Federico Della Valle (superiori)
Nell'ambito della letteratura teatrale barocca, spicca la figura di Federico Della Valle, oggi considerato il maggiore autore tragico italiano prima di Alfieri.[1] La sua vita ci è perlopiù sconosciuta, e il valore della sua produzione è stato scoperto solo grazie alla rivalutazione che ne fece Benedetto Croce.
La vita
[modifica]Nato nella Langa astigiana attorno al 1560, fu tra i molti letterati che vissero a Torino alla corte di Carlo Emanuele I di Savoia, dove compose la tragicommedia Adelonda di Frigia (1595). Da sempre filospagnolo, poco prima del 1608 si trasferì a Milano, presso il governatore spagnolo, dove stampò le sue tragedie e compose orazioni funebri ufficiali. Nella città meneghina morì nel 1628.[2]
La produzione teatrale
[modifica]La produzione di Della Valle comprende la tragicommedia Adelonda di Frigia e vari scritti minori, tra cui sonetti, un poema sull'impresa di Rodi del conte Verde (solo iniziato), le orazioni funebri per Filippo III di Spagna e per il governatore di Spagna. Oltre a queste, ci sono giunte tre tragedie: La reina di Scotia (composta in una prima stesura nel 1591, rifatta nel 1594 e pubblicata solo nel 1628), Ester e Iudit (entrambe composte tra il 1590 e il 1600).[3]
Della Valle fa sempre riferimento al modello della tragedia greca, nel rispetto delle unità di tempo e d'azione. Nelle sue opere sono poi presenti segni del suo profondo spirito religioso, in sintonia con l'atmosfera culturale della Controriforma.[3] Proprio per tale motivo la sua prima tragedia, La reina di Scotia, si ispira ad un dramma storico recente, quello della cattolica Maria Stuarda condannata a morte dall'anglicana Elisabetta I nel 1587. La tragedia mette in scena l'ultima giornata di Maria, in prigione.
Le tragedie di argomento biblico: Ester e Iudit
[modifica]Anche le due tragedie di argomento biblico hanno due donne per protagoniste. Nella prima Ester, moglie ebrea del persiano Assuero, ottiene dal marito la salvezza per il proprio popolo; nella seconda, Iudit, cioè Giuditta, salva dagli Assiri la propria città offrendosi al generale nemico Oloferne e decapitandolo nel sonno. Il tema allora era molto attuale: vi dedicarono quadri Caravaggio, Orazio Gentileschi, Artemisia Gentileschi, Carlo Saraceni e Giovanni Baglione; temi sensuali e religiosi si mescolano in una miscela particolarmente cara alla sensibilità dell'epoca. La scena in cui Vagao, cortigiano di Oloferne, descrive la bellezza di Giuditta spiata di nascosto, dà alla sensualità un tocco di "perversione" (quella del voyeur) e contribuisce alla creazione di un'atmosfera d'attesa e tensione che si scioglie solo con la decapitazione del generale.
Lo stile
[modifica]Il teatro di Della Valle è privo di effetti spettacolari e mira da una parte a creare atmosfere, dall'altra a studiare l'animo dei personaggi, approfondendone la psicologia. L'intreccio è ridotto al minimo, così come pochi sono i personaggi, mentre l'attenzione è tutta concentrata sul protagonista.[3] Non è interessato all'avventura o al macabro: all'azione vengono preferiti monologhi e indugi. Proprio per questo motivo tali opere sono destinate, più che alla recitazione, alla lettura.
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