giudiziari per ricondurre la moglie al tetto coniugale. In Italia il Codice Civile prescriveva anche norme sul tema degli obblighi alimentari potendo il giudice anche sequestrare per gli stessi i beni parafernali della donna. In Francia invece nulla di ciò era previsto, era lasciato tutto a discrezione del giudice, mentre era previsto l'uso della manu militari per ricondurre con la forza a casa la donna. Inizialmente anche la Giurisprudenza ammetteva l'uso di tale forza ma già a partire dalla fine dell'Ottocento, accogliendo la posizione della dottrina, si arrivo a non ritenere più consono usare questi generi di costrizione. La giurisprudenza italiana invece fin dall'inizio ha dimostrato un secco divieto all'uso della forza. Si ricordi la pronuncia della Corte d'Appello di Napoli del 1878 che permette alla donna condotta con manu militari a casa di riabbandonare il tetto. Unica voce discordante fu del Tribunale civile di Genova del 1871 a cui fece seguito però la Corte d'Appello di Genova che riformava tale decisione tornando alla posizione dominante. Contra legem erano anche le sentenze che obbligavano la donna a tornare alla casa del marito. Bisogna dire però che tale apertura da parte delle Corti Italiane si opponeva all'impossibilità da parte della donna di obbligare il marito a riaccoglierla a casa, anche con l'uso della forza pubblica, cosa che invece era prevista in Francia. Per gli strumenti di coazione indiretta mentre la giurisprudenza francese non ebbe dubbi a proposito del diritto del marito di negare soccorso economico alla moglie che si rifiutava di tornare a casa, il legislatore italiano ritenne necessario prevedere espressamente gli strumenti in possesso del marito. Articolo 133 del Codice Civile:

"L'obbligo del marito di somministrare gli alimenti alla moglie cessa quando la moglie, allontanatasi senza giusta causa dal domicilio coniugale, ricusi di ritornarvi."

Accettava un ampio concetto di giusta causa, ad esempio quando il marito non ricusava l'abbandono della moglie né reclamando il ritorno né avviando giudizio di separazione. Erano necessari due fattori:

  • illegittimo allontanamento della moglie
  • supplica del marito e rifiuto della moglie al ritorno

La magistratura italiana non riteneva neppure necessario che la moglie, separata di fatto per giusti motivi, per ottenere gli alimenti dovesse ricorrere in giudizio per la separazione legale. Lo stesso diritto agli alimenti non veniva disconosciuto qualora fosse stato pendente un giudizio di separazione personale. Sempre l'articolo 133 concedeva all'Autorità giudiziaria di sequestrare temporaneamente parte delle rendite parafernali della moglie in favore del marito e della prole. La giurisprudenza ha allargato l'oggetto dei beni sequestrabili. La magistratura era concorde però nel sospendere il sequestro in costanza di separazione personale e se non per costringere la donna all'adempimento dei suoi doveri. In questo senso la Cassazione di Torino contro la Corte di Appello che aveva disposto sui beni parafernali della ricorrente al fine di garantire al marito il pagamento della pensione alimentare disposta dalla stessa Corte.

Il Volontario Abbandono

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A differenza del Codice Napoleone dove il legislatore non aveva previsto tra le cause di scioglimento del matrimonio l'abbandono volontario del domicilio coniugale, il Codice Italiano del 1865 prevede espressamente tra le cause il volontario abbandono. La Giurisprudenza Francese è riuscita a ricrearlo attraverso la rivisitazione della nozione di ingiuria grave. Vi erano cause serie dove l'abbandono non rivestiva il significato di ingiuria grave ad esempio l'impossibile convivenza con i genitori del marito, l'abbandono con il consenso del marito, il rifiuto di riaccoglierla in casa da parte del marito se è ricondotto alla cattiva condotta della donna o la richiesta è poco seria in base alla sua condotta precedente. Bisogna dire comunque che il potere discrezionale dei giudici sulla nozione di ingiuria grave era molto ampio. Potere che non avevano i giudici italiani. Sulla base del principio che non basta i materiale allontanamento del coniuge dal tetto coniugale ma occorreva che l'allontanamento fosse volontario ossia liberamente voluto allo scopo di sottrarsi ai doveri coniugali, le Corti Italiani valutavano come non configurarsi il volontario abbandono quando il coniuge si allontanava dalla casa non avendo in animo di separarsi definitivamente ma temporaneamente, nè per un perturbamento morale che avesse creato nel coniuge una ipotetica situazione di danno o di pericolo nel proseguimento della convivenza, o comunque fosse mancata quella piena maturità di consiglio che si richiede perché un atto possa ritenersi consentito e voluto liberamente (momentanea esasperazione dell'animo). Non era causa di abbandono volontario che autorizzava la separazione la vendita da parte del marito dei propri beni per l'intento di emigrare. Ugualmente non era motivo di separazione il rifiuto da parte della moglie di coabitare con terze persone e tale convivenza risulti intollerabile (Corte d'Appello di Genova - 1915). Neppure nel caso di maltrattamento da parte del marito che l'avesse costretta ad allontanarsi dalla casa. Ancora non era volontario abbandono da parte del marito l'allontanamento anche prolungato per ragioni professionali, interessi di famiglia e altri legittimi motivi a patto che mantenesse rapporti con la moglie e non dimostrasse il desiderio di rompere. Non era invece innocente l'allontanamento da parte del marito che non comunica alla moglie la nuova residenza venendo meno i doveri morali e sociali. Per i giudici italiani, a differenza dei francesi, la cattiva condotta della moglie non legittimava l'abbandono da parte del marito. Ugualmente non era motivo valido per la moglie il dissesto finanziario del marito soprattutto se momentaneo e non lesivo dell'obbligo di fornire quanto necessario ai suoi bisogni. Si chiude con il caso singolare della Cassazione di Firenze del Primo Novecento. Un uomo rinchiude la moglie in un manicomio. Non essendoci i motivi sanitari per mantenerla li la rinchiude in un sanatorium al fine di farle chiedere la separazione. La corte decise che in questo caso, nonostante fosse la moglie ad esseri allontanata dal tetto coniugale, per la particolarità del caso era il marito ad aver compiuto volontario abbandono. Tra l'altro alcune lettere dimostrano che la moglie, perfettamente lucida, aveva in tutti i modi cercato di riallacciare il rapporto con il marito ma lo stesso rispondendole in modo freddo l'aveva sempre allontanata.

Cambio di Casa

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La separazione legale faceva cessare l'obbligo di coabitazione legalmente. Si riacquistava così il diritto a stabilire la propria residenza. D'altro canto c'erano delle sentenze che sancivano il diritto del coniuge a vigilare sull'affidamento dei figli all'altro coniuge. Era così abitualmente ammesso che con la separazione giudiziaria o volontaria si stabilisse un luogo dove la moglie o il marito dovessereo abitare, luogo che in caso di figli poteva essere obbligatorio. Vi era la possibilità, da parte del Presidente del tribunale, di stabilire la cessazione dell'obbligo di coabitazione prima della separazione per tutelare uno dei due coniugi da un pericolo per la loro vita o salute anche senza necessaria prova degli estremi per la separazione personale. Bisogna sottolineare che, a differenza del diritto francese, in Italia vi era la facoltà non l'obbligo da parte del giudice di assegnare la residenza alla moglie che si allontanava dalla casa coniugale e non vi erano quelle gravi sanzioni previste dal Codice Napoleone per l'abbandono della casa assegnata. La donna era in Francia obbligata a notificare al marito separato ogni suo atto sub pena di nullità. non poteva liberamente scegliere la sua residenza in costanza di figli poiché doveva assoggettarla al diritto da parte del marito di sorveglianza sui figli. Infine, quanto alla separazione di fatto, c'è da notare che la giurisprudenza italiana, essendo prevista nel codice civile la separazione per mutuo consenso (art. 158), non aveva esitazioni ad affermare che la moglie separata di fatto conservasse il domicilio del marito.