I Promessi Sposi - Capitoli IV-VI - Il Punto d'Onore (superiori)
Di Seguito sono Disponibili le Letture ed i Riassunti del Capitolo IV, V e VI de "I Promessi Sposi", la Scheda dei Personaggi di "Don Rodrigo" e "Fra Cristoforo" ed Approfondimenti su "Confronto tra Don Abbondio e Fra Cristoforo".
Letture
[modifica]Per le Letture dei Capitoli, i Testi Sono Disponibili Qui:
Riassunti
[modifica]Capitolo IV
[modifica]Il quarto capitolo si apre con l'introduzione del personaggio di fra Cristoforo, a cui è interamente dedicato, che vediamo per la prima volta in azione.
Ricompare la figura della carestia nel paesaggio attraversato da Fra Cristoforo, che si concretizza nelle figure della vacca scarna e della ragazza disposta a cibarsi di erba.
La lunga analessi sul frate, dal punto di vista della narrazione poco importante, è invece utile per richiamare l'attenzione del lettore e la sua curiosità sulla figura di fra Cristoforo, comparsa prima solo sullo sfondo della vicenda.
Se già la descrizione del suo volto e dei suoi occhi ci danno un'idea del suo carattere (sono paragonati a due cavalli bizzarri), la storia della sua vita ci mostra il frate come una figura viva ed attiva; le motivazioni che lo hanno spinto a farsi prete giustificano il suo modo di vivere il ministero sacerdotale, umilmente ma senza umiliazione e sopraffazione, al contrario di don Abbondio.
A Partire dalla Narrazione
[modifica]9 novembre 1628 (“Il sole non era ancor tutto apparso sull'orizzonte...”)
Il quarto capitolo ci da molte altre indicazioni storiche sul '600, quali la carestia (tramite i contadini che risparmiano sui semi da piantare e la ragazza costretta a rubare l'erba alla mucche per sfamarsi), la disparità fra le classi sociali e l'importanza di queste (attraverso il mercante che vuole elevare il figlio al grado di nobile, ma che viene rifiutato da questi e l'episodio nel quale i due giovani con i loro bravi iniziano una lotta per la questione di chi doveva cedere il passo all'altro), ed infine si parla anche dei conventi, che spesso servivano da rifugio per delinquenti e criminali che volevano sfuggire alla Legge. Fra Galdino era un cercatore per via della carestia.
- Fra Cristoforo, dal convento di Pescarenico verso casa di Lucia
- Padre Cristoforo cammina verso casa di Lucia ed inizia la digressione:
- Storia di Lodovico, che, educato da nobile, non è accettato dai principali della città, quindi sta dalla parte degli oppressi.
- Lodovico si scontra ed uccide un signorotto arrogante. Perde la vita anche il servitore Cristoforo.
Il “signor tale arrogante e soverchiatore di professione” vuole costringere Lodovico, siccome era di ceto più alto, a cedergli il passo (appellandolo “vile meccanico”); questi, che oltre a camminare rasente al muro lo strisciava col lato destro, si rifiutò e, ingaggiata una lotta fra i due ed i loro bravi, quando il suo servitore Cristoforo diede la vita per salvarlo, trafisse l'addome del nemico con la sua spada uccidendolo.
- Decide di diventare frate ed ottiene il perdono dal fratello della vittima, che gli dona un pane che terrà sempre per ricordo.
Capitolo V
[modifica]Nel quinto capitolo, Agnese, Lucia ed il cappuccino appena giunto alla casa pensano al da farsi, nel frattempo arriva Renzo, al quale fra Cristoforo fa promettere di non farsi giustizia da solo. Renzo fa emergere involontariamente che aveva cercato degli amici per vendicarsi su don Rodrigo, ed a questo punto fra Cristoforo gli fa promettere “Che non affronterai, che non provocherai nessuno, che ti lascerai guidar da me”. Il frate viene accolto dai bravi e dagli stessi Rodrigo ed Attilio con ironia “Padre, padre, venga pure avanti...”, “Ehi! ehi! Non ci scappi padre riverito, avanti, avanti”. Fra Cristoforo viene accolto al banchetto che era in corso e viene fatto giudice della disputa fra Attilio ed il potestà Al conte era stato mandato un messo che esponeva una sfida, ma questo, portato il messaggio, viene bastonato. Attilio sostiene di aver avuto ragione a malmenarlo, mentre il potestà è contro. Emerge l'ignoranza del Conte Attilio quando il potestà, dotto, premette la traduzione italiana all'espressione 'Jure gentium' e quando sottovaluta le regole dei Romani, pur avendo questi un Diritto avanzatissimo. Poi il discorso verte sulla carestia, per la quale i nobili danno la colpa ai fornai, ed infine don Rodrigo acconsente a parlare con fra Cristoforo, in un'altra stanza.
A Partire dalla Narrazione
[modifica]Agnese, Lucia, fra Cristoforo, poi Renzo, casa di Lucia
- Agnese, Lucia ed il cappuccino appena giunto alla casa pensano al da farsi, nel frattempo arriva Renzo, al quale fra Cristoforo fa promettere di non farsi giustizia da solo.
Renzo fa emergere involontariamente che aveva cercato degli amici per vendicarsi su don Rodrigo, ed a questo punto fra Cristoforo gli fa promettere “Che non affronterai, che non provocherai nessuno, che ti lascerai guidar da me”.
Fra Cristoforo, don Rodrigo, il conte Attilio, Azzecca-garbugli e bravi, il palazzotto di don Rodrigo
Il frate viene accolto dai bravi e dagli stessi Rodrigo ed Attilio con ironia “Padre, padre, venga pure avanti...”, “Ehi! ehi! Non ci scappi padre riverito, avanti, avanti”.
- Fra Cristoforo viene accolto al banchetto che era in corso e viene fatto giudice della disputa fra Attilio ed il potestà
Al conte era stato mandato un messo che esponeva una sfida, ma questo, portato il messaggio, viene bastonato. Attilio sostiene di aver avuto ragione a malmenarlo, mentre il potestà è contro.
Emerge l'ignoranza del Conte Attilio quando il potestà, dotto, premette la traduzione italiana all'espressione 'Jure gentium' e quando sottovaluta le regole dei Romani, pur avendo questi un Diritto avanzatissimo.
- Poi il discorso verte sulla carestia, per la quale i nobili danno la colpa ai fornai, ed infine don Rodrigo acconsente a parlare con fra Cristoforo, in un'altra stanza.
Capitolo VI
[modifica]Il sesto capitolo si apre con un colloquio drammatico (nel senso di teatralizzante) tra don Rodrigo e fra Cristoforo, con l'intenzione di persuadere il signorotto ad abbandonare i suoi propositi nei confronti di Lucia, che si conclude con un nulla di fatto. Questo è dovuto soprattutto ai due piani diversi su cui propongono le loro idee i due "contendenti": da una parte la decisione di fra Cristoforo in difesa dei deboli, dall'altra l'orgoglio e l'onore di don Rodrigo, che cerca di rompere il colloquio con un gesto di violenza e sopruso.
Nella vivacità e nella violenza dell'incontro, don Rodrigo rimane attonito e colpito in particolare da una frase del frate, che quasi gli "preannuncia" la sua morte a causa della peste:
«[...] e in quanto a voi, sentite bene quel ch'io vi prometto. Verrà un giorno... Don Rodrigo era fin allora rimasto tra la rabbia e la maraviglia, attonito, non trovando parole; ma, quando sentì intonare una predizione, s'aggiunse alla rabbia un lontano e misterioso spavento.» |
(capitolo 6) |
In questo capitolo per la prima volta viene nominato uno dei protagonisti del romanzo, la Provvidenza: fra Cristoforo interpreta infatti come un filo della provvidenza l'incontro con il vecchio servitore di don Rodrigo, che gli si dimostra amico.
Mostra la sua fiducia in essa anche Lucia, che non è d'accordo con il suo sposo e la madre riguardo al piano del matrimonio a sorpresa, e rivela invece un pieno affidamento nella Provvidenza.
A Partire dalla Narrazione
[modifica]9 novembre 1628
- Il colloquio tra don Rodrigo e padre Cristoforo
La prima parte di questo capitolo utilizza l'ambito semantico del duello, alludendo allo scontro verbale tra don Rodrigo e fra Cristoforo.
- fra Cristoforo cerca di convincere don Rodrigo a lasciare perdere Lucia, ma costui lo caccia via, ritenendola una predica
Lo scambio di battute tra i due personaggi ha un aspetto teatralizzante, che si conclude con l'uscita di scena di fra Cristoforo.
- Prima di uscire, un servo di don Rodrigo gli si mostra alleato e dice che terrà informato il padre di eventuali sviluppi della vicenda; fra Cristoforo interpreta questo fatto come un filo della Provvidenza.
Il piano di Agnese
- Agnese, intanto, escogita un piano per far sposare i due giovani: secondo il diritto canonico, infatti, basta che i due sposi si dichiarino tali alla presenza di due testimoni ed un curato affinché il matrimonio sia valido. Lucia non è d'accordo e ripone la sua fiducia in fra Cristoforo
- Renzo sceglie come testimone il suo amico Tonio, in cambio della saldatura di un debito, che indica come secondo testimone suo fratello Gervasio.
La carestia si ripresenta ancora quando i figli di Tonio sono felici che il padre esca all'osteria con Renzo per l'ora di pranzo, per poter avere più polenta di quella poca che viene servita in tavola.
- Lucia è dubbiosa, tutta la sua fiducia è nella Provvidenza
I Personaggi
[modifica]Don Rodrigo
[modifica]Il personaggio di don Rodrigo è il principale antagonista del romanzo, in quanto prima causa del mancato matrimonio tra Renzo e Lucia. È un signorotto locale, che vive grazie alla forza dei suoi bravi.
La sua figura viene introdotta in modo indiretto dal Manzoni: di lui si parla infatti sin dal primo capitolo, ma lo vediamo in azione solo a partire dal quinto, in occasione della visita di fra Cristoforo.
In questa occasione vediamo come egli si diverta a vertere il discorso a suo piacimento, ora sulla questione di cavalleria, ora sulla carestia; e non perde un'occasione per ricordare al frate il suo passato, in modo villano e maleducato.
Un Signorotto di Provincia
[modifica]Don Rodrigo è un tipico esempio di signorotto di provincia, non subordinato dal regime spagnolo, ma che riesce a sopravvivere grazie alla debolezza di questo ed alla forza dei suoi bravi.
Manzoni nella descrizione della sua casa ce lo fa però apparire come un piccolo signore e lascia un'impressione sinistra:
- il palazzo isolato, regna il silenzio, le inferriate sono chiuse
- l'intero edificio e l'ambiente attorno sono decadenti, le imposte sono sconnesse e consunte
- in più occasioni persone ed ambienti vengono paragonati ad animali o stalle: lo stesso palazzotto è il "covile della fiera"
Don Rodrigo non viene mai descritto dal Manzoni: egli non si merita una descrizione, come avviene ad esempio per don Abbondio
L'Onore
[modifica]Don Rodrigo in più occasioni si dimostra attento e premuroso nei confronti di quello che è l'onore, anche cavalleresco. È per una questione di onore (una scommessa con il conte Attilio) che egli infatti mette gli occhi addosso a Lucia, e per lo stesso ordisce i piani del rapimento(aiutato dall'innominato) nei confronti della stessa.
Fra Cristoforo
[modifica]Fra Cristoforo è uno dei personaggi più importanti del romanzo, aiutante fin dai primi capitoli di Renzo e di Lucia, della quale è il confessore.
Il volto e gli occhi del personaggio, come vengono descritti nel quarto capitolo, dicono molto della natura del personaggio.
«Il padre Cristoforo da *** era un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant'anni. Il suo capo raso, salvo la piccola corona di capelli, che vi girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s'alzava di tempo in tempo, con un movimento che lasciava trasparire un non so che d'altero e d'inquieto; e subito s'abbassava, per riflessione d'umiltà. La barba bianca e lunga, che gli copriva le guance ed il mento, faceva ancor più risaltare le forme rilevate della parte superiore del volto, alle quali un'astinenza, già da gran pezzo abituale, aveva assai più aggiunto di gravità che tolto d'espressione. Due occhi incavati eran per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina; come due cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontan subito, con una buona tirata di morso.» |
(capitolo 4) |
Approfondimenti
[modifica]Confronto tra Don Abbondio e Fra Cristoforo
[modifica]Fin dai primi quattro capitoli, emergono subito le contrapposizioni di Don Abbondio e Fra Cristoforo. Queste differenze sono soprattutto legate ai caratteri dei due personaggi.
Don Abbondio, curato di un paesino vicino a Lecco, si dimostra fin da subito una persona abitudinaria che cerca di scansare gli ostacoli, diventando anche una persona egoista.La sua caratteristica più evidente emerge nelle sue scelte: infatti ogni sua decisione è data dalla paura. Lo stesso fatto di diventare prete è stato dettato dalla paura della vita. Infatti, convertendosi, Don Abbondio si inserisce in una classe sociale agiata e protetta; quindi la sua non fu una vera vocazione, ma una scelta di comodità.
Diverso è fra Cristoforo, cappuccino al convento di Pescarenico. Si dimostra una persona umile, che si prende cura di tutti, che si adopera per gli altri per amore e che è sollecito verso gli umili.Nonostante ciò la sua scelta religiosa fu dettata da un episodio violento avuto in giovinezza nel quale uccise un uomo.
I caratteri dei due si contrappongono nelle loro caratteristiche: don Abbondio che per paura si schiera dalla parte degli oppressori; e Fra Cristoforo che per trionfo della giustizia interviene subito non avendo paura dei prepotenti (esempio eclatante nel capitolo VI).
Anche il Manzoni volendo mettere in risalto alcune caratteristiche dei due, inserisce nel testo delle metafore come: "Don Abbondio non era nato con un cuor di leone" oppure "Come un vaso di terra cotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro"; questo riguardo Don Abbondio. Per il carattere di Fra Cristoforo il Manzoni usa delle similitudini riguardanti gli occhi: "che sembravano come due cavalli imbizzarriti"
Questi due personaggi rappresentano i due modi opposti di intendere la vita consacrata: piccoli pregi e comodità per Don Abbondio, umiliazione e sacrificio per Fra Cristoforo.