I vari tipi di dislessia
Esistono quindi vari tipi di dislessie:
- Di origine genetica, molti geni, situati su diversi cromosomi, possono costituire un fattore di rischio per sviluppare una dislessia; è noto che circa il 40% dei ragazzi dislessici hanno in famiglia un'altra persona con disturbi di apprendimento.
- Dislessie acquisite. Questi tipi di dislessia sono associati ad una specifica lesione cerebrale di dimensioni anche ridottissime che vanno ad interrompere una o più delle principali vie nervose. Possiamo trovarne una classificazione scientifica nel sito neuropsy.it sotto la voce "classificazione delle dislessie acquisite". In generale possono essere suddivise in due grandi gruppi:
- Di origine fonologica (o logopedica), come ampiamente descritta sul sito dell'International Dyslexia Association (IDA) che la definisce come di seguito: "la dislessia è una disabilità dell'apprendimento di origine neurobiologica. Essa è caratterizzata dalla difficoltà a effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarse abilità nella scrittura (disortografia). Queste difficoltà derivano tipicamente da un deficit nella componente fonologica del linguaggio, che è spesso inatteso in rapporto alle altre abilità cognitive e alla garanzia di un'adeguata istruzione scolastica. Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta pratica nella lettura che può impedire una crescita del vocabolario e della conoscenza generale".
- Di origine visiva, che non è causata da un difetto refrattivo, ma da una difficoltà di elaborazione e riconoscimento dell'immagine che arriva al cervello, anche se di buona qualità. In questo caso il dislessico non ha nessun tipo di difficoltà ad esprimersi o a comprendere il linguaggio verbale, ma ha molte difficoltà a distinguere i grafemi perché non riesce a percepirne le differenze, specialmente per quanto riguarda i gruppi "p b d q", "s z" ed "a e" nello stampato minuscolo, ma anche le cifre come "2 5" o "6 9". In alcuni casi è quindi associata anche a discalculia. In questi casi, la difficoltà nel riconoscere i grafemi sposta l'attenzione del bambino dal significato alla lettera, diminuendo drasticamente la possibilità di ricordare ciò che si legge. Inoltre per riconoscere il simbolo, il bambino è spesso costretto a rileggerlo più e più volte, abituandosi a fare dei movimenti oculari "a saltelli" che avranno come conseguenza la lettura speculare di parole monosillabiche come "il, lo, la, al.." o l'inventarsi la fine delle parole lunghe.
Ad ogni modo, bisogna tenere presente che ognuno di questi tipi di dislessia può presentarsi in forme più o meno complicate.
Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità classifica la dislessia e gli altri disturbi specifici di apprendimento come disabilità, per cui non è possibile apprendere la lettura, la scrittura o il calcolo aritmetico nei normali tempi e con i normali metodi di insegnamento.
Se questo problema non viene identificato nei primi anni della scuola primaria, tramite la valutazione di una persona esperta nel campo dei disturbi dell'apprendimento (psicologi, logopedisti, optometristi, pediatri, etc), le conseguenze possono risultare di una certa gravità. Se il/la bambino/a dislessico/a è sottoposto/a a un metodo d'apprendimento usuale, riuscirà solo con un grande dispendio di energia e concentrazione a ottenere risultati che per i suoi compagni e per l'insegnante sono quasi banali. Durante la scuola dell'infanzia è possibile effettuare una valutazione dei prerequisiti per l'abilità di lettura, in modo da poter intervenire precocemente e rafforzare delle competenze eventualmente carenti, tuttavia a oggi non sono stati identificati dei predittori del disturbo nella popolazione normale; mentre sappiamo che sono a rischio di dislessia (nel senso che hanno maggiori probabilità di manifestarla) chi ha disturbi del linguaggio e chi ha un genitore dislessico. Anche se la diagnosi di dislessia può essere fatta solo in classe seconda o terza della scuola primaria, già in prima elementare alcuni/e bambini/e manifestano difficoltà nell'imparare a leggere ed è opportuno dare un aiuto senza colpevolizzazione, intervenendo subito; aspettando, la difficoltà aumenta.
Questi bambini possono essere aiutati in vari modi: con un programma di studi personalizzato (cosa che però gli insegnanti non sono obbligati a fare, a meno che il/la bambino/a abbia una certificazione diagnostica secondo la legge 170) o con una rieducazione personalizzata e specifica per quel tipo di dislessia, la quale può essere effettuata dalla logopedista (se la dislessia coinvolge aspetti fonologici, quali ad esempio la pronuncia non differenziata di alcuni grafemi come la v e la f) o dall'optometrista (se la dislessia coinvolge aspetti visivi come l'orientamento dei grafemi o la comprensione di un testo scritto). In generale, la rieducazione sarebbe preferibile, in quanto al termine della stessa il/la bambino/a dislessico/a assume la capacità di apprendere in maniera normale, escludendo quindi il bisogno di futuri insegnanti di sostegno e assicurando uno stile di vita normale nell'età adulta.
La dislessia ha una prevalenza maggiore nei maschi. I problemi maggiori nascono quando i bambini dislessici non vengono compresi, poiché spesso passano per pigri o addirittura per stupidi. Questo li porta spesso a perdere la propria autostima, a forme di depressione o ansia, a diventare leader negativi, a crisi d'identità e molto spesso a rigettare in toto il mondo della scuola, rinunciando in questo modo a molte possibilità che la loro intelligenza del tutto normale, invece, consentirebbe.
Dislessia e difficoltà semplici della lettura
[modifica]La dislessia si riconosce per la presenza di caratteristiche, più o meno presenti, sopra descritte, che impediscono o ostacolano fortemente il processo di decodifica.
Le difficoltà semplici di lettura, invece, si riconoscono per la presenza di uno o di alcuni degli elementi di riconoscimento sopra descritti, ma gli ostacoli alla conquista di adeguate tecniche di lettura risultano superabili attraverso l'esercizio graduato, la proposta di attività coinvolgenti e stimolanti, la sollecitazione delle curiosità del soggetto, lo sviluppo di capacità di base talvolta non adeguatamente interiorizzate all'ingresso della scuola elementare.
Le difficoltà semplici di lettura sono dovute, quasi sempre, a un ritardo maturazionale, a lievi difficoltà percettivo-motorie, a un inadeguato bagaglio di esperienze, a scarso investimento motivazionale, ma anche a errori didattico-pedagogici che i docenti compiono sia nelle prime proposte didattiche relative all'approccio alla lingua scritta sia, successivamente, negli itinerari di recupero conseguenti all'accertamento delle difficoltà stesse.