Indirizzo politico
In diritto l'attività di indirizzo politico o di governo è quella svolta dagli organi costituzionali dello stato e consistente nella formulazione delle scelte con le quali si individuano i fini che lo stato intende perseguire in un determinato momento storico attraverso l'attività amministrativa. Gli atti giuridici nei quali si estrinseca l'attività di indirizzo politico sono detti atti politici.
In termini politologici l'attività di indirizzo politico può essere identificata con la decisione delle politiche pubbliche che saranno poi implementate dalla pubblica amministrazione.
Poiché volta ad individuare i fini da perseguire, l'attività d'indirizzo politico è in sé libera nel fine e questo la distingue dall'attività amministrativa. Infatti, per quanto l'organo amministrativo possa essere dotato di ampia discrezionalità, la sua attività incontrerà sempre due ordini di limiti: da un lato, secondo il principio di legalità, non potrà esercitare il potere attribuitogli dalla legge per finalità diverse da quelle in vista delle quali la legge lo ha attribuito; dall'altro, dovrà perseguire i fini predeterminati in sede di indirizzo politico.
Secondo alcuni l'attività di indirizzo politico costituirebbe una quarta funzione dello stato, da aggiungere alle tre tradizionali: normazione, amministrazione e giurisdizione. Tuttavia, secondo l'opinione prevalente, non si tratta di una funzione a sé ma, piuttosto, di un'attività "trasversale", che si esprime in atti propri delle altre funzioni pubbliche: leggi e atti aventi forza di legge, atti del governo formalmente amministrativi, atti giurisdizionali (si pensi alle sentenze delle corti supreme o costituzionali che annullano atti aventi forza di legge).
Dall'attività di indirizzo politico e dagli atti politici vanno distinti l'attività e gli atti di alta amministrazione. Si tratta di particolari atti amministrativi che svolgono una funzione di raccordo tra gli atti politici, volti alla scelta dei fini da perseguire, ed i provvedimenti amministrativi in senso stretto, volti alla concreta attuazione delle scelte effettuate con gli atti politici, rappresentando così il primo grado di attuazione dell'indirizzo politico in ambito amministrativo (ne sono esempi la nomina e la revoca dei più alti funzionari pubblici, l'adozione dei regolamenti ecc.)
In tutti gli ordinamenti gli atti politici, in quanto liberi nel fine, si connotano per la loro insindacabilità essendo sottratti al sindacato degli organi, amministrativi o giurisdizionali, di giustizia amministrativa. Nell'ordinamento italiano il principio è sancito nell'art. 31 del Testo Unico sul Consiglio di Stato; la Corte costituzionale lo ha ritenuto compatibile con la Costituzione vigente chiarendo, tuttavia, che è applicabile ai soli atti politici in senso proprio e non, quindi, agli atti di alta amministrazione.