Il progetto educativo

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Il progetto educativo è una tipologia particolare di progetto che prevede lo sviluppo di varie forme di attività didattiche in un contesto di apprendimento.

Il termine è associato a quello di gestione del progetto (derivante dall'inglese project management) che ha come padre storico Russel D. Archibald[1][2].

Il progetto educativo è uno strumento di lavoro, utilizzato nel settore dell'educazione e generalmente redatto da personale docente mediante le fasi della progettazione educativa (detta anche programmazione o pianificazione didattica). Lo strumento, partendo da bisogni (AIF, 1998 p. 188)[3] espliciti ed impliciti di un gruppo discente descrive un percorso atto a realizzare delle finalità[4] educative mediante il raggiungimento di specifici obbiettivi (Titone et al 1990 p. 33)[5] all'interno di svariate tipologie di comunità di apprendimento[6] o (learning comunities)[7] o ancora, secondo la definizione di Jean Lave e Etienne Wenger comunità di pratiche (Communities of practice).[8]

Caratteristiche[modifica]

Tra la metà degli anni '60 e la metà degli anni '70 la "programmazione" nelle istituzioni educative, era composto da elenchi di nozioni da acquisire ed attività disciplinari da svolgere. Verso la fine degli anni '70 tale strumento subì l'influenza delle correnti comportamentiste[9][10]. Il comportamentismo[11] introdusse il concetto che "ogni cosa che fa un organismo, incluso l'agire, il pensare ed il percepire, sono da considerarsi comportamenti"[12]. Il cognitivismo a sua volta, pose l'accento sugli "obiettivi"[13] e contribuì a concepire il "programma" anche come una serie di comportamenti che il discente avrebbe dovuto esplicitare al fine di dimostrare l'avvenuto raggiungimento degli obiettivi di apprendimento.

I concetti di "project management", l'epistemologia genetica (proposta negli anni '50 da Jean Piaget)[14] nonché le correnti costruttiviste[15][16][17][18] insieme a quelle costruzioniste di Seymour Papert[19][20] contribuiscono a modificare ulteriormente il processo previsionale in ambito educativo. Che, da programma atto a trasmettere nozioni, diventa un percorso complessivo, mirante a favorire la costruzione della conoscenza. Il termine di progetto, viene gradualmente preferito a quello di programma. In particolare con la progettazione educativa per competenze[21] si descrivono non soltanto, i saperi da "trasmettere" ma anche i percorsi educativi da attuare per rendere possibile la formazione delle competenze che dovranno essere acquisite dal discente. Intendendo per competenza la capacità di saper applicare determinate conoscenze in uno specifico contesto, al fine di raggiungere dei risultati previsti, mediante l'adozione di comportamenti adeguati.

Nei progetti di educazione individualizzata si afferma il cosiddetto "sfondo integratore", metodologia di progettazione educativa utilizzata nell'ambito dell'integrazione scolastica di alunni con disabilità. Tale strumento rivolge particolare attenzione all'organizzazione degli elementi dell'ambiente (soprattutto spazi, materiali, tempi) e all'utilizzo di elementi mediatori o organizzatori delle attività (in linea con la pedagogia istituzionale).[22] La prima elaborazione del costrutto è contenuta in (Zanelli, 1986).

Il progetto generale di un'istituzione educativa prevede inoltre la definizione del curriculum (o curricolo). Il primo volume pubblicato su questo soggetto fu The Curriculum (il curriculum),[23] e risale al 1918. L'autore, John Franklin Bobbitt, spiegava il curriculum come "il corso degli atti e delle esperienze attraverso le quali un bambino diventa adulto". Sebbene apparso formalmente nella definizione del Bobbitt, il termine curriculum come "corso di di esperienze formative" pervade anche l'opera di John Dewey (che era in disaccordo con Bobbitt su molti punti essenziali). Anche se l'idealistica concezione di "curriculum" del Bobbitt e di Dewey era diversa da quella più ristretta che si dà oggi al termine, esperti e ricercatori generalmente la condividono come significato sostanziale di curriculum.[24][25]

Il progetto educativo descrive il curricolo suddividendolo in:

  • Curricolo di base (o core curriculum): descrive i contenuti e gli interventi che l'istituzione educativa attua per conseguire le sue finalità.
  • Curricolo trasversale: descrive le linee di continuità verticale ovvero quegli elementi di raccordo dell'istituzione con altre di grado inferiore e superiore (ad es. nel caso di una scuola media il raccordo con quella elementare e quella superiore) e le eventuali altre collaborazioni orizzontali tra istituzioni di pari grado (ad es. con altre scuole medie).
  • Curricolo facoltativo: descrive le attività ed insegnamenti non obbligatori.

Il progetto educativo pertanto:

  • Parte da un insieme di bisogni educativi[26], stabilisce finalità, obbiettivi, azioni, metodologie, forme di verifica (in itinere e/o finali), indicando tempi e risorse.
  • È elaborato dai docenti, figure professionali appartenenti alla categoria dei lavoratori della conoscenza (knowledge worker), che si impegnano con l'utenza[27], a portare avanti il progetto stesso.
  • È indirizzato ai discenti, destinatari principali del progetto, i quali si impegnano con l'istituzione educativa a percepire dei servizi e agli obblighi previsti dal Contratto educativo.
  • È diretto allo sviluppo di beni immateriali come abilità e competenze, a differenza dei progetti aventi come finalità principale la produzione di beni materiali.
  • È orientato ai processi piuttosto che alla realizzazione di un prodotto finale. La maggior concentrazione verso i processi educativi e di apprendimento è dovuta alla loro centralità nella formazione delle competenze. Pertanto, allo scopo del loro raggiungimento, i percorsi di sviluppo cognitivo, formativo ed esperienziale prefigurati nel progetto educativo, eserciteranno un'importanza primaria.
  • Può proporre la realizzazione di un prodotto finale che assume talvolta funzioni accessorie o di "esca motivazionale". Tendente cioè a stimolare nel discente o nel gruppo di apprendimento l'interesse alla base della motivazione ed elemento "chiave" del processo di apprendimento[28].
  • Può descrivere alcuni comportamenti attesi, essendo il processo di apprendimento favorito dai comportamenti "adattivi"[29] ed ostacolato da quelli "non adattivi".

Tipologie[modifica]

A seconda della sua specifica destinazione e del contesto di utilizzo vengono distinte varie tipologie di progetti educativi:

  • PEG (progetto educativo generale): Esplicita la mission, la metodologia, i ruoli degli operatori, i principi generali complessivi di un'intera istituzione educativa. Può assumere denominazioni specifiche a seconda del Paese o della tipologia di istituzione di riferimento. Ad esempio una scuola dell'obbligo italiana redige un PEG[30] (unitamente ad una Carta dei servizi e ad un Regolamento di Istituto) e un POF[31] (piano dell'offerta formativa nella quale vengono descritti i curricoli, gli strumenti educativi e le quote di alcuni curricoli), una Facoltà Universitaria redige il PA (progetto accademico) ecc.
  • PEI (piano educativo individualizzato) o PEP (piano educativo personalizzato): in Italia è utilizzato per descrivere gli interventi che le istituzioni scolastiche devono mettere in atto nei confronti di uno studente con bisogni educativi speciali (special educational needs) che evidenzi disturbi specifici dell'apprendimento (DSA)[32]. Dà il diritto ad una valutazione differenziata[33].
  • PLI (piano di lavoro individuale detto WP o working plan): è il piano di lavoro (generalmente annuale) redatto dal singolo docente[34] all'interno di una comunità di apprendimento. Viene generalmente preceduto da un'analisi dei prerequisiti o delle pre-competenze degli studenti al fine di poter calibrare un progetto adatto. Deve contenere in sintesi: le varie lezioni suddivise nelle diverse unità didattiche (UD), intese come quei blocchi tematici della disciplina che verranno affrontati nel corso del periodo di insegnamento previsto. Le UD conterranno inoltre l'indicazione di: obiettivi, tempi, spazi o luoghi, metodologie, strumenti, materiali/risorse, sistema di valutazione ed eventuali interazioni con altre discipline. Nell'UD ogni lezione potrà poi essere descritta da un lesson plan[35] (LP in inglese) con una descrizione dettagliata della singola lezione.

Struttura[modifica]

Bisogni[modifica]

Il progetto educativo descrive i bisogni che deve soddisfare. L'educazione considera il bisogno come la distanza esistente tra la situazione educativa che si vorrebbe ottenere e quella effettivamente presente in un contesto. L'operazione che permette di individuare i bisogni di natura educativa è definita analisi dei bisogni educativi[36][37]

Finalità[modifica]

Le finalità educative sono "comportamenti generali attesi che riguardano la formazione dell'uomo e del cittadino. Affinché le finalità perdano il loro carattere di vaghezza indeterminatezza e discrezionalità, dovranno essere tradotte in obiettivi.."[38]. Possono essere suddivise in:

  • Finalità educative generali: generalmente legate ai presupposti generali di una istituzione educativa. Ad esempio Educare alla legalità, alla convivenza alla responsabilità alla cittadinanza allo spirito argomentativo alla critica costruttiva e propositiva oppure creare le condizioni per una pari opportunità nell'offerta formativa, favorire la continuità degli studi ecc.
  • Finalità educative specifiche: più legate a delineare lo sfondo propositivo appartenente ad una particolare disciplina o ambito. Ad es. potenziare la padronanza di..', la conoscenza di.., le competenze nella.. ecc.

Obiettivi[modifica]

Gli obiettivi[39], indicati anche con il termine inglese goals, sono i "risultati desiderati" che un individuo o un'organizzazione vogliono perseguire, mediante l'applicazione di azioni o di un progetto in un tempo predefinito. Nel settore educativo si riferiscono alle trasformazioni o ai cambiamenti che si vorrebbero apportare a seguito dell'espletamento di un processo per perseguire delle finalità educative. Il raggiungimento degli obbiettivi dovrebbe portare al soddisfacimento dei bisogni educativi. Si possono distinguere principalmente (Titone, R. 1990 p. 33):

  • Obiettivi educativi: quelli di tipo generale e di "sfondo" di un contesto. Per essere raggiunti necessitano di tempi più lunghi rispetto a agli obiettivi didattici.
  • Obiettivi didattici: direttamente collegati col percorso di apprendimento proposto. Sono di tipo più specifico, legati all'acquisizione di saperi e competenze da parte dei discenti. Necessitano di tempi più brevi a seconda che siano intermedi o finali rispetto a quelli educativi.

Gli obiettivi del progetto, sulla base della didattica per competenze, non si limitano ad elenchi di nozioni da trasmettere. Defininiscono piuttosto principalmente: 1)competenze generali e trasversali, 2)Competenze specifiche che il discente deve sviluppare nell'ambito delle diverse discipline (intese come "organizzatori del sapere"). Sia nel primo che nel secondo caso individua anche le competenze essenziali, le core skills imprescindibili che i discenti dovranno possedere.

Metodologie didattiche[modifica]

Il progetto educativo contiene l'indicazione e la descrizione delle metodologie didattiche prescelte. La metodologia didattica è la tattica specifica che dirige un processo educativo verso il raggiungimento dei suoi obiettivi. Promuove o consolida competenze e permette di gestire meglio quelle già possedute. Contribuisce ad organizzare le informazioni rendendole logiche, accessibili e quindi applicabili e utili. L'indicazione, nel progetto, delle metodologie didattiche utilizzate è essenziale, essendo queste uno dei componenti di base dell'educazione, con il compito importante di organizzare i processi educativi. In particolare:

  • Rendono lo studente parte attiva del processo educativo motivandolo a partecipare ad attività curricolari ed extracurricolari
  • Trovano soluzioni per obiettivi e problemi cognitivi creando un'alleanza tra studente e insegnante.
  • Sviluppano il pensiero logico e fattuale allo stesso tempo.

Il docente può scegliere tra diverse metodologie didattiche, per sviluppare un percorso educativo adatto al contesto e alla tipologia disciplinare. Le metodologie didattiche svolgono le seguenti funzioni principali:

  • Funzione cognitiva: aprire percorsi e possibilità (di scoperta e comprensione della realtà, di ricerca tecnologica, di sviluppo culturale, ecc.).
  • Funzione formativo-educativa: di creare e scoprire talenti, abilità, capacità, comportamenti, competenze, ecc.
  • Funzione strumentale: rappresentano uno strumento per il raggiungimento degli obiettivi didattici.
  • Funzione normativa: indicano come il processo educativo deve evolvere; come si dovrebbero ottenere i risultati attesi; come raggiungere la migliore produttività, quali sono i modi più brevi per raggiungere gli obiettivi ecc.

Oltre alla metodologia, il progetto conterrà le procedure educative. Le procedure sono le parti componenti una metodologia e sono usate in situazioni concrete. Ogni metodologia educativa si compone quindi delle sue specifiche procedure (classiche), che la distinguono dalle altre. La combinazione di "nuove procedure" determina "nuove metodologie". Le procedure possono essere divise in categorie come ad es.: a) procedure pratiche, b) procedure teoriche. Le procedure didattiche sono completate dalle tecniche e dagli strumenti che aiutano gli studenti ad assimilare più facilmente i contenuti proposti. Una metodologia proposta nel progetto ex ante può essere considerata efficace soltanto se le procedure coinvolte daranno concreti risultati positivi dopo la sua applicazione pratica.

Le principali metodologie didattiche si riferiscono a diverse "filosofie dell'apprendimento":

  • Metodologie comportamentiste e del mastery learning (Block, Anderson 1978)[40]
  • Metodologie cognitiviste del problem solving (Davidson, Deuser, Sternberg 1994)[41], della pluralità dell'intelligenza (Gardner 1987)[42] e dell'intelligenza triarchica (Sternberg 1997)
  • Metodologie metariflessive e dei processi di controllo (Santoianni, Striano 2000) e le strategie metacognitive (Ashman, Conway 1991)

Le metodologie didattiche utilizzate devono soddisfare criteri di:

  • Coerenza e adeguatezza: essere coerenti col contesto di riferimento e con l'impianto complessivo del progetto.
  • Interesse e curiosità: sviluppare con continuità l'interesse e la curiosità atte alla predisposizione all'apprendimento dei discenti.
  • Inclusione (e non esclusione) dei discenti.

Saranno inoltre:

  • Osservate: le giuste proporzioni nelle fasi di utilizzo di metodologie didattiche passive e attive (a centralità dello studente).
  • Rispettate: le diverse variabili incluse nel progetto e quelle collegate agli "stili di apprendimento" degli allievi e agli "stili di insegnamento" dei docenti.
  • Previsti: modelli di apprendimento adatti al raggiungimento delle finalità dichiarate.

Modelli di apprendimento[modifica]

Modelli di apprendimento (in base al rapporto relazionale degli attori)

  • Modello unidirezionale (lezione frontale).
  • Modello dialogico (interattivo).
  • Modello team-teaching (compresenza di docenti).
  • Modello per tutoring (docente facilitatore dell'apprendimento).
  • Modello cooperative learning (apprendimento collaborativo).
  • Modello mastery learning (insegnamento per la padronanza, personalizzato, riferito ad obiettivi attesi di apprendimento e di performance non uniformi).
  • Modello Play role (studio di ruoli diversi, inversione di ruoli, drammatizzazione di contenuti e concetti, dibattiti e tavole rotonde "a ruolo").
  • Modello Brain storming (produzione autonoma di ipotesi e concetti mediante libere associazioni di idee. Preliminare all'attività del docente).

Problem & decision managing[modifica]

Il progetto potrà definire le metodologie utilizzate per individuare e gestire i problemi, insieme alle decisioni messe in atto per risolverli. In pratica indicherà i metodi per il:

  • Problem finding: la presa di coscienza di un problema o di un disagio.
  • Problem setting: la definizione di un problema (o la trasformazione di un disagio in un problema o argomento ben definito).
  • Problem analysis: la scomposizione di un problema principale in problemi secondari.
  • Problem solving: l'individuazione di soluzioni (o la trasformazione di un problema ben definito in un progetto volto ad eliminare le cause di disagio).
  • Decision making: decidere in quale modo si operano le scelte per pervenire ad una decisione (ad es. la definizione delle modalità di scelta operate dal gruppo) .
  • Decision taking: decidere le modalità mediante le quali una decisione viene attuata (ad es. le date, i ruoli specifici, i contesti, le cose da fare ecc.).

Definizione delle fasi di cooperazione e collaborazione[modifica]

Il progetto educativo può contenere la descrizione degli interventi curricolari che verranno affrontati seguendo i principi del cooperative learning (apprendimento cooperativo), del collaborative learning (apprendimento collaborativo) e della cooperative education (educazione cooperativa). L'introduzione di queste fasi nel curricolo permette il disegno di percorsi di apprendimento particolarmente adatti allo sviluppo delle competenze sociali del discente.

Temporalizzazione[modifica]

La predisposizione degli eventi secondo sequenze temporali (Timing) determina lo schema di sviluppo delle attività previste dal progetto. L'inizio, la durata e la fine di ogni attività devono essere chiaramente indicate. Dal punto di vista della scansione temporale degli interventi didattici è possibile concepire azioni a:

  • Scansione breve (tipiche nella didattica breve[43])
  • Scansione media (tipiche per lo sviluppo di singole unità didattiche)
  • Scansione lunga (tipiche per lo sviluppo di ampie unità didattiche pluridisciplinari e/o interdisciplinari)

Ambienti, strumenti e materiali didattici[modifica]

Strumenti di "Assessment"[modifica]

L'"educational assessment" (valutazione educativa) dei discenti (o del gruppo) è il processo di misurazione e documentazione di conoscenze, competenze, attitudini e credenze. Gli strumenti di valutazione delle competenze che verranno acquisite dai discenti (Simeone, Daniela & Nirchi, Stefania, 2005), devono essere descritti dal progetto educativo. Essi variano a seconda del tipo di istituzione e dell'età degli studenti: la somministrazione di Prove strutturate di valutazione, normalmente costituite da test a risposta chiusa (con domande a scelta multipla[44]) (Lutz Beckert, Tim J Wilkinson, Richard Sainsbury, 2003), a Vero/Falso, a corrispondenze, a completamento, a sequenza logica) ma anche da test con la possibilità di risposte aperte, esercitazioni scritte od orali, fasi di osservazione contestualizzate (ad es. osservazioni del: livello e qualità dei contributi personali del discente nel gruppo, grado di collaborazione e disponibilità, numero di interventi nelle discussioni, numero e qualità di nuove proposte, comportamenti proattivi) ecc[45].

La valutazione del progetto educativo[modifica]

Per Rossi, Lipsey e Freeman, (2004) la valutazione è intesa come la sistematica, rigorosa e meticolosa applicazione di metodi scientifici per accertare il design, l'implementazione, il miglioramento o gli esiti di un progetto o di un programma. Si tratta di un "processo ad alta intensità di risorse, che richiede valutatori esperti, molto lavoro e tempo nonché budget considerevoli"'. Nell'ambito delle istituzioni educative per valutazione di un progetto si intendeno l'insieme di quelle tecniche e metodologie utilizzate per valutare: pertinenza, rilevanza, efficacia, efficienza, lezioni apprese (lessons learnt), buone pratiche, effetti e impatti del progetto educativo. Si possono distinguere due fondamentali livelli di intervento valutativo:

  • Livello territoriale: La valutazione di un piano di intervento educativo a livello territoriale è utilizzato nei processi decisionali degli enti e delle amministrazioni che si trovino ad operare delle scelte nella destinazione delle risorse. L'analisi delle politiche pubbliche sfrutta i costosi strumenti di valutazione delle politiche pubbliche per accertarsi dell'impatto degli interventi. Gli alti costi sono dovuti anche al fatto che generalmente questi strumenti "devono essere tagliati su misura" (Peter H. Rossi, Howard Freeman e Mark W. Lipsey, 1999).
  • Livello di singolo plesso o istituto: Nell'ambito dimensionalmente più ristretto riferito alle singole istituzioni educative formali lo strumento valutativo ha valenze di controllo ed autogoverno. Tende a pesare la bontà dei processi previsti o l'efficacia di quelli messi in atto (nel caso di progetti ex post) attraverso:
1)Valutazioni iniziali, atte a descrivere la situazione iniziale del discente o del gruppo a cui si rivolge l'intervento per meglio definire obbiettivi, processi e risorse.
2)Valutazioni in itinere, utilizzate per un controllo del processo in itinere al fine di apportare le necessarie modifiche.
3)Valutazioni finali, fondamentali per testare l'efficacia complessiva del progetto didattico.

Valutazione ex ante[modifica]

La valutazione ex-ante (o a priori) di un progetto didattico si riferisce alla valutazione, effettuata da apposite commissioni o istituti di valutazione, prima dell'applicazione pratica del progetto, al fine di una sua adozione futura e finanziamento. Inizialmente si constata l'eventuale ammissibilità dell'elaborato in base alla completezza dei dati in esso presenti. In seguito, utilizzando specifici criteri, si analizzano i diversi aspetti del "dichiarato" per valutarne: 1)fattibilità (cioè la possibilità di trasformare agevolmente il dichiarato in agito in caso di approvazione del progetto), 2)filosofia complessiva e finalità dichiarate dell'intervento proposto, 3)tempi di attuazione previsti, 4)costi preventivati, 5)obiettivi dichiarati, 6)processi proposti, 7)metodologia, 8)risorse umane previste, 9)strumenti 10)ricadute previste.

Valutazione ex post[modifica]

La valutazione ex post, (a posteriori), del progetto agito, si riferisce alla valutazione effettuata in itinere o a seguito della sua realizzazione. La valutazione ex post di un progetto didattico può essere di tipo:

  • Sistemico quantitativo: è usata, per valutare progetti ampi e di respiro territoriale. Viene realizzata da enti o amministrazioni appartenenti a diverse tipologie di livelli: internazionale, statale, regionale, provinciale o comunale. Si serve principalmente degli strumenti tipici della ricerca quantitativa a livello territoriale, basati principalmente sull'analisi di campioni statistici. Mira a definire l'eventuale raggiungimento di obbiettivi sulla base di parametri di: 1)efficacia, 2)adeguatezza rispetto al contesto di riferimento, 3)coerenza tra finalità e obbiettivi, 4)ricaduta sull'utenza, 5)proporzionalità tra le risorse previste e quelle effettivamente impiegate e tra gli obbiettivi previsti e quelli effettivamente raggiunti. Il fine è quello della razionalizzazione delle risorse, della definizione di eventuali nuclei di problematicità o di disomogeneità nell'impiego delle stesse. Ha un costo elevato essendo condotta su vasti campioni a livello territoriale.
  • Autovalutativo qualitativo: è sviluppata dall'istituzione attraverso percorsi auto-valutativi, coinvolgenti tutto il personale dell'istituzione (utenza interna) insieme a più testimoni dell'utenza esterna, guidati da un tutor generalmente non appartenente all'istituzione stessa. Gli strumenti, utilizzati a livello del singolo istituto o plesso, sono quelli tipici della ricerca qualitativa: 1)Questionari interni di varia tipologia, a risposta multipla e aperta, rivolti sia all'utenza interna che a quella esterna, 2)Interviste su specifici target topics (o argomenti bersaglio), 3)Focus group condotti dal tutor con uno o più gruppi disomogenei di testimoni privilegiati. La partecipazione ai processi auto-valutativi, se guidata da tutor esperti, offre ai docenti l'acquisizione di nuove competenze. Ha quindi il vantaggio di essere contemporaneamente un percorso formativo.

Note[modifica]

  1. Russel, D. Archibald, Project management. La gestione di progetti e programmi complessi. Edizioni Franco Angeli, (2004) ISBN 8846451791
  2. * The Definitive Guide to Project Management. Nokes, Sebastian. 2nd Ed.n. London (Financial Times / Prentice Hall): 2007. ISBN 978 0 273 71097 4
  3. "La progettazione di un intervento parte infatti dall'analisi dei bisogni.." che normalmente sono legati a diverse tipologie di variabili.
  4. "La finalità: è un'affermazione di principio attraverso cui la società identifica e veicola i propri valori.. In questo senso le finalità fanno capo a dei valori". Vandevelde cit in (Titone, R. 1990, p. 31)
  5. Definiti come "Ciò che i discenti devono essere capaci di realizzare al termine di un periodo di insegnamento/apprendimento e che non erano capaci di realizzare prima"".
  6. L'apprendimento cooperativo in particolare ha studiato a fondo il tema dei gruppi di apprendimento ed individua tre tipi di gruppi: "..formali (la cui durata va dal tempo di una lezione ad alcune settimane), informali (la cui durata va da pochi minuti al tempo di una lezione) e di base (della durata di almeno un anno).. (Johnson, David et al 1994, p. 20)
  7. Psicologi delle comunità come McMillan e Chavis (1986) affermano che ci sono quattro fattori chiave che definiscono il senso della comunità: "(1) adesione, (2) influenza, (3) soddisfacimento dei bisogni individuali e (4) eventi condivisi e connessioni emotive.
  8. Habhab. S. (2008), Workplace Learning in a Community of Practice: How do Schoolteachers Learn? in Communities of Practice: Creating Learning Environments for Educators, C. Kimble, P. Hildreth and I. Bourdon (Eds), Information Age Publishing. Vol 1, Ch 11, pp. 213-232.
  9. Watson J.B. (1913) Psychology as a behaviorist view, Psychological review, 20, 2, 158-177. abstract
  10. La tecnologia dell'insegnamento, trad. Lidia Magliano, introduzione di Cesare Scurati, Brescia: La Scuola, 1970
  11. Il comportamentismo, a cura di Paolo Meazzini, tr. Adriano Corao e Mario Di Pietro, Firenze: Giunti-Barbera, 1984 e Milano: Fabbri, 2007.
  12. Template:Cite journal
  13. Cognitivismo ed obiettivi educativi
  14. * Jean Piaget, L'epistemologia genetica, Laterza, 2000, ISBN 8842041424
  15. * Ernst von Glasersfeld, L'interpretazione Costruttivista dell'Epistemologia Genetica
  16. * Jean Piaget, La costruzione del reale nel bambino, 1973, La Nuova Italia, Firenze (ISBN 8822106725), (titolo originale: La construction du réel chez l'enfant, 1937).
  17. * Maturana, H.R., Varela, F.J., 1985, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Venezia, Marsilio [Autopoiesis and Cognition. The Realization of the Living, 1980]
  18. * Maturana, H.R., Varela, F.J., 1987, L'albero della conoscenza, Milano, Garzanti [El árbol del conocimiento, 1984]
  19. * 1972 - Learn Think to Children, UCLA (University of California Los Angeles). L. A. relation
  20. * 1993 - The Children's Machine: Rethinking School in the Age of the Computer. New York: Basic Books. I bambini e il computer, Rizzoli, Milano. 1994
  21. Capperucci, Davide. Dalla programmazione educativa e didattica alla progettazione curricolare. Modelli teorici e proposte operative per la scuola delle competenze. Franco Angeli Edizioni (2011)
  22. Si veda, ad esempio: Giampietro Lippi, "La progettazione per sfondi (progettazione 'istituzionale')", in P. Crispiani, N. Serio (a cura di) Il manifesto della progettazione, Roma, Armando 1997.
  23. Bobbitt, John Franklin. The Curriculum. Boston: Houghton Mifflin, 1918.
  24. Jackson, Philip W. "Conceptions of Curriculum and Curriculum Specialists." In Handbook of Research on Curriculum: A Project of the American Educational Research Association, edited by Philip W. Jackson, 3-40. New York: Macmillan Pub. Co., 1992.
  25. Pinar, William F., William M. Reynolds, Patrick Slattery, and Peter M. Taubman. Understanding Curriculum: An Introduction to the Study of Historical and Contemporary Curriculum Discourses. New York: Peter Lang, 1995.
  26. Lo psicologo statunitense Abraham Maslow riconobbe l'esistenza di una gerarchia che contemplasse non solo i bisogni fisici della persona. Tra il 1943 e il 1954 concepì il concetto di "Hierarchy of Needs" (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò nel libro Motivation and Personality del 1954.
  27. Attraverso il Contratto educativo redatto dall'istituzione di appartenenza
  28. Alyce Dickinson nel 1978 (Dickinson, A., 1978 e 1989), dimostrò la possibilità di apprendimenti prodotti senza l'intenzione di apprendere. Concluse che non sempre la motivazione è basilare per apprendere. Alcune tipologie di motivazione sono più efficaci di altre, che invece possono avere effetti negativi sull'apprendimento. Ad esempio Dickinson dimostrò che la migliore prestazione è raggiunta avendo una bassa motivazione quando il compito è difficile e con una motivazione forte quanto esso è debole.
  29. I comportamenti adattivi hanno corrispondenti attività a livello encefalico recentemente evidenziate. Sono quelle dei cosiddetti "Neuroni specchio" (Mirror Neurons), messe in luce in seguito alle ricerche di Rizzolati e Sinigaglia e colleghi del Dipartimento di Neurologia dell'Universita' di Parma e Pavia (Rizzolatti G., Sinigaglia C., 2006)
  30. Detto anche PEI (progetto educativo di istituto) da non confondersi con il piano educativo individualizzato indicato con la stessa abbreviazione.
  31. - Ministero dell'Istruzione (Italia) Piano dell'Offerta Formativa
  32. Accertate problematiche cognitive, comportamentali o di diversa abiltà.
  33. Secondo Rolando Alberto Borzetti il PEI può essere definito come: "un progetto operativo interistituzionale tra operatori della scuola, dei servizi sanitari e sociali, in collaborazione con i familiari; o anche un "progetto educativo e didattico personalizzato riguardante la dimensione dell'apprendimento correlata agli aspetti riabilitativi e sociali".
  34. "Writing Lesson Plans." Huntington University: a Christian college ranked among America's best colleges. 15 Mar. 2009.
  35. Template:Cite web
  36. Kaufman, R. A. (1972). Educational system planning.
  37. Englewood Kaufman, R. (1988). Planning educational systems: A results-based approach. Lancaster, PA: Technomic Publishers.
  38. Definizione presente in
  39. Per un approfondimento si veda Eliyahu M. Goldratt, Jeff Cox. The Goal: A Process of Ongoing Improvement. ISBN 0-88427-061-0
  40. Vedi (Block, James 1974).
  41. Vedi (Davidson, Janet & Sternberg, Robert 1994).
  42. Vedi (Gardner, Howard 1983)
  43. La didattica breve nasce alla fine degli anni '70 grazie al lavoro di Filippo Ciampolini (Ciampolini, Filippo, 1993). Essa mira a determinare una significativa riduzione dei tempi di insegnamento/apprendimento dei contenuti disciplinari, nel rispetto del rigore scientifico e dei contenuti.
  44. la cui ideazione è attribuita a Frederick J. Kelly nel 1914 alla Kansas University.
  45. Secondo (Academic Exchange Quarterly, 2009): "Studi di natura teorica o empirica (compresi studi di caso, studi di portfolio, lavori di tipo esplorativo o sperimentale) che affrontino l'attitudine e la preparazione del discente, la motivazione e gli stili di apprendimento, i risultati dell'apprendimento nel perseguire obiettivi nei diversi contesti educativi sono tutti benvenuti, insieme a quelli che affrontano le tematiche relative a standard misurabili e benchmark".

Bibliografia[modifica]

  • AIF (Associazione Italiana Formatori), Professione formazione. Franco Angeli Editore (1998) ISBN 10: 8820498197
  • Titone, Renzo e Gandini Gamaleri, Ester, Guida alla formazione didattica degli insegnanti. Armando Editore (1990) ISBN 887144129X

Progetto educativo e working plan in generale

  • Schlechty, Phillip C., Working on the Work: An Action Plan for Teachers, Principals, and Superintendents. The Jossey-Bass Education Series (2002) ISBN 0-7879-6165-5

Per il PEG:

  • Paparella, Nicola (a cura di), Il progetto educativo, Vol 1, 2, e 3. Armando Editore (2010) ISBN 8860815789

Per il POF:

  • Tenuta, Umberto, Il piano dell'offerta formativa. Moduli e unità didattiche. La programmazione nella scuola dell'autonomia. Anicia Editore (2002) ISBN 8873460585

Per il PEI:

  • Ianes, Dario e Cramerotti, Sofia (a cura di), Il Piano educativo individualizzato_Progetto di vita, Vol 1-2-3. (Erickson, 2009) ISBN 978-88-6137-525-3
  • Zanelli, Paolo - Uno 'sfondo' per integrare, Bologna, Cappelli (1986)

Per la valutazione

  • Davis, Andrew I limiti della valutazione educativa (Teoria e storia dell'educazione). Anicia (2002) ISBN 8873460607
  • Simeone, Daniela & Nirchi, Stefania, La qualità della valutazione educativa. Verifica e valutazione degli apprendimenti Anicia (2005) ISBN 887346288X
  • Rossi P.H., Lipsey M.W, Freeman H.E. (2004), Evaluation: A systematic approach, Sage Publications, Inc., CA (Google Libri)
  • Bezzi C.(2001), Il disegno della ricerca valutativa, Franco Angeli, Milano
  • Leone L., Prezza M. (1999), Costruire e valutare i progetti nel sociale. Manuale operativo, Franco Angeli (Google Libri)
  • Lutz Beckert, Tim J Wilkinson, Richard Sainsbury (2003), A needs-based study and examination skills course improves students' performance Medical Education 37 (5), 424–428.doi:10.1046/j.1365-2923.2003.01499.x
  • "Educational Assessment". Academic Exchange Quarterly, available at Rapidintellect.com. Retrieved January 28, 2009.

Per la motivazione

  • Redmon, W. K, & Dickinson, A. M. (1978). A Comparative Analysis of Statistical Process Control Theory D and Behavior Analytic Approaches to Quality. Journal of Organizational Behavior Management., 9, 47-65.
  • Dickinson, Alyce (1989). The detrimental effects of extrinsic reinforcement on "intrinsic motivation". The Behavior Analyst, 12, 1-15.

Per il Mastery learning

Per il Problem solving

  • Davidson, Janet & Sternberg, Robert. The Psychology of Problem Solving (1994)

Per le intelligenze multiple

  • Gardner, Howard. (1983) "Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences." New York: Basic Books (In italiano: Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell'intelligenza, Feltrinelli, Milano, 1987)

Per la didattica breve

  • Ciampolini, Filippo, La didattica breve, Il Mulino, 1993

Per l'apprendimento cooperativo

  • Johnson, David et al, Apprendimento cooperativo in classe. Erickson Edizioni (1994) ISBN 88-7946-188-5

Per i neuroni a specchio

  • Rizzolatti G., Sinigaglia C., (2006), So quel che fai, Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina Editore. ISBN 88-6030-002-9
  • Rizzolatti G., Sinigaglia C., (2010), The functionmal role of the parieto-frontal mirror circuit: interporetations and misinterpretations. Nature reviews neuroscience, 11 (4) 264-274 doi:10.1038/nrn2805