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L'Obbligo di Assistenza nel Codice Pisanelli

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L'Obbligo di Assistenza nel Codice Pisanelli
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto di famiglia
Avanzamento Avanzamento: lezione completa al 100%

L' Obbligo di Assistenza, e in particolare l'obbligo di somministrare gli alimenti, nel Code, pur se vincolante per entrambi, è riferito unicamente al marito, stabilendo che spetta a lui fornire alla moglie tutto ciò di cui ha bisogno per la vita secondo le sue disponibilità e il suo stato. Sembrerebbe che la donna non dovesse in alcun modo contribuire alle spese familiari. Ma tale lacunosità si colma guardando il regime patrimoniale vigente in Francia. Se non vi è alcun contratto matrimoniale vige il regime di comunione dei beni e essendo il marito il capofamiglia è il titolare di ogni rendita. Nel regime di comunione convenzionale l'apporto della donna era limitato per contratto ai beni che cadevano in comunione. Nel regime dotale invece la partecipazione era assicurata dal fatto che il marito godeva delle rendite proveniente dai beni sottoposti al vincolo dotale. Il regime dotale era un regime di separazione dei beni per la cui esistenza non era necessaria la costituzione di una dote. Nel regime, infine, di separazione giudiziaria dei beni la donna doveva partecipare proporzionalmente alle sue facoltà e a quelle del marito alle spese comuni e all'educazione dei figli (articolo 1448 c.c.). In tale regime organizzativo avendo assolto al suo dovere di soccorso mettendo a disposizione del marito le sue risorse economiche non poteva essere chiamata a rispondere nei confronti dei terzi creditori dei debiti contratti per il mantenimento della famiglia. In comunione dei beni, i debiti contratti dalla donna in nome di una procura generale o speciale ricadevano in comunione e non potevano essere vantati sui beni personali della donna. (articolo 1420 c.c.). La giurisprudenza estese questo caso anche a quelli del mandato domestico (cioè quando non vi era procura) e agli altri casi di regimi patrimoniali. Il mandato tacito riconosciuto alla donna per sovvenire ai bisogni della famiglia non era illimitato. Le Corti francesi ritennero che fosse impensabile che il marito concedesse alla donna di fare spese superiori a quelle del loro tenore di vita tra l'altro se la donna comprava in maniera sproporzionata poteva essere condannata a pagare solo una parte di tale spesi corrispondente alla misura di quelle a cui avrebbe potuto sottrarsi venendo meno al suo dovere di soccorso. Nel caso di separazione di fatto sia nel caso il cui la separazione fosse stata imputabile al marito che ha allontanato la donna o l'avesse abbandonata, sia che fosse avvenuta per volontà di entrambi, era riconosciuta alla donna il mandato tacito. Non era ammesso il mandato domestico nel caso in cui il marito corrispondesse alla moglie una pensione alimentare o la separazione era imputabile alla donna che si fosse allontanata dalla dimora domestica senza una giusta causa. In Italia si cercò di temperare il netto sfavore francese contro la donna ma permaneva all'uomo il controllo dell'intera situazione patrimoniale della famiglia. Il codice civile italiano del 1865 prevedeva l'obbligo alla somministrazione reciproca degli alimenti da parte dei coniugi distinguendo la posizione del marito che era sempre tenuto a dare alla moglie il necessario per cui aveva bisogno e la moglie che aveva solo un ruolo sussidiario in caso in cui il marito non aveva i mezzi sufficienti. L'obbligo di mantenimento dei figli invece era posto a capo di entrambi i coniugi computando nel contributo della madre i frutti della dote. Nonostante l'acceso dibattito dottrinale rimaneva in vita il regime dotale anche se hai coniugi era delegata la possibilità seppur limitata di scelta dell'assetto economico familiare e stabilire così in modo diverso le loro partecipazioni. La giurisprudenza ritenne che il contributo proporzionale della donna dovesse cadere solo nel caso del mantenimento della prole, anche se non mancano sentenza divergenti come quella della Cassazione di Napoli che ritenne pesi del matrimonio anche le spese per la convivenza dei coniugi senza prole. Le Corti riconoscevano alla donna un mandato domestico nei limiti delle spese per i bisogni domestici e ottemperare l'obbligazione alimentare del marito ma il marito poteva essere obbligato al pagamento delle spese della moglie compiute su suo mandato solo se tali spese non avessero superato il limite della necessità e delle possibilità economiche. L'onere della prova del mandato spettava al marito non potendo i terzi conoscere gli aspetti interni dell'organizzazione familiare. Il marito non era tenuto a provvedere nemmeno per l'utile gestione ai debiti contratti dalla moglie per le necessità sue e della famiglia se il marito aveva già provveduto adeguatamente a tali bisogni nei limiti della sua condizione economica.

Diritto agli alimenti tra coniugi separati e divorziati

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Il Code prevedeva all'articolo 301 al coniuge che non avesse avuto mezzi sufficienti al proprio sostentamento una pensione (indennità) alimentare. Indennità che era a carico di chi avesse provocato la rottura del vincolo coniugale. La pensione non poteva essere riconosciuta al coniuge innocente. La dove vi era colpa di entrambi la giurisprudenza quindi non procedeva a "multare" nessuna delle due parti. La separazione, a differenza del divorzio, non faceva cessare il dovere di reciproco soccorso stabilito dall'articolo 212. Tra l'altro la pensione data da separati veniva corrisposta anche agli eredi applicando estensivamente la normativa del divorzio. Il codice civile italiano prescriveva tutt'altro. Era infatti prevista un diritto agli alimenti del separato solo nel caso in cui esistesse un effettivo stato di bisogno si permetteva così di dare gli alimenti anche al coniuge colpevole. Per quanto riguarda la quantità le Corti ritennero che al coniuge colpevole spettava la stretta necessità. Solo nei primi del Novecento la giurisprudenza non teneva più conto della valutazione della colpa come criterio di commisurazione degli alimenti. Se gli alimenti dovevano essere invece dati da chi aveva colpa le Corti italiani concordemente affermavano che non potevano essere contenuti nel limite dello stretto bisogno. Dovevano essere proporzionati alle facoltà economiche del somministrante e indipendentemente dalle sostanze del coniuge alimentato. Vi furono pero corti giudicanti in senso contrario. Per le separazioni consensuali la giurisprudenza non era uniforme nel giudizio. Si usava una accomodamento tra l'articolo 132 c.c. che imponeva all'uomo di dare alla donna tutto ciò che era necessario per vivere e l'articolo 142 c.c. che imponeva ai coniugi l'obbligo reciproco degli alimenti in casi di bisogno nei limiti del necessario. In ultimo la Cassazione di Torino nel dicembre del 1885 che riferendosi alla possibilità di modificare la misura dell'assegno in relazione all'accresciute sostanze del marito debitore affermava che la il bisogno della moglie, che resta de fatto nella situazione familiare del marito, non poteva essere determinato astraendo dalla condizione sociale ed economica del marito.